25 febbraio 2014 · 18:26
Vola l’utile di Sina Corp, proprietaria del twitter cinese Weibo, nell’ultimo trimestre del 2013. La società mette in bilancio un utile netto di 44,5 milioni di dollari (32,3 milioni di euro), in netta crescita da 2,4 milioni di dollari dello stesso periodo del 2012. La crescita degli utili, ha sottolineato l’amministratore delegato della compagnia, Charles Chao, è dovuto ad un incremento esponenziale delle inserzioni pubblicitarie, aumentate del 163% in un anno. Weibo afferma di aver 500 milioni di utenti registrati (gli utenti di Internet in Cina sono oltre 600 milioni secondo le ultime rilevazioni) ma negli ultimi mesi il numero è calato. Secondo il China Internet Network Information Centre, l’anno scorso circa 28 milioni di persone hanno abbandonato Weibo. Tra le cause sono state indicate sia la campagna di repressione lanciata dal governo contro i diffusori di “voci” allarmistiche su Internet – interpretata da molti come un forte limite alla liberta’ di espressione – che alla preferenza dei giovani per altri strumenti di comunicazione come l’ applicazione per i telefoni cellulari “whatsapp” e la sua versione cinese, “wechat”.
fonte: ANSA
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5 marzo 2013 · 10:50
Ai cinesi il vino piace sempre di più, i dati parlano chiaro: il consumo sia di rossi che di ‘bollicine’ cresce al ritmo del 6% annuo. Nell’ex celeste impero ad apprezzare un buon bicchiere sono ormai 548 milioni: tra questi il 40% acquista abitualmente on line. Ecco perché al Vinitaly, per la prima volta in assoluto, saranno presenti 15 tra i più grossi rappresentanti dell’e-commerce cinese, come la piattaforma YesMywWine, Tmall e Alibaba Group, alcuni dei quali mai stati in Europa. Al momento l’Italia è soltanto al quinto posto tra i Paesi esportatori, con una quota di export sostanzialmente ferma, a fronte di un calo continuo della vendita dei vini francesi. “Il dato è stabile da troppo tempo”, ha sottolineato Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere, “e non si riesce ancora a capirne il motivo. Purtroppo la promozione dei nostri prodotti è ancora molto frammentata: ma ormai non si può più procedere così in ordine sparso”. Proprio per studiare come riuscire a sfruttare le potenzialità dell’export italiano, nel corso della Fiera verranno organizzati seminari dedicati ad alcuni casi di best practice di aziende italiane in Cina. Esempi che potrebbero fare da apripista per le 384.000 imprese vitivinicole del nostro Paese, forti di un fatturato di oltre 10 miliardi di euro, di cui 4,7 derivano proprio dall’export. All’impennata dei consumi enologici cinesi, cui si aggregano quelli di Usa, Russia e Australia (la tendenza all’aumento è prevista anche per i prossimi cinque anni), fa da contrappunto il decremento continuo di Francia e Italia, un primo rallentamento di Germania e Gran Bretagna e il crollo verticale della Spagna.
fonte: ANSA
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15 novembre 2012 · 08:19
Vuole sbarcare nel migliore di modi in Cina, Vinitaly, e per farlo utilizza tutti gli strumenti utili. Dopo aver aperto una finestra virtuale sui principali social network cinesi (nel paese del dragone ci sono emuli e surrogati di Facebook, Twitter e Youtube che qui sono censurati), Vinitaly in the world, con al collaborazione di Enoteca Italiana, ha organizzato un incontro nella capitale economica cinese al quale hanno partecipato importatori, opinion maker, esperti di vino, giornalisti specializzati, per discutere sulle strategie, le difficolta’ e le prospettive della presenza del vino, soprattutto italiano in Cina. Vinitaly in the world e’ gia’ presente a Hong Kong, dove e’ riconosciuto come punto di riferimento per i vini italiani. La voglia e’ quella di tornare in Cina, riprendere la presenza che c’era gia’ in passato, ma calibrarla in base alle nuove esigenze del mercato cinese, interessante ma di non facile accesso. Di qui la necessita’ di raccogliere opinioni e consensi, ma di sviluppare anche nuovi canali di comunicazione, come il web. Il vino in Cina, infatti, diventa appannaggio sopratutto delle nuove generazioni, quelle che usano le nuove tecnologie e che smanettano in continuazione sugli smartphone e telefonini per scambiarsi informazioni e notizie attraverso i vari canali come Weibo (l’equivalente di Twitter) o Yukou. Da qui l’esigenza di Vinitaly di essere pioniere in questo senso, investendo sulla comunicazione online. Da qui il passaggio verso la presenza fisica nel Paese del dragone, una presenza realizzata con tutti i canoni, il passo e’ breve.
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31 marzo 2012 · 02:41
Stretta su internet in Cina, in due diverse operazioni: una di carattere politico, per reprimere voci e commenti su un presunto colpo di stato dei giorni scorsi, l’altra contro la criminalita’ comune sul web. Le autorita’ annunciano di aver arrestato sei persone, chiuso 16 siti e vietato commenti per quattro giorni su blog e microblog. E affermano inoltre d’aver arrestato, dal 14 febbraio, 1.065 persone, di aver cancellato oltre 200.000 messaggi legati a crimini su internet, come i commerci illegali di armi, droga, sostanze tossiche, organi umani o informazioni personali, la contraffazione di certificati o documenti. Per quanto riguarda la prima, la polizia di Pechino, di concerto con lo State Internet Information Office (Siio), ha agito per bloccare ”voci online”, in particolare quella di un presunto colpo di stato, che ha impresso un vero boom di commenti, soprattutto fra i giovani. Secondo un portavoce del Siio, le voci diffuse hanno avuto una ”cattiva influenza sul pubblico”. La polizia ha inoltre ”ammonito ed educato” coloro che hanno dimostrato intenzione di diffondere quelle notizie. Nel mirino delle autorita’ il servizio weibo (microblogging, simile a Twitter) di Sina e di Tencent (che gestisce anche qq, il piu’ diffuso servizio di messaggistica in Cina), scatenando numerose proteste online. Le autorita’ consentono di postare articoli e messaggi sulle due piattaforme. Ma se si tenta un commento si riceve un messaggio in cui si spiega che non sara’ possibile fino al 3 aprile, quando ”sara’ conclusa l’operazione di pulizia” dei blog da ”informazioni illegali e dannose”. Anche il quotidiano ufficiale del Partito comunista (Pcc), il People’s Daily, ha appoggiato l’iniziativa: ”Chiunque creai e diffonda voci sara’ punito”, dice un editoriale, secondo cui tutti gli operatori internet in Cina devono obbedire a leggi e regolamenti, evitando di spacciare per ”verita’ notizie false che possono minare la morale pubblica”e la ”stabilità sociale”. La notizia ”falsa” riguarda un presunto colpo di stato tentato la settimana scorsa a Pechino dopo la riunione dell’assemblea del popolo e l’epurazione di Bo Xilai, il potente capo del partito di Chongqing. E il caso Bo Xilai resta sotto i riflettori, dopo che Londra ha chiesto lumi sulla morte di Neil Heywood, l’uomo d’affari britannico deceduto lo scorso novembre in un hotel di Chongqing, stando alle autorita’ cinesi, per i postumi d’una pantagruelica bevuta. Heywood sarebbe rimasto in realta’ coinvolto in una resa dei conti ai massimi vertici nel partito comunista, sfociata nell’epurazione. Secondo le ultime informazioni, l’inglese avrebbe detto ad amici e parenti di temere per la sua vita dopo un litigio con la moglie d’un potente politico locale.
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19 marzo 2012 · 03:42
In Cina, dalla notte scorsa la ricerca su Internet del nome “Ferrari” è impossibile, dopo un incidente nel quale il giovane guidatore di una delle automobili di Maranello è morto e due ragazze sono rimaste gravemente ferite. Secondo le voci che circolano a Pechino il giovane, sui vent’anni, sarebbe il figlio di un “alto dirigente”, forse un ministro, un viceministro o uno dei nove membri del Comitato Permanente dell’ufficio politico comunista (Cpup), il massimo organo del Partito, vero governo della Cina. Il modello della Ferrari che ha subito l’incidente, di colore nero, sarebbe a due posti. L’incidente è avvenuto intorno alle 4 locali della mattina di ieri, domenica, sul quarto anello, una delle arterie circolari che attraversano la capitale. Un testimone citato da un giornale di Hong Kong ha affermato che la vettura procedeva a forte velocità e ha sbandato urtando contro il guardrail.
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13 gennaio 2011 · 20:50
Il partito comunista cinese e le autorità di Pechino, hanno paura della società civile. E’ questa l’idea alla base della decisione del ministero della propaganda, l’organo che ‘armonizza’ la vita in Cina, di vietare le parole ‘societa’ civile’ sui media cinesi. La denuncia arriva dai blog, rappresentano una delle poche fonti di informazione alternative a quelle ‘armonizzate’, dove si rivela che la frase cinese ‘gongmin shehui’, ‘societa’ civile’ appunto, è stata bandita dai media. Secondo le denunce on line, la decisione del ministero della propaganda nascerebbe dalla volontà di reagire alla crescente partecipazione civile nella politica soprattutto attraverso internet. Ed è sempre la rete il luogo dove nasce il dissenso alla decisione ministeriale, con numerosi post sui siti sia cinesi che stranieri ma anche sui microblog e i social network tipo QQ, dove si legge che la cosa è di fatto impossibile. Negli ultimi anni, infatti, il numero dei navigatori cinesi su internet è aumentato, così come la presa di coscienza di internet come mezzo di informazione o di denuncia. La decisione del ministero della propaganda si scontra proprio con questa nuova aria che spira, seppure in sottofondo, in Cina. Chi vuole rispettare il divieto cerca alternative. “Poiché il termine società civile non è consentito – ha scritto sul forum China Media Project Liao Baoping, un giornalista del Changjiang Commercial Daily – alcuni media hanno cominciato ad utilizzare il termine pubblica società che secondo me è persino più forte. Il sistema di vietare certe espressioni non può certamente servire ad eliminare le opinioni”. La scelta di Liao è molto semplice, perché in cinese cambia un solo ideogramma, passando da ‘gongmin shehui’ a ‘gonggong shehui’, espressione usata già in molti giornali anche ‘armonizzati’. Da dicembre almeno 271 articoli, secondo una ricerca del sito WiseNews, database della stampa, hanno incluso il termine ‘societa’ civilé, mentre dall’inizio di gennaio le parole sono state usate in 50 articoli, 18 dei quali solo pubblicati nella provincia del Guangdong. Ma giornali più ‘armonizzati’, come il People’s Daily, l’organo ufficiale del partito comunista cinese, non pubblicano l’espressione dall’aprile dell’anno scorso.
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25 ottobre 2010 · 18:43
I genitori di un ragazzo che si é suicidato hanno denunciato il proprietario di ‘QQ’, il più popolare servizio di chat su internet in Cina, la Tencent Holdings Ltd, per non aver bloccato i messaggi nei quali Fan, il figlio ventenne, ed un amico pianificavano il suicidio. Lo riferisce il China Daily. Il processo, cominciato pochi giorni fa in un tribunale della provincia dello Zhejiang, vede come imputato, oltre alla Tencent, anche un giovane di nome Zhang, accusato di aver spinto il figlio al suicidio, che i due avrebbero dovuto originariamente commettere insieme. La Tencent invece è accusata di non aver capito la pericolosità di quei messaggi online e quindi di non aver fatto nulla per prevenire la morte del ragazzo. Secondo la ricostruzione riportata dalla stampa locale, all’inizio dello scorso mese di giugno Fan entrò in contatto attraverso il servizio chat del sito ‘QQ’ con un ragazzo di nome Zhang e i due avrebbero cominciato a parlare insistentemente della volontà di suicidarsi insieme. Il 22 giugno i due si diedero appuntamento alla stazione, poi andarono a comprare alcol, un braciere e del carbone. Presero poi una stanza in un albergo. Il piano era quello di sigillare completamente la stanza utilizzando del nastro adesivo per evitare che entrasse aria e quindi lasciarsi morire inalando il monossido di carbonio. Zhang tuttavia, dopo poco se n’era andato, non dando seguito al proposito suicida mentre Fan aveva insistito per restare. Solo molte ore dopo Zhang aveva chiamato la reception dell’hotel, allertando su quanto stava accadendo nella stanza. Ma ormai era tardi. La famiglia di Fan accusa l’amico di non aver dato subito l’allarme, lasciandolo così morire. La Tancent si difende sostenendo di non essere responsabile per la morte del ragazzo. I legali della compagnia hanno infatti fatto notare che la QQ, che ha oltre 500 milioni di utenti, è un servizio di comunicazione individuale e che è praticamente impossibile monitorare o supervisionare tutte le conversazioni. La famiglia del ragazzo morto, che ha chiesto un risarcimento danni di 279,028 yuan (circa 42.000 dollari), ha dichiarato di essere consapevole che purtroppo non sembrano esistere precedenti giudiziari ma di avere comunque l’intenzione di andare avanti anche con la speranza di scuotere l’opinione pubblica aumentando la consapevolezza sul tema della sicurezza di internet specie per i giovani. Nel marzo del 2010 altri due ragazzi, entrambi ventiquattrenni, si erano suicidati in un hotel nello stesso distretto in cui abitava Fan, dopo aver programmato la loro morte online. In maggio altri tre a Taizhou, sempre nello Zhejiang, tentarono di suicidarsi insieme dopo aver avuto una discussione online sul suicidio. Due di loro morirono.

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