Troppi suicidi nel partito comunista cinese, che ha deciso di correre ai ripari e di vederci chiaro e ha aperto un’indagine. L’annuncio è apparso sul sito della Commissione Centrale per l’ispezione e la Disciplina (Ccdi), l’organo del Pcc preposto alle indagini e alle sanzioni, nel quale si legge che il partito ha sollecitato tutti i suoi quadri a collaborare, fornendo tutte le informazioni possibile per aiutare a fare luce sulle molte “morti innaturali”. In particolare dal dicembre 2012 – da quando cioè il presidente cinese, Xi Jinping, ha dato vita alla campagna anti-corruzione – a oggi. L’operazione di “pulizia”, fortemente voluta dal presidente, oltre al partito ha coinvolto anche l’Esercito di liberazione. Risultato: finora almeno 200.000 funzionari pubblici si sono ritrovati coinvolti in inchieste per vari reati. “Da quando è partita la campagna e, ancora di più, da quando è stata intensificata – ha detto al South China Morning Post Zhang Ming, professore di scienze politiche all’Università del Popolo di Pechino -, c’è stato un sensibile aumento dei casi di suicidio. In molti casi coloro che sono stati coinvolti in indagini o sospettati di reati più o meno gravi, hanno preferito togliersi la vita per chiudere la vicenda e proteggere le loro famiglie dall’agonia di un processo e delle sue conseguenze”. I membri del partito sono dunque ora chiamati a collaborare per individuare questi casi, compilando un formulario molto dettagliato dove devono indicare i nomi di coloro che sono deceduti in questo lasso temporale nel proprio gruppo di lavoro, specificando le mansioni che svolgevano, quanti anni avevano e le cause dichiarate delle morte. Nel formulario appare anche un campo, “Ragioni del suicidio”, che elenca varie possibilità, tra cui il coinvolgimento in attività illecite, il disordine emotivo e psicologico, le pressioni o i problemi sul lavoro o le contese e i dissidi familiari. La decisione delle autorità di far compilare il questionario deriva dal fatto che non esistono dati ufficiali sul fenomeno. A novembre scorso il South China Morning Post riportò il caso di un vice commissario della marina, il viceammiraglio Ma Faxiang, che si ritiene si sia suicidato. Tre mesi prima un altro ufficiale di marina morì cadendo da un palazzo in circostanze definite “sospette”. Questo mese l’ex vice segretario del partito della città di Nanchino ha tentato il suicidio gettandosi dalla finestra del palazzo del suo ufficio dopo essere stato avvicinato da alcuni funzionari dell’ufficio di ispezione e disciplina. Secondo dati della rivista Honest Outlook, sarebbero almeno 40 i funzionari che si sono suicidati lo scorso anno, molti di più di qualsiasi altro anno negli ultimi trent’anni. Per alcuni analisti la ragione di molti suicidi sta nel fatto che quando un funzionario viene messo sotto inchiesta per corruzione nella maggior parte dei casi viene coinvolta tutta la sua famiglia. Ci sono stati anche casi in cui i figli degli indagati sono stati cacciati da scuole prestigiose. Suicidandosi gli indagati trovano un modo per chiudere la vicenda e proteggere la famiglia consentendole anche di continuare a godere delle sostanze accumulate, illecitamente o meno.
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Inchiesta delle autorità cinesi sui suicidi dei funzionari pubblici
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Suicidi due alti funzionari, voci e indagini su tangenti
Due alti funzionari cinesi si sono tolti la vita dopo che i loro nomi sono stati legati a scandali e inchieste giudiziarie. Il primo a suicidarsi, lanciandosi da un palazzo, è stato Bai Zhongren, presidente del China Railway Group, la società statale che sovrintende alla costruzione della rete ferroviaria cinese. L’uomo si sarebbe suicidato per depressione a causa del forte stato debitorio del gruppo che guida, responsabile tra gli altri, della costruzione della ferrovia in Tibet (la più alta del mondo) e le numerose linee ad alta velocità sorte negli ultimi anni in Cina, come la Pechino-Shanghai. Le ferrovie cinesi sono state già scosse da una ondata di suicidi dei propri funzionari e da grossi scandali che hanno portato alla condanna capitale (poi commutata in ergastolo) per l’ex potente ministro delle ferrovie Liu Zhijun nel luglio scorso. A giorni un tribunale dovrebbe anche emettere una sentenza di condanna nei confronti dell’ex vice capo degli ingegneri del ministero, Zhang Shuguang, accusato di aver percepito tangenti per oltre 6 milioni di euro. Il secondo suicidio ha visto invece protagonista l’ex direttore dell’ufficio case dell’ amministrazione di Nantong, nella provincia del Jiangsu. L’uomo, Chen Xi, si è suicidato nella sua abitazione dopo essere stato indagato per oltre un mese con l’accusa di aver accettato tangenti da costruttori.
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Obbligo di non suicidi per studenti università
Vietato suicidarsi nelle università cinesi. Secondo quanto riferisce la stampa locale, un ateneo della provincia meridionale del Guangdong ha chiesto a tutti gli studenti di firmare un contratto con il quale si assumono la responsabilità in prima persona, liberando l’università, per eventuali suicidi o lesioni. Sembra che già 5000 matricole dell’università di Dongguan abbiano accettato di firmare l’accordo che sarebbe stato voluto dall’università come forma di tutela dopo che lo scorso anno uno studente aggredì e ferì una compagna che si era rifiutata di avere una relazione con lui. La notizia ha suscitato le reazioni più disparate. Alcuni studenti si sono detti d’accordo con l’università, affermando che la maggior parte dei suicidi o comunque degli episodi di violenza non hanno a che fare con gli studi ma con la vita privata e soprattutto amorosa dei ragazzi o per problemi di tipo familiare. Ma, al contrario, per molti genitori, imporre agli studenti di firmare un contratto di questo tipo, rappresenta per l’università un facile mezzo per liberarsi da ogni tipo di responsabilità per quanto accade nel campus, cosa che è da condannare.
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In Cina record suicidi al mondo, soprattutto tra donne e giovani
C’è un serio problema suicidi in Cina e le autorità se ne stanno accorgendo se, in occasione della giornata mondiale della prevenzione dei suicidi che cade oggi, molti studiosi ed esperti del paese del dragone chiedono la creazione di una task force per prevenirli. E i numeri danno ragione a queste preoccupazioni. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che risalgono al 2009, i suicidi in Cina rappresentano il 26% del totale nel mondo, diventando questa tra le prime cinque cause di morte nel paese. I dati ufficiali del governo di Pechino, che secondo molti analisti internazionali sono più bassi della realtà, dicono che ogni anno si suicidano circa 280.000 persone, più di 300.000 secondo altre stime non ufficiali. Quello che fa impressione in un dato già altissimo, è che l’80% di questi suicidi proviene dalle zone rurali. Non solo: le donne cinesi si suicidano molto più degli uomini, facendo della Cina il paese con più suicidi femminili, con il 56% di tutti i suicidi femminili del pianeta. Ma i suicidi in Cina non sono un affare di anziani: la maggioranza dei suicidi rientra nella fascia di età 15-34 anni per la quale è la prima causa di morte o, comunque, sotto i 60 anni. Il suicidio è la prima cause di morte per i teenager cinesi, il 6-10% del totale dei quali ha tentato di togliersi la vita. Le cause sono le più varie. Se ad esempio negli Usa la quasi totalità dei casi di suicidio sono dovuti alla depressione o a malattie mentali, in Cina, secondo il Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), “solo” il 60% delle vittime di suicidio in Cina vengono da una storia di malattia mentale. Tra i giovani e i ragazzini, la causa dei suicidi è da ricercare soprattutto nello stress e nelle pressioni che la neo società cinese, votata all’arrivismo e al successo, provoca. Con la legge del figlio unico soprattutto, i genitori poggiano tutte le speranze sull’unico erede il quale non può fallire gli appuntamenti scolastici che lo porteranno verso una vita di successi. Soprattutto in prossimità degli esami nazionali per l’accesso alle scuole superiori e alle migliori università, aumenta il numero dei suicidi. Senza poi contare che la crisi ha comunque creato un problema di occupazione in Cina, con un terzo dei laureandi che nel 2011 era stato incapace di trovare un lavoro e 1,5 milioni di questi laureati invece erano disoccupati ancora un anno dopo il diploma. Nelle campagne, invece, oltre all’abbandono dovuto alla ricerca di lavoro e alle difficoltà di un lavoro pesante, a gravare sui suicidi anche l’uso dei pesticidi. Sempre secondo l’Oms, il 58% di tutti i suicidi cinesi avviene utilizzando un pesticida diffusamente sfruttato nelle colture delle campagne cinesi. Secondo alcuni studi, il pesticida favorirebbe malattie mentali (la sua esposizione porterebbe anche Alzheimer e Parkinson) e depressione e viene spesso ingerito per porre a termine la vita. La mancanza di soccorsi adeguati nelle campagne favorisce l’aumento dei casi.
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Dipendente si suicida lanciandosi dal tetto di una fabbrica Samsung
Una dipendente della fabbrica di Huizhou della Samsung, nella provincia cinese del Guangdong, si é suicidata due giorni fa gettandosi dal settimo piano di un palazzo. La notizia è stata riferita da China Labor Watch, un osservatorio sui diritti dei lavoratori. L’informazione, che sarebbe provenuta da alcuni colleghi della donna, non è stata però confermata finora dalla Samsung né dai medici, né si conoscono altri dettagli sul perché la donna sia arrivata a questo gesto estremo. Proprio il 15, il giorno della morte, erano stati distribuiti in fabbrica gli stipendi, ma non ci sono prove che la decisione della donna possa essere in qualche modo collegata a questa circostanza. Nel settembre 2012, proprio China Labor Watch, che ha sede a New York, aveva pubblicato un rapporto investigativo sulla fabbrica Samsung di Huizhou nel quale erano state evidenziate una serie di violazioni dei diritti del lavoratori, comprese ore di lavoro eccessive, violazioni del contratto di lavoro, lavoro forzato senza paga, utilizzo di lavoratori minorenni, discriminazione basate sull’età e sul sesso, mancanza di sicurezza sul luogo di lavoro. Dopo la pubblicazione del rapporto la Samsung inviò una squadra di propri ispettori sul posto. Tutti i controlli effettuati esclusero però la presenza di forme di sfruttamento minorile o anomalie gravi.
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Aumentano i suicidi fra gli anziani
Aumentano in Cina i suicidi fra gli anziani che vivono nelle aree urbane. E’ quanto emerge da uno studio realizzato dall’Università di Pechino. Il tasso di suicidi fra i residenti nelle città che hanno tra i 70 e i 74 anni, è salito a 33,76 ogni 100.000 abitanti nel periodo tra il 2002 e il 2008, aumentando rispetto ai 13,39 degli anni 90. L’aumento dei costi medici e soprattutto lo spostamento degli anziani dai vecchi quartieri buttati giù per fare posto ai nuovi insediamenti creati per la modernizzazione del paese, sono fra le cause dell’aumento dei suicidi. Inoltre l’incremento del costo della vita e la politica del figlio unico hanno reso difficile ai giovani mantenere economicamente gli anziani genitori. Il tasso di suicidi è però sceso nelle zone rurali, soprattutto tra le donne: si è passato dai 17,66 su 100.000 abitanti nel 1987 ai 6,6 nel 2008, molto al di sotto del tasso globale di suicidi nel 2008 che era di 14,5 su 100.000 abitanti. L’abbassamento di questo dato dipende anche dalla forte migrazione degli anziani verso la città: solo nel 2009, un totale di 44 milioni di donne si sono spostate dalle campagne alle città. Ma il tasso di suicidi non tocca solo gli anziani. Un’altra categoria nella quale i suicidi sono in aumento, è rappresentata dai giovani nati dopo il 1985, molti dei quali lasciano i loro luoghi di origine per le grandi città. La solitudine, le aspettative non realizzate, la difficoltà del lavoro, sono fra le cause addebitate. Questi ragazzi rientrano poi fra quelli nati sotto la legge del figlio unico, coloro che hanno sperimentato sulla loro pelle la solitudine e un morboso attaccamento ai genitori.
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Gara fra città per ospitare fabbrica di suicidi
Nonostante gli scandali che l’hanno interessata con una ondata di suicidi, sono molte le citta’ cinesi che stanno facendo a gara per ospitare le nuove fabbriche della Foxconn, la societa’ taiwanese che produce pezzi per Apple, Nokia ed altri grandi gruppi elettronici. Lo scrive la stampa cinese. la Foxconn, dopo l’ondata di suicidi che ha investito la sua megafabbrica di Shenzhen, nel sud del paese, ha deciso di spostare altrove la produzione. Zhengzhou nella provincia dell’Henan, Wuhan in quella dell’Hubei, Chengdu in Sichuan e Langfang in Hebei stanno battagliando per ospitare la nuova fabbrica della societa’ che produce, tra gli altri, i pezzi per l’Iphone e l’Ipad. A Zhengzhou, anche se non c’e’ ancora nessun accordo, e’ gia’ cominciata una operazione di selezione del personale. Secondo il China Daily, saranno 100000 i lavoratori che saranno assunti dalla Foxconn entro il 20 settembre, presi da 18 diverse citta’ della provincia, mentre 38000 sono stati gia’ i nuovi ingressi. Per ora, sono tutti ospitati a Shenzhen dove faranno un periodo di prova e di addestramento. Fra sei mesi, quando la fabbrica in Henan sara’ pronta, sceglieranno se tornare a casa oppure no. Sono stati 13 i suicidi, con 10 vittime, nella fabbrica della Foxconn a Shenzhen. I dipendenti, si sono lanciati dai balconi del dormitorio o della stessa fabbrica, dal mese di gennaio a quello di maggio. Anche se i risultati delle inchieste non sono stati resi noti, pare che dietro i suicidi ci siano le basse condizioni di lavoro e vita alle quali sono sottoposti di dipendenti che, per riuscire a racimolare uno stipendio di poco piu’ di 200 euro al mese, devono lavorare tutti i giorni e fare straordinari ogni giorno. Ma, nonostante questo, sono centinaia a fare domanda di assunzione alla Foxconn. Solo a Zhengzhou, nei primi dieci giorni di luglio, sono stati oltre 500 quelli che hanno presentato domanda di assunzione. Con 20 fabbriche in Cina, la Foxconn impiega piu’ di 800000 lavoratori. L’azienda di Taiwan e’ la piu’ grande al mondo in componenti elettronici. Solo a Shenzhen, ci lavorano 420000 persone che producono circa il 70% dei prodotti della Apple, oltre a componenti per Siemens, Nokia, Sony, Hewlett-Packard, Dell e altri.
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Foxconn apre nuova fabbrica in Cina
La societa’ Foxconn, balzata agli onori delle cronache per l’ondata di suicidi di suoi operai negli ultimi mesi, ha annunciato di voler aprire una nuova fabbrica nella citta’ di Zhengzhou, nella provincia dell’Henan, nella Cina centrale. Lo riferisce lo Shanghai Daily. Sembra che i vertici della societa’ stiano studiando al momento i dettagli dell’accordo per l’apertura del nuovo impianto. Un portavoce della societa’ ha fatto sapere che la nuova fabbrica, per la quale sono stati assegnati 133 ettari di terreno, dovrebbe impiegare nel lungo periodo almeno 300.000 persone. Centomila dovrebbero essere assunti subito. ”Gli operai – ha detto il portavoce – avranno uno stipendio mensile tra i 2500 yuan (circa 250 euro) e i 3000 yuan (circa 300 euro), la stessa paga prevista per gli operai della fabbrica di Shenzhen”. I nuovi assunti dovranno seguire un periodo di training nella fabbrica di Shenzhen e durante il training percepiranno la somma di 600 yuan (60 euro) al mese. I problemi per la Foxconn, che produce strumenti elettronici per la Apple ed altre grandi compagnie, sono derivati dal suicidio di dieci operai che si sono gettati da alti palazzi nel complesso industriale di Shenzhen dal luglio 2009 al maggio 2010. Con una popolazione di piu’ di 100 milioni di persone, quella dell’Henan e’ la provincia piu’ popolosa della Cina.
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Foxconn pensa di chiudere impianti in Cina
Foxconn sta valutando una riorganizzazione delle sue operazioni in Cina che potrebbe portare anche alla chiusura delle sue fabbriche nel Paese. Sono queste le indiscrezioni riportate dalla stampa sull’azienda taiwanese che produce pezzi per Apple, oltre che per Nokia e Siemens, e che negli ultimi mesi è stata al centro di un’ondata di suicidi fra i dipendenti. Dopo che dieci lavoratori si sono tolti la vita nelle sue fabbriche, Foxconn ha aumentato i salari e alzato il livello di sicurezza degli impianti per cercare di arginare la situazione. Tuttavia secondo gli ultimi ‘rumors’ pubblicati da alcuni giornali Foxconn potrebbe aver deciso che la soluzione migliore sia quella di spostare altrove, almeno in parte, le sue operazioni. Secondo BusinessWeek, Foxconn ha sospeso l’assunzione di lavoratori in tutta la Cina per “rivedere l’allocazione delle risorse”. In una recente riunione con gli azionisti, infatti, il presidente Terry Gou aveva preannunciato piani di delocalizzazione di alcune produzioni in fabbriche automatizzate in Vietnam o Taiwan. Secondo The Register, invece, Foxconn sta pensando di chiudere tutte insieme le strutture in Cina. Se questa opzione, secondo altri analisti remota, dovesse verificarsi la società lascerebbe senza lavoro 800 mila persone.
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Steve Jobs difende fabbrica cinese dei suicidi
Steve Jobs, fondatore e presidente della Apple Computer, ha spezzato oggi una lancia in favore della Foxconn, l’impresa nella cui fabbrica di Foshan, nel sud della Cina, dieci lavoratori si sono suicidati nei mesi scorsi mettendo in luce le dure condizioni di lavoro nella regione chiamata “la fabbrica del mondo”. Secondo Jobs, “non è una fabbrica di schiavi”, mentre la stessa Foxconn oggi ha annunciato un aumento degli stipendi del 30%. Intervenendo nel convegno All Things Digital, in California, il fondatore della Apple – per la quale la Foxconn produce componenti – ha affermato che si tratta di “una situazione difficile”. “In questo momento – ha proseguito – stiamo cercando di capire, prima di affrontare direttamente il problema e dire che abbiamo trovato la soluzione”. Nessuno è riuscito finora a spiegare l’ondata di suicidi, che si è verificata in un momento nel quale altre agitazioni sono in corso nelle provincie meridionali del Guangdong (a ridosso di Hong Kong) e dello Zhejiang (nei pressi di Shanghai), che sono la culla dell’industria manifatturiera, il cuore del miracolo economico cinese. Oggi la Foxcomm ha annunciato che i suoi dipendenti avranno un aumento di salario del 30%. L’Honda, la casa automobilistica giapponese la cui fabbrica di Foshan, sempre nel sud della Cina, è stata bloccata per due settimane da uno sciopero dei suoi 1.900 operai, ha annunciato ieri di aver proposto ai suoi dipendenti un aumento di salario del 24%. Gli operai sono tornati oggi al lavoro affermando però che si riservano di valutare l’offerta ufficiale dell’azienda, che verrà presentata venerdì prossimo. Circa metà degli operai della fabbrica di Foshan sono stagisti – studenti delle scuole professionali ai quali è richiesto un periodo di lavoro per ottenere il diploma – e sono pagati 900 yuan (circa 108 euro) al mese. Gli operai più qualificati sono pagati 1.380 yuan (166 euro) al mese. Gli scioperanti hanno chiesto un aumento secco di 800 yuan al mese per tutti i lavoratori e la sostituzione del presidente del sindacato ufficiale, l’unico autorizzato a operare in Cina. Anche lo stipendio attuale degli operai della Foxconn è di 900 yuan al mese. La fabbrica di Foshan produce componenti per altre multinazionali, come la Dell Computer e la Sony. Gli operai che lavorano in queste fabbriche sono in genere immigrati dalle regioni più povere della Cina. Alcune imprese, tra cui la Foxconn forniscono ai loro dipendenti vitto e alloggio in edifici prefabbricati. Secondo Geoffrey Crothall, uno dei curatori del China Labour Bulletin di Hong Kong, “a Shenzhen (dove si trova la fabbrica della Foxconn) un salario minimo di 2.000 yuan è assolutamente necessario”. Oggi per la prima volta si è avuta notizia di proteste operaie anche a Shenyang, una città industriale nel nordest della Cina. Un sindacalista del locale impianto della catena americana di fast food Kfc ha affermato oggi di aver chiesto alla direzione aumenti salariali e di non aver avuto finora risposta.
Update: grazie all’amica Orientalia4all, ho scoperto che il buon Jobs, ha fatto parzialmente marcia indietro o, meglio, ha rettificato, dichiarando che stanno cercando di capire cosa succede nell’azienda, che la Apple è attenta ai problemi dei lavoratori e che la situazione li preoccupa.
fonte: ANSA
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