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Trenta pescherecci cinesi verso isole contese mari del Sud

Una flottiglia record di trenta navi da pesca cinesi e’ partita ieri verso le isole Spratly, Nansha in cinese, un arcipelago di piccole isole nel mar cinese meridionale al centro di una disputa tra Pechino, Vietnam e Filippine, oltre a Taiwan. Le navi, ognuna con una capacita’ di oltre 100 tonnellate, rimarranno intorno alle isole per una quarantina di giorni. A supporto dei pescherecci anche una nave per l’approvvigionamento e una scorta militare. ”Stiamo esplorando i modi per sfruttare le risorse del mare in maniera sistematica”, ha detto Huang Wenhui, che dirige l’ufficio per la pesca presso il Dipartimento per l’oceano e la pesca nella provincia di Hainan. ”L’obiettivo finale di questa operazione – ha aggiunto Huang – e’ che i pescatori possano pescare intorno alle isole Nansha su base regolare”. I 30 pescherecci, secondo le informazioni, dovrebbero arrivare sul posto in quattro giorni. Il Giappone, il Vietnam, Taiwan, Brunei, la Malesia e le Filippine si contendono la sovranita’ su vaste aree del mar cinese meridionale, ricco di risorse, incluse le isole Spratly. Ma la Cina afferma la sua sovranita’ sulla quasi totalita’ di queste aree.

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Prove disgelo epr la Corea del Nord: Obama invita Kim a collaborare

Forse e’ prematuro parlare di disgelo. Ma dopo settimane di enorme tensione, nei rapporti tra la Corea del Nord e la comunita’ internazionale sembra tornare un po’ di sereno. Il primo gesto lo ha fatto il leader supremo di Pyongyang che – secondo quanto riferiscono fonti del governo di Seul – ha deciso di revocare lo stato di massima allerta e di spostare i missili a medio raggio negli ultimi tempi puntati su possibili obiettivi ‘nemici’. Per il momento, dunque, le provocazioni sembrano aver lasciato il posto a un atteggiamento piu’ cauto. Cosi’ a Washington il presidente americano, Barack Obama, e la presidente sudcoreana, Park Geun-hye – incontratisi alla Casa Bianca – usano toni che sembrano un po’ meno duri rispetto al passato: ”Gli Stati Uniti sono pronti a difendere se stessi e gli alleati”, ha ribadito Obama, insistendo pero’ sul fatto che l’America e’ soprattutto pronta da tempo al dialogo con un regime nordcoreano ”sempre piu’ isolato”. Il presidente Usa – su invito di un giornalista sudcoreano nel corso della conferenza stampa con la Park – lancia un messaggio al giovane ed aggressivo leader di Pyongyang: ”Non lo conosco personalmente, ma quello che so e’ che le sue provocazioni lo hanno portato in un vicolo cieco. Deve invece ricongiungersi alla comunita’ internazionale – auspica Obama – collaborare per la denuclearizzazione della penisola coreana e assicurare cosi’ prosperita’ del suo popolo”. In questo caso tutti sono pronti ad accoglierlo. Il ruolo che puo’ essere svolto dalla Cina viene sottolineato dalla presidente Park, che ricorda come Pechino ”puo’ esercitare un’influenza fondamentale per indurre la Corea del Nord a rimettersi sulla retta via, rispettando gli obblighi internazionali a partire dalle risoluzioni delle Nazioni Unite”. Dunque, Pyongyang deve impegnarsi davvero per la denuclearizzazione della penisola coreana: e fino a quando esistera’ la minaccia nucleare – avverte Park – ”il nostro impegno sara’ quello di rafforzare le difese”. Le crescenti tensioni nella penisola coreana avevano portato Pyongyang a decidere il 26 marzo scorso il livello di massima allerta per tutte le unita’ strategiche missilistiche e di artiglieria, in risposta a Corea del Sud e Usa impegnati in manovre militari congiunte. Il regime aveva quindi puntato vettori balistici contro obiettivi importanti su continente americano, Hawaii e Guam, nonché su altre basi militari Usa di Pacifico e Corea del Sud. Ora, l’allerta sembra essere terminata intorno al 30 aprile.

fonte: ANSA

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Si cerca il dialogo tra Cina e Giappone, forse domani a Pechino delegazione Tokyo

Giappone e Cina stanno progettando di tenere colloqui tra funzionari della Difesa che, in base a indiscrezioni, potrebbero vedere domani una delegazione di Tokyo partire per Pechino, con al centro il caso delle Senkaku-Diaoyu. Lo riporta l’agenzia Kyodo, a conferma delle dichiarazioni del portavoce del governo nipponico, Yoshihide Suda, che ha fatto intendere che i due Paesi stavano provando ad allentare le tensioni sulla sovranita’ del piccolo arcipelago, nel controllo di Tokyo e rivendicato da Pechino. ”Stiamo lavorando, il Giappone dialoga con la Cina”, ha affermato Suga in conferenza stampa, secondo cui Pechino e’ ”un vicino importante”. Le otto motovedette cinesi, intanto, hanno lasciato nella serata di ieri le acque delle isole Senkaku/Diaoyu, controllate da Tokyo e rivendicate da Pechino, dopo un blitz durato 12 ore. In base a quanto riferito dalla guardia costiera nipponica, e’ stata la piu’ grande intrusione finora fatta dalle navi del servizio di sorveglianza marittima cinese intorno al piccolo e disabitato arcipelago, ritenuto essere ricco risorse naturali, come il gas, oltre ad avere fondali ricchi per la pesca. Tra Tokyo e Pechino c’e’ stato ieri un duro uno scambio di proteste e prese di posizione.

fonte: ANSA

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Ultime notizie sul fronte sino-giapponese: isole contese e visita a santuario di guerra

Guerra di nervi e di parole tra Cina e Giappone sia sulle isole contese Diaoyu/Senkaku che sulla visita a Yasukuni, memoriale giapponese della seconda guerra mondiale, che ha provocato le ire dei cinesi. L’ambasciatore di Pechino in Giappone, Cheng Yonghua, ha protestato nei confronti del governo di Tokyo per quella che considera una intrusione territoriale cinese, cioe’ l’arrivo nelle acque contese di pescherecci giapponesi con attivisti. La protesta e’ arrivata durante l’incontro che il diplomatico ha avuto con il vice ministero degli esteri giapponese Chikao Kawai, che aveva convocato il cinese per esprimergli la stessa protesta, dopo che motovedette cinesi erano state viste nei pressi delle isole. Il viaggio degli attivisti giapponesi e’ stato definito ”illegale” e portatore di problemi” dalla portavoce del ministero degli esteri di Pechino Hua Chunying. Ma la Cina continua a protestare anche per la visita di esponenti dell’amministrazione centrale di Tokyo al memoriale di guerra Yasukuni, dove si onora la memoria dei militari di guerra e che ha scatenato anche le proteste sud coreane. Dopo l’offerta rituale di tre pini da parte del premier giapponese Shinzo Abe e la visita di ministri del suo governo, oggi sono stati al santuario 169 parlamentari di Tokyo, ”il piu’ alto numero dal 2005” scrive la Nuova Cina, che definisce la visita ”l’esposizione della codardia dei politici (giapponesi, ndr)”.

Il Giappone e’ pronto a respingere ogni sbarco cinese alle Senkaku/Diaoyu, isole controllate da Tokyo e rivendicate da Pechino, anche con ”l’uso della forza”. ”Sarebbe normale avviare un allontanamento con la forza in caso di sbarco”, ha detto il premier nipponico, Shinzo Abe, in un dibattito parlamentare, rispondendo a una domanda sul tema. Abe ha assicurato che l’attivita’ di sorveglianza nipponica ha lo scopo di ”impedire a chiunque di poter sbarcare” sul piccolo arcipelago conteso e disabitato.

Una flottiglia di una decina di pescherecci giapponesi, con a bordo esponenti di associazioni di nazionalisti, è diretta verso le isole Senkaku/Diaoyu, in una iniziativa che ha lo scopo di ribadire la sovranità nipponica. Partita in nottata dal porto di Ishigaki, riporta la tv Nhk, la spedizione è stata voluta dall’associazione ‘Ganbare Nippon’ (‘Forza Giapponé).

Quasi 170 parlamentari nipponici hanno visitato oggi il controverso santuario Yasukuni, visto come il simbolo del passato imperialista e militarista del Giappone, alimentando nuove tensioni regionali. Secondo i media locali, un numero eccezionalmente alto (ben 168) ha voluto pregare al luogo dedicato ”alle anime di soldati e persone morte combattendo per l’imperatore”, tra cui 14 criminali di Classe A. La visita e’ maturata all’indomani della protesta della Cina e della cancellazione del viaggio a Tokyo del ministro degli Esteri sudcoreano, Yun Byung-se.

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Ministri giapponesi a santuario Yasukuni, protesta di Pechino

Anche il governo cinese ha protestato solennemente nei confronti di quello giapponese per la visita di esponenti dell’amministrazione centrale di Tokyo al memoriale di guerra Yasukuni, dopo che il ministro degli esteri sudcoreano aveva questa mattina annullato una visita prevista da tempo per questa settimana. Il premier giapponese, Shinzo Abe, due giorni fa aveva donato tre pini, senza recarsi di persona al santuario Yasukuni a Tokyo, eretto per onorare 2,5 milioni di giapponesi morti durante la seconda guerra mondiale e sino-giapponese, tra i quali, scrive la Nuova Cina, ”14 criminali di guerra”. Per il portavoce degli esteri di Pechino, Hua Chunying, il nocciolo della questione del santuario Yasukuni e’ ”se i leader giapponesi vedono e trattano correttamente la storia delle invasioni del paese, e rispettano i sentimenti del popolo della Cina e di altri paesi vittime”. Per Hua le atrocita’ giapponesi durante la guerra sono accertate da prove inconfutabili. ”Solo quando il Giappone affrontera’ di petto il suo passato aggressivo potra’ abbracciare il futuro e sviluppare relazioni amichevoli con i suoi vicini asiatici”, ha concluso il portavoce.

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La Corea del Nord invia spiragli, chiede cancellazione sanzioni Onu. Condizioni inaccettabili per Usa, Tokyo e Seul

La Corea del Nord accantona i toni apocalittici e lancia primi segnali di dialogo, peraltro tutti da verificare, in funzione delle pesanti condizioni poste. La Casa Bianca ribadisce la richiesta di “segnali chiari e credibili” sulla strada dell’abbandono dei propositi nucleari. Il segretario di Stato John Kerry precisa che le condizioni imposte dalla Corea del nord “sono inaccettabili”, pur leggendo le mosse di Pyongyang come “una tattica d’apertura”. Seul e Tokyo bocciano la piattaforma che comprende anche il ritiro delle sanzioni delle Nazioni Unite. La potente Commissione nazionale di Difesa, che è l’organo istituzionale di grado più alto a Pyongyang, ha reso noto che Usa e Corea del Sud devono sospendere le provocazioni e gli atti di aggressione (con le scuse per le azioni passate), mentre le risoluzioni Onu, incluse le sanzioni, devono essere revocate. Gli Stati Uniti e la Corea del Sud devono, come prima mossa, “fermare immediatamente tutti i loro atti provocatori” contro Pyongyang e “chiedere scusa per tutti quelli fatti”, ha rilanciato la Kcna, citando in forma anonima un portavoce della Commissione presieduta dal ‘giovane generale’ Kim Jong-un. Non solo: come “segnale di buona volontà”, dovrebbero essere tolte le risoluzioni con le sanzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu, mentre Seul dovrebbe smettere di attribuire le colpe al Nord dell’affondamento della corvetta Cheonan di marzo 2010 e per gli attacchi informatici alle reti sudcoreane. Nella seconda fase, Washington e Seoul “dovrebbero dare garanzie formali di fronte al mondo che non manderanno in scena ancora una volta esercitazioni di guerra nucleare per minacciare o ricattare” Pyongyang. Infine, Stati Uniti e Corea del Sud “dovrebbero decidere di ritirare tutti i mezzi di guerra nucleare dalla Corea del Sud e dalle sue vicinanze e rinunciare al tentativo di reintrodurle, come dovere immediato”. La dichiarazione è maturata a pochi giorni dalla visita, conclusasi lunedì, del segretario di Stato Usa, John Kerry, in Estremo Oriente, con tappe a Seul, Pechino e Tokyo. Proprio nella capitale nipponica, Kerry aveva ribadito che da parte di Washington c’é apertura a negoziati purché “onesti” e con la controparte, Pyongyang, in grado di mostrare volontà “autentica e credibile sulla denuclearizzazione”. Il tutto con “misure significative per dimostrare di onorare gli impegni” presi: “la palla – aveva concluso Kerry – è nel loro campo”. Una posizione ribadita appieno dalla Casa Bianca, proprio in relazione alla mossa inattesa del regime comunista. Le condizioni poste, invece, sono considerate “totalmente incomprensibili” da Seul, secondo Cho Tai-young, portavoce del ministero degli Esteri. “Questo è assurdo – ha aggiunto -. Invitiamo il Nord a bloccare richieste incomprensibili e a fare scelte di buon senso, come abbiamo più volte incoraggiato”. La cancellazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sono poi state “inserite per ragioni grottesche”. Anche il Giappone ha espresso contrarietà. Le risoluzioni dell’Onu, ha spiegato il portavoce del governo, Yoshihide Suga, contengono obblighi di “grande portata” e Pyongyang dovrebbero rispettarli. “La comunità internazionale deve collaborare in modo che la Corea del Nord non faccia atti provocatori”. Insomma, primi segnali di un cammino negoziale non semplice e lungo, mentre Wu Dawei, rappresentante speciale della Cina per gli affari coreani e a capo del negoziato a Sei per l’abbandono delle ambizioni nucleari del Nord, sarà negli Usa la prossima settimana negli sforzi per definire una via d’uscita.

fonte: ANSA

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Smentito il rafforzamento dell’esercito cinese in frontiera con Corea Nord

La Cina ha smentito oggi le notizie secondo le quali avrebbe rafforzato il suo dispositivo militare sulla frontiera con la Corea del Nord. “Queste notizie non sono vere”, ha affermato il portavoce del ministero della Difesa Yang Yujun in una conferenza stampa a Pechino. Il portavoce si è limitato a sottolineare che Pechino “segue con grande attenzione” gli sviluppi della tensione nella penisola coreana. Pyongyang, alla quale sono stata imposte nuove sanzioni economiche dopo il test nucleare dello scorso febbraio, ha rivolto nei giorni scorsi minacce alla Corea del Sud, agli Stati Uniti e al Giappone.

fonte: ANSA

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Pressing Cina e Usa per denuclearizzazione Corea del Nord

Gli Stati Uniti e la Cina rilanciano congiuntamente il processo di distensione con la Corea del Nord che nel 2005 aveva portato ad un accordo in base al quale Pyongyang avrebbe rinunciato agli armamenti nucleari in cambio di massicci aiuti economici. Dopo una lunga riunione – durata circa quattro ore – nella guest house di Diaoyutai alla periferia di Pechino, il segretario di Stato americano John Kerry e il consigliere di Stato (una carica che in Cina è più importante di quella di ministro) Yang Jiechi, hanno affermato che le due potenze sono d’accordo sull’obiettivo della “denuclearizzazione della penisola coreana”. Dato che solo la Corea del Nord è dotata di armamenti nucleari, il significato della dichiarazione dei due massimi esponenti delle diplomazie di Usa e Cina è chiaro. Kerry, arrivato oggi nella sua prima visita in Cina nella veste di segretario di Stato, ha incontrato i massimi esponenti della rinnovata gerarchia cinese: il presidente Xi Jinping, il premier Li Keqiang e il ministro degli esteri Wang Yi. Il tono é stato da subito positivo. Oltre ad aver riaffermato che le due potenze intendono collaborare su una serie di questioni di rilevanza per loro e per il resto del mondo – commercio, valute, sicurezza cibernetica, ambiente – tutti gli interlocutori cinesi del segretario di Stato hanno sottolineato che la Cina vuole una penisola coreana senza armi nucleari e che vuole arrivare a questo risultato col dialogo. Pechino ha risposto positivamente all’invito che gli era stato rivolto dallo stesso Kerry perché prema con decisione sui suoi alleati nordcoreani per convincerli a rinunciare alle provocazioni e all’aggressività. In cambio, gli Usa hanno moderato i toni e rilanciato – come già avevano fatto ieri con gli alleati sudcoreani – il processo di pace a sei (le due Coree, la Cina, gli Usa, il Giappone e la Russia), un’invenzione della diplomazia cinese che nel 2005 aveva portato all’accordo. Kerry ha definito la sua giornata a Pechino “estremamente costruttiva” e ha sottolineato che ha prodotto “più di quanto mi aspettavo”. Alla Corea del Nord ha detto che un nuovo test missilistico – che secondo alcuni potrebbe avvenire nei prossimi giorni – sarebbe “un errore” e le ha chiesto di “tenere fede” agli impegni che ha preso, siglando l’accordo sul disarmo nucleare. Al presidente Xi Jinping il segretario di Stato ha detto che la situazione nella penisola coreana è in un “momento critico”, secondo fonti della delegazione americana. La televisione di Stato cinese, nel suo telegiornale della sera, ha citato il premier Li Keqiang, che avrebbe affermato che “la tensione nella penisola non è nell’interesse di nessuno”. La collaborazione sino-americana sembra rafforzata anche dall’accordo – annunciato da Kerry – sulla creazione di un gruppo di lavoro congiunto sulla sicurezza informatica, un aspetto che gli americani considerano strategico. Solo qualche settimana fa Obama aveva accusato le autorità cinesi di orchestrare i cyber-attacchi contro gli Stati Uniti, minacciando conseguenze se questi non fossero cessati al più presto. Domani Kerry sarà in Giappone, ultima tappa del suo viaggio asiatico. Non è difficile prevedere che Tokyo, pur sentendosi minacciata direttamente dalla Corea del Nord, avallerà il tentativo di rilanciare le trattative a sei approvato da Usa, Corea del Sud e Cina. Rimane da capire quale sarà la risposta dell’imprevedibile Corea del Nord. Il 15 aprile cade l’anniversario della nascita del suo fondatore Kim Il-sung – nonno dell’ attuale numero uno Kim Jong-un – e nel piccolo e impoverito Paese si preparano le celebrazioni. L’agenzia sudcoreana Yonhap ha scritto oggi che negli ultimi due giorni non sono stati notati movimenti dei missili, dopo che nei giorni scorsi era trapelata la notizia che cinque missili erano stati messi in posizione di lancio sulla costa orientale del Paese. Il Rodong Sinmun, organo del partito unico di governo, ha lanciato però una nuova invettiva contro le manovre militari congiunte tra Usa e Corea del Sud in corso da alcune settimane, minacciando con gli abituali toni trucidi di “annientare” il nemico con “l’uso di potenti mezzi nucleari”.

fonte: Beniamino Natale per ANSA

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Secondo esperto cinese, ci sarebbe il 70% di possibilita’ che scoppi la guerra pe rla Corea del Nord

Secondo Zhang Lianghui, uno dei maggiori esperti di Corea del Nord della Cina, ci sono il 70% di probabilita’ che la crisi in corso nella regione sfoci in guerra aperta. ”Ci sono tra il 70 e l’ 80% di possibilita’ che scoppi una guerra – ha dichiarato Zhang – perche’ il nuovo leader nordcoreano Kim Jong-un vuole usare quest’ occasione per arrivare alla riunificazione della penisola coreana”. Pechino ha approvato le sanzioni imposte dall’ Onu a Pyongyang dopo il test nucleare effettuato in febbraio. In un indiretto ma chiaro riferimento alla Corea del Nord, il presidente cinese Xi Jinping ha affermato domenica scorsa che ”a nessuno deve essere consentito di creare il caos” per promuovere i suoi interessi particolari. Secondo fonti giapponesi, la Corea del Nord e’ pronta ad effettuare un test missilistico, probabilmente prima del 15 aprile, quando ricorre l’ anniversario della nascita del fondatore del Paese, Kim il-sung.

fonte: ANSA

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Ambasciate sfidano regime in Corea del Nord, “restiamo”

Le ambasciate straniere a Pyongyang declinano, per il momento, ‘l’invitò avanzato dalla Corea del Nord a valutare l’evacuazione del personale perché non in grado dopo il 10 aprile di garantire la loro sicurezza nello svolgimento delle funzioni in caso di conflitto. Una vicenda finita verosimilmente nel colloquio telefonico di oggi tra il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, e il neo ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, sugli sviluppi della crisi: condividendo profonda preoccupazione per l’escalation, Ban ha detto di “essere impegnato a fare tutto il possibile per disinnescare” ogni tensione, dichiarandosi fiducioso che anche la leadership cinese avrebbe fatto “del suo meglio per contribuire a calmare la situazione e aiutare Pyongyang a invertire la rotta”. Parole, riportate in una nota, che sono il segnale di un pressing su Pechino, ultimo alleato del Nord. “Ad ora non ci sono motivi per andare via”, hanno riferito all’ANSA fonti diplomatiche del coordinamento del network delle rappresentanze, in base alla convinzione diffusa che si debba restare e vedere l’evoluzione degli eventi (“nessun piano sulla partenza, ma aspettiamo”), nonostante la crescente escalation dei toni, rimasti finora solo verbali. “La riunione si è tenuta nel pomeriggio intorno al nucleo europeo”, tra cui Germania, Regno Unito e Svezia, che al solito rappresenta gli Usa, in assenza di rapporti diplomatici tra Washington e Pyongyang. “Poi – ha detto la stessa fonte – c’é stato il consueto collegamento con tutti quanti, con la Russia e anche la Cina”. In altri termini, nessuno “ha ritenuto e visto alcuna necessità”, in base alla situazione attuale, di lasciare la capitale nordcoreana: non è chiara la ragione della data del 10 aprile e, soprattutto, è sospetto il fatto che la comunicazione sia avvenuta venerdì, “ad appena 5 giorni dalla scadenza”. Un mondo, forse, per far aumentare la tensione. Questo è l’orientamento delle oltre 20 ambasciate straniere, incluse quelle cinese e russa, e gli uffici di rappresentanza delle agenzie internazionali nella capitale nordcoreana, tra le riconducibili all’Onu e ad altre organizzazioni umanitarie, nel complesso meno di una decina. I diplomatici restano dunque, mentre la Farnesina, dal sito ‘viaggiaresicuri’, invita i cittadini a “posticipare temporaneamente eventuali viaggi in Corea del Nord”. Il governo della Corea del Sud, nel frattempo, ha informato le missioni diplomatiche a Seul che non sono stati rilevati segnali nel Nord relativi a un possibile lancio di un attacco, escludendo le ipotesi di timori sulla sicurezza. In particolare, un alto funzionario della Presidenza sudcoreana, citato in forma anonima dall’agenzia Yonhap, ha riferito il capo dell’Ufficio sulla sicurezza nazionale, Kim Jang-soo, ha tenuto in giornata una riunione di alto livello per un esame aggiornato. “Dall’incontro è emerso che, per ora, non ci sono segnali di cambiamento o sviluppi a Pyongyang o in altre città”. L’unico elemento, legato alla propaganda, è un ordine all’ aumento della produzione di pezzi di artiglieria impartito dal leader nordcoreano Kim Jong-un: la Kctv, il network televisivo, ha trasmesso una sorta di documentario in cui è apparso Kim durante una riunione di consultazione con i lavoratori dell’ industria della difesa, tenuta lo scorso 17 marzo.

Antonio Fatiguro per l’ANSA

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