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Donne in Asia? Non pervenute

Ben 85 milioni di bambine e ragazze erano considerate “scomparse” in India e Cina tre anni fa. Questo dato è contenuto in un rapporto reso noto oggi a New Delhi dal programma dell’Onu per lo sviluppo (Undp) e dedicato alla discriminazione sessuale in Asia. “Nel 2007 – si legge nel documento – il numero di donne e ragazze che si consideravano scomparse, vittime di trattamenti discriminatori nell’accesso alla salute o all’alimentazione, o che erano state eliminate prima della nascita, era vicino a 100 milioni in sette paesi asiatici”, area in cui India e Cina giocano la parte del leone. Il rapporto, presentato dal numero uno dell’Undp, la neozelandese Helen Clark, evidenzia come la strage silenziosa di bambine in Asia sia in crescita, nonostante i progressi economici in atto nella regione. Secondo gli esperti dell’Onu, inoltre, “la segregazione e gli abusi quotidiani mettono a rischio la stessa sopravvivenza delle donne nella regione dell’Asia-Pacifico, dove esiste uno dei più bassi livelli di presenza femminile nella politica, nel mondo del lavoro e nella proprietà immobiliare”. La discriminazione sessuale ha anche un “costo” per l’economia nazionale. Secondo stime, conclude lo studio, “il Pil dell’India potrebbe aumentare dal 2 al 4% l’anno se si aumentasse il tasso di occupazione femminile al 70%, come avviene in molti Paesi sviluppati”. In Paesi come India o Pakistan, invece, meno del 35% delle donne sono retribuite per il loro lavoro. Per lo stesso rapporto, la condizione femminile in Asia é una delle peggiori al mondo nonostante i passi da gigante fatti nel settore economico. Il quadro tracciato dagli esperti dell’Onu è allarmante soprattutto in Asia Meridionale dove “molti indicatori sono spesso simili o addirittura più bassi di quelli dell’Africa sub-sahariana”. In particolare, preoccupa il tasso di scolarizzazione delle bambine inferiore a quello dei maschi e il divario nella partecipazione delle donne nei parlamenti nazionali. “Quasi metà delle donne adulte nel Sud dell’Asia sono analfabete”, si legge nel rapporto che evidenzia anche come l’aspettativa di vita femminile sia di cinque anni inferiore a quella degli uomini e come solo il 7% delle donne della regione Asia-Pacifico risulti proprietario di un appezzamento agricolo. “Se una donna possiede una casa o un terreno è più protetta”, ha detto l’amministratore dell’Unpd, Helen Clark, presentando il rapporto che chiede ai governi riforme in materia di successione ereditaria, violenze domestiche e quote rosa nelle assemblee legislative. Nei Paesi che emergono da conflitti armati come Nepal, Sri Lanka, Timor Leste, la partecipazione femminile è aumentata grazie all’introduzione di politiche affermative, ma non si può dire lo stesso per altre nazioni dove il ruolo della religione é molto forte come il Pakistan. “Da quando è iniziato il conflitto armato tra governo e integralisti islamici, c’é stato un deterioramento della condizione femminile dovuta all’aumento del fanatismo religioso – ha detto all’ANSA Ghazi Salahuddin, direttore editoriale di GEO Tv – secondo il quale le donne pachistane sono le vittime più vulnerabili della crisi economica e della mancanza di libertà civili”. Salahuddin ha sottolineato il ruolo delle tv private che negli ultimi anni hanno dedicato spazio e attenzione alle tematiche femminili. “Tuttavia – ha concluso – c’é molta resistenza da parte della società che ha un’idea distorta dell’emancipazione femminile come elemento di corruzione occidentale”.

fonte: ANSA

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