Proseguire sulla strada intrapresa 35 anni fa con la politica di “riforme e apertura” dell’allora leader cinese Deng Xiaoping, senza cedere di un centimetro sul terreno del potere politico, che deve rimanere saldamente nelle mani del Partito Comunista, perchè “solo il socialismo può salvare la Cina”. Questo il significato di un intervento dell’attuale numero uno cinese, Xi Jinping, affidato all’agenzia Nuova Cina poche ore dopo l’annuncio di una serie di riforme, a partire dall’ammorbidimento della legge sul figlio unico e dall’abolizione della “rieducazione attraverso il lavoro”, un sistema di repressione extragiudiziale che per oltre sei decenni è stato usato dalla polizia cinese per contenere il dissenso politico e la piccola criminalità. L’intervento diretto di Xi per spiegare la decisione di proseguire “risolutamente” sulla via delle riforme economiche conferma l’opinione degli osservatori che l’hanno definito il leader cinese “più potente” dopo Deng Xiaoping. A Deng, il “piccolo timoniere” che lanciò la Cina verso il sistema misto di socialismo e capitalismo che l’ha portata a diventare la seconda economia del mondo, Xi ha reso omaggio, affermando che “solo le riforme economiche e l’apertura possono far sviluppare la Cina, il socialismo e il marxismo”. “Una corretta relazione tra il mercato e lo Stato rimane il fondamento delle riforme economiche della Cina. Ma lasciar decidere il mercato – ha chiarito il leader – non significa che il mercato debba decidere tutto”. Tra le decisioni prese dal comitato centrale comunista che si è riunito a Pechino dal 9 al 12 novembre nella sua terza riunione plenaria, ci sono la formazione di due nuovi organismi: un comitato che dirigerà il lavoro sulle riforme e un consiglio per la sicurezza nazionale modellato sul National Security Council statunitense. Sulla composizione di questi organismi non sono stati diffusi dettagli ma, dopo l’annuncio della nuova stagione di riforme, pochi dubitano che saranno dominati da Xi Jinping e dai suoi seguaci. Non si è finora parlato di un ruolo del premier Li Keqiang, che secondo alcuni osservatori potrebbe essere stato emarginato a causa dei suoi legami con l’ex presidente Hu Jintao. Nel suo intervento, Xi Jinping parla solo del secondo, la cosiddetta Commissione per la Sicurezza Nazionale. Il leader cinese afferma che la sua creazione “rafforza la concentrazione e la coesione della leadership delle operazioni legate alla sicurezza nazionale ed è per noi una priorità”. Da quasi due anni la tensione tra la Cina e alcuni dei suoi vicini – Giappone, Filippine, Vietnam – per dispute territoriali si è intensificata. Pechino deve anche far fronte alla permanente instabilità nelle regioni di confine, il Tibet e il Xinjiang, abitate da minoranze etniche che contestano le politiche governative. Quest’anno, le spese della Cina per la difesa aumenteranno del 10,7%, confermando una tendenza in atto dall’inizio degli anni Novanta.
fonte: Beniamino Natale per ANSA