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Toyota ferma parte produzione in Cina a seguito dissidi tra Pechino e Tokyo

La casa automobilistica giapponese Toyota ha annunciato la sospensione di alcune parti di produzione nell’impianto di Tianjin, non lontano da Pechino, a causa del crollo di vendite in Cina. Lo ha annunciato la stessa compagnia in un comunicato diffuso in Cina. La linea di assemblaggio dell’impianto di Tianjin, il più grande in Cina, é stata fermata da ieri. Non si sa quante linee sono state fermate ne per quanto tempo lo saranno. La settimana scorsa si era diffusa la notizia che per questa settimana la società avrebbe chiuso totalmente la fabbrica, notizia poi smentita. Nell’impianto si producono, tra gli altri, la Corolla, la Crown, Rav4 e la Vios. Annualmente sono 500.000 le vetture che escono dall’impianto di Tianjin che rappresentano il 60% totale della produzione cinese. Si stima che la Toyota, pur non avendo ancora diffuso numeri esatti, abbia registrato un calo di vendite in Cina di più del 30%. Il calo è dovuto principalmente al clima di tensione fra Cina e Giappone a causa della contesa sulle isole Diaoyu/Senkaku che il Giappone ha nazionalizzato il mese scorso. Le proteste per la mossa di Tokyo ha portato in Cina a numerose manifestazioni di piazza anche violente, nelle quali molti obiettivi giapponesi, come le auto, sono stati presi di mira.

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Giù le vendite della Toyota in Cina a causa della contesa con il Giappone sulle isole

Le vendite di Toyota in Cina si sono dimezzate a settembre rispetto ad agosto, a 75.000 veicoli, sotto il peso del sentimento anti-nipponico legato alo scontro territoriale in corso tra Tokyo e Pechino sulla sovranità delle Senkaku/Diaoyu, le isole disabitate nel mar Cinese orientale. Il produttore di auto nipponico, ritornato leader mondiale nella prima metà del 2012, sta registrando una brusca frenata delle attività, scrive oggi il quotidiano Yomiuri, citando una fonte anonima del colosso di Nagoya. Le concessionarie Toyota, insieme a quelle dei principali costruttori del Sol Levante, sono state tra i bersagli preferiti delle manifestazioni delle scorse settimane in Cina, sfociate in proteste violente e devastazioni, dopo che Tokyo ha deciso di nazionalizzare tre delle 5 principali isole del piccolo arcipelago disabitato, rivendicato da Pechino e Taipei. Toyota, Nissan e Honda hanno annunciato la riduzione della produzione negli impianti in Cina, di fronte a un mercato che mostra segnali di rallentamento, pur se ancora promettente. Gli ultimi sviluppi rendono pressoché irragiungibile l’obiettivo di Toyota di centrare nel 2012 vendite in Cina pari a un milione di vetture.

fonte: ANSA

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Nuova ondata di scioperi al sud

Continuano gli scioperi e le proteste di operai e impiegati in diverse parti della Cina. Secondo quanto riferisce il sito di Radio Free Asia, gli operai di una fabbrica di acciaio nella provincia sud occidentale del Sichuan, la Pangang Steel, hanno iniziato a scioperare dalla mattina dello scorso 4 gennaio contro salari troppo bassi e difficili condizioni di lavoro. ”Dopo che gli operai del gruppo Chuanhua di Chendu – ha detto Pu Fei, portavoce di un gruppo che opera a tutela dei diritti umani nella provincia del Sichuan – sono riusciti ad ottenere aumenti di stipendio di circa 400-500 yuan al mese (circa 50 euro, ndr), ora anche gli operai della Pangang hanno deciso di fare lo stesso”. Secondo Pu Fei, gli operai della fabbrica di acciaio scesi in piazza guadagnano mediamente 1.500 yuan al mese (poco piu’ di 150 euro) ma chiedono di poter arrivare almeno a 2.000. I responsabili della fabbrica non hanno finora commentato l’accaduto. Non e’ chiaro quante persone abbiano partecipato alla protesta anche se testimoni oculari parlano di diverse decine di migliaia. E intanto notizie di altre proteste giungono dalla citta’ meridionale di Wuzhou dove gli operai di una fabbrica di giocattoli avrebbero iniziato a scioperare contro i tagli dei bonus di fine anno e contro arretrati ancora non pagati. Sembra tuttavia che in questo caso la protesta sia gia’ velocemente terminata con la decisione dei vertici dell’azienda di pagare gli operai. Sulla rete sono apparse anche immagini di manifestazioni a Wuxi, alla fabbrica del gruppo Xiao Tian anche se un impiegato, contattato telefonicamente, ha affermato che la situazione e’ tornata sotto controllo e che tutti sono tornati al lavoro.

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Oltre 1000 operai navali protestano per stipendi

Gli operai di un cantiere navale nel sud della Cina hanno iniziato a scioperare per protestare contro mancati pagamenti di stipendi. Oltre mille tra i dipendenti del cantiere navale Guanhai a Fuzhou, nella provincia cinese meridionale del Fujian, lunedì hanno bloccato gli ingressi del cantiere occupando e bloccando la strada per diverse ore. Secondo quanto riferiscono alcuni siti che si occupano dei diritti dei lavoratori, essi lamenterebbero di non venire pagati da oltre tre mesi e che i responsabili del cantiere si sarebbero rifiutati di dare loro gli arretrati nonostante le loro continue richieste e sollecitazioni. Lo sciopero ha paralizzato il traffico per diverse ore. Secondo alcuni testimoni si sarebbero verificati anche scontri con la polizia, intervenuta sul posto. Interpellati i vertici del cantiere hanno invece sostenuto che l’accordo sugli arretrati è stato raggiunto, che il problema è superato e che la fabbrica ha ora deciso di pagare gli stipendi direttamente ai suoi dipendenti e non, come finora era accaduto, tramite i committenti. “Sappiamo che alcuni nostri committenti spesso non pagavano i lavoratori – ha detto Long, uno dei responsabili del cantiere navale – il problema era nato da questo”. Con la crisi, molti cantieri navali cinesi, che negli anni scorsi hanno varato il maggior numero di navi per clienti di tutto il mondo, stanno chiudendo per mancanza di commesse.

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Tornano al lavoro alla Lg, nuovo sciopero a sudest

E’ terminato lo sciopero alla fabbrica della LG di Nanchino, dove da tre giorni circa 8.000 operai erano entrati in sciopero bloccando parte della produzione per protestare contro tagli salariali e contro presunte disparità di trattamento tra dipendenti cinesi e dipendenti coreani. I responsabili della fabbrica hanno fatto sapere che le attività sono regolarmente riprese dalle 16 di ieri, dopo il raggiungimento di un accordo con gli operai. Ma se la situazione a Nachino sembra risolta, un nuovo sciopero è iniziato a Guangzhou (ex Canton), dove gli operai della Aries Auto Parts Corporation stanno protestando contro riduzioni di salari e contro i tagli dei bonus di fine anno. Secondo le informazioni disponibili, la produzione è stata totalmente fermata e nonostante ripetuti richiami gli operai si sono rifiutati di porre fine alla proteste e di tornare al lavoro. I responsabili dell’azienda hanno fatto sapere che la riduzione dei bonus quest’anno deriva da una riduzione della domanda, mentre gli operai sostengono che il numero degli ordini di quest’anno è quasi lo stesso di quello precedente. Oltre ai tagli economici, gli operai lamentano anche condizioni di lavoro difficili, essendo costretti spesso a turni di lavoro anche di 12 ore e a continui straordinari. Nella stessa fabbrica lo scorso aprile si era verificato un altro sciopero. In quella occasione alla fine venne raggiunto un accordo che prevedeva un incremento salariale mensile di circa 300 yuan (poco più di 30 euro). La Aries produce parti per automobili e motocicli e ha tra i suoi clienti Honda, Toyota, Dongfeng-Nissan e Suzuki.

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Ennesimo sciopero in società straniera: ora tocca all’LG

Circa 8.000 operai di una fabbrica della LG di Nanchino, nella zona orientale della Cina, hanno iniziato a scioperare. La portavoce dell’azienda coreana, Claire Ohm, ha fatto sapere che una parte della produzione nell’impianto, specializzato nella fabbricazione di schermi piatti per televisori lcd, computer portatili e monitor, è stata sospesa. Secondo le informazioni disponibili sopratutto su alcuni microblog tra i quali sina.com, sembra che gli operai di Nanchino lamentino in primo luogo una disparità di trattamento tra gli operai cinesi, ai quali sarebbero stati recentemente tolti alcuni bonus previsti fino allo scorso anno, e quelli coreani, ai quali al contrario sarebbero stati dati degli aumenti. “Stiamo lavorando in collaborazione con il governo di Nanchino – ha fatto sapere Claire Ohm – per raggiungere un accordo e per risolvere questa situazione quanto prima possibile”. Dal novembre scorso, in tutto il paese, sono decine di migliaia i lavoratori cinesi che hanno cominciato a protestare contro salari troppo bassi e condizioni di lavoro difficili.

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COntinua sciopero a fabbrica tecnologica di Shenzhen

Va avanti ormai da una settimana lo sciopero dei lavoratori della Shenzhen Hailiang Storage Product Co. Ltd, sussidiaria della Hitachi Global Storage Technologies a Shenzhen, nella Cina meridionale. Lo riferisce la stampa locale. Dallo scorso 4 dicembre oltre 1000 operai, preoccupati del mantenimento dei loro posti di lavoro a causa della recente acquisizione dell’azienda giapponese da parte dell’americana Western Digital, hanno bloccato l’ingresso della fabbrica, issando striscioni e cantando slogans. L’azienda dal canto suo ha fatto sapere di essere impegnata ad aumentare i salari e a migliorare le condizioni di lavoro, ma gli operai finora hanno dichiarato di non essere soddisfatti da queste dichiarazioni e di non sentirsi sufficientemente garantiti. Gli operai, infatti, chiedono che l’azienda presenti un piano chiaro relativo al periodo post-acquisizione, e chiedono anche forme di risarcimento in base alla legge. “I lavoratori continueranno lo sciopero fino a quando l’azienda non fornirà una soluzione ragionevole” hanno fatto sapere gli scioperanti tramite un loro portavoce. Intanto sabato mattina alcuni operai sono rimasti lievemente feriti durante scontri con la polizia, verificatisi nei pressi della fabbrica. La Western Digital ha siglato un accordo con la Hitachi. La fusione dovrebbe avvenire nel marzo 2012. I vertici dell’azienda hanno fatto sapere di aver notificato all’azienda giapponese il perdurare della situazione di tensione e di protesta da parte dei lavoratori mentre le autorità locali stanno cercando di portare avanti dei negoziati per il raggiungimento di un accordo. Da oltre un mese soprattutto nel sud est del paese sono molte le manifestazioni di operai che protestano per le chiusure delle fabbriche colpite dalla crisi globale oppure dalle delocalizzazioni o per le condizioni di lavoro alle quali sono sottoposti.

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Sciopero per salari in fabbrica mobili di bambù

Centinaia di operai della Jin Mao Bamboo Furniture, che ha sede nella provincia cinese del Zhejiang, sono scesi in sciopero e hanno manifestato per chiedere aumenti salariali. Lo scrive oggi il giornale Mingpao di Hong Kong. Le autorità locali hanno chiesto alla polizia di intervenire contro gli scioperanti e, secondo alcuni messaggi comparsi su Internet, alcuni lavoratori sarebbero rimasti feriti. La Jin Mao é la più grossa impresa cinese nel settore dei mobili di bambù. L’azienda afferma di avere 600 milioni di yuan (70 milioni di euro) di debiti in seguito alla crisi della domanda in Europa e negli Usa. Scioperi e richieste di aumenti salariali si sono moltiplicati negli ultimi mesi nelle aree industrializzate della Cina come lo Zhejiang, che si trova sulla costa orientale.

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Ennesimo sciopero in azienda straniera in Guangdong

Un nuovo sciopero interessa una società straniera in Cina. Circa mille operai della giapponese Hitachi sono scesi in piazza a Shenzhen, nella provincia sud orientale del Guandgong per protestare contro i tagli previsti dopo la vendita dell’azienda ad una società americana. La Shenzhen Hailiang Storage Product Co. Ltd è una sussidiaria della giapponese Hitachi Global Storage Technologies ed è stata di recente venuta alla Western Digital, società americana. I dipendenti temono che con l’acquisizione perderanno i loro diritti accumulati nel tempo e soprattutto una drastica riduzione del personale. Per questo motivo hanno bloccato da domenica sera l’ingresso all’azienda per poi disperdersi, dopo l’arrivo della polizia e l’assicurazione di portare in Giappone la vertenza, al quartier generale dell’Hitachi. Questa contro l’Hitachi è solo l’ultima di una serie di manifestazioni contro società straniere che hanno nel Guangdong, la ‘fabbrica della Cina’, la loro sede e che a causa della crisi mondiale stanno avendo riduzione di produzione, delocalizzazione o in alcuni casi la chiusura.

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Ancora in sciopero lavoratori a Shanghai

Sono ancora in sciopero gli operai della Hi-P, l’azienda di Singapore impegnata nel settore tecnologico che opera per societa’ come Nokia, Motorola, Apple. Dopo l’ennesimo fallimento delle negoziazioni tra le parti, oltre 400 operai continuano a manifestare fuori dai cancelli della fabbrica per protestare contro l’intenzione della Hi-P di spostare l’impianto in un’altra provincia per contenere i costi. Secondo fonti sindacali, l’azienda avrebbe negato la ricompensa promessa, o parte di essa, per la chiusura dell’impianto di Jinqiao, nei sobborghi di Shanghai, e cosi’ gli operai stanno bloccando l’accesso all’azienda da una settimana. Il posto dove la societa’ ha deciso di trasferire l’azienda e’ ad oltre un’ora e mezza di auto da Shanghai e nonostante ci siano degli autobus messi a disposizione dall’azienda, i lavoratori non vogliono trasferirsi perche’ molti di loro sono abituati a lavorare anche per 20 ore. In caso di trasferimento, perderebbero la possibilita’ di fare straordinari. Yao Hsiao Tung, direttore esecutivo dell’azienda, ha detto che lo spostamento era pianificato per il 2012, ma la situazione si sta facendo difficile a causa della crisi internazionale. Come la Hi-P sono moltissime le aziende che stanno abbandonando Shanghai per altre citta’, a causa degli alti costi della capitale economica cinese in termini di terreno, spostamenti e manodopera. A causa della crisi internazionale, negli ultimi mesi sono state diverse le aziende cinesi che hanno chiuso o hanno minacciato licenziamenti e trasferimenti, portando ad un’ondata di proteste soprattutto nella zona orientale della Cina.

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