”La Cina è un mercato molto importante per noi.”. E’ questo il fulcro dell’intervista che il Ceo di Apple, Tim Cook, ha rilasciato all’agenzia di stampa cinese Nuova Cina, durante un suo (secondo) viaggio a sorpresa in Cina. ” La Cina – ha proseguito Cook – e’ attualmente il nostro secondo mercato ma credo che diventera’ il nostro primo mercato. Credo fortemente che accadra”’. ”Stiamo crescendo molto velocemente – ha proseguito il Ceo di Apple, che si e’ dichiarato molto colpito dal mercato cinese – stiamo continuando ad investire in negozi al dettaglio qui e se ne apriranno molti altri nel corso degli anni successivi. Abbiamo selezionato alcuni siti, la nostra base produttiva e’ qui, e qui abbiamo partner incredibili. Quindi la Cina e’ sicuramente un paese molto, molto importante per noi”. Apple ha attualmente 11 punti vendita tra Pechino, Shanghai, Shenzhen, Chengdu e Hong Kong. Quello inaugurato lo scorso ottobre nel centro commerciale di Wangfujing a Pechino e’ il piu’ grande in Asia. Cook non ha rivelato i dettagli dei suoi colloqui con il ministero cinese dell’Industria e dell’Information Technology e con la China Unicom, primo partner di Apple in Cina ne’ con gli altri operatori di telefonia in Cina. ”La gente di tutto il mondo, senza distinzione di cultura – ha detto Cook a Nuova Cina – vuole i migliori prodotti. Penso che le persone amino della Apple soprattutto il fatto che crei prodotti che rendono la vita piu’ facile e migliore”. Nessun accenno invece alle voci relative all’ipotesi del lancio su alcuni mercati, tra cui la Cina, di un iPhone piu’ economico. ”Non ci sono prodotti Apple che non sono per la Cina – ha anzi detto Cook – penso che siano tutti perfetti per questo paese”. A proposito della Foxconn, fornitore di Apple in Cina, le cui fabbriche sono in passato state coinvolte in problemi relativi soprattutto a proteste degli operai per condizioni di lavoro inique e salari troppo bassi, Cook ha detto che ”Apple ha rigorosi codici di condotta che i fornitori devono rispettare e se non lo fanno, Apple non fa affari con loro”. ”Ci preoccupiamo di ogni operaio che tocca un prodotto Apple – ancora aggiunto Cook – sia che si occupi di vendita, di assemblaggio, di assistenza o altro. Ci teniamo a mantenere uno standard molto alto”. L’amministratore delegato dell’azienda di Cupertino ha infine ricordato la visita da lui effettuata nel marzo scorso alla linea di produzione di iPhone della Foxconn a Zhengzhou durante la quale fece il giro dei dormitori e volle vedere di persona come vivono e lavorano li’ gli operai. Con 80.000 dipendenti, Apple ha generato un utile netto di oltre 41 miliardi di dollari nel 2012.
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Tim Cook in Cina: spero paese diventi nprimo mercato al mondo per Apple
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Anche minori di 14 anni operai nella fabbrica degli iPhone
La Foxconn, l’impresa taiwanese da due anni al centro di polemiche per le condizioni di lavoro nelle sue ‘fabbriche dei suicidi’ (come sono state sinistramente ribattezzate), ha ammesso oggi di aver fatto lavorare minorenni nei suoi impianti in Cina. Confermando in un comunicato diffuso a Taipei le accuse che le erano state rivolte da organizzazioni non governative di Hong Kong e dalla stampa cinese, la Foxconn ha confermato che il lavoro minorile è stato impiegato “in violazione delle leggi del Paese e del nostro stesso codice di comportamento”. La Foxconn appartiene alla taiwanese Hon Hai Precision Industry ed è una delle più grandi produttrici del mondo di componenti per l’alta tecnologia. Dalle sue fabbriche escono tra l’altro gli iPhone e gli iPad della Apple e alcuni dei prodotti più popolari della Dell, della Sony e della Hewlett-Packard. Dopo le denunce sul lavoro minorile e sull’uso intensivo di stagisti non pagati, l’impresa ha svolto un’inchiesta nelle sue fabbriche cinesi. “L’ indagine – si legge nel comunicato emesso a Taipei – ha indicato che gli stagisti, di età compresa tra i 14 e i 16 anni, hanno lavorato nella nostra fabbrica per circa tre settimane”. La fabbrica alla quale fa riferimento il comunicato è quella che si trova a Yantai, nella provincia nordorientale dello Shandong. Passi sono stati intrapresi, prosegue il comunicato, “per riportare immediatamente gli stagisti nelle loro istituzioni educative”. L’agenzia Nuova Cina ha scritto che gli stagisti sotto età erano 56, e che tutti sono tornati nelle loro scuole. L’ impresa aggiunge che d’ora in avanti collaborerà con le autorità cinesi per impedire che nelle sue strutture produttive vengano impiegati minorenni. “In ogni modo, riconosciamo che la piena responsabilità per queste violazioni della legge è della nostra azienda e abbiamo chiesto scusa a ciascuno degli studenti per il ruolo che abbiamo avuto in questa vicenda”, conclude la Foxconn nel comunicato. Nel 2010 la Foxconn è stata al centro delle cronache internazionali per un’ondata di suicidi dei suoi dipendenti, che intendevano protestare contro le pesanti condizioni di lavoro nelle sue fabbriche nel sud della Cina. L’impresa ha annunciato che ridurrà gli straordinari dalle attuali 20 ore per settimana a nove. In seguito, le polemiche sono proseguite e il mese scorso violenze tra operai e sorveglianti si sono verificate nell’impianto di Taiyuan, nel nord della Cina, dopo una protesta dei lavoratori per le condizioni nei dormitori aziendali. Gli operai nelle 13 fabbriche cinesi della Foxconn sono centinaia di migliaia, in genere giovani immigrati dalle regioni più povere del Paese.
fonte: ANSA
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Sciopero alla Foxconn, bloccata produzione iPhone 5, ma azienda nega
Non c’é pace per la Foxconn. Oggi l’impresa taiwanese ha smentito che nel suo stabilimento di Zhengzhou, nella Cina centrale, sia in corso uno sciopero che ha bloccato la produzione di iPhone 5 in un momento delicato per la Apple, che sta faticando a far fronte agli ordini per il suo nuovo smart-phone. Ma secondo la notizia diffusa dal China Labor Watch, fondato nel 2000 a New York da esuli cinesi, tre-quattromila operai della fabbrica di Zhengzhou sono in sciopero da lunedì scorso per protestare contro i controlli di qualità troppo severi e per non aver potuto godere di vacanze nella ‘settimana d’orò legata alla festa della Repubblica. La Foxconn ha un milione di dipendenti che in gran parte lavorano nelle sue fabbriche in varie regioni della Cina, dove vengono prodotte componenti per la Apple e per altre importanti aziende di elettronica come la Sony, la Hewlett Packard, la Nokia e la Dell. Spesso è stata al centro di proteste per le dure condizioni di lavoro imposte ai suoi operai, in maggioranza immigrati dalle regioni più povere della Cina. Nel 2010 è salita alla ribalta perché 18 dei suoi dipendenti si sono tolti la vita, facendole acquisire il macabro soprannome di “fabbrica dei suicidi”. Alla fine di settembre, la sua fabbrica di Taiyuan, nel nord della Cina, ha dovuto chiudere per qualche giorno in seguito ad una megarissa tra operai e guardiani. Oggi il quartier generale dell’azienda, che è il braccio commerciale della Hon Hai Precision Industry Co, una multinazionale dell’ elettronica basata a Taiwan, ha smentito in un comunicato che sia in corso uno sciopero e che la produzione di iPhone 5 rischi di essere bloccata. L’azienda ha ammesso che sono sorti dei “problemi” con “alcuni gruppi di lavoratori”, aggiungendo però che sono stati risolti all’inizio della settimana. “Le notizie secondo le quali c’é stato uno sciopero dei dipendenti non sono esatte. Non c’é stata alcuna interruzione del lavoro nello stabilimento in questione (quello di Zhengzhou, ndr) né in altri impianti della Foxconn, e la produzione prosegue secondo i programmi”, si legge nel comunicato. China Labor Watch, che in passato si è rivelato attendibile, ha sostenuto di aver avuto la notizia dagli stessi lavoratori in sciopero. Alcuni di loro avrebbero precisato di non essere in grado di rispettare i rigidi criteri di qualità senza un periodo di addestramento e di aver voluto protestare per non aver avuto neanche un giorno di ferie in occasione della festa della Repubblica.
fonte: ANSA
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Riapre la ‘fabbrica dei suicidi’ dopo maxirissa
Ha riaperto i battenti la fabbrica della Foxconn di Taiyuan, chiusa ieri a seguito della maxirissa che ha interessato almeno 2.000 operai oltre 8.000 spettatori. Nella fabbrica è tornata la calma ed è ripresa la produzione degli iPhone5, anche se l’azienda taiwanese ha smentito che sia in produzione nell’impianto il nuovo melafonino, come invece hanno detto su internet diversi dipendenti. Ma proprio la realizzazione dell’ultimo gioiello tecnologico dell’azienda di Cupertino pare sia all’origine della rissa che ha provocato una quarantina di feriti, tra i quali tre gravi, e diversi arresti. Per accelerare la produzione, l’azienda taiwanese Honh Hai Precision Industry Co, proprietaria della Foxconn, ha portato nell’impianto di Taiyuan, nella provincia centro-orientale dello Shanxi, più dipendenti. Uno scontro fra operai provenienti da due diverse province, Shandong e Henan, unito alle pessime condizioni di lavoro che hanno esasperato gli animi dei dipendenti, hanno scatenato la rissa che ha provocato non pochi danni ai dormitori e all’impianto produttivo, con vetri infranti e mobili rotti. A Taiyuan ci sono 79 mila degli oltre 1,2 milioni di dipendenti in tutto il mondo, in uno degli impianti più grandi fra i 13 che l’azienda taiwanese ha in Cina.
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Maxirissa in fabbrica suicidi dell’iPhone, chiude l’impianto
Mentre nel mondo sbarca l’Iphone 5, in uno stabilimento della Foxconn, una delle piu’ grandi fabbriche cinesi dello smartphone Apple finita al centro delle polemiche per l’ondata di suicidi dei suoi dipendenti, scoppia una maxirissa di tali dimensioni da coinvolgere oltre 10mila operai, impegnare 5mila poliziotti e costringere la fabbrica alla chiusura. Con un bilancio di 40 feriti, tre gravi. La Foxconn, e’ la fabbrica piu’ grande al mondo in materia di parti elettroniche e impiega oltre 1,3 milioni di persone, perlopiu’ in Cina. Lo stabilimento nel quale e’ scoppiata la rissa e’ quello di Taiyuan, nella provincia centro-orientale dello Shanxi, dove lavorano circa 79 mila operai impegnati ad assemblare l’Iphone 5. E la violenza e’ stata tale che i poliziotti, intervenuti alle 23, sono riusciti a calmare gli animi solo alle tre del mattino. L’agenzia ufficiale Nuova Cina si e’ affrettata a parlare di uno scontro tra lavoratori di due diverse province, lo Shandong e l’Henan. Che si sarebbe poi allargato agli altri operai. Ma le versioni diffuse via web sono di tutt’altro tenore. La Foxconn del resto e’ nota per la serie di suicidi che si e’ verificata in alcuni dei suoi impianti, tanto che e’ arrivata a far firmare ai dipendenti un impegno a non suicidarsi. La maxirissa di ieri notte non avrebbe dunque nulla a che fare con le guerre tra fazioni cinesi, ma sarebbe legata alle pessime condizioni dei lavoratori. Secondo altre notizie filtrate via web, inoltre, il clima si sarebbe surriscaldato inseguito al pestaggio di un operaio da parte della polizia. Una situazione critica, quella delle condizioni dei lavoratori negli impianti della fabbrica, che ha scatenato le proteste di diverse organizzazioni per i diritti dei lavoratori, tanto da portare la Apple ad impegnarsi a fare pressione sulla Foxconn affinche’ garantisca un miglior trattamento dei lavoratori. Ma nonostante le denunce e le promesse, le cose non sono cambiate. Il mese scorso un migliaio di alunni di un college sono stati obbligati ad uno ‘stage’ in una fabbrica della Foxconn in Cina e a Taiyuan gli straordinari sono obbligatori. A giugno hanno protestato gli operai di un altro impianto sempre per chiedere condizioni di lavoro migliori.
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Torna sui banchi una parte dei govani forzati a lavorare alla Foxconn
E’ tornata sui banchi una parte delle migliaia di studenti costretti a stage forzati nella Foxconn, l’azienda che, per conto della Apple, produce in Cina gli iPhone. Lo scrive lo Shanghai Daily. Le autorità della città di Huaìan, nella provincia orientale del Jiangsu hanno richiamato gli istituti scolastici al rispetto delle regole, richiamando gli studenti che erano stati costretti a non cominciare il loro semestre. Potranno però, riporta il documento della municipalità di Huaìan, restare in fabbrica i giovani che volontariamente lo volessero. Per loro, c’é uno stipendio di circa 200 euro al mese per sei giorni di lavoro a settimana, dopo averne ricevuti una cinquantina per iniziare lo stage forzato. La Focxonn, che è stata anche in passato al centro di scandali per una serie di suicidi tra i suoi dipendenti legati alle pessime condizioni di lavoro, è in carenza di personale e deve accelerare la produzione del nuovo iPhone 5. Da qui la richiesta dello stage alle scuole che le autorità hanno caldeggiato, anche come riconoscenza per l’aumento del Pil provinciale che l’azienda taiwanese ha contribuito ad ottenere. Gli studenti, hanno denunciato che le scuole li abbiano obbligati allo stage nella Foxconn, senza poter scegliere ne il luogo ne se fare o meno lo stage.
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Studenti costretti a lavorare nella ‘fabbrica dei suicidi’, per far rispettare consegne degli iPhone5
Migliaia di studenti cinesi sono stati costretti a “stage” malpagati nelle fabbriche della Foxconn, controversa impresa di elettronica taiwanese, dopo che le loro facoltà hanno rinviato l’apertura del nuovo semestre. L’iniziativa sarebbe dovuta alla necessità dell’impresa di aumentare la produzione del nuovo modello dello smartphone della Apple, l’iPhone5, per rispondere alla crescente domanda dei consumatori cinesi. La Foxconn – che produce per la Apple ma anche per altri giganti dell’elettronica tra cui la giapponese Sony – è tristemente nota per essere stata teatro di suicidi a ripetizione: decine di giovani operai (14 nel solo 2010) si sono suicidati non sopportando le dure condizioni di lavoro e di vita. Molti di loro sono immigrati dalle zone più povere del paese e vivono negli improvvisati dormitori messi in piedi dalla stessa Foxconn. La vicenda degli stage forzati è stata rivelata dagli stessi studenti in dichiarazioni riportate oggi dal quotidiano Shanghai Daily. Una studentessa dell’Huaiyin Institute of Technology di Huaìan, nella Cina orientale, ha raccontato di essere stata portata in una fabbrica con altri 200 studenti una settimana fa. I giovani vengono pagati meno di duecento euro al mese, vitto e alloggio sono a loro carico. La settimana lavorativa è di sei giorni, ha aggiunto la studentessa. Le sue dichiarazioni sono state confermate da decine di studenti, aggiunge il giornale. Uno degli studenti ha sostenuto su Internet che la Foxconn ha bisogno di diecimila operai in più di quelli che già lavorano nelle sue fabbriche sparse in tutta la Cina. Alcuni professori universitari interpellati dal giornale hanno affermato che gli stage sono “obbligatori” per chi si vuole laurerare e che i loro obiettivi sono quelli di far conoscere ai giovani “le condizioni di lavoro” e di “promuovere le capacità individuali”. Il Dipartimento dell’educazione provinciale ha confermato che esistono programmi per stage degli studenti durante l’estate ma ha aggiunto di non essere a conoscenza del loro proseguimento dopo l’inizio del nuovo semestre. Yu Fangqiang, direttore dell’organizzazione non governativa Tianxiagong ha dichiarato che sta valutando insieme ad alcuni studenti la possibilità di denunciare la Foxconn alla magistratura.
fonte: ANSA
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Un’altra azienda cinese denuncia l’Apple per violazione del copyrightg
Un’altra azienda cinese ha denunciato la Apple per violazione delle leggi sul copyright, dopo che si è diffusa la notizia ieri che la società di Cupertino pagherà 60 milioni di dollari alla cinese Proview per il marchio iPad. Lo scrive la stampa cinese. La Jiangsu Xuebao Consumer Goods Company, una società chimica del Jiangsu, ha citato la Apple chiedendo un risarcimento di 500.000 yuan, circa 60 mila euro, in quanto detentrice del marchio ‘Xuebao’ che in cinese significa ‘Leopardo delle nevi’, ‘Snow Leopard’, nome identico al sistema operativo della Apple. La società ha dimostrato di aver registrato il nome già del 2000, ironia della sorte lo stesso anno della registrazione del marchio iPad da parte della cinese Proview. La Xuebao ha registrato il marchio in 42 diverse categorie a cominciare dal 1994, anche se relativamente a prodotti informatici ed elettronici nel 2000. La società in realtà produce principalmente prodotti chimici e per la pulizia della persona e della casa, ma ha prodotto anche alcuni software con il nome Xuebao e alcuni prodotti tecnologici. Ha accusato la Apple di fare profitto ‘sfruttando la sua reputazione in Cina’, mostrando 104 casi di violazione del copyright nei suoi confronti da parte della Apple. A quanto ha raccontato alla stampa cinese Tong Yu, presidente della Xuebao, la Apple nel 2008 ha tentato di registrare in Cina Snow Leopard e si è visto rifiutare la cosa dalle autorità proprio per la presenza della registrazione del marchio da parte della sua società. Il prossimo 10 luglio, la causa verrà ascoltata da un giudice del tribunale di Pudong a Shanghai.
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L’Apple paga 60mln di dollari alla Proview per il marchio iPad in Cina
I fan cinesi della ‘mela’ di Cupertino possono stare tranquilli: l’iPad della Apple, che ha conquistato oltre il 70% del mercato cinese dei tablet, potrà essere regolarmente venduto (e arriverà la nuova versione a breve) dopo che la società americana ha deciso di pagare 60 milioni di dollari alla Proview di Shenzhen per l’acquisto del marchio del tablet. L’annuncio è stato dato da un comunicato pubblicato online dall’alta corte del Guangdong, la provincia meridionale cinese dove si trova Shenzhen e si riferisce ad una intesa raggiunta lo scorso 25 giugno, anche se da Cupertino, fino ad ora, non ci sono dichiarazioni. I 60 milioni di dollari sono lontani dai 10 miliardi di yuan, oltre 1,6 miliardi di euro, che l’azienda cinese aveva chiesto, ma dal momento che la Proview è in bancarotta (debiti per 400 milioni di dollari), sono comunque una boccata d’ossigeno per vedere di ridiscutere il tutto con i creditori. La storia è cominciata già l’anno scorso, quando a dicembre un tribunale di Shenzhen dichiarò che la Apple aveva violato il copyright utilizzando un marchio, iPad, registrato già da una società cinese, la Proview Technology di Shenzhen, sussidiaria dell’omonima società di Hong Kong. L’azienda cinese, che fino al 2009 aveva anche prodotto un computer da tavolo che si chiamava iPad, aveva registrato i marchi ‘iPad’ e ‘IPAD’ tra il 2000 e il 2004 in diversi paesi tra cui Cina, Corea del Sud, Messico, Singapore, Indonesia e anche nell’Unione europea. Nel 2009 una filiale della Proview a Taiwan aveva venduto per 55.000 dollari i diritti di marchio alla Apple, ma la casa madre non riconobbe quella vendita come valida per la Cina ma solo per Taiwan. La Proview ha anche provato a ricorrere contro l’uso del marchio da parte della Apple negli Usa (uno dei rari casi del genre, dal momento che sono sempre le aziende cinesi ad essere accusate di violazioni del marchio), ma la denuncia è stata rigettata. L’Apple si è appellata alla decisione dei giudici di Shenzhen di dicembre, ma la Proview ha fatto ricorso anche alle autorità commerciali e giudiziarie di diverse città cinesi dove viene venduto il tablet dell’Apple, alcune delle quali ordinarono la rimozione dell’iPad di Cupertino dagli scaffali cinesi. A febbraio il tribunale ha cominciato una nuova indagine, finita appunto con la decisione annunciata oggi, nella quale deve aver pesato, secondo alcuni su internet, non solo la situazione economica della Proview, ma anche la volontà di Apple di non perdere un così importante mercato. Lo stesso Amministratore delegato e capo di Apple, Tim Cook, a marzo venne in Cina e incontrò le autorità cinesi, forse anche i vertici della Proview. Secondo alcuni dati, da quando è stato lanciato nel 2010, al maggio di quest’anno, la Apple ha venduto in Cina oltre 6 milioni di iPad e i 60 milioni di dollari pagati alla Proview (“non soddisfacenti ma accettabili” secondo Xie Xianghui, legale della Proview) rappresentano, secondo il Wall Street Journal, circa lo 0,5% dell’introito di Apple in Greater China (la Cina continentale più Hong Kong e Taiwan) nell’anno fiscale finito a settembre. Secondo dati della Apple, la Cina, secondo più grande mercato dopo gli Usa, ha contribuito per 7,9 miliardi di dollari, circa il 20%, agli introiti della casa di Cupertino durante il secondo trimestre fiscale del 2012.
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Peggiorano condizioni di lavoro nelle fabbriche fornitrici di Apple
Ancora violazioni nelle fabbriche della Foxconn e di altre nove fabbriche cinesi che producono pezzi per la Apple. Lo rivela una inchiesta del China Labor Watch, una Ong americana che si batte per i diritti dei lavoratori in Cina. Secondo le ultime risultanze, non soltanto la Foxconn, la fabbrica ‘dei suicidi’, ma anche tutta la catena dei fornitori della casa di Cupertino è interessata da violazioni e mancanza di regole per i lavoratori. Secondo lo studio, nella maggior parte delle fabbriche la media per gli straordinari mensili è tra 100 e 130 ore nei giorni normali e tra 150 e 180 ore nei momenti di forte produzione, dati che superano i limiti previsti dalle leggi cinesi. Non solo: nella maggior parte degli impianti industriali, si lavora per 11 ore al giorno anche nei fine settimana e nelle feste durante i periodi forte produzione, con un solo giorno libero al mese durante l’anno mentre durante i periodi maggiormente produttivi senza soste. Mancanza di assistenza, cibo insalubre, esposizione a sostanze tossiche e salari molto bassi completano il quadro. La peggiore fabbrica della catena dela Apple è stata dichiarata la Riteng di Shanghai, dove i dipendenti lavorano 12 ore al giorno contro i 10 della Foxconn. Alla Riteng, gli operai riposano un solo giorno al mese, con stipendi orari di 8,2 yuan di media, poco meno di un euro, contro i 10,2 yuan della media degli operai Foxconn. I risultati dell’inchiesta sono stati girati alla Apple affinché prenda provvedimenti come previsto dal codice interno.
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