Sono sempre più numerosi i leader mondiali che utilizzano i social network per comunicare e molti di questi hanno scelto di iscriversi anche ai social network cinesi. Dal momento infatti che in Cina Twitter, Facebook e altri sono vietati, esiste una serie di social network made in China molto diffusi tra i giovani e non del paese del dragone. Tra questi, il più diffuso è certamente Weibo, una sorta di Twitter cinese. Secondo la Sina, la società proprietaria di Weibo, come riportato dalla stampa cinese, sarebbero almeno 200 i leader mondiali che hanno deciso di utilizzare il social network cinese di microblog. Tra questi, il presidente israeliano Shimon Peres, il premier britannico David Cameron, il presidente venezuelano Nicolas Maduro e anche il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. Oltre a loro, che comunque utilizzano Weibo senza continuità, facendo passare diverso tempo tra un post e l’altro, ci sono anche organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite (che hanno 587.000 followers) e il Comitato Olimpico Internazionale con 21 milioni di followers.
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Ricerca: sul twitter cinese Gesù è più popolare di Mao
Su Sina Weibo, il twitter cinese, si parla più di Gesù e dei temi religiosi piuttosto che del comunismo e dei leader cinesi. In base ad una ricerca dello scorso 3 aprile pubblicata su The Leaf Nation, media online della rivista Foreign policy, è emerso che la ricerca della parola ”bibbia” su weibo ha prodotto oltre 17 milioni di risultati recenti, mentre la citazione del ”piccolo libro rosso” di Mao ha ricevuto poco meno di 60.000 commenti o citazioni. ”Congregazione cristiana”raccoglie quasi 42 milioni di post o commenti mentre ”partito comunista” solo 5.3 milioni. A determinare la differenza, con tutta probabilità, sono in buona parte gli implacabili censori cinesi. Infatti sul popolare social cinese i post che contengono argomenti considerati ”politicamente sensibili” vengono cancellati come pure quelli che contengono commenti sui leader cinesi. E cosi’ mentre Xi Jinping ha ottenuto su weibo ”solo” 4 milioni di commenti, sono stati oltre 18 milioni quelli che hanno parlato di ”Gesu”. Il che non vuol dire che la chiesa cristiana in Cina possa considerarsi libera o esente da censura. Provando su weibo a fare una ricerca inserendo le parole ”chiesa sotterranea” si ottiene solo una pagina bianca con al centro una scritta che dice ”i risultati di questa ricerca non possono essere mostrati a causa delle norme e delle leggi locali”. I cristiani comunque sono aumentati notevolmente in Cina negli ultimi anni. Stime ufficiali parlano di 25 milioni di cinesi cristiani anche se molti ritengono che il numero reale si avvicini ai 60 milioni.
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Rilasciato studente di 16 anni, arrestato per un tweet
E’ considerata una piccola ma importante vittoria dagli attivisti cinesi il rilascio, avvenuto ieri mattina, di Yang Hui, un ragazzo di 16 anni che era stato arrestato la scorsa settimana nella provincia nord occidentale del Gansu, con l’accusa di aver “creato problemi”. Ma per la stampa di partito, “dipingere il ragazzo come un eroe per sfogare il malcontento contro severe normative è irresponsabile”, come scrive oggi il Global Times. Il giovane era stato arrestato dopo aver pubblicato online un post in cui sollevava dubbi circa l’operato della polizia locale che indagava sulla morte del proprietario di un locale notturno. Il post era stato ritwittato centinaia di volte, cosa che lo ha assoggettato alla nuova legge secondo la quale oltre i 500 retweet di un post “sgradevole” aprono le porte del carcere fino a tre anni. La foto del ragazzo libero, con le dita a “V” in segno di vittoria e con addosso una maglietta con la scritta ”Make the change” (sii artefice del cambiamento), sta facendo il giro della rete. Dopo il suo arresto due attivisti e avvocati, You Feizhu e Wang Shihua, si erano recati nel Gansu per perorare la sua liberazione con le autorità. Altri 40 avvocati hanno firmato una petizione in suo favore e alla fine la polizia ha ceduto, liberando il ragazzo. ”Se gli internauti cinesi si uniscono, chi li può fermare?” ha scritto online Zhou Ze un noto avvocato e attivista di Pechino. Ma non tutti sono così entusiasti e ottimisti. Nonostante le tante campagne, sono ancora centinaia gli attivisti e dissidenti in carcere o agli arresti domiciliari e il caso di Yang è visto da molti solo come una goccia nel mare. Un articolo del Global Times, organo del Partito Comunista, sottolinea come il giovane sia stato rimesso in libertà solo per la sua giovane età, non come riconoscimento di un errore.
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Sedicenne arrestato per post ritwittato su internet
Uno studente di 16 anni della provincia del Gansu e’ stato arrestato dalla polizia per aver pubblicato sul suo microblog un commento, che poi e’ stato ripreso 500 volte da altri utenti, in cui criticava la condotta delle autorita’ locali a seguito della morte di un uomo. Lo riferisce il South China Morning Post. Secondo le accuse, il ragazzo avrebbe falsamente accusato i poliziotti di aver aggredito i familiari di un uomo trovato morto per strada la settimana scorsa nella contea di Zhangjiachuan. Yang, questo il nome dello studente, ha scritto anche in uno dei suoi commenti che il vice capo del tribunale di Zhangjiachuan e’ proprietario di un karaoke che si trova proprio vicino a dove e’ stato rinvenuto il cadavere, circostanza che invece e’ stata totalmente smentita dal portavoce della polizia locale. Dopo l’arresto del giovane, tutti i commenti sul microblog sono stati eliminati. Solo pochi giorni fa la suprema corte cinese ha emesso un documento nel quale si afferma che la diffusione di notizie false su internet e’ da considerarsi un reato penale in Cina. La Corte ha aggiunto che, quando un post che diffonde notizie non vere viene commentato o inoltrato piu’ di 500 volte, il suo autore rischia il carcere fino a tre anni.
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Nuove regole censura online, scoppia polemica in rete
Non si placano le polemiche in rete il giorno dopo la pubblicazione, da parte delle autorità cinesi, delle nuove linee guida sul controllo delle informazioni online. Ad essere criticate, soprattutto le misure coercitive, che portano anche fino all’arresto per tre anni se un tweet o un messaggio ritenuto diffamatorio, viene inoltrato in rete per almeno 500 volte o visto da più di 500 persone. “Così una persona – ha scritto un utente in un commento ripreso anche dalla stampa di Hong Kong – non viene punito per quello che fa ma per quello che altri fanno con il suo post. Benvenuti nel medioevo”. L’accusa, per chi ha scritto il messaggio, è diffamazione secondo la nuova interpretazione giuridica, che ritiene attività criminali quelli che le autorità chiamano “irresponsabili voci online” e che debbano essere considerati casi gravi. Nel documento, ad essere presi in considerazione, anche i messaggi che hanno a che fare con false informazioni che portino a proteste, anche religiose o etniche, che abbiano anche effetti internazionali. In più post di commento, si lamenta che la libertà di espressione con questo regolamento viene ancora di più intaccata, con una serie di maggiori controlli in quei pochi canali dove ancora si riusciva a far circolare le idee diverse da quelle ufficiali.
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Si a Facebook e Twitter in Cina, ma solo da hotel di lusso
Piccoli segnali di apertura in Cina: le autorità hanno deciso di allentare i controlli sull’uso di Facebook, Twitter e altri social network normalmente inaccessibili. Secondo quanto riferiscono alcune fonti locali, solo in alcuni posti frequentati perlopiù dagli stranieri, come alcuni alberghi a cinque stelle, è ora possibile accedere a questi siti un tempo bloccati dalla censura. Un turista ha riferito al South China Morning Post di aver potuto accedere senza problemi con il suo computer portatile sia a Facebook che a Twitter stando seduto nella hall del St Regis Hotel di Pechino, un lussuoso 5 stelle della capitale. “Ma non è solo al St Regis – ha aggiunto il turista – alcuni amici che risiedono in altri hotel mi hanno riferito la stessa cosa”. Stessa cosa pare sia stata notata in alcuni noti alberghi di Shanghai e persino in un resort di una città della provincia meridionale del Guangdong, Dongguan, frequentata in prevalenza da uomini di affari. Siti come Facebook, Twitter ma anche Youtube sono bloccati in Cina dalla censura che teme possano rappresentare un pericoloso veicolo di informazioni. Molte persone, tuttavia, specie gli stranieri, aggirano il divieto usando delle vpn (virtual private network), ovvero dei software che creando un collegamento con un indirizzo virtuale fuori dalla Cina consentono di bypassare la censura.
In Cina la rete internet tra l epiù lente e costose al mondo
La Cina è il paese con più utenti di internet al mondo, ma questo è proprio uno dei casi in cui quantità non significa qualità. Secondo una ricerca resa nota dalla stampa locale, la Cina è infatti uno dei Paesi che ha una bassa velocità di navigazione, classificandosi 98/ma su 200 Paesi analizzati. Nel secondo trimestre del 2013 la velocità media di connessione in Cina si è attestata su 1,5 megabytes al secondo, laddove la media mondiale è di 2,6 e molti Paesi dell’area asiatica sono ben al di sopra. Basti pensare che la Corea del sud naviga ad una velocità media di 15.7 megabytes al secondo, il Giappone di 10.9 e Hong Kong di 9.3 al secondo. Internet in Cina dunque lento, ma anche molto costoso. In paesi come gli Stati Uniti e la stessa Hong Kong navigare costa molto meno oltre ad essere molto più veloce. Piccola consolazione, c’è chi sta peggio. In fondo alla classifica, dopo la Cina, paesi come la Libia, il Kazakhistan e l’Iran.
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Forse via censura su internet durante giochi asiatici giovanili di Nanchino
Le autorità cittadine di Nanchino, nella parte orientale della Cina, sono pronte ad aprire una breccia nella Grande Muraglia di Fuoco, la censura cinese che blocca in Cina siti come Facebook, Twitter e Youtube, durante i prossimi giochi asiatici giovanili. Secondo la stampa di Hong Kong, le autorità locali avrebbero già avanzato una proposta del genere agli organi competenti per assicurare agli oltre 2000 atleti di tutto il mondo che ad agosto prenderanno parte all’evento, di potersi collegare ad internet senza problemi. In Cina, infatti, senza programmi che permettono di aggirare la censura, è impossibile collegarsi a diversi siti, comprese le piattaforme che ospitano blog come WordPress, oltre ai social network. Iniziative del genere sono state già state avviate altrove. In alcuni alberghi internazionali cinesi è possibile collegarsi ad internet e raggiungere tutti i siti, compresi quelli normalmente vietati, grazie a programmi per aggirare la censura, le cosiddette Vpn. I giochi asiatici giovanili si terranno a Nanchino, capoluogo del Jiangsu, dal 16 al 24 agosto, ospitando atleti da 45 paesi, di età compresa tra i 13 e i 17 anni, che concorreranno in 15 sport e 118 eventi.
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Prove disgelo epr la Corea del Nord: Obama invita Kim a collaborare
Forse e’ prematuro parlare di disgelo. Ma dopo settimane di enorme tensione, nei rapporti tra la Corea del Nord e la comunita’ internazionale sembra tornare un po’ di sereno. Il primo gesto lo ha fatto il leader supremo di Pyongyang che – secondo quanto riferiscono fonti del governo di Seul – ha deciso di revocare lo stato di massima allerta e di spostare i missili a medio raggio negli ultimi tempi puntati su possibili obiettivi ‘nemici’. Per il momento, dunque, le provocazioni sembrano aver lasciato il posto a un atteggiamento piu’ cauto. Cosi’ a Washington il presidente americano, Barack Obama, e la presidente sudcoreana, Park Geun-hye – incontratisi alla Casa Bianca – usano toni che sembrano un po’ meno duri rispetto al passato: ”Gli Stati Uniti sono pronti a difendere se stessi e gli alleati”, ha ribadito Obama, insistendo pero’ sul fatto che l’America e’ soprattutto pronta da tempo al dialogo con un regime nordcoreano ”sempre piu’ isolato”. Il presidente Usa – su invito di un giornalista sudcoreano nel corso della conferenza stampa con la Park – lancia un messaggio al giovane ed aggressivo leader di Pyongyang: ”Non lo conosco personalmente, ma quello che so e’ che le sue provocazioni lo hanno portato in un vicolo cieco. Deve invece ricongiungersi alla comunita’ internazionale – auspica Obama – collaborare per la denuclearizzazione della penisola coreana e assicurare cosi’ prosperita’ del suo popolo”. In questo caso tutti sono pronti ad accoglierlo. Il ruolo che puo’ essere svolto dalla Cina viene sottolineato dalla presidente Park, che ricorda come Pechino ”puo’ esercitare un’influenza fondamentale per indurre la Corea del Nord a rimettersi sulla retta via, rispettando gli obblighi internazionali a partire dalle risoluzioni delle Nazioni Unite”. Dunque, Pyongyang deve impegnarsi davvero per la denuclearizzazione della penisola coreana: e fino a quando esistera’ la minaccia nucleare – avverte Park – ”il nostro impegno sara’ quello di rafforzare le difese”. Le crescenti tensioni nella penisola coreana avevano portato Pyongyang a decidere il 26 marzo scorso il livello di massima allerta per tutte le unita’ strategiche missilistiche e di artiglieria, in risposta a Corea del Sud e Usa impegnati in manovre militari congiunte. Il regime aveva quindi puntato vettori balistici contro obiettivi importanti su continente americano, Hawaii e Guam, nonché su altre basi militari Usa di Pacifico e Corea del Sud. Ora, l’allerta sembra essere terminata intorno al 30 aprile.
fonte: ANSA
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La Corea del Nord invia spiragli, chiede cancellazione sanzioni Onu. Condizioni inaccettabili per Usa, Tokyo e Seul
La Corea del Nord accantona i toni apocalittici e lancia primi segnali di dialogo, peraltro tutti da verificare, in funzione delle pesanti condizioni poste. La Casa Bianca ribadisce la richiesta di “segnali chiari e credibili” sulla strada dell’abbandono dei propositi nucleari. Il segretario di Stato John Kerry precisa che le condizioni imposte dalla Corea del nord “sono inaccettabili”, pur leggendo le mosse di Pyongyang come “una tattica d’apertura”. Seul e Tokyo bocciano la piattaforma che comprende anche il ritiro delle sanzioni delle Nazioni Unite. La potente Commissione nazionale di Difesa, che è l’organo istituzionale di grado più alto a Pyongyang, ha reso noto che Usa e Corea del Sud devono sospendere le provocazioni e gli atti di aggressione (con le scuse per le azioni passate), mentre le risoluzioni Onu, incluse le sanzioni, devono essere revocate. Gli Stati Uniti e la Corea del Sud devono, come prima mossa, “fermare immediatamente tutti i loro atti provocatori” contro Pyongyang e “chiedere scusa per tutti quelli fatti”, ha rilanciato la Kcna, citando in forma anonima un portavoce della Commissione presieduta dal ‘giovane generale’ Kim Jong-un. Non solo: come “segnale di buona volontà”, dovrebbero essere tolte le risoluzioni con le sanzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu, mentre Seul dovrebbe smettere di attribuire le colpe al Nord dell’affondamento della corvetta Cheonan di marzo 2010 e per gli attacchi informatici alle reti sudcoreane. Nella seconda fase, Washington e Seoul “dovrebbero dare garanzie formali di fronte al mondo che non manderanno in scena ancora una volta esercitazioni di guerra nucleare per minacciare o ricattare” Pyongyang. Infine, Stati Uniti e Corea del Sud “dovrebbero decidere di ritirare tutti i mezzi di guerra nucleare dalla Corea del Sud e dalle sue vicinanze e rinunciare al tentativo di reintrodurle, come dovere immediato”. La dichiarazione è maturata a pochi giorni dalla visita, conclusasi lunedì, del segretario di Stato Usa, John Kerry, in Estremo Oriente, con tappe a Seul, Pechino e Tokyo. Proprio nella capitale nipponica, Kerry aveva ribadito che da parte di Washington c’é apertura a negoziati purché “onesti” e con la controparte, Pyongyang, in grado di mostrare volontà “autentica e credibile sulla denuclearizzazione”. Il tutto con “misure significative per dimostrare di onorare gli impegni” presi: “la palla – aveva concluso Kerry – è nel loro campo”. Una posizione ribadita appieno dalla Casa Bianca, proprio in relazione alla mossa inattesa del regime comunista. Le condizioni poste, invece, sono considerate “totalmente incomprensibili” da Seul, secondo Cho Tai-young, portavoce del ministero degli Esteri. “Questo è assurdo – ha aggiunto -. Invitiamo il Nord a bloccare richieste incomprensibili e a fare scelte di buon senso, come abbiamo più volte incoraggiato”. La cancellazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sono poi state “inserite per ragioni grottesche”. Anche il Giappone ha espresso contrarietà. Le risoluzioni dell’Onu, ha spiegato il portavoce del governo, Yoshihide Suga, contengono obblighi di “grande portata” e Pyongyang dovrebbero rispettarli. “La comunità internazionale deve collaborare in modo che la Corea del Nord non faccia atti provocatori”. Insomma, primi segnali di un cammino negoziale non semplice e lungo, mentre Wu Dawei, rappresentante speciale della Cina per gli affari coreani e a capo del negoziato a Sei per l’abbandono delle ambizioni nucleari del Nord, sarà negli Usa la prossima settimana negli sforzi per definire una via d’uscita.
fonte: ANSA
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