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Paura attacchi terroristici, arresti a Pechino e nello Xinjiang

La Cina ha rafforzato le misure di sicurezza nella capitale Pechino, dopo una serie di attacchi terroristici attribuiti a esponenti della minoranza etnica degli uighuri. Lo affermano oggi i media cinesi, che riferiscono anche che nel Xinjiang, la regione del nordovest dove vivono la grande maggioranza dei circa nove milioni di uighuri cinesi, oltre 200 persone sono state fermate dalla polizia perche’ sospettate di complicita’ con i terroristi responsabili degli attacchi. Nella capitale, sono state schierate 150 pattuglie di poliziotti armati col compito di “contrastare il terrorismo”. Oltre alla tensione con la minoranza uighura a preoccupare i responsabili dell’ ordine pubblico c’ e’ anche l’ avvicinarsi del 25/mo anniversario del massacro di piazza Tiananmen. I 232 fermati nel Xinjiang, secondo il quotidiano Global Times, sono sospettati di aver “diffuso su Internet informazioni e video che promuovono il terrorismo”. L’ attacco piu’ grave si e’ verificato il primo marzo alla stazione di Kunming, nel sud della Cina, dove 29 persone sono state uccise prima che la polizia intervenisse ed eliminasse quattro terroristi. Analoghi attacchi si sono in seguito verificati in seguito ad Urumqui (tre morti) e a Guangzhou, dove non ci sono state vittime.

fonte: ANSA

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Uighuri in esilio: “non demonizzateci”

La principale organizzazione di uighuri in esilio, il Congresso Mondiale degli Uighuri, ha chiesto a Pechino di “non demonizzare” la comunità dopo la tragedia di sabato scorso, quando un commando di terroristi ha ucciso a freddo 29 civili nella stazione ferroviarie di Kunming, nel sudovest della Cina. Più di cento persone ferite nell’attacco sono ancora ricoverate in ospedale. In un comunicato diffuso oggi, il Congresso “condanna senza equivoci le violenze” ed “esprime le proprie condoglianze alle vittime dell’attacco e alle loro famiglie”. Le autorità cinesi hanno attribuito l’attacco terroristico ai “secessionisti del Xinjiang”, cioè la regione del nordovest della Cina abitata dagli uighuri, che sono di lingua turcofona e di religione islamica. La presidente del Congresso Mondiale degli Uighuri, Rebiya Kadeer, afferma nel comunicato che “è importante che in questa vicenda il governo agisca in modo razionale e non demonizzi l’insieme del popolo uighuro”. Kadeer ha aggiunto che “la contestazione pacifica delle politiche repressive del governo (di Pechino) contro gli uighuri rimane legittima”.

fonte: ANSA

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Tre sospetti arrestati per strage di Kunming

La polizia cinese ha arrestato tre persone sospettate dell’attentato di sabato scorso a Kunming, nel sudovest del paese, in cui un commando di terroristi ha ucciso oltre trenta persone e ne ha ferite più di centoquaranta. Lo rende noto la Bbc, citando media cinesi. L’attacco è stato attribuito dal governo ai secessionisti della minoranza etnica degli uighuri. Quattro di loro, tra cui una donna, sarebbero stati uccisi dalle forze dell’ordine. L’agenzia Nuova Cina, comunicando l’arresto di tre membri del commando terrorista, ha specificato che – secondo quanto riferisce il ministero della pubblica sicurezza – il commando era composto da otto persone, tra cui due donne, e che il suo leader e’ un esponente della minoranza etnica degli uighuri chiamato Abdurehim Kurban. Quattro dei terroristi sono stati uccisi dalla polizia sul luogo dell’attentato, mentre una donna che faceva parte del commando e’ stata ferita ed e’ ricoverata in ospedale a Kunming. Gli uighuri sono un gruppo etnico turcofono di religione musulmana originario della regione del Xinjiang, nel nordovest della Cina. Gli uighuri – circa nove milioni su una popolazione totale di 22 milioni di persone – lamentano di essere diventati una minoranza sulla terra a causa della massiccia immigrazione da altre regioni della Cina e di essere lasciati ai margini dello sviluppo economico. La situazione nella regione e’ estremamente tesa dal 2009, quando quasi duecento persone persero la vita in scontri tra uighuri e immigrati cinesi a Urumqi, la capitale della regione.

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Caccia agli uighuri per l’attentato di Kunming

Almeno 33 persone sono state uccise e 140 ferite la notte scorsa a Kunming, nel sudovest della Cina, in un attacco attribuito da Pechino a terroristi della minoranza etnica musulmana degli uighuri. Testimoni hanno riferito di scene di panico e disperazione quando un gruppo di persone armate di lunghi coltelli si è scagliato contro la folla nella principale stazione ferroviaria della città, che conta oltre sei milioni di abitanti e si trova al centro di una popolare zona turistica. Secondo le testimonianze, i terroristi erano una decina, o forse più, ed erano tutti vestiti di nero. I media cinesi affermano che quattro di loro, tra cui una donna, sono stati uccisi a colpi di arma da fuoco dai poliziotti accorsi sul posto. Un’altra donna sarebbe stata ferita e sarebbe ricoverata in ospedale. Gli altri membri del commando sono attivamente ricercati dalle forze di sicurezza cinesi in una caccia in corso su tutto il territorio della Cina. L’attacco, di una gravità senza precedenti, è stato condotto in un momento delicato della vita politica del Paese, alla vigilia della sessione annuale dell’Assemblea Consultiva del Popolo e dell’Assemblea Nazionale del Popolo, che costituiscono l’istituzione cinese più vicina ad un Parlamento. In una dichiarazione rilasciata durante la notte, appena si era capita la gravità dell’accaduto, il presidente Xi Jinping ha chiesto alle forze di sicurezza di “indagare e risolvere il caso” e di sradicare “tutte le forme di terrorismo” dal Paese. Xi ha anche ordinato al capo dei servizi di sicurezza di Pechino, Meng Jianzhu, di seguire personalmente il caso. Gli uighuri sono la minoranza turcofona e musulmana originaria del Xinjiang, la vasta regione del nordovest della Cina ricca di risorse naturali e che segna i confini con l’Asia meridionale e centrale. Oggi sono una minoranza a causa della massiccia immigrazione da altre regioni della Cina e lamentano di essere lasciati ai margini dello sviluppo economico. La situazione nella regione è estremamente tesa dal 2009, quando quasi duecento persone persero la vita in scontri tra uighuri e cinesi a Urumqi, la capitale della Regione Autonoma del Xinjiang. Da allora il territorio è isolato e teatro di sporadici episodi di violenza che Pechino attribuisce a secessionisti musulmani legati all’Internazionale islamica del terrore basata in Pakistan e Afghanistan e in particolare al Movimento Islamico del Turkestan dell’Est (Etim nella sigla inglese). I gruppi di uighuri in esilio denunciano l’atmosfera di repressione che regnerebbe nella regione e ricordano che negli ultimi anni centinaia di persone sono state arrestate e che le condanne a morte sono state decine. L’ultimo violento attacco attribuito a terroristi uighuri è quello di Turpan, nel luglio scorso, nel quale 24 persone rimasero uccise. Lo scorso 28 ottobre, una jeep ha investito la folla a piazza Tiananmen, a Pechino, uccidendo cinque persone. Anche questo episodio è stato attribuito ai secessionisti del Xinjiang.

fonte: Beniamino Natale per ANSA

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Bagno di sangue in stazione ferroviaria di Kunming. La Cina accusa gli uighuri

Bagno di sangue in una stazione ferroviaria della capitale della provincia sud-occidentale cinese dello Yunnan. Secondo le informazioni diffuse dall’agenzia di stampa Nuova Cina e da altri media locali, un gruppo di uomini armati di coltello ha fatto irruzione verso le 21 (ora locale) nella stazione ferroviaria, attaccando passeggeri in attesa di partire o appena arrivati. La stazione di Kunming é molto frequentata e, secondo i primi dati, 27 persone sono state uccise e altre 109 ferite. L’agenzia di stampa cinese non fornisce alcuna spiegazione della tragica vicenda, mentre una televisione locale ha definito la vicenda un “violento attacco terroristico”. Un’altra agenzia di stampa cinese, la Yunnan News, attribuisce la sanguinosa aggressione a una banda di criminali. Ma le informazioni arrivano con il contagocce e, anche se non ufficialmente, Pechino sta censurando le notizie che escono dal Paese. Tra le vittime in ogni caso vi sono anche persone ammazzate da colpi d’arma da fuoco perché le forze di sicurezza, una volta arrivate sul posto, hanno cominciato subito a sparare. Raffiche sono state sentite da numerosi sopravvissuti che hanno raccontato di spari ripetuti e continui, tra la gente che presa dal panico urlando cercava di fuggire e di trovare un riparo. Altro mistero riguarda non solo l’identità ma anche la “tipologia” degli aggressori: secondo media locali alcuni sarebbero stati vestiti di nero, mentre altre fonti li descrivono addirittura in divisa. Alcuni assalitori avrebbero anche risposto con armi da fuoco all’intervento delle forze di sicurezza nella stazione, scatenando una violentissima sparatoria. Da ciò l’alto numero di morti e di feriti. Tra le vittime vi sarebbero anche alcuni aggressori. La zona è stata isolata e molte ambulanze fanno la spola verso gli ospedali. La gente si accalca all’esterno ma viene tenuta a distanza. “Sina Weibo”, l’equivalente cinese di Twitter, e la rete televisiva locale K6 sono riusciti a mettere in circolazione alcuni brevi messaggi che parlano di una zona di sicurezza molto ampia istituita dalla polizia. Fotografie, di cui non é possibile verificare l’autenticità, sono invece state postate su vari siti online e danno un’idea solo parziale del disastro: grandi macchie di sangue per terra, sulle pareti e sui tornelli che separano l’atrio dalle banchine ferroviarie. E poi medici che si affannano intorno ai feriti, piegati su persone stese al suolo, alcune apparentemente ferite. La provincia dello Yunnan non é mai stata teatro di attacchi violenti di questo tipo e nessuno fa per ora ipotesi sulle motivazione all’origine della strage.
La Cina accusa i terroristi uighuri per il massacro avvenuto nella tarda serata di ieri nella stazione di Kunming, nel sudovest della Cina, dove secondo l’ ultimo bilancio, 29 persone sono state uccise e più di cento ferite a colpi di coltello. Gli uighuri sono la minoranza turcofona e musulmana originaria del Xinjiang, la vasta regione del nordovest della Cina ricca di risorse naturali e che segna i confini con l’ Asia meridionale e centrale. L’attacco, di una gravità senza precedenti, è stato condotto da almeno dieci uomini vestiti di nero, che senza preavviso si sono scagliati sulla folla nella stazione ferroviaria di Kunming, una città di oltre sei milioni di abitanti al centro di una popolare zona turistica. Il presidente Xi Jinping ha personalmente chiesto alle forze di sicurezza di “indagare e risolvere il caso” e di sradicare “tutte le forme di terrorismo” dal Paese. Xi ha anche ordinato al capo dei servizi di sicurezza di Pechino, Meng Jianzhu, di seguire personalmente il caso. Gli uighuri, che oggi sono una minoranza nel Xinjiang a causa della massiccia immigrazione da altre regioni della Cina, lamentano di essere lasciati ai margini dello sviluppo economico e di essere considerati cittadini di “serie B” rispetto alla maggioranza dei cinesi “han”. La situazione nella regione è estremamente tesa dal 2009, quando quasi 200 persone persero la vita in scontri tra uighuri e cinesi a Urumqi, la capitale della Regione Autonoma del Xinjiang. Da allora il territorio è isolato e teatro di sporadici episodi di violenza che Pechino attribuisce a secessionisti musulmani legati all’Internazionale islamica del terrore basata in Pakistan e Afghanistan. L’ultimo violento attacco attribuito a terroristi uighuri è quello di Turpan, nel luglio scorso, nel quale 24 persone rimasero uccise. Lo scorso 28 ottobre, una jeep ha investito la folla a piazza Tiananmen, a Pechino, uccidendo cinque persone. Anche questo episodio e’ stato attribuito ai secessionisti del Xinjiang. I gruppi di uighuri in esilio sostengono che Pechino esagera ad arte di ruolo dei terroristi e l’ accusa di praticare una politica di repressione. Dal 2009, sottolineano, centinaia di uighuri sono stati arrestati e imprigionati e decine di condanne a morte sono state eseguite nella regione.

fonte: ANSA

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Intellettuale uighuro accusato di separatismo

L’intellettuale uighuro Ilam Tothi, arrestato dalla polizia cinese in gennaio, è stato formalmente accusato di “separatismo”, un reato che può essere punito con la pena di morte o decine di anni di prigione. Lo ha annunciato sua moglie, Guzaili Nu’er. Tohti, 44 anni, insegna all’Università delle minoranze di Pechino. “E’ un’accusa senza fondamento, lui è semplicemente un professore”, ha sottolineato la donna. Da molti anni Tohti si batte per il rispetto dei diritti della minoranza etnica alla quale appartiene, quella degli uighuri. Tohti è anche il fondatore di un sito web di successo sulle relazioni tra gli uighuri e gli han, che in Cina sono il gruppo etnico maggioritario. Gli uighuri sono turcofoni e musulmani e vivono in grande maggioranza nella regione del Xinjiang (nordovest).

fonte: ANSA

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Undici “terroristi” uccisi nello Xinjiang

Almeno 11 “terroristi” sono morti nella Cina occidentale in scontri con la polizia. Lo scrive l’agenzia Nuova Cina. L’episodio sono avvenuti nella provincia dello Xinjiang, al centro di scontri da tempo tra gli uighuri, di religione musulmana, e le autorità cinesi. I primi chiedono maggiore autonomia e libertà di culto, i cinesi li considerano terroristi secessionisti. Secondo la Nuova Cina, otto “terroristi” sono morti uccisi dalla polizia negli scontri, tre invece sono morti a causa dello scoppio di una bombola di gas che trasportavano come bomba. Gli uighuri, a bordo di auto e ciclomotori, avrebbero tentato di attaccare con armi e bombole di gas una stazione di polizia nella contea di Wushi, prefettura di Aksu. Sei “terroristi” erano già stati uccisi in scontri simili lo scorso 24 gennaio a Xinhe, nella stessa prefettura di Aksu.

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Musulmana uighura costretta ad abortire al nono mese per legge figlio unico

Costretta ad abortire al nono mese di gravidanza e ad ascoltare il suo neonato piangere per qualche istante prima che tacesse per sempre: il racconto-shock, fatto da attivisti sul sito di Radio Free Asia, proviene dalla Cina. Viene denunciato come un episodio di rigida applicazione della regola del “figlio unico” in un momento in cui Pechino ha deciso di allentare le maglie di quella legge. Ma in questo caso si tratta di una madre appartenente all’etnia musulmana turcofona degli Uighuri, che vive in gran parte nella provincia nord-occidentale dello Xinjiang. Da tempo la minoranza etnica denuncia una politica persecutoria da parte di Pechino, che a sua volta da alcuni anni si è trovata a far fronte a un terrorismo di matrice uighura. Ma il caso del nono mese non è il solo: sempre secondo il sito d’opposizione, altre tre donne, a diversi stadi della gravidanza, sono state costrette brutalmente ad abortire. Il vice capo della città di Arish nella prefettura di Hotan ha fatto sapere che erano programmati anche altri due aborti per la scorsa settimana. In un caso la donna si trova ancora in ospedale in attesa dell’intervento, nell’altro la madre in attesa è fuggita e di lei si sono al momento perse le tracce. “Quando hanno saputo che mia moglie era incinta del quarto figlio, un maschio dopo tre femmine – ha raccontato uno dei mariti delle donne costrette ad abortire -, le autorità ci hanno detto che avremmo dovuto abortire, noi abbiamo detto loro che avremmo voluto anche pagare la multa, di solito compresa tra i 50.000 e i 100.000 yuan (tra i 6.000 e gli 11.000 euro circa, ndr). Ma loro rifiutarono di accettare e a novembre ci siamo nascosti in casa di alcuni parenti. Ma poi la polizia la scorsa settimana ci ha trovati e mia moglie è stata costretta ad abortire al sesto mese di gravidanza”. Il bambino, secondo il racconto dell’uomo, è nato vivo come nel caso della donna al nono mese, ed è morto nel giro di un’ora a causa delle medicine usate per indurre l’aborto. In quanto minoranza etnica gli Uighuri non sono rigidamente assoggettati alla legge del figlio unico. Possono avere due bambini se vivono in città e tre se vivono in campagna. Ma, come denunciano gruppi che si battono per la tutela dei diritti umani, se eccedono questo limite vengono perseguitati, costretti a sterilizzazioni forzate, aborti forzati etc. E la notizia di questi nuovi aborti forzati arriva proprio a pochi giorni dalla decisione del governo di Pechino di allentare proprio la legge del figlio unico, che fu imposta quando la crescita demografica era vorticosa. La Cina di oggi fa infatti i conti con i cambiamenti sociali e demografici: per la prima volta in decenni, la forza lavoro, pari a circa 940 milioni di individui, è diminuita l’anno scorso di 3,45 milioni e, secondo le previsioni, in questo decennio dovrebbe diminuire di altri 29 milioni. Inoltre aumenta la popolazione anziana: gli “over 60” sono il 14,3% e si prevede che diventeranno un terzo della popolazione nel 2050. Un anno e mezzo fa aveva suscitato grande clamore il caso di una donna costretta ad abortire al settimo mese di gravidanza. Le immagini del feto insanguinato, morto accanto alla madre, fecero il giro della rete. Lo sdegno che suscitando gettò i semi del dibattito sulla necessità di abrogare la legge del figlio unico. (

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Uccisi otto “terroristi” nello Xinjiang

La polizia cinese ha ucciso otto persone durante quello che viene definito un “attacco terroristico” contro un commissariato della provincia occidentale dello Xinjiang. Lo rende noto il governo locale. E’ accaduto stamattina nel distretto di Yarkant, a circa 200 km a sudest della storica città di Kashgar, nell’estremo sud dello Xinjiang. La regione dello Xinjiang e’ dal 2009 sotto stretto controllo della polizia e dell’esercito cinese, da quando cioe’ quasi 200 persone persero la vita in scontri tra uighuri e immigrati cinesi nella capitale, Urumqi. In scontri avvenuto lo scorso agosto, hanno perso la vita 22 persone, mentre undici le vittime di un altro attacco lo scorso novembre. Le autorità cinesi chiamamo “terroristi” anche coloro che si battono per l a genuina autonomia o l’indipendenza della regione musulmana.

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Anche sei donne tra i “terroristi” uccisi domenica

C’erano anche sei donne tra i quattordici “terroristi” uccisi domenica in uno scontro con la polizia nella provincia occidentale cinese dello Xinjiang. Lo riferiscono fonti uighure che si battono per i diritti della minoranza musulmana nella provincia occidentale cinese.
La versione della polizia rispetto allo scontro di domenica nel villaggio di Saybah, nella contea di Konasheher (Shufu in cinese), prefettura di Kashgar, era che lo scontro era avvenuto a seguito della scoperta di terroristi con bombe. Per questo, sarebbero nati degli scontri che hanno portato alla morte di 14 uighuri, che il governo di Pechino ha definito “terroristi” e di due agenti. La polizia ha riferito di aver fatto irruzione in una casa nella quale ci sarebbero stati terroristi travestiti da donna. Testimoni locali, citati dal World Uyghur Congress, hanno invece riferito che la polizia ha fatto irruzione in una grande casa nella quale una famiglia allargata si era riunita per organizzare un matrimonio. Il capo degli agenti avrebbe tolto il velo alla padrona di casa, da qui le proteste dei membri della famiglia e i conseguenti scontri, con l’uccisione dei “terroristi”. Secondo la Wuc, con l’uccisione delle 14 persone tra le quali le sei donne, sono rimasti orfani 21 bambini, tra i quali uno di appena 55 giorni. La regione dello Xinjiang e’ dal 2009 sotto stretto controllo della polizia e dell’esercito cinese, da quando cioe’ quasi 200 persone persero la vita in scontri tra uighuri e immigrati cinesi nella capitale, Urumqi. In scontri avvenuto lo scorso agosto, hanno perso la vita 22 persone, mentre undici le vittime di un altro attacco lo scorso novembre.

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