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La Cina sarà competitor anche nella produzione

La Cina sta crescendo non solo come consumatore ma anche come Paese produttore di vino, e a dirlo è la crescente domanda di tappi di sughero nel paese asiatico che fa presagire come in futuro il Celeste Impero sarà un competitor dell’Italia anche a livello enologico. Lo rileva il sito internet WineNews.it in un’intervista a due realtà leader del settore, la portoghese Amorim Cork e l’italiana Colombin & Figlio. Per Alessandro Barbiero, responsabile tecnico e commerciale di Colombin, “la Cina sta entrando in maniera sempre più forte e prepotente sul mercato e con un paradosso: se i cinesi, per il vino che vogliono importare chiedono tappi più economici, per il vino che producono loro stessi in Cina, che è il Paese che sta piantando più vigneti al mondo e dove stanno nascendo tante cantine, chiedono tappi di altissima categoria. Questo vuol dire che anche i cinesi stanno progettando di presentarsi al mondo con un’immagine alta sul vino”. Secondo Barbiero “lo dicono in pochi oggi, ma credo che, tra qualche anno, la Cina sarà nostro competitor anche a livello enologico”. I tappi sono anche un buon termometro dell’andamento del mondo del vino. Per Carlos Santos, ad Amorim Cork Italia “viviamo un momento atipico dopo due anni di buon sviluppo, oggi i primi mesi 2012 hanno confermato una tendenza al rallentamento, che, però, osserviamo anche in altri mercati importanti per noi (a parte la Germania che tira ancora), come Francia, Spagna e Portogallo. Ci sono tuttavia mercati dove il momento è positivo, come negli Stati Uniti, e così l’export compensa le difficoltà”.

fonte: ANSA

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Cinesi alla conquista del vino francese

Invasione di yuan fra le dolci colline di Bordeaux, nelle vigne da cui nasce uno dei vini piu’ celebri al mondo. Dal 2008 a oggi, ben 17 piccoli ”chateaux” sono stati acquistati da proprietari cinesi, sull’onda di una moda che fa sempre piu’ adepti tra i nuovi ricchi del Paese della Grande muraglia. In un periodo non facile per i piccoli produttori di Bordeaux, che spesso faticano a vendere la totalita’ della propria produzione su un mercato dominato dai grand cru e mancano della capacita’ per conquistare clienti sul nuovo mercato, gli investitori cinesi si presentano spesso come i salvatori delle imprese, acquistando l’intero chateau e consentendo di proseguire la coltivazione delle vigne e la produzione di vino. Pioniere di questa tendenza era stato, nel 1997, il finanziere di Hong Kong Peter Kowk, che si era regalato lo Chateau Haut-Brisson, nell’area di produzione del Saint-Emilion. Negli ultimi anni Duemila, lo hanno imitato il conglomerato Longhai, basato a Qingdao, che ha comprato il Chateau Latour-Laguens nel 2008, un’altra holding di Hong Kong, A&A International, nel 2009 e un anonimo miliardario di Dalian, porto della Cina nordorientale sul Mar Giallo, nel 2010. Il vero boom, pero’, e’ arrivato dalla fine del 2011 a oggi. ”E’ la follia – racconta al settimanale Le Point Daniel Carmagnat, responsabile di un’agenzia immobiliare specializzata della zona – e’ partito a tutta velocita’, piu’ di una quarantina di proprieta’ sono in corso di vendita, degli chateau che erano in vendita da tre anni”. Le cessioni completate, al momento, sono 14, realizzate da un ventaglio molto eterogeneo di acquirenti, dai grandi gruppi della distribuzione vinicola cinesi al magnate dei gioielli Shen Dongjun, fino alla star del cinema Zhao Wei e al citato Peter Kowk, vero esperto di colline bordolesi e bottiglie di pregio, che ha messo a segno altre due acquisizioni di primo livello. L’invasione cinese, pero’, non sembra spaventare i vignaioli di Bordeaux, che sono ormai abituati alle ondate di stranieri che fanno a gara per accaparrarsi i loro piccoli ‘domaines’: prima erano stati gli inglesi, poi gli olandesi, ancora dopo i belgi, che restano i piu’ numerosi.

fonte: ANSA

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Corsi Made in Italy per sommelier cinesi

Veri corsi di sommelier ‘Made in Italy’ in Cina, scuole per la formazione tecnica e culturale al vino italiano a Shanghai e a Pechino, pre-corsi di italiano, fornitura di materiale didattico e rilascio di un titolo di Sommelier Associazione Italiana Sommelier. Ecco l’ambizioso progetto nato per formare classi di sommelier cinesi stipulato tra Universita’ per stranieri di Siena, Associazione italiana Sommelier e Enoteca italiana con l’intento di affermare i valori qualitativi e culturali dei vini italiani in Cina. Il protocollo d’intesa, patrocinato dal ministero delle Politiche agricole, e’ stato firmato oggi da Massimo Vedovelli, rettore dell’Universita’ per Stranieri di Siena, Antonello Maietta, presidente Associazione Italiana Sommelier e Claudio Galletti, presidente dell’Ente Vini – Enoteca Italiana, secondo una nota diffusa anche in Cina dall’Enoteca Italiana. I primi due corsi avranno luogo a Shangahi e Pechino, citta’ sedi del progetto ‘100 enoteche italiane” che stanno sorgendo in Cina. In un secondo momento verranno individuate altre citta’ per lo svolgimento dei corsi, in collaborazione con universita’, agenzie cinesi o consorzi italiani presenti nel Celeste Impero. L’Universita’ per Stranieri di Siena reclutera’ gli interessati cinesi, mentre Enoteca Italiana che da 4 anni e’ presente in Cina attraverso la sua rete commerciale, mettera’ a disposizione, oltre ai vini italiani, anche la sua sede di Shanghai, Yishang Wine Business Consulting. I docenti saranno reclutati dall’Associazione italiana sommelier che, oltre a fornire la didattica necessaria, alla fine del corso e se sara’ superato l’esame, rilascera’ il titolo di Sommelier dell’ Ais. Inoltre, per diffondere la cultura del vino italiano tra i partecipanti, e’ previsto anche un pre-corso di italiano.

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Gara con blasonati vini francesi, vincono sconosciuti vini cinesi

Vino cinese migliore del più rinomato e conosciuto prodotto francese. E’ quanto ha deciso una giuria di esperti, cinque francesi e altrettanti cinesi, chiamati a giudicare vini provenienti da vitigni di Bordeaux e di Ningxia, sperduta regione settentrionale cinese ai confini con la Mongolia interna. I giurati hanno provato cinque vini da ogni regione, prodotti nel 2008 e 2009, aggiudicando ai vini cinesi i primi quattro posti, con il francese Bordeaux Medoc Lafite al quinto posto. I cinesi, tra l’altro, sono tutti vini di medio costo, dai 25 ai 45 euro, contro i francesi che invece, vuoi anche per gli altri tassi di importazione, raggiungono cifre astronomiche. Secondo esperti, la Cina diventerà il più grande consumatore di vino al mondo nei prossimi 20 anni, superando gli Usa. Fino ad oggi i cinesi si sono contraddistinti sia per la produzione di vino di bassa qualità che per il crescente acquisto di vino straniero, francese in testa, con l’Italia che difende la sua quarta posizione dopo Australia e Cile. Ma, negli ultimi anni, si sta diffondendo molto la coltivazione di vitigni importati e la regione di Ningxia sta diventando il centro della produzione enologica cinese di alta qualità.

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Vino italiano sbanca ad Hong Kong e soprassa francesi. E in Cina arrivano Grana Padano e Prosciutto San Daniele

I vini italiani spopolano a Hong Kong all’asta di Christiés e battono i blasonati cugini francesi. A farla da padrone soprattutto i vini toscani del Comitato grandi cru d’Italia. Venerdì scorso a Hong Kong l’ultima asta di “fine and rare wines” ha confermato il trend delle aste precedenti, con i vini francesi in netto calo (a partire da Chateau Lafite a Chateau Margaux a Haut-Brion) e in parte rimasti clamorosamente invenduti, e al contrario un buon numero di vini italiani, finora quasi ignorati dai cinesi, che sono stati venduti a prezzi molto più alti di quelli della valutazione di base d’asta. Tra questi si sono distinti il lotto di 18 bottiglie di Ornellaia 1997 della famiglia Frescobaldi, che aveva una valutazione d’asta fra i 20 e i 26 mila dollari di HK (1.922-2.499 euro) e che è stato aggiudicato a 30 mila dollari di Hong Kong (2.883 euro). Sei bottiglie di Masseto della vendemmia 2006 e 2007, sempre dei Frescobaldi, con un valore d’asta fra i 20 e i 26 mila dollari di Hong Kong sono state aggiudicate a 28 mila dollari di Hong Kong. Il lotto di Tignanello di Antinori, composto da 30 bottiglie delle vendemmie 1997, 2000, 2001 e 2005, con un valore massimo d’asta di 20 mila dollari hongkonghini (1922 euro) è stato aggiudicato a 24 mila dollari. Bene anche i vini piemontesi e veneti. In particolare l’Amarone classico di Allegrini, 12 bottiglie del 2001, che sono state aggiudicate a 9 mila dollari di Hong Kong (856 euro). La performance migliore è stata tuttavia quella di un altro vino toscano anch’esso parte del Comitato grandi cru d’Italia, I Sodi di S. Niccolò di Castellare di Castellina. Le 12 bottiglie dell’annata 2006 che Christiés aveva messo in catalogo a un valore fra 4000 e 6000 dollari di Hong Kong è stato aggiudicato a 36 mila dollari (3.460 euro). I vini francesi sono stati aggiudicati spesso al prezzo minimo d’asta e in molti casi, nonostante il ribasso, non sono stati nemmeno aggiudicati.
Ha fatto tappa a Shanghai il tour promozionale del consorzio Grana Padano e di quello del Prosciutto di San Daniele, impegnati in un progetto che toccherà anche la Russia. Nella capitale economica cinese, così come a Pechino, sono stati organizzati seminari, workshop, incontri con giornalisti ed operatori per promuovere queste due eccellenze italiane fregiate del marchio di denominazione di origine protetta. Tra l’altro, il Grana Padano è stato inserito nell’accordo tra Unione Europea e Cina denominato ’10+10′, nel quale dieci prodotti cinesi vengono riconosciuto come Dop in Europa e viceversa. La campagna di promozione cinese vedrà sia il Grana Padano che il Prosciutto di San Daniele impegnati per due mesi, più in altri periodi del 2012, in 20 ristoranti di Shanghai e 10 di Pechino e in 13 negozi e supermarket di Shanghai e 19 di Pechino. Pubblicità sulle maggior riviste cinesi e presenza promozionale in supermercati anche di Canton e Shenzhen, completeranno il tour promozionale cinese, finanziata con il contributo dell’Unione europea e del Governo italiano. “Siamo all’inizio della nostra strategia, – ha detto a Shanghai Giuseppe Saetta, direttore finanziario del consorzio Grana Padano – la Cina è un mercato importante dove però siamo poco presenti con solo 12.000 forme all’anno. Il mercato sta crescendo, soprattutto sui prodotti alimentari importati e il marchio Dop che accomuna i due prodotti è, anche per i cinesi, che negli ultimi tempi prestano molta attenzione alla sicurezza dei prodotti alimentari, garanzia di qualità”. Sia il Grana Padano che il Prosciutto di San Daniele (per il quale ci sono ancora alcuni problemi di importazione legati alle regole cinesi che obbligano il salume ad arrivare via Hong Kong), sono stati al centro di degustazioni organizzate da chef cinesi che li hanno accostati a piatti della tradizione culinaria del paese di mezzo.

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