“L’esecuzione dello zio del leader di Pyongyang può interferire con alcuni progetti di cooperazione con la Cina, ma le relazioni economiche fra i due Paesi rimarranno stabili”. E’ quanto si legge in un editoriale del China Dialy, il più diffuso quotidiano in lingua inglese in Cina. Nell’editoriale è scritto che alcuni accordi e tipo di relazioni, dopo questa esecuzione, dovranno essere rivisti, anche se si sottolinea l’impatto temporaneo di questo evento. La Cina, almeno ufficialmente, non sembra preoccupata dall’esecuzione di Jang Song-Thaek, ex numero due del regime di Pyongyang e responsabile delle relazioni con la Cina. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hong Lei, ha detto di sperare che il Paese coreano resti stabile, sottolineando però che l’esecuzione dello zio del leader rimane una “questione interna”.
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Pyongyang conferma: “giustiziato” Jang Song-Thaek, ex numero 2 del regime e zio di Kim Jong-un
Lo zio del leader nordcoreano Kim Jong-un, Jang Song-Thaek, ex numero 2 del regime, è stato giustiziato giovedì, poco dopo essere stato condannato a morte da un tribunale militare speciale. Lo ha annunciato l’agenzia di stampa ufficiale di Pyongyang KCNA, confermando le voci trapelate e definendo Jang un “traditore”. La Corea del Nord il 9 dicembre aveva reso noto il licenziamento di Jang, con l’accusa di aver commesso “atti criminali” e di aver guidato una “fazione controrivoluzionaria”. Insieme a Jang, 67 anni, marito della sorella di Kim Jong-il (padre di Kim Jong-un), sono stati messi a morte due suoi collaboratori. Il gerarca giustiziato era vicepresidente della Commissione di difesa nazionale, l’organo più importante del paese, ed era considerato eminenza grigia del regime e il mentore del nipote. La purga dovrebbe permettere a Kim Jong-un, 30 anni, salito al potere nel dicembre 2011 alla morte di Kim Jong-il, di rafforzare la sua posizione. La KCNA ha spiegato che Jang si era reso colpevole di un “crimine così orrendo come quello di aver tentato di rovesciare lo Stato con ogni sorta di intrighi e di metodi spregevoli, con l’ambizione frenetica di impadronirsi del potere supremo del nostro partito e del nostro Stato”.
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Voci danno per fucilato in Corea del Nord lo zio di Kim Jong-un
In Corea del Nord è stato instaurato un “regno del terrore”, con un purga che ha visto la caduta del “numero due” del regime Jang Song-taek e di decine di suoi sostenitori. E’ l’accusa lanciata oggi dalla presidente sudcoreana Park Geun-hye, che ha sottolineato che l’epurazione ha lo scopo di consolidare il potere del 30enne leader Kim Jong-un. Il dramma in corso a Pyongyang, ha avvertito la presidente, potrebbe “danneggiare ulteriormente” le già pessime relazioni tra i due vicini. Secondo fonti semi-ufficiali cinesi, lo stesso Jang sarebbe stato passato per le armi. I media sudcoreani danno per certa l’esecuzione di due stretti collaboratori di Jang e affermano che sono in corso arresti su vasta scala. “La Corea del Nord sta mettendo in atto un regno del terrore, intraprendendo un’epurazione su vasta scala per rafforzare il potere di Kim Jong-un”, ha detto Park. I servizi d’informazione di Seul sostengono che per ordine di Kim Jong-un sono state fucilate 17 persone nel 2012 e 40 nel 2013. Park è salita al potere all’inizio dell’anno, mentre la Corea del Nord conduceva il suo terzo test nucleare, riaffermando il proprio status di potenza atomica. Nel 2010, poco dopo l’ascesa al potere di Kim Jong-un, Pyongyang ha bombardato un’isola sudcoreana, uccidendo due soldati. Jang Song-taek è uno zio acquisito di Jong-un per aver sposato Kim Kyong-hui, sorella dello scomparso leader e padre di Jong-un, Kim Jong-il. La dinastia dei Kim è stata fondata dal padre di Jong-il, Kim Il-sung, dopo la fine della guerra civile del 1950-53. Non è chiaro cosa abbia provocato la crisi, che è stata gestita in modo insolito da Jong-un: per la prima volta nella storia della Corea del Nord, la tv di Stato ha mandato in onda le immagini di Jang che veniva accusato nella riunione del Politburo di “atti criminali”, di voler contestare l’autorità di Jong-un e di aver condotto una vita dissoluta fatta di party e belle donne. La trasmissione si conclude con un depresso Jang “portato via” da due militari. La Cina, unico Paese alleato di Pyongyang è stata presa di sorpresa dalla crisi. Lo testimonia un editoriale del quotidiano governativo Global Times, che suggerisce l’opportunità di organizzare una visita in Cina di Kim Jong-un, che sarebbe la prima. Al contrario, Jang Song-taek era considerato il promotore di riforme economiche sul modello cinese e aveva visitato più volte il Paese. Nel 2012 era stato ricevuto con tutti gli onori dagli allora leader Hu Jintao e Wen Jiabao. Il giovane Kim sembra invece essere completamente al di fuori del controllo di Pechino. Esperti di relazioni tra la Cina e la Corea del Nord affermano che la dirigenza cinese teme un nuovo esperimento nucleare nordcoreano (sarebbe il quarto), che metterebbe in seria difficoltà la sua politica volta ad ottenere una penisola coreana libera da armamenti atomici.
fonte: Beniamino Natale per Ansa
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Prove disgelo epr la Corea del Nord: Obama invita Kim a collaborare
Forse e’ prematuro parlare di disgelo. Ma dopo settimane di enorme tensione, nei rapporti tra la Corea del Nord e la comunita’ internazionale sembra tornare un po’ di sereno. Il primo gesto lo ha fatto il leader supremo di Pyongyang che – secondo quanto riferiscono fonti del governo di Seul – ha deciso di revocare lo stato di massima allerta e di spostare i missili a medio raggio negli ultimi tempi puntati su possibili obiettivi ‘nemici’. Per il momento, dunque, le provocazioni sembrano aver lasciato il posto a un atteggiamento piu’ cauto. Cosi’ a Washington il presidente americano, Barack Obama, e la presidente sudcoreana, Park Geun-hye – incontratisi alla Casa Bianca – usano toni che sembrano un po’ meno duri rispetto al passato: ”Gli Stati Uniti sono pronti a difendere se stessi e gli alleati”, ha ribadito Obama, insistendo pero’ sul fatto che l’America e’ soprattutto pronta da tempo al dialogo con un regime nordcoreano ”sempre piu’ isolato”. Il presidente Usa – su invito di un giornalista sudcoreano nel corso della conferenza stampa con la Park – lancia un messaggio al giovane ed aggressivo leader di Pyongyang: ”Non lo conosco personalmente, ma quello che so e’ che le sue provocazioni lo hanno portato in un vicolo cieco. Deve invece ricongiungersi alla comunita’ internazionale – auspica Obama – collaborare per la denuclearizzazione della penisola coreana e assicurare cosi’ prosperita’ del suo popolo”. In questo caso tutti sono pronti ad accoglierlo. Il ruolo che puo’ essere svolto dalla Cina viene sottolineato dalla presidente Park, che ricorda come Pechino ”puo’ esercitare un’influenza fondamentale per indurre la Corea del Nord a rimettersi sulla retta via, rispettando gli obblighi internazionali a partire dalle risoluzioni delle Nazioni Unite”. Dunque, Pyongyang deve impegnarsi davvero per la denuclearizzazione della penisola coreana: e fino a quando esistera’ la minaccia nucleare – avverte Park – ”il nostro impegno sara’ quello di rafforzare le difese”. Le crescenti tensioni nella penisola coreana avevano portato Pyongyang a decidere il 26 marzo scorso il livello di massima allerta per tutte le unita’ strategiche missilistiche e di artiglieria, in risposta a Corea del Sud e Usa impegnati in manovre militari congiunte. Il regime aveva quindi puntato vettori balistici contro obiettivi importanti su continente americano, Hawaii e Guam, nonché su altre basi militari Usa di Pacifico e Corea del Sud. Ora, l’allerta sembra essere terminata intorno al 30 aprile.
fonte: ANSA
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La Corea del Nord invia spiragli, chiede cancellazione sanzioni Onu. Condizioni inaccettabili per Usa, Tokyo e Seul
La Corea del Nord accantona i toni apocalittici e lancia primi segnali di dialogo, peraltro tutti da verificare, in funzione delle pesanti condizioni poste. La Casa Bianca ribadisce la richiesta di “segnali chiari e credibili” sulla strada dell’abbandono dei propositi nucleari. Il segretario di Stato John Kerry precisa che le condizioni imposte dalla Corea del nord “sono inaccettabili”, pur leggendo le mosse di Pyongyang come “una tattica d’apertura”. Seul e Tokyo bocciano la piattaforma che comprende anche il ritiro delle sanzioni delle Nazioni Unite. La potente Commissione nazionale di Difesa, che è l’organo istituzionale di grado più alto a Pyongyang, ha reso noto che Usa e Corea del Sud devono sospendere le provocazioni e gli atti di aggressione (con le scuse per le azioni passate), mentre le risoluzioni Onu, incluse le sanzioni, devono essere revocate. Gli Stati Uniti e la Corea del Sud devono, come prima mossa, “fermare immediatamente tutti i loro atti provocatori” contro Pyongyang e “chiedere scusa per tutti quelli fatti”, ha rilanciato la Kcna, citando in forma anonima un portavoce della Commissione presieduta dal ‘giovane generale’ Kim Jong-un. Non solo: come “segnale di buona volontà”, dovrebbero essere tolte le risoluzioni con le sanzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu, mentre Seul dovrebbe smettere di attribuire le colpe al Nord dell’affondamento della corvetta Cheonan di marzo 2010 e per gli attacchi informatici alle reti sudcoreane. Nella seconda fase, Washington e Seoul “dovrebbero dare garanzie formali di fronte al mondo che non manderanno in scena ancora una volta esercitazioni di guerra nucleare per minacciare o ricattare” Pyongyang. Infine, Stati Uniti e Corea del Sud “dovrebbero decidere di ritirare tutti i mezzi di guerra nucleare dalla Corea del Sud e dalle sue vicinanze e rinunciare al tentativo di reintrodurle, come dovere immediato”. La dichiarazione è maturata a pochi giorni dalla visita, conclusasi lunedì, del segretario di Stato Usa, John Kerry, in Estremo Oriente, con tappe a Seul, Pechino e Tokyo. Proprio nella capitale nipponica, Kerry aveva ribadito che da parte di Washington c’é apertura a negoziati purché “onesti” e con la controparte, Pyongyang, in grado di mostrare volontà “autentica e credibile sulla denuclearizzazione”. Il tutto con “misure significative per dimostrare di onorare gli impegni” presi: “la palla – aveva concluso Kerry – è nel loro campo”. Una posizione ribadita appieno dalla Casa Bianca, proprio in relazione alla mossa inattesa del regime comunista. Le condizioni poste, invece, sono considerate “totalmente incomprensibili” da Seul, secondo Cho Tai-young, portavoce del ministero degli Esteri. “Questo è assurdo – ha aggiunto -. Invitiamo il Nord a bloccare richieste incomprensibili e a fare scelte di buon senso, come abbiamo più volte incoraggiato”. La cancellazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sono poi state “inserite per ragioni grottesche”. Anche il Giappone ha espresso contrarietà. Le risoluzioni dell’Onu, ha spiegato il portavoce del governo, Yoshihide Suga, contengono obblighi di “grande portata” e Pyongyang dovrebbero rispettarli. “La comunità internazionale deve collaborare in modo che la Corea del Nord non faccia atti provocatori”. Insomma, primi segnali di un cammino negoziale non semplice e lungo, mentre Wu Dawei, rappresentante speciale della Cina per gli affari coreani e a capo del negoziato a Sei per l’abbandono delle ambizioni nucleari del Nord, sarà negli Usa la prossima settimana negli sforzi per definire una via d’uscita.
fonte: ANSA
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Smentito il rafforzamento dell’esercito cinese in frontiera con Corea Nord
La Cina ha smentito oggi le notizie secondo le quali avrebbe rafforzato il suo dispositivo militare sulla frontiera con la Corea del Nord. “Queste notizie non sono vere”, ha affermato il portavoce del ministero della Difesa Yang Yujun in una conferenza stampa a Pechino. Il portavoce si è limitato a sottolineare che Pechino “segue con grande attenzione” gli sviluppi della tensione nella penisola coreana. Pyongyang, alla quale sono stata imposte nuove sanzioni economiche dopo il test nucleare dello scorso febbraio, ha rivolto nei giorni scorsi minacce alla Corea del Sud, agli Stati Uniti e al Giappone.
fonte: ANSA
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Pressing Cina e Usa per denuclearizzazione Corea del Nord
Gli Stati Uniti e la Cina rilanciano congiuntamente il processo di distensione con la Corea del Nord che nel 2005 aveva portato ad un accordo in base al quale Pyongyang avrebbe rinunciato agli armamenti nucleari in cambio di massicci aiuti economici. Dopo una lunga riunione – durata circa quattro ore – nella guest house di Diaoyutai alla periferia di Pechino, il segretario di Stato americano John Kerry e il consigliere di Stato (una carica che in Cina è più importante di quella di ministro) Yang Jiechi, hanno affermato che le due potenze sono d’accordo sull’obiettivo della “denuclearizzazione della penisola coreana”. Dato che solo la Corea del Nord è dotata di armamenti nucleari, il significato della dichiarazione dei due massimi esponenti delle diplomazie di Usa e Cina è chiaro. Kerry, arrivato oggi nella sua prima visita in Cina nella veste di segretario di Stato, ha incontrato i massimi esponenti della rinnovata gerarchia cinese: il presidente Xi Jinping, il premier Li Keqiang e il ministro degli esteri Wang Yi. Il tono é stato da subito positivo. Oltre ad aver riaffermato che le due potenze intendono collaborare su una serie di questioni di rilevanza per loro e per il resto del mondo – commercio, valute, sicurezza cibernetica, ambiente – tutti gli interlocutori cinesi del segretario di Stato hanno sottolineato che la Cina vuole una penisola coreana senza armi nucleari e che vuole arrivare a questo risultato col dialogo. Pechino ha risposto positivamente all’invito che gli era stato rivolto dallo stesso Kerry perché prema con decisione sui suoi alleati nordcoreani per convincerli a rinunciare alle provocazioni e all’aggressività. In cambio, gli Usa hanno moderato i toni e rilanciato – come già avevano fatto ieri con gli alleati sudcoreani – il processo di pace a sei (le due Coree, la Cina, gli Usa, il Giappone e la Russia), un’invenzione della diplomazia cinese che nel 2005 aveva portato all’accordo. Kerry ha definito la sua giornata a Pechino “estremamente costruttiva” e ha sottolineato che ha prodotto “più di quanto mi aspettavo”. Alla Corea del Nord ha detto che un nuovo test missilistico – che secondo alcuni potrebbe avvenire nei prossimi giorni – sarebbe “un errore” e le ha chiesto di “tenere fede” agli impegni che ha preso, siglando l’accordo sul disarmo nucleare. Al presidente Xi Jinping il segretario di Stato ha detto che la situazione nella penisola coreana è in un “momento critico”, secondo fonti della delegazione americana. La televisione di Stato cinese, nel suo telegiornale della sera, ha citato il premier Li Keqiang, che avrebbe affermato che “la tensione nella penisola non è nell’interesse di nessuno”. La collaborazione sino-americana sembra rafforzata anche dall’accordo – annunciato da Kerry – sulla creazione di un gruppo di lavoro congiunto sulla sicurezza informatica, un aspetto che gli americani considerano strategico. Solo qualche settimana fa Obama aveva accusato le autorità cinesi di orchestrare i cyber-attacchi contro gli Stati Uniti, minacciando conseguenze se questi non fossero cessati al più presto. Domani Kerry sarà in Giappone, ultima tappa del suo viaggio asiatico. Non è difficile prevedere che Tokyo, pur sentendosi minacciata direttamente dalla Corea del Nord, avallerà il tentativo di rilanciare le trattative a sei approvato da Usa, Corea del Sud e Cina. Rimane da capire quale sarà la risposta dell’imprevedibile Corea del Nord. Il 15 aprile cade l’anniversario della nascita del suo fondatore Kim Il-sung – nonno dell’ attuale numero uno Kim Jong-un – e nel piccolo e impoverito Paese si preparano le celebrazioni. L’agenzia sudcoreana Yonhap ha scritto oggi che negli ultimi due giorni non sono stati notati movimenti dei missili, dopo che nei giorni scorsi era trapelata la notizia che cinque missili erano stati messi in posizione di lancio sulla costa orientale del Paese. Il Rodong Sinmun, organo del partito unico di governo, ha lanciato però una nuova invettiva contro le manovre militari congiunte tra Usa e Corea del Sud in corso da alcune settimane, minacciando con gli abituali toni trucidi di “annientare” il nemico con “l’uso di potenti mezzi nucleari”.
fonte: Beniamino Natale per ANSA
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Secondo esperto cinese, ci sarebbe il 70% di possibilita’ che scoppi la guerra pe rla Corea del Nord
Secondo Zhang Lianghui, uno dei maggiori esperti di Corea del Nord della Cina, ci sono il 70% di probabilita’ che la crisi in corso nella regione sfoci in guerra aperta. ”Ci sono tra il 70 e l’ 80% di possibilita’ che scoppi una guerra – ha dichiarato Zhang – perche’ il nuovo leader nordcoreano Kim Jong-un vuole usare quest’ occasione per arrivare alla riunificazione della penisola coreana”. Pechino ha approvato le sanzioni imposte dall’ Onu a Pyongyang dopo il test nucleare effettuato in febbraio. In un indiretto ma chiaro riferimento alla Corea del Nord, il presidente cinese Xi Jinping ha affermato domenica scorsa che ”a nessuno deve essere consentito di creare il caos” per promuovere i suoi interessi particolari. Secondo fonti giapponesi, la Corea del Nord e’ pronta ad effettuare un test missilistico, probabilmente prima del 15 aprile, quando ricorre l’ anniversario della nascita del fondatore del Paese, Kim il-sung.
fonte: ANSA
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Ambasciate sfidano regime in Corea del Nord, “restiamo”
Le ambasciate straniere a Pyongyang declinano, per il momento, ‘l’invitò avanzato dalla Corea del Nord a valutare l’evacuazione del personale perché non in grado dopo il 10 aprile di garantire la loro sicurezza nello svolgimento delle funzioni in caso di conflitto. Una vicenda finita verosimilmente nel colloquio telefonico di oggi tra il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, e il neo ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, sugli sviluppi della crisi: condividendo profonda preoccupazione per l’escalation, Ban ha detto di “essere impegnato a fare tutto il possibile per disinnescare” ogni tensione, dichiarandosi fiducioso che anche la leadership cinese avrebbe fatto “del suo meglio per contribuire a calmare la situazione e aiutare Pyongyang a invertire la rotta”. Parole, riportate in una nota, che sono il segnale di un pressing su Pechino, ultimo alleato del Nord. “Ad ora non ci sono motivi per andare via”, hanno riferito all’ANSA fonti diplomatiche del coordinamento del network delle rappresentanze, in base alla convinzione diffusa che si debba restare e vedere l’evoluzione degli eventi (“nessun piano sulla partenza, ma aspettiamo”), nonostante la crescente escalation dei toni, rimasti finora solo verbali. “La riunione si è tenuta nel pomeriggio intorno al nucleo europeo”, tra cui Germania, Regno Unito e Svezia, che al solito rappresenta gli Usa, in assenza di rapporti diplomatici tra Washington e Pyongyang. “Poi – ha detto la stessa fonte – c’é stato il consueto collegamento con tutti quanti, con la Russia e anche la Cina”. In altri termini, nessuno “ha ritenuto e visto alcuna necessità”, in base alla situazione attuale, di lasciare la capitale nordcoreana: non è chiara la ragione della data del 10 aprile e, soprattutto, è sospetto il fatto che la comunicazione sia avvenuta venerdì, “ad appena 5 giorni dalla scadenza”. Un mondo, forse, per far aumentare la tensione. Questo è l’orientamento delle oltre 20 ambasciate straniere, incluse quelle cinese e russa, e gli uffici di rappresentanza delle agenzie internazionali nella capitale nordcoreana, tra le riconducibili all’Onu e ad altre organizzazioni umanitarie, nel complesso meno di una decina. I diplomatici restano dunque, mentre la Farnesina, dal sito ‘viaggiaresicuri’, invita i cittadini a “posticipare temporaneamente eventuali viaggi in Corea del Nord”. Il governo della Corea del Sud, nel frattempo, ha informato le missioni diplomatiche a Seul che non sono stati rilevati segnali nel Nord relativi a un possibile lancio di un attacco, escludendo le ipotesi di timori sulla sicurezza. In particolare, un alto funzionario della Presidenza sudcoreana, citato in forma anonima dall’agenzia Yonhap, ha riferito il capo dell’Ufficio sulla sicurezza nazionale, Kim Jang-soo, ha tenuto in giornata una riunione di alto livello per un esame aggiornato. “Dall’incontro è emerso che, per ora, non ci sono segnali di cambiamento o sviluppi a Pyongyang o in altre città”. L’unico elemento, legato alla propaganda, è un ordine all’ aumento della produzione di pezzi di artiglieria impartito dal leader nordcoreano Kim Jong-un: la Kctv, il network televisivo, ha trasmesso una sorta di documentario in cui è apparso Kim durante una riunione di consultazione con i lavoratori dell’ industria della difesa, tenuta lo scorso 17 marzo.
Antonio Fatiguro per l’ANSA
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Da crisi Corea del Nord, cambio di passo in relazioni Usa-Cina
Non tutti i mali vengono per nuocere se, come sembra, la crisi nella penisola coreana sta favorendo un cambio di passo nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina. In seguito all’escalation delle minacce di Pyongyang verso Seul e Washington, Pechino è rimasta sorprendentemente in silenzio, tradendo una certa insolita irritazione verso il governo della Corea del Nord, suo tradizionale alleato. Le cosa non è sfuggita alla Casa Bianca, che ha quindi rafforzato il pressing inviando a Pechino una serie di stretti collaboratori del presidente Barack Obama. Già sabato sarà il il segretario di Stato John Kerry, in un viaggio che lo porterà anche a Seul e Tokyo. Una settimana dopo arriverà il generale Martin Dempsey, capo di stato maggiore interforze, e poi sarà il turno di Tom Donilon, consigliere del presidente per la sicurezza nazionale. A sua volta, Obama incontrerà il nuovo presidente cinese Xi Jinping a settembre, ma ha già parlato con lui al telefono poco dopo la sua elezione. “Il tempismo è importante”, ha affermato Donilon, secondo cui si tratta di “un importante primo esercizio tra Stati uniti e Cina. Primo per quanto riguarda Xi Jinping (presidente solo dal 14 marzo scorso, ndr) e primo per quanto riguarda il secondo mandato del presidente Obama”. Anche se la cosa non può certo fargli piacere, la Cina non ha reagito al dispiegamento da parte degli Stati Uniti di navi e aerei da guerra nella regione, e in maniera sorprendentemente veloce ha sottoscritto le nuove sanzioni imposte il mese scorso dalle Nazioni Unite a Pyongyang, sottolineano fonti dell’ amministrazione Usa citate oggi dal New York Times. Resta da vedere la volontà cinese di applicarle con efficacia, le sanzioni; ma tutto fa pensare, ha affermato Donilon, che la posizione della Cina riguardo alla Corea del Nord si stia “evolvendo”. Sulla base degli incontri avuto finora, funzionari dell’amministrazione hanno affermato di ritenere che il presidente Xi abbia un approccio verso Pyongyang più pragmatico di quello del suo predecessore, Hu Jintao. Soprattutto perché il mese scorso, nota ancora il NYT, Xi ha parlato al telefono con il nuovo presidente sudcoreano Park Geun-hye, al quale ha detto quanto la Cina apprezzi le sue relazioni con la Corea del Sud e ha offerto assistenza nella “riconciliazione e cooperazione”. Allo stesso tempo, il giovane presidente nordcoreano Kim Jong-un ha avuto ben pochi contatti con gli alti dirigenti di Pechino. E l’auspicio che le relazioni tra Pechino e Washington raggiungano un stadio superiore riguarda anche altri argomenti che Kerry avrà certamente nella sua agenda nei prossimi colloqui a Pechino, come il problema della cyber-sicurezza e cyber-spionaggio, o i cambiamenti climatici, un tema che sta molto a cuore al nuovo segretario di Stato.
fonte: ANSA
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