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L’altra faccia dei Giochi olimpici: atleti cinesi non riescono a trovare lavoro dopo ritiro

Il sipario sulle Olimpiadi si è appena chiuso ma emergono dettagli sulla vita degli atleti cinesi. Secondo quanto ha raccontato Sun Xuguang, ex campione cinese di ginnastica, a China Labour Watch, un organizzazione non governativa per la tutela del lavoro, la vita per coloro che decidono di dedicare la propria vita all’atletica è particolarmente dura nel paese del dragone. Dopo il ritiro dallo sport agonistico, quando aveva solo 26 anni, l’atleta non è riuscito a trovare lavoro. Mentre gareggiava aveva lasciato gli studi. Ha dovuto accontentarsi di soluzioni di ripiego che gli consentivano a stento di sopravvivere. Attualmente l’ex atleta vive insieme a sua madre, a sua moglie e a sua figlia grazie alla pensione della madre che ammonta a 1000 yuan al mese (poco più di 100 euro). Ma quello di Sun non è un caso isolato. In Cina, a differenza che negli altri paesi, i ragazzi dediti allo sport a livello professionale raramente completano gli studi e questo fa si che poi quando smettono di gareggiare, di solito ancora giovanissimi, intorno ai 20-25 anni, non hanno nessuna competitività nel campo del lavoro. Secondo le stime, dei 50.000 atleti professionisti registrati in Cina, circa 3.000 ogni anno si ritirano, ma di questi solo un terzo riesce a trovare un lavoro dignitoso e adeguato. Il tasso di disoccupazione tra gli atleti che si ritirano in Cina è molto alto, circa il 40%. Diversa è la situazione per quelli che arrivano al top, quelli che travalicano i confini nazionali e diventano campioni a livello internazionale o medaglie d’oro olimpiche. Secondo un sondaggio, infatti, delle 115 medaglie olimpiche cinesi ormai ritiratasi dalla vita sportiva, almeno la metà ha fatto un’ottima carriera, entrando nel mondo del business o, come l’olimpionica della ginnastica di Sydney, Liu Xuan, in quello dello spettacolo. Solo il 10% degli ex campioni olimpici cinesi stanno ancora cercando lavoro.

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L’ultimo vero grande imperatore è solo lui. La beneficenza dei cinesi

Anche Diego Armando Maradona e’ arrivato in Cina per chiedere soldi per beneficenza. Dopo Bill Gates e Warren Buffett, e’ stata la volta del Pibe de Oro a chiedere soldi ai miliardari cinesi per operazioni benefiche. Un fronte, quello dei miliardari con gli occhi a mandorla, che e’ nell’interesse di tutte le fondazioni benefiche mondiali, che faticano a racimolare fondi. Oltre ventimila euro a persona sono stati sborsati per partecipare alla cena con l’ex giocatore del Napoli ed ex allenatore della nazionale argentina. Il campione argentino e’ arrivato nei giorni scorsi, insieme ad un gruppo di suoi giocatori, a Pechino da dove ha iniziato un tour di beneficenza che durera’ circa 10 giorni e durante il quale, oltre a svolgere una serie di attivita’ ed incontri di beneficenza, si terranno anche due incontri calcistici con i calciatori cinesi.
”La Cina e’ un leone dormiente – ha detto Maradona alla stampa cinese – un giorno la Cina calcistica spicchera’ il volo”.
Molto amato dai cinesi (che lo chiamano ”Lao Ma”) tanto che una sua foto enorme e’ stata messa sulla prima pagina del Quotidiano della Gioventu’ di Pechino, Maradona ha detto di ”voler fare qualcosa per il calcio cinese dopo essersi dedicato per un anno intero, senza mai fermarsi, per la nazionale argentina”. Oltre che a Pechino, il tour di Maradona e del suo team prevede tappe a Jinan, Donggunan (dove si svolgeranno incontri di calcio con la squadra del Guangdong i cui introiti saranno destinati in beneficenza) ed Hefei. Si tratta del quarto viaggio del calciatore in Cina. Ci era gia’ stato nel 1996, nel 2003 e nel 2008. Maradona non e’ il solo ad essersi di recente recato in Cina per svolgere attivita’ caritatevoli e di beneficenza. Alla fine di settembre avevano fatto lo stesso i plurimiliardari americani Bill Gates e Warren Buffet, organizzando una cena benefica a Pechino, iniziativa che tuttavia almeno all’inizio era stata accolta con freddezza dai ”colleghi” miliardari cinesi. I ricchi cinesi sono infatti mediamente meno propensi, rispetto a quelli occidentali, verso le opere di beneficenza. Il principale impedimento e’ costituito dall’impossibilita’ di creare organizzazioni indipendenti dato che anche gli istituti caritatevoli sono fortemente limitati dal controllo governativo. Altro aspetto importante e’ che i super ricchi cinesi hanno fatto fortuna piu’ rapidamente dei miliardari occidentali e sono in media nettamente piu’ giovani. E proprio per regolamentare lo svolgimento delle attivita’ benefiche nel paese, Wang Wang Zhenyao, ex direttore del dipartimento per il welfare e la beneficenza del Ministero per gli Affari Civili, ha fatto sapere che e’ stata presentata una bozza di legge. Secondo quanto riferisce il China Daily, la legge, se approvata, portera’ innovazioni in termini di deduzione dalle tasse delle somme versate in beneficenza e richiedera’ a tutte le organizzazioni e le associazioni che operano nel settore di agire in maniera piu’ trasparente per garantire credibilita’.
In base all’attuale normativa le imprese in Cina possono godere della deduzione totale delle tasse se la donazione effettuata non e’ superiore al 12% del loro profitto annuale. Un tasso piu’ alto di quello degli Stati Uniti (dove e’ del 10%). Tuttavia non tutte le ONG in Cina godono dello status di esenzione tasse.
Secondo l’Accademia di Scienze Sociali, nei prossimi dieci o venti anni al massimo in Cina ci sara’ il boom delle fondazioni benefiche private, il cui numero e’ gia’ dal 2007 divenuto superiore a quello di quelle gestite dallo stato.

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Gli arbitri che sbagliano vanno in campo di rieducazione

Oltre duecento ufficiali del calcio cinese, tra arbitri e impiegati, sono stati inviati al ”Campo di rieducazione anti-corruzione” dopo lo scandalo che ha investito il campionato nazionale nei giorni scorsi. Secondo quanto riportato dal Beijing Youth Daily, i partecipanti al campo, che avra’ la durata di cinque giorni, dovranno seguire corsi e lezioni anti-corruzione e dovranno alla fine anche sostenere un esame. ”La rieducazione degli arbitri – ha detto Wei Di, capo dell’Associzione Football cinese (CFA) – e’ una parte importante della campagna anti corruzione in corso”. Agli arbitri verra’ data anche la possibilita’ di confessare eventuali errori commessi in passato. ”Se qualcuno di loro ha fatto qualcosa di sbagliato – ha proseguito Wei – dovra’ immediatamente restituire il denaro percepito illegalmente. Spero che possano confessare di propria iniziativa per non perdere la possibilita’ di salvarsi”. Gong Jianping, l’unico arbitro ad aver ammesso di aver pilotato una gara fu condannato nel 2003 a dieci anni di carcere per poi morire mentre era detenuto, 18 mesi piu’ tardi. Anche il predecessore di Wei, Nan Yong, e l’ex capo della commissione arbitri, Zhang Jianquiang sono tra i venti (tra arbitri, allenatori e giocatori) arrestati per corruzione negli ultimi mesi.

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