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I capitalisti bussano al comitato centrale del partito comunista cinese

Se Liang Wengen, 57 anni, riuscirà ad entrare nel comitato centrale del Partito comunista cinese (Pcc) sarà il primo imprenditore privato a diventare membro del massimo organo decisionale del paese. Secondo la stampa cinese, Liang ha già completato la richiesta formale per diventare uno dei circa 300 membri del cc. La sua domanda dovrà essere approvata dal 18/esimo Congresso nazionale del Partito, previsto per l’ autunno del 2012. Alcune fonti affermano che Liang non è l’ unico imprenditore “completamente privato” – cioé che non ha ricoperto in passato cariche politiche e la cui impresa, il Sany Group, non ha connessioni con dirigenti politici – a cercare di avvicinarsi al cuore del partito unico. In corsa ci sarebbero anche Wang Jianlin, fondatore del gruppo Dalian Wan Da, il presidente della Chery Automobile Yin Tongyao, quello del Sichuan New Hope Group Lui Yongxin e Guo Guangchang del Shanghai Fosun Group. Gli ultimi due hanno smentito, gli altri hanno taciuto. Dei “papabili” tre – Liang Wengen, Wang Jianlin e Yin Tongyao – sono iscritti al Partito. “Le caratteristiche principali che deve avere un imprenditore con quelle aspirazioni – ha spiegato all’ ANSA un analista dell’economia cinese che chiede di rimanere anonimo – sono la lealtà, l’ obbedienza e un basso profilo”. L’ apertura del Pcc agli imprenditori privati è stata decisa nel Congresso del 2002, quando la “teoria delle tre rappresentanze” elaborata dall’ allora numero uno Jiang Zemin venne inglobata nella Costituzione del Partito. La teoria di Jiang prevede che il Partito non rappresenti più solo le classi più sfortunate ma “tutte le forze dinamiche” della società, inclusi gli imprenditori privati. “Questo – ha proseguito l’ analista – non vuol dire assolutamente che i privati possono prendere il potere. Significa semplicemente che possono avvicinarsi di più al potere. Essere vicini al potere politico è fondamentale per tutti gli imprenditori, in Cina”. Liang ha le carte in regola. L’ imprenditore ha iniziato la sua carriera con un modesto investimento di 60mila yuan (meno di settemila euro) nel 1993 e ha fatto fortuna costruendo gru e ruspe che sono andate a ruba con il boom dell’ edilizia. Si è iscritto al Pcc nel 2004 e da allora i suoi dipendenti partecipano ogni mattina ad una cerimonia di alzabandiera cantando canzoni “patriottiche” e il circuito di televisione interno alle sue aziende trasmette puntualmente tutte le importanti celebrazioni del Partito. La necessità di non mettersi troppo in evidenza, per gli emergenti del settore privato, è evidente se si considera la sorte di alcune delle decine di “tycoon” i cui nomi sono comparsi negli anni scorsi nelle classifiche stilate periodicamente dalla rivista americana Forbes e dal sito web Hurun, di Shanghai. Tra di loro, 18 sono finiti in prigione, due sono accusati di gravi reati finanziari e in attesa di giudizio, dieci sono sotto inchiesta e di sette si sono perse completamente le tracce, secondo il calcolo del Phoenix Magazine di Hong Kong. L’ analista interpellato dall’ ANSA ritiene che il ruolo giusto per Liang – o per un altro degli imprenditori in corsa per un posto al sole – sarebbe quello di presidente o di vicepresidente della Federazione nazionale dell’ industria e del commercio”, vale a dire un posto di prestigio ma largamente cerimoniale. “Per loro, la strada verso il vero potere non è ancora aperta”, conclude l’ analista.

fonte: ANSA

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Cardinale Zen in sciopero della fame per liberta’ educazione

Il battagliero arcivescovo emerito di Hong Kong, Joseph Zen Ze-Kiun, 79 anni, da decenni uomo simbolo dei cattolici nell’isola e nella Cina continentale ha iniziato uno sciopero della fame a sostegno del diritto dei cattolici di Hong Kong alla libertà di educazione. Lo riferiscono Ucanews e Asianews, dopo che il porporato salesiano ha spiegato le proprie ragioni in una conferenza stampa. Il digiuno durerà almeno tre giorni, per attirare l’attenzione sulla ”ingiusta sentenza della Corte suprema contro la diocesi, che rischia di distruggere l’educazione cattolica nel territorio”. Il 14 ottobre scorso la Corte suprema di Hong Kong ha rigettato il ricorso della diocesi contro la necessità di introdurre nella gestione delle scuole un comitato organizzativo che valuti il singolo progetto educativo. A tale comitato partecipano oltre a genitori e studenti, anche personalità al di fuori del mondo della scuola – precettati dal governo – che rischiano di deviare la proposta educativa delle scuole libere. ”Voglio sottolineare – ha detto Zen – la decisione errata della Corte suprema, una grande ingiustizia verso la Chiesa e il territorio di Hong Kong, che rischia di distruggere il sistema educativo del territorio, considerato uno dei migliori della regione, di alta qualità ed efficienza”. Contro la decisione della Corte suprema si sono espressi anche i responsabili delle comunità anglicane e metodiste, anch’essi preoccupati per l’interferenza del governo (e della Cina) nella proposta educativa cristiana. In concomitanza con lo sciopero della fame del cardinale, alcuni blog hanno diffuso l’ammontare delle donazioni ricevute dal cardinale Zen negli anni: circa 3 milioni di dollari di Hong Kong all’anno (circa 300mila euro). Le donazioni sarebbero state effettuate dal magnate Jimmy Lai, un convertito al cattolicesimo e sostenitore della democrazia a Hong Kong e in Cina. Le rivelazioni – spiega AsiaNews – non accusano nessuno, ma gettano il sospetto che il card. Zen abbia intascato tutti questi soldi per sé o per sostenere il movimento democratico in direzione anti-Cina. In una conferenza stampa il porporato ha risposto di usare i soldi delle donazioni per sostenere borse di studio per studenti cattolici cinesi; aiuto a vescovi ufficiali e sotterranei della Cina; sostegno a diocesi colpite da disastri naturali (tsunami, terremoti, alluvioni); traduzioni in cinese dei documenti e testi teologici della Chiesa “Se li usassi per me – ha detto scherzando ad AsiaNews – mi comprerei anzitutto un auto di lusso e mi metterei un autista. Invece mi tocca usare la mia vecchia macchina e guidarla da solo”.

fonte: ANSA

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Concluso plenum partito, censura e successione in discussione

Si e’ concluso con la volonta’ di mantenere la ”sicurezza culturale”, in altre parole il controllo sull’informazione, la sesta sessione plenaria della 17ma commissione centrale del Partito comunista cinese, nella quale il gotha politico cinese ha anche posto le basi sulla futura leadership del partito. In base a quanto reso noto in un comunicato emesso al termine della sessione, ”la Cina sta affrontando un compito difficile nel proteggere la sicurezza culturale e sente l’urgenza di rafforzare il suo ‘soft power’ e l’influenza internazionale della sua cultura”. Per molti analisti significa che i vertici del partito intendono stringere sempre piu’ in cordoni della censura, operando fortemente soprattutto su internet da un lato favorendo comunicazioni ufficiali e incontri tra funzionari, politici e popolazione; dall’altro controllando le comunicazioni. La sessione ha anche sottolineato come sia importante favorire la crescita dell’industria culturale per favorire la crescita sociale ed economica del paese. I leader cinesi hanno poi chiuso la riunione di oggi con la decisione di tenere il congresso del partito comunista a meta’ del 2012, quando si affrontera’ il tema della successione all’attuale leadership. La decisione di oggi dara’ il via ad una serie di lavori propedeutici con la creazione anche di un gruppo preparatorio che sara’ quasi certamente guidato dal vice presidente Xi Jinping, l’uomo destinato ad essere il successore di Hu, e che portera’ alla creazione del 18mo comitato centrale cinese. Hu Jintao e il premier Wen Jiabao dovrebbero terminare i loro incarichi alla fine del 2012 ma di fatto rimarranno fino all’ inizio del 2013 quando poi il parlamento nazionale votera’ i loro successori. A sostituire Wen Jiabao potrebbe essere l’attuale vice premier, Li Kiqian, mentre per posti di vertici si candidano il ‘rosso’ Bo Xilai, discendente di un padre della patria e capo della citta’ piu’ popolosa di cina, Chingqing. Qui lui obbliga tutti a ricevere messaggi rivoluzionari sui telefonini, spot pubblicitari rivoluzionari e film a tema affollano le reti televisive cosi’ come canti rivoluzionari risuonano in tutti gli altoparlanti. Altri due contendenti a posti di vertice sono il sindaco di Shanghai Yu Zhengsheng e il leader della provincia del Guangdong Wang Yang.

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Cina verso controllo scuole cattoliche Hong Kong

Battuta di arresto per la diocesi di Hong Kong per la richiesta di indipendenza dal partito comunista cinese. La Corte di Appello ha infatti respinto il suo ricorso contro la decisione secondo la quale tutte le scuole del territorio speciale di Hong Kong devono assoggettarsi ad un’ordinanza in base alla quale le scuole devono prevedere degli organi di controllo per la gestione amministrativa e didattica. Lo riferisce il South China Morning Post. Il delegato episcopale della diocesi presso l’Ufficio per l’educazione cattolica, Cecilia Wong Yeuk-han, ha detto che tutti devono rispettare la legge. “Anche se non siamo d’accordo che tutte le scuole devono essere gestite con gli stessi mezzi – ha detto la Wong – noi continueremo a sostenere la nostra visione cattolica”. “Naturalmente, sono molto deluso dalla sentenza – ha detto Timothy Ha Wing-ho, consigliere per la diocesi di Hong Kong – in quanto con la costituzione dei comitati, vi è una possibilità che anche persone che vanno contro il nostro credo facciano parte del consiglio”. A metà ottobre erano 489 su 846 le scuole che si erano già uniformate alla nuova ordinanza formando i comitati previsti mentre altre 67 avevano consegnato il progetto di costituzione. Cheung Man-Kwong, deputato per il settore dell’istruzione, ha invitato il governo a essere flessibile sulla questione. Cheung ha detto che il governo dovrebbe evitare il confronto e lottare per un “atterraggio morbido” dopo la sentenza. “Abbiamo una responsabilità sociale nel campo dell’educazione – ha invece commentato il vescovo di Hong Kong, mons. John Tong-hon e continueremo a portarla avanti”. La nuova legge, nelle intenzioni del governo, offre diversi benefici per le scuole tra cui un’assicurazione al personale della scuola e una maggiore elasticità nella gestione dei fondi. Secondo le scuole cattoliche la nuova legge rappresenta una manovra per intromettersi nella loro gestione, minacciando la loro libertà.

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Un supercapitalista entra nel comitato centrale, il più ricco di Cina verso i vertici del partito

‘Rivoluzione’ capitalista in Cina, con l’ingresso di un multimiliardario nel comitato centrale: Liang Wengen, l’uomo ritenuto il più ricco della nazione, è stato ammesso infatti nel cc del Partito Comunista Cinese. Liang sarebbe il primo capitalista di un grande gruppo privato ad entrare nell’organismo dirigente del Pcc, come sottolinea il quotidiano Global Times che riporta oggi la notizia. Altri boss industriali, come il Ceo della Haier Zhang Ruimin e il presidente della Sinopec Li Yi, già ci sono, ma le loro imprese sono di proprietà statale. Liang sarebbe invece il primo capitalista ‘puro’ a entrare nel cc. La decisione di aprire le porte del Partito Comunista a “tutte le forze produttive” della società’, compresi gli imprenditori privati, è stata presa dal Pcc nel suo Congresso del 2002, e segnò il culmine della carriera dell’allora leader Jiang Zemin, la cui “teoria delle tre rappresentanze”, inglobata nella Costituzione del Partito, è stata studiata proprio per aprire la strada agli un tempo odiati ‘capitalisti’. Dopo il Congresso, l’apertura ha prodotto pochi risultati concreti. Liang Wengen, 57 anni, è il fondatore di Sany Group (macchinari industriali) ed è apparso al primo posto delle classifiche per il 2010 dei super-ricchi cinesi stilate dalla rivista Forbes e dal sito web Hurun. Il suo patrimonio è stimato in dieci miliardi di dollari. La rivista Time Weekly, pubblicata a Guangzhou nel sud della Cina, sostiene che l’approvazione della nomina di Liang è venuta la scorsa settimana dal potente Dipartimento per l’organizzazione del Partito. Secondo il quotidiano di Singapore Linha Zaobao, il fondatore del Sany Group verrà eletto come membro supplente del cc nel prossimo congresso del Partito, che si terrà nell’autunno del 2012. Liang proviene da una famiglia povera dell’Hunan, nella Cina centrale. I suoi genitori si guadagnavano la vita, secondo il Global Times, costruendo e vendendo oggetti di artiginato in bambù. Dopo essere riuscito ad entrare all’Università del Centrosud ed essersi laureato in metallurgia, ha lavorato in un ufficio governativo per alcuni anni prima di fondare, nel 1987, la Sany. Nel 2004, Liang si è iscritto al Partito Comunista. La notizia ha suscitato la protesta dell’ala più’ di sinistra del Pcc, un partito ancora indeciso, in bilico tra la necessità di procedere sulla strada dell’apertura e delle riforme – sottolineata più’ volte, negli ultimi mesi, dal premier Wen Jiabao, – e la volontà’ di mantenere il controllo assoluto sull’ attività’ politica e sulla società’, testimoniata dalla recente ondata di repressione contro il dissenso . Fan Jinggang, fondatore del gruppo di estrema sinistra “Utopia” ha detto che l’ingresso di Liang nel cc “significa che il capitalismo privato sta penetrando nelle stanze del potere del nostro Paese socialista”. Di parere opposto il sociologo Xia Xueluan dell’ Università di Pechino, secondo il quale “il possibile ruolo di Liang nel Partito dimostra che il Pcc si sta muovendo solidamente nella direzione di rappresentare la tendenza allo sviluppo delle forze produttive più’ avanzate”.

fonte: ANSA

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Chiesa cattolica di Hong Kong contro lezioni nazionaliste

La Chiesa cattolica di Hong Kong critica la nuova riforma della scuola dell’ex colonia britannica in quanto si risolverebbe, per gli studenti, in una specie di “lavaggio del cervello”. Il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, ex capo della chiesa cattolica di Hong Kong, ha chiesto ad insegnanti, studenti e famiglie, di opporsi al piano del governo di introdurre un’agenda di lezioni “sull’educazione nazionale”, tenuti da rappresentanti del partito comunista cinese, in tutte le scuole primarie e secondarie, in quanto questo, a suo dire, potrebbe spingere gli educatori verso un nazionalismo estremo. “L’educazione nazionale – ha detto il cardinale durante un forum tenutosi nell’ufficio dell’istruzione cattolica, così come riportato dalla stampa di Hong Kong – significa appoggio incondizionato al partito comunista? Significa esaltare le regole del partito nella storia?”. Interrogato sul ruolo della chiesa cattolica nel mondo della scuola e sul se la chiesa debba o meno incoraggiare gli insegnanti a mettere in atto la disobbedienza civile contro l’ordine e l’agenda stabilita dal governo, Zen non ha escluso tale possibilità, ma ha detto che i tempi per una tale mossa non “sono ancora giusti”. Il piano di riforma non è stato ancora approvato dal governo. Secondo la proposta, tutte le scuole primarie e secondarie dovrebbero prevedere corsi di istruzione nazionale come materia separata. Il cardinale si è espresso anche contro un piano governativo per obbligare tutte le scuole che beneficiano di aiuti statali di istituire commissioni di gestione che includono genitori, insegnanti e rappresentanti della comunità. Secondo la Chiesa infatti tale proposta, se applicata anche alle sue scuole, potrebbe avere riflessi negativi in termini di autonomia di gestione. “La Chiesa cattolica ha l’obbligo di offrire controlli e contrappesi contro il governo – ha detto Zen – e per sostenere il potere del popolo, ma noi non abbiamo mai abusato di questo potere. Senza questa autonomia, il governo può fare quello che vuole, compreso il lavaggio del cervello dei giovani portando avanti un nazionalismo estremo e sbagliato”. A favore dell’autonomia delle scuole primarie e secondarie e del fatto che il governo non debba forzare l’educazione nazionale anche l’avvocato Cheung Man-Kwong, secondo il quale “se gli insegnanti vogliono, possono resistere alla proposta del governo e decidere cosa insegnare. Il governo non ha alcun potere di interferire sul contenuto delle lezioni in classe, molti insegnanti parlano della repressione del 4 giugno (Tiananmen, ndr) durante le lezioni, anche se non è nei libri di testo”. La Commissione per l’istruzione di Hong Kong non ha commentato direttamente le parole del cardinale Zen, limitandosi ad affermare che tutte le pubbliche opinioni dovrebbero essere tenute in considerazione.

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Volvo come Mediolanum: disegnate intorno a te (stesso slogan)

Volvo ha annunciato nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Pechino il lancio della nuova strategia globale per la gestione del brand – “Designed Around You” – che giocherà un ruolo importante nell’ambito del piano internazionale di rivitalizzazione del marchio. “La strategia riassume il nostro approccio – ha spiegato Richard Monturo, vicepresidente global marketing di Volvo Car Corporation – focalizzato su una più profonda comprensione delle persone e sull’offerta di un’esperienza di lusso un po’ più a misura d’uomo, seppur nell’assoluto rispetto della nostra tradizione di costruttori di automobili sicure e affidabili. Siamo il marchio automobilistico più orientato all’individuo dell’intero settore – ha aggiunto Monturo – e dobbiamo fare in modo che i nostri clienti lo sappiano”. Il management di Volvo China ha inoltre illustrato i progressi della strategia di crescita per il mercato cinese, evidenziando l’incremento delle vendite del 36% conseguito nel primo semestre del 2011. Volvo Car China ha aperto in questi giorni un nuovo ufficio di rappresentanza a Pechino che avrà la funzione di rafforzare la sua presenza nella capitale cinese. Il lancio della S60 berlina e l’introduzione delle versioni 2012 degli altri modelli Volvo – si legge nel comunicato della Casa svedese, ora controllata dal gruppo cinese Geely – sono stati accolti positivamente dal mercato, determinando nei primi sei mesi del 2011 un’impennata dei volumi di vendita cinesi pari al 36% per un totale di +21.000 unità rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nel primo semestre del 2011, il crossover XC60 si è attestato come il modello Volvo più venduto in Cina, seguito dalle berline S80L e S60. La rete commerciale in Cina si sta espandendo con sistematicità e comprende ora 117 concessionarie in tutto il Paese. E’ stata inoltre avviata la costruzione dello stabilimento di Chengdu e sono in corso delle analisi per stabilire l’opportunità di aprire un secondo stabilimento.

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Accantonato il progetto della Disneyland del partito comunista

La citta’ di Chongqing ha deciso di accantonare il progetto della costruzione di un parco a tema sulla storia rivoluzionaria del paese, mettendo in luce la contrarieta’ della maggior parte della gente nei confronti del progetto. Il parco, pubblicizzato inizialmente come una potenziale grande attrattiva turistica per Chongqing, avrebbe dovuto coprire un’area di 128 ettari e costare circa 2,5 miliardi di yuan (oltre 2 milioni e mezzo di euro) e comprendere un teatro per spettacoli sulla rivoluzione e le repliche dei villaggi natali di importanti leaders come Mao Zedong e Deng Xiaoping.
Molti hanno da subito criticato l’iniziativa evidenziando come fosse del tutto inopportuno spendere tanti soldi per un’attrazione del genere in un momento di forte rincaro dei prezzi dei generi alimentari e di mancanza di alloggi a prezzi accessibili per milioni di persone comuni.
”Non credo che avrebbe avuto successo – ha detto Peng, un cittadino di Chongqing, intervistato dalla stampa locale – la gente comune, specie le giovani generazioni, non sarebbero state interessate”.
Sima Tai, giovane autore nativo di Chongqing, ha sottolineato che un sontuoso parco a tema e’ di cattivo gusto in un momento in cui cosi’ tante persone vivono un momento di difficolta’.
”Ci sono posti dove manca l’acqua, c’è una forte siccita’ – ha detto Sima – non si dovrebbero spendere soldi per un parco a tema per riprodurre i luoghi di nascita dei leader cinesi del passato. Un sacco di gente non puo’ nemmeno permettersi un’abitazione dignitosa, perche’ costruire case per i morti?”.
Nei mesi scorsi la citta’ di Chongqing era stata al centro delle celebrazioni per il novantesimo anniversario della fondazione del partito comunista cinese. In quell’occasione le autorita’ locali, con a capo il segretario del partito locale Bo Xilai, avevano organizzato concerti, esibizioni patriottiche ed altre iniziative ”rosse” per rafforzare la coesione sociale.

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Si blocca il treno veloce tra Pechino e Shanghai

A due settimane dalla sua inaugurazione il treno ad alta velocità che collega Pechino a Shanghai si è ripetutamente fermato a causa di interruzioni della corrente. Lo riporta oggi la stampa cinese, secondo la quale decine di passeggeri si sono lamentati per essere stati “abbandonati” sul treno, senza aria condizionata, in attesa del ritorno della corrente elettrica. I passeggeri lamentano anche la cattiva organizzazione delle stazioni, che non hanno negozi e sale di attesa adeguate al treno “supermoderno”, presentato come un gioiello dell’ industria e della tecnologia cinesi. Il treno-proiettile che collega le due più importanti metropoli del Paese ha compiuto il suo primo viaggio il 30 giugno, in coincidenza con le celebrazioni del 90esimo anniversario della fondazione del Partito Comunista Cinese. Il treno percorre in cinque ore i 1.380 km tra le due metropoli. Il viaggio in aereo richiede due ore ma, al contrario delle stazioni ferroviarie, gli aeroporti sono lontani dai centri cittadini. Il quotidiano China Daily spiega che la prima interruzione di corrente è stata provocata da un fulmine, mentre nessuna spiegazione è stata data della seconda. Secondo l’ esperto Wu Junyong, citato dal quotidiano, “che malfunzioni di questo tipo si verifichino quando la linea è stata operativa per meno di due settimane è comprensibile e inevitabile”. La linea superveloce Pechino-Shanghai fa parte di un progetto per la creazione di una rete ferroviaria moderna di 45mila km che dovrebbe essere completata entro il 2015.

fonte: ANSA

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Un partito di corrotti, una festa per anziani

Il Partito comunista cinese (pcc) non va veloce come il treno ad alta velocità fra Pechino e Shanghai appena inaugurato. E se ne è accorto anche il suo ‘lider maximo’, Hu Jintao, segretario del partito e presidente cinese, che ha tenuto un discorso in occasione dei 90 anni della fondazione del partito, sottolineando da una parte i meriti dall’altro le difficoltà del pcc. Da settimane in tutta la Cina è un fiorire di bandiere rosse e canti rivoluzionari, di immagini di Mao e di falce e martello. A Shanghai, la casa dove il partito comunista cinese venne fondato nel 1921, è presa d’assalto da turisti cinesi, che normalmente la snobbano per gli avveniristici grattacieli della capitale economica cinese. Certo, non ci sono le file di piazza Tiananmen dove migliaia di persone sperano di entrare nel mausoleo del Grande Timoniere, ma anche qui la festa è celebrata con tutti i crismi. Nei giardini di Shanghai, come in quelli delle altre grandi città, ci si riunisce per cantare le canzoni patriottiche; gli altoparlanti trasmettono canzoni di regime; la televisione diffonde miniserie e film sulla storia del paese; cartelloni celebrativi si alternano a quelli dei prossimi campionati mondiali di nuoto che cominceranno a Shanghai il 16 luglio. Quello che manca a Shanghai per le celebrazioni sono i giovani: basta farsi un giro per i cinema, tutti requisiti per trasmettere il kolossal patriottico Jian Dang Wei Ye sulla fondazione del partito, per vedere che la maggior parte degli spettatori hanno tutti superato almeno i 40. I giovani, soprattutto i ricchi, stanno invece affollando le serate sui locali notturni, soprattutto quelli glamour del lungofiume, dove si celebrano party a tema del pcc in salsa esclusivamente occidentale. Ma Shanghai non fa testo. Nella rossissima Chongqing, la città più popolosa di Cina guidata dal rossissimo Bo Xilai (l’artefice della rinascita di Mao e l’ideatore dei canali televisivi rossi) oltre 100000 persone, per la maggior parte giovani, hanno affollato lo stadio per cantare e danzare la gloria del partito; a Qingyang nel Guansu, migliaia di giovani hanno partecipato alle Olimpiadi Rosse e a Pechino sono tantissimi i giovani, provenienti dalle provincie remote, a fare la fila per vedere la salma di Mao. E verso di loro Hu Jintao ha espresso le maggiori preoccupazioni, temendo un loro allontanamento. Parlando ai funzionari del partito riuniti nell’assemblea del Popolo a Piazza Tiananmen, il segretario del Pcc ha lodato il lavoro del partito che ha spinto il paese al posto che occupa oggi. Ma Hu Jintao è stato chiaro: il Partito Comunista Cinese soffre di “dolori della crescita”, denunciando la corruzione che potrebbe portare a una perdita di fiducia pubblica. “Il partito – ha detto Hu – deve rendersi conto che, alla luce di profondi cambiamenti nel mondo, nella situazione nazionale e nello stesso partito, ci troviamo ad affrontare molti problemi e sfide per migliorare la leadership del partito e rafforzare la sua capacità di resistere a corruzione e rischi. La lotta contro la corruzione rimane una questione importante e la sfida resta ardua”. Per il presidente, la corruzione “riduce il sostegno e la fiducia della gente nel partito” e questo deve “imporre la disciplina ai suoi membri e punire la corruzione in modo efficace”. La banca centrale cinese ha recentemente valutato che dalla metà degli anni novanta oltre 120 miliardi di dollari sono stati sottratti alle casse pubbliche dai funzionari corrotti. Ad oggi, il Pcc conta 80,27 milioni di membri. L’anno scorso il partito ha reclutato più di tre milioni di nuovi membri, dei quali il 40% sono studenti ed il 38,5% donne. L’80% dei nuovi iscritti hanno meno di 35 anni di età. Un risultato soddisfacente dato che l’invecchiamento progressivo della società si è riflettuto sul Partito, i cui membri sono per un quarto di età superiore ai 60 anni. Le donne sono il 22,5% degli iscritti. Ma i dati sono comunque falsati dal fatto che essere membro del Pcc conferisce prestigio e rafforza le possibilità di accedere a lavori stabili e ben pagati nell’amministrazione pubblica o nelle imprese di Stato, che continuano a fare la parte del leone nell’economia del nuovo Celeste Impero. Le mastodontiche celebrazioni (sostenute da canti, film, treni superveloci e feste), hanno anche offuscato, semmai ce ne fosse stato bisogno, la situazione della democrazia e dei diritti civili che quest’anno hanno toccato uno dei punti più bassi. Oltre ad aver festeggiato nella repressione (sono ancora migliaia nei monasteri i monaci guardati a vista dalla polizia e mandati nei centri di rieducazione) il mese scorso i 60 anni dalla “pacifica liberazione del Tibet”, il governo comunista cinese ha accolto nei giorni scorso con tutti gli onori, definendolo un “amico e un fratello” il presidente sudanese Omar el-Bashir, accusato di crimini contro l’ umanità dalla Corte penale internazionale. Amnesty International nei giorni scorsi ha denunciato il momento repressivo forte nel paese, con centinaia di avvocati dei diritti umani arrestati, presi dalla polizia e nascosti in luoghi sconosciuti. Di alcuni di loro non si conosce la sorte. Neanche la “liberazione” (eufemismo, visto che sono agli arresti domiciliari e impossibilitati al contatto con l’esterno) di Ai Weiwei e di Hu Jia, ha avuto il merito di placare le proteste internazionali. A Hong Kong ieri, in concomitanza con i festeggiamenti a Pechino dei 90 anni del partito e della data nella quale l’ex colonia passò di mano dagli inglesi ai cinesi, migliaia sono scesi in piazza per protestare contro la situazione dei diritti civili in Cina e il peggioramento degli stessi a Hong Kong. Ma il partito di questo non si cura. Dopotutto, se è riuscito a cancellare le atrocità della rivoluzione culturale, dello sfrenato progresso che ha provocato milioni di morti e affamati, può passarci sopra. Come il famoso carro armato a Tianamen nel giugno di 22 anni fa.

pubblicato da Il Riformista

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