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Ghana arresta minatori cinesi e in Cina scoppia protesta

Il Ghana arresta 124 cercatori d’oro cinesi accusati di operare nel paese al di fuori della legge, e subito scoppia una polemica su internet, come a livello diplomatico, che porta allo scoperto i difficili rapporti tra i lavoratori ghanesi e quelli cinesi, giunti a migliaia per una vera ‘corsa all’orò. Alle accuse rivolte ai cinesi di maltrattare i loro dipendenti locali e di violentare “abitualmente” le donne rispondono denunce secondo le quali gli arrestati sono stati picchiati e umiliati dalla polizia ghanese. Addirittura una fonte, subito smentita dal governo di Pechino, ha ipotizzato che alcuni dei cinesi arrestati siano stati uccisi. La Cina ha inoltre smentito che ci siano dei feriti tra i minatori cinesi. Un articolo dal significativo titolo “Gli insulti e le discriminazioni contro i locali si stanno diffondendo come un’ epidemia”, scritto da un anonimo che accusa i cinesi di disprezzare i locali e di maltrattarli è diventato “virale” su Internet, dove è stato “ristrasmesso” ottomila volte in poche ore. Secondo l’ autore – non è chiaro se cinese o ghanese – “ai locali vengono assegnati i lavori più umili e vengono nutriti con cibo peggiore di quello che i cinesi danno ai loro cani”. Inoltre, “le donne vengono violentate e tormentate quotidianamente”. Molti degli intervenuti hanno scritto sui “microblog” – l’ equivalente cinese di Twitter – che se le accuse sono vere, i colpevoli devono essere puniti. Ma i residenti di Shanling, un piccolo centro nella provincia cinese del Guanxi dal quale provengono quasi tutti i 50mila cercatori d’ oro cinesi emigrati in Ghana, hanno inscenato una manifestazione ed hanno accusato l’ Ambasciata cinese ad Accra di “non aver nulla” per proteggerli. Stretto tra due fuochi, il governo cinese cerca di mantenere un difficile equilibrio, protestando col governo ghanese ma invitando i cinesi a “rispettare le leggi locali”. “Un funzionario dell’ Ambasciata cinese in Ghana ha già presentato una protesta al governo di quel paese”, ha affermato oggi il portavoce del ministero Hong Lei in una conferenza stampa a Pechino. La Cina, ha proseguito, ha chiesto al governo del Ghana di assicurare l’ incolumità dei cittadini cinesi e di garantire che le loro proprietà non verranno depredate mentre sono detenuti. Hong Lei ha anche “ricordato ai cittadini cinesi in Ghana che devono rispettare le leggi locali e non impegnarsi in attività illegali”. La corsa all’oro ghanese da parte degli abitanti di Shanling é cominciata nel 2005. Su Zhenyu, segretario dell’ Associazione dei minatori cinesi in Ghana, ha dichiarato alla stampa cinese che gli immigrati hanno investito “milioni di dollari” nelle miniere d’ oro, facendo aumentare in modo significativo la produzione del paese. I cinesi operano in miniere piccole, trascurate dalle grandi compagnie internazionali. Per legge sarebbero riservate ai cittadini locali, ma Su afferma che i minatori cinesi pagano ingenti somme ai capi villaggi che ne mantengono la proprietà nominale. “Se siamo illegali la nostra Ambasciata e il governo ghanese devono aiutarci a rientrare nella legalità, non perseguitarci”, ha aggiunto Su.

fonte: Beniamino Natale per Ansa

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Valanga di dollari dalla Cina per conquistare l’Africa

Miliardi di dollari per conquistare l’Africa. Secondo un rapporto pubblicato oggi negli Stati Uniti, dal 2000 al 2011 la Cina ha investito più di 75 miliardi dollari nel continente, avvicinandosi al livello degli Usa, che nello stesso periodo hanno riversato in Africa circa 90 miliardi. Il rapporto, stilato dopo 15 mesi di ricerche dal Center for Global Development e da AidData, è stato presentato oggi al pubblico. “La Cina considera segreti di Stato i dati sui suoi investimenti all’estero e sugli aiuti allo sviluppo e il nostro é un tentativo di capire che cosa sta succedendo”, ha dichiarato uno degli studiosi che hanno preso parte alla ricercal Andreas Fuchs dell’Università di Heidelberg (Germania). Anche in questo caso, il ministero del commercio cinese non ha risposto ai ricercatori, che si sono basati su fonti occidentali e africane ma anche sugli articoli usciti sulla stampa cinese. I ricercatori hanno individuato quasi 1.700 progetti cinesi nel continente, mille dei quali sono operativi. Secondo Brad Parks, direttore esecutivo di AidData, quello degli investimenti cinesi in Africa “é un argomento che suscita reazioni molto forti, positive o negative, e la gente tende ad avere opinioni molto radicali”. Pechino ha cominciato ad investire massicciamente nel continente nero a metà degli anni novanta, e da allora è stato un continuo crescendo. Nel 2006, che fu dichiarato “l’anno dell’Africa”, decine di capi di Stato e di governo africani presero parte al vertice organizzato a Pechino, nel quale furono gettate le basi per un rafforzamento della presenza cinese nel continente. Non per niente il nuovo presidente cinese Xi Jinping ha scelto per il suo primo viaggio all’estero, in marzo, la Russia e tre Paesi africani: la Repubblica Democratica del Congo, la Tanzania e il Sud Africa. I critici dell’espansione cinese in Africa accusano Pechino di cinismo politico, che si manifesta nel sostegno a dittatori abbandonati dall’Occidente come Robert Mugabe, presidente dello Zimbabwe. Altri sottolineano che, portando i tecnici e spesso gli operai dal loro Paese, le imprese cinesi danno un contributo minimo allo sviluppo delle economie locali. Secondo Parks, non bisogna farsi fuorviare dagli stereotipi, che pure hanno un fondo di verità, secondo i quali la Cina si limita a sfruttare le materie prime africane e a provvedere alle infrastrutture come strade, ferrovie e aeroporti. Oltre a quel tipo di progetti ha affermato Parks, i cinesi “fanno molto nei settori della sanità, dell’istruzione, della società civile, molte cose che generalmente non si pensa siano sostenute dal governo cinese”. Il primo Istituto Confucio – il principale strumento col quale Pechino cerca di esportare il proprio ‘soft power’ – è stato aperto nel 2005 a Nairobi, in Kenya. Ora, sottolinea il rapporto, ne esistono 23 in 17 diversi Paesi.

beniamino natale per ansa

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Xi Jinping chiude visita in Africa a Brazzaville con contratti

Si è chiusa con una tappa nel Congo Brazzaville la tournee africana del nuovo presidente cinese Xi Jinping che nella sola giornata di ieri ha firmato undici contratti per diversi milioni di euro. Ad accogliere il leader cinese e sua moglie migliaia di persone in strada, in tanti con tshirt con l’effigie di Xi e del presidente Denis Sassou Nguesso. Gli accordi firmati sono relativi ai settori della cooperazione, dell’economia, della comunicazione, delle infrastrutture e delle banche. Xi è anche intervenuto al parlamento del Congo Brazzaville per sottolineare come “il futuro dello sviluppo della Cina sarà un’opportunità senza precedenti per l’Africa ” e viceversa. La Cina è dal 2009 il primo partner commerciale dell’Africa ed ha offerto prestiti per 20 miliardi di dollari tra il 2013 e il 2015 per aiutare la crescita. Il nuovo presidente cinese durante il suo giro di visite, che ha toccato anche Tanzania, e Sudafrica, ha anche partecipato al vertice dei Brics, i paesi emergenti, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica.

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Xi Jinping chiude visita in Africa con contratti

Si è chiusa con una tappa nel Congo Brazzaville la tournee africana del nuovo presidente cinese Xi Jinping che nella sola giornata di ieri ha firmato undici contratti per diversi milioni di euro. Ad accogliere il leader cinese e sua moglie migliaia di persone in strada, in tanti con tshirt con l’effigie di Xi e del presidente Denis Sassou Nguesso. Gli accordi firmati sono relativi ai settori della cooperazione, dell’economia, della comunicazione, delle infrastrutture e delle banche. Xi è anche intervenuto al parlamento del Congo Brazzaville per sottolineare come “il futuro dello sviluppo della Cina sarà un’opportunità senza precedenti per l’Africa ” e viceversa. La Cina è dal 2009 il primo partner commerciale dell’Africa ed ha offerto prestiti per 20 miliardi di dollari tra il 2013 e il 2015 per aiutare la crescita. Il nuovo presidente cinese durante il suo giro di visite, che ha toccato anche Tanzania, e Sudafrica, ha anche partecipato al vertice dei Brics, i paesi emergenti, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica.

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Xi Jinping in Africa promette rapporto tra eguali

Il presidente cinese Xi Jinping, in visita in Tanzania, si è rivolto oggi agli africani assicurando che la Cina – moderna potenza ‘coloniale’ agli occhi di molti – cerca con i Paesi del continente nero, sull’onda del business, “un rapporto tra eguali”. Xi, 59 anni, presidente della Repubblica Popolare Cinese da due settimane, ha scelto la Russia e l’ Africa per il suo esordio sulla scena internazionale. Conclusa la visita a Mosca, ha raggiunto ieri la Tanzania. Da qui proseguirà per il Sud Africa e per il Congo prima di rientrare in patria. E il 26 e 27 marzo, a Durban, prenderà parte al vertice dei Paesi emergenti o Brics: cioè Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa. “La Cina spera sinceramente di vedere uno sviluppo più rapido dei Paesi africani e un miglioramento delle condizioni di vita dei popoli africani”, ha affermato Xi in un discorso tenuto davanti a centinaia di persone in un centro conferenze di Dar es Salaam costruito con capitali cinesi. Il presidente cinese ha rinnovato l’ offerta di prestiti per 20 miliardi di dollari al continente tra il 2013 e il 2015, sottolineando che Pechino vuole “aiutare i Paesi africani a trasformare le loro risorse in una spinta per la crescita, mettendo in moto uno sviluppo indipendente e sostenibile”. I massicci investimenti cinesi in Africa sono generalmente ben accetti e considerati un sostituto accettabile di quelli dei Paesi “imperialisti” occidentali. Negli ultimi anni anche la Cina è stata tuttavia criticata e le sue imprese accusate di comportamento “predatorio”, vale a dire di sfruttare le materie prime di cui l’Africa è ricca per foraggiare le esigenze dell’ industria cinese senza preoccuparsi dello sviluppo dei Paesi africani. Spesso le imprese del gigante asiatico impiegano in effetti solo manodopera cinese e i loro investimenti non incidono sulla occupazione e sulle condizioni di vita delle popolazioni locali. “La Cina continuerà a offrire, come sempre, assistenza all’ Africa senza chiedere in cambio contropartite politiche”, ha comunque assicurato Xi Jinping in Tanzania, evocando “una buona relazione tra eguali”. Il numero uno cinese ha aggiunto che Pechino formerà nei prossimi anni trentamila tecnici africani e offrirà 18mila borse di studio a giovani del continente per “incrementare i trasferimenti di tecnologia e di esperienza”. Rispondendogli, il presidente tanzaniano Jakaya Kikwete ha evitato con cura di far riferimento a qualunque ombra nell’equilibrio dei rapporti con la grande potenza d’Oriente. Sostenendo anzi che Cina e Tanzania, dopo aver “superato molte prove”, sono diventati ormai “amici in tutte le circostanze”.

fonte: ANSA

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La Clinton tira “colpi bassi” alla Cina dal viaggio in Africa

La Cina e’ contrariata per alcune dichiarazioni del segretario di stato americano, Hillary Clinton, effettuate durante il suo viaggio in Africa. Durante un discorso in Senegal, uno dei sette paesi in programma nella visita, la Clinton ha dichiarato che ”gli Stati Uniti difenderanno la democrazia e i diritti umani , anche se potrebbe essere piu’ facile o piu’ conveniente guardare da un’altra parte. Non tutti i partner lo fanno, ma noi lo facciamo e lo faremo”. Anche se il segretario di stato americano non ha esplicitamente citato la Cina, Pechino si e’ sentita chiamata in causa, tanto che in un’editoriale dell’agenzia di stampa ufficiale, Nuova Cina, si legge che ”la Clinton sta sferrando colpi bassi”. ”Sia che la Clinton non sia a conoscenza dei fatti o invece stia tentando di ignorarli – scrive ancora Nuova Cina – la sua insinuazione che la Cina abbia estratto la ricchezza dall’Africa per il suo tornaconto e’ ampiamente lontana dalla verita’. Le sue parole sembrano piuttosto un tentativo di creare un attrito tra la Cina e l’Africa a beneficio americano”. Pechino ha recentemente annunciato 20 miliardi di dollari in crediti per l’Africa, sostituendo gli Stati Uniti come partner economico piu’ importante del continente africano. Il volume degli scambi tra l’Africa e la Cina e’ salito fino a 166 miliardi di dollari nel 2011. L’Agenzia Nuova Cina ha anche specificato che la Cina ha garantito aiuti all’Africa attraverso lo sviluppo delle infrastrutture.

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Cina secondo esportatore di beni in Kenya

La Cina ha scavalcato l’India nella classifica dei paesi esportatori di beni di consumo in Kenya, posizionandosi alle spalle degli Emirati Arabi Uniti che rimangono la maggiore fonte di beni e prodotti importati nel paese africano. Secondo un recente rapporto pubblicato dal Natinonal Kenya Bureau of Statistics (Knbs), la Cina ha ampliato le sue esportazioni in Kenya raggiungendo una percentuale del 18% nel primo trimestre del 2012 (più 37,7% rispetto allo scorso anno), diventando così la seconda fonte di merci estere per la più grande economia dell’Africa orientale. Gli Emirati Arabi Uniti controllano ancora il 21% della quota di mercato legata soprattutto alle esportazioni di petrolio. Elementi chiave nella lista delle esportazioni cinesi verso il Kenya sono, secondo il rapporto, i macchinari pesanti, l’elettronica, i veicoli, i tessuti e articoli per la casa. “Il ruolo crescente della Cina nella costruzione delle infrastrutture in Kenya ha contribuito a incrementare le esportazioni di macchinari e attrezzature nel paese”, ha detto in una intervista al Daily Mirror Samuel Nyandemo, docente di economia presso l’Università di Nairobi.

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Cina punta a crescere di più, Africa nel mirino delle imprese

La crescita economica in Cina rallenta anche se il primato mondiale non è a rischio. Ma al Governo di Pechino non basta e il premier assicura che l’azione sarà concentrata soprattutto su l’obiettivo di una crescita maggiore. Da parte loro, le imprese del colosso asiatico, per ridurre i costi di produzione, guardano all’Africa, per approfittare del basso costo della monodopera e del prezzo di alcune materie prime, con l’obiettivo di esportare in Occidente. La locomotiva cinese ha rallentato da una crescita del 10,4% del 2010 al 9,2% dell’anno scorso sino all’8,1% del primo trimestre di quest’anno (rispetto al +10,4% dello stesso periodo del 2011). La produzione industriale è aumentata in aprile ma sotto le previsioni, le esportazioni si riducono e gli investimenti stranieri sono diminuiti, sempre in aprile, per il sesto mese consecutivo. Insomma, la Cina subisce i contraccolpi della crisi economica mondiale e il premier Wen Jiabao – secondo quanto riporta Bloomberg che cita l’agenzia cinese Xinhua – assicura che “la stabilizzazione della crescita economica del Paese occupa la posizione più importante” fra le priorità del Governo. E se la Cina è l’approdo delle imprese occidentali che puntano a ridurre i costi di produzione, a sua volta guarda alla ancora più economica Africa. Il continente nero è ormai terra di investimenti per i capitali cinesi finalizzati allo sviluppo di infrastrutture e per l’insediamento di fabbriche. Come in Etiopia, dove la prima fabbrica con capitali cinesi è di Huajian, uno dei più importanti produttori di scarpe che intende investire fino a due miliardi di dollari per produrre scarpe da esportare in Europa e Nord America. Costruita a Dukem, a 30 chilometri a sud di Addis Abeba, in una zona industriale in pieno sviluppo, impiega un centinaio di operai etiopi, che sotto la supervisione di capisquadra cinesi, lavora il cuoio per realizzare scarpe. Fra i vantaggi ci sono basso costo della manodopera indigena, della materia prima, il cuoio, benefici fiscali per quattro anni, aree edificabili a buon mercato ed elettricità gratis. Avviata nel 2009 e una volta completata nel 2014, per un costo di 250 milioni di dollari, la zona industriale ospiterà 80 fabbriche offrendo 20mila posti di lavoro. Da parte sua, l’Etiopia guadagna una diversificazione di attività, oggi prevalentemente agricola.

fonte: ANSA

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Cina primo investitore in Africa, superata banca mondiale

La Cina ha superato la Banca Mondiale come principale investitore nei paesi in via di sviluppo, in particolare di quelli africani, secondo un rapporto dell’ Asia Society ripreso oggi dalla stampa cinese. Lo studio ricorda che Pechino ha firmato un gran numero di accordi della portata di miliardi di dollari con numerosi paesi africani nei quali ha investito in ospedali, centri commerciali, strade, ferrovie, centrali elettriche e nell’estrazione delle materie prime delle quali ha bisogno per la sua crescente industria. Solo in Angola, gli investimenti cinesi dal 2003 ad oggi sono stati di 15 miliardi di dollari. Nel 2010, la Banca Mondiale ha elargito a paesi africani prestiti per 11,4 miliardi di dollari ma la Cina – che è il principale partner commerciale del continente – ha prestato al solo Ghana 13 miliardi. Alcuni commentatori ricordano che gli investimenti cinesi hanno un “lato oscuro”, cioe” il fatto che, come ha scritto Chris Alden del China in Africa Project, citato dal giornale The Shanghaiist, “essenzialmente i soldi restano in Cina, l’ attenzione è concentrata sui progetti e non sull’effetto degli investimenti sull’economia locale. Spesso il denaro rimane all’ interno dei circoli legati al progetto”. La presenza della Cina sulla scena economica internazionale é ancora relativamente contenuta (230 miliardi di dollari di investimenti diretti nel 2009, contro i circa 4 trilioni degli Usa) ma sta crescendo ad un ritmo sostenuto. Orville Schell, direttore del centro sui rapporti tra Cina e Usa della stessa Asia Society, ha valutato che entro il 2020 gli investimenti diretti della Cina all’ estero saranno tra l’ uno e i due trilioni di dollari. Questo senza tenere conto del ruolo finanziario della Cina che si ritiene abbia almeno un terzo dei suoi 3,2 trilioni di riserve in valuta pregiata investiti in titoli del Tesoro americano, mentre la quota investita in titoli europei è valutata intorno al 20 per cento. Tornando all’ Africa, il governatore della banca centrale dello Zimbabwe Gideon Gono ha sostenuto che lo yuan cinese è la valuta “piu” stabile” del mondo e che potrebbe un giorno non lontano sostituire il dollaro e l’ euro (colpito dalla crisi di questi giorni) come valuta internazionale. Oltreché in Africa, la Cina ha investimento massicciamente, nell’ ultimo decennio, nei vicini paesi asiatici come il Pakistan, la Birmania (soprattutto infrastrutture) e più recentemente in Mongolia, paese povero di capitali e tecnologia ma ricchissimo di materie prime, e in America Latina. Il rallentamento del ritmo di crescita dell’ economia del Dragone – previsto per i prossimi mesi – non dovrebbe intaccare il processo di espansione della Cina all’ estero, dato che le previsioni parlano per il 2012 di un rispettabile tasso dell’ 8 per cento.

fonte: ANSA

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Espansione cinese in Africa crea problemi al continente nero, lo dice il vescovo di Kinshasa

”La presenza della Cina, che corteggia l’Africa con condizioni commerciali migliori di quelle dei tradizionali partner occidentali pone problemi di ordine religioso, fondiario ed ecologico”. E’ quanto ha affermato il cardinale Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa, intervenendo al Meeting internazionale della Comunita’ di Sant’Egidio in corso a Monaco. Il cardinale ha insistito sul fatto che la ”globalizzazione ha sull’Africa effetti negativi sul piano economico e finanziario”. Proprio perche’ fondato sulla legge del mercato e sulla ”proprieta’ virtuale”, ”l’ordine economico mondiale – secondo il presule – ha conosciuto una crisi sostanziale, che ha gravato sulle economie delle nazioni piu’ fragili ed ha spazzato via i risparmi dei loro paesi”. Cosi’, secondo il porporato, ”contano solo le materie prime: l’uomo africano e il suo sviluppo integrale importano poco. In queste condizioni e’ impossibile creare un mondo che favorisca e promuova la convivenza”.

fonte: ANSA

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