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Espansione di Cctv nel mondo, rafforzato il soft power

L’ obiettivo, secondo Cao Ri, direttore del Servizio Internazionale della televisione pubblica cinese, la Cctv, è quello di “fare in modo che all’estero la Cina sia capita e conosciuta”. Per questo, il governo cinese non sta badando a spese, decidendo di investire più di 7 miliardi di dollari nel tentativo di allargare il “soft power” nazionale tramite un’estesa rete di operatori dei media nel mondo intero. Una delle forme più visibili di quest’espansione è proprio quella della Cctv: dall’anno scorso, sono stati inaugurati i canali in lingua araba e russa, che si aggiungono dunque a quello in spagnolo, inglese e francese, mentre nel futuro se ne dovrebbe aggiungere anche uno in portoghese. “Per essere un ponte di comunicazioni”, ha ribadito Cao, parlando al Foreign Correspondents Club di Hong Kong: “e per rispondere meglio alla richiesta di informazioni sulla Cina che avvertiamo nel mondo intero, seguendo lo slogan di essere Obiettivi, Tempestivi, Efficaci, Affidabili e Accurati, fornendo una visione del mondo attraverso occhi asiatici”, ha detto. La decisione governativa di espandere così tanto la rete informativa nazionale non è senza controversie: l’intero sistema mediatico cinese è sotto il controllo della Sarft (State administration of radio, film and television), un organo esecutivo all’interno del Consiglio di Stato cinese, e per quanto si voglia presentare come “il mondo visto da occhi asiatici”, riporta la visione delle notizie approvata dal governo cinese: “sono consapevole delle nostre debolezze”, dice Cao, “ma credo che il nostro dovere sia quello di sfruttare i nostri vantaggi, come l’accesso all’intera Cina, e una redazione in Repubblica Popolare Democratica della Corea e in Myanmar. Io sono molto ottimista per il futuro, e sono impaziente di vedere il giorno in cui anche la Cctv potrà diffondere notizie come la vittoria del Premio Nobel per la Pace”, ha continuato Cao riferendosi all’assegnazione del Premio, nel 2010, al dissidente Liu Xiaobo che sta scontando undici anni di prigione per sovversione, “dal momento che negli ultimi trent’anni, da quando la Cina si è aperta sul mondo, i cambiamenti sono stati enormi, e l’ apertura continuerà sempre più: ci vuole tempo, ma la Cina sta cambiando”. Cao, di 45 anni, che ha studiato in Cina e in Inghilterra, pur essendo un membro del Partito Comunista Cinese, ha dichiarato che “oggi, non è certo necessario appartenere al Partito per essere giornalista in Cina: però aiuta”.

fonte: ANSA

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