Aumenta nel 2013 il numero di veicoli venduti in Cina. Secondo i dati dell’associazione cinese dei produttori di automobili (Caam), nel 2013 si sono venduti il 13,87% di veicoli in più rispetto al 2012, a 21,98 milioni di vetture. Nei due anni precedenti l’aumento della vendita di auto era stato inferiore al 5%. La produzione nel 2013 è aumentata del 14,76% arrivando a 22,12 milioni. Solo a dicembre, le vendite hanno registrato un record di 2,14 milioni di vetture, in aumento del 19,78% rispetto all’anno precedente e dello 0,17% rispetto a novembre. Le esportazioni di veicoli cinesi, invece, sono scesi del 7,46% l’anno scorso. I dati comunque si aspettano inferiori per quest’anno, con la vendita in aumento del 10% e la produzione dell’8%.
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In Cina più auto premium, giù le luxury
Dopo anni di grande richiesta per le auto superlusso, il mercato cinese sta rallentando proprio nel segmento dei modelli più costosi ed esclusivi, un ambito che – fa notare Andreas Graef, analista della AT Kearney a Shanghai – è compensato a livello globale dal recupero delle vendite negli Stati Uniti e in Giappone. I cinesi più ricchi hanno cominciato a cambiare atteggiamento e non sono più così propensi ad esibire i loro patrimoni attraverso le vetture di lusso o supersportive. Dopo il boom del 2011, quando erano state vendute 9.000 auto con prezzo superiore ai 2 milioni di yuan, cioè 327mila dollari, già lo scorso anno questa quota è scesa a 8.000 unità e gli indicatori per il 2013 non fanno che confermare la crisi. Per tornare ai livelli record – ha recentemente commentato l’analista Zhu Bin della LMC Automotive di Shanghai – bisognerà attendere il 2015, quando si sarà affievolito l’impatto dei recenti richiami del Governo a non eccedere nelle spese di rappresentanza. A soffrire di questa situazione non sono soltanto i produttori delle ammiraglie più costose, come Bentley e Rolls-Royce, ma anche i brand delle supersportive come Ferrari e Lamborghini, che erano i modelli preferiti dai ‘rampolli’ delle famiglie più richhe. Proprio la Casa del Cavallino ha visto scendere di 50 unità le vendite in Cina nei primi sei mesi, passando da 400 a 350 vetture. ”In Cina c’è un rallentamento delle vendite dei modelli superlusso – ha commentato recentemente Stephan Winkelmann, presidente e AD di Automobili Lamborghini – e gli Stati Uniti, che si stanno realmente rimettendo in carreggiata, stanno diventando più importanti per noi”. Anche per Rolls-Royce gli Usa sono lo ‘sbocco’ privilegiato che compensa il calo in Cina: nello scorso anno le vendite del modello più costoso, la Phantom (380mila dollari) negli Stati Uniti hanno totalizzato 3.575 unità, superando quelle immatricolate in Cina. Per Bentley le Americhe hanno fatto segnare nel primo semestre del 2013 un rassicurante +16%, che compensa la diminuzione del 17% registrata in Cina. Vanno bene per il brand del Gruppo Volkswagen anche il Medio Oriente e il comparto Asia Pacifico (rispettivamente +26% e +38%) anche se numericamente le vendite di Bentley restano nell’ambito delle centinaia. I grandi costruttori premium – a cui fanno capo quasi tutti i brand del lusso – si consolano abbondantemente in Cina con il successo che hanno i loro modelli di fascia medio-alta e alta, le cui vendite superano addirittura in crescita il trend positivo del mercato globale. Gli automobilisti cinesi comprano infatti sempre più suv, più mpv e soprattutto più berline e crossover premium. Lo confermano i dati del mercato tra gennaio e settembre, cresciuto del 14% rispetto allo stesso periodo del 2012 ed arrivato a 12,8 milioni di unità. Se ne stanno avvantaggiando i brand che operano nel settore premium, come Volkswagen – cresciuta del 18% fino a 2,35 milioni di unità – e General Motors che ha beneficiato del successo delle Cadillac ed ha migliorato le vendite dell’11% arrivando nei primi nove mesi a quota 2,31 milioni di unità. Ma hanno fatto ancora meglio Audi e Mercedes, cresciute nello stesso periodo del 21%.
fonte: ANSA
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I cinesi, dopo la Volvo, guardano alla Saab. E gli Usa crescono nelle vendite auto
Le mani della Cina si allungano sempre più sull’Europa ed ora il Dragone punta ad un altro ‘acchiappo’ con la svedese Saab. Dopo la Volvo, infatti, anche l’altro baluastro dell’industria automobilistica svedese starebbe per prendere la strada dell’Oriente. Questa volta però il pretendente all’acquisto non è un produttore cinese come la Geely che ha acquisito la Volvo, ma un consorzio di investitori cinesi e giapponesi riuniti nella NEVS (National Electric Vehicle Sweden), società creato in Svezia lo scorso aprile proprio con lo scopo di acquisire la Saab. La NEVS è controllato al 51% dalla National Modern Energy Holdings di Hong Kong (che opera nel ramo delle energie alternative) ed al 49% dalla giapponese Sun Investment, anch’essa attiva nel settore energetico. Secondo il sito internet del quotidiano finanziario Dagens Industri avrebbe offerto per acquisire Saab, ad esclusione della divisione ricambi, circa 1,8 miliardi di corone svedesi (intorno ai 203 milioni di euro) e la procedura di passaggio degli asset aziendali sarebbe in dirittura di arrivo. Il consorzio NEVS ha sede ad Hong Kong ed ha come presidente Karl-Erling Trogen, in precedenza top manager alla Volvo Trucks. A sua volta la National Modern Energy Holdings, che controlla con il 51% la NEVS, è di proprietà dell’imprenditore cinese Kai Johan Jiang, che in precedenza è stato senior adviser della Volvo Trucks. La Saab era stata dichiarata in bancarotta lo scorso dicembre, dopo che le trattative avviate dal proprietario Spyker Cars con alcuni potenziali acquirenti cinesi, tra cui Zhejinag Younmang Lotus Automobile, erano naufragate a causa dell’opposizione di General Motors. La casa americana, infatti, anche se ormai ex proprietaria di Saab, aveva però ancora la possibilità di esprimersi sul futuro della casa automobilistica svedese per salvaguardare i legami tecnologici che legano le due società. La cinese Youngman, che ad ottobre era già stata data dalla stampa svedese come acquirente di Saab avendo annunciato la sigla di un protocollo d’intesa in tal senso, non ha comunque subito gettato la spugna. E nei mesi scorsi aveva messo sul piatto un’offerta di 4,4 miliardi di corone (circa 497 milioni di euro). A sfavore della cessione alla Youngman che, a differenza della NEVS ha sede in Cina, gioca però il fatto di dover sottostare alla complessa approvazione dell’autorità statale cinese NDRC, ovvero la Chinese Development Authority. Inoltre, secondo quando afferma il sito SaabUnited, NEVS dovrebbe anche aver già concluso con il Governo svedese l’acquisto delle proprietà immobiliari della Saab, passo questo che potrebbe agevolare la trattativa.
La crisi si allontana dagli Stati Uniti e l’andamento del mercato dell’auto ne è un segnale incontrovertibile. A maggio le vendite di vetture nuove sono cresciute del 26%, contro il -3,98% segnato in Cina, dove la flessione mensile è stata addirittura del 10,9%, dopo il -15,12% di aprile. In crescite del 4,6% invece le vendite in Cina nei primi cinque mesi dell’anno, corrispondenti a un modesto 7,92 milioni di unità. Molto meglio invece è andata negli Usa dove le 1.334.660 vendite realizzate in maggio portano il totale dei primi 5 mesi a 5.986.605 unità, cioè il 13% in più rispetto allo stesso periodo del 2011. Altro sintomo della crisi che si sta allontanando negli Usa è la conferma dell’interesse dei consumatori per il Ford F-150, il grosso pick-up a benzina che da 33 mesi è in testa alla classifica dei modelli più venduti. In maggio ha totalizzato 54.836 immatricolazioni (+29% rispetto al 2011) seguito dalla Toyota Camry con 36.571 vendite, +110% rispetto allo stesso mese dello scorso anno, quando aveva risentito della mancanza di componenti per lo tsunami in Giappone. Al terzo posto un altro modello GM, il Silverado Chevrolet (+22%), seguito da Honda Civic (+80%), da Toyota Corolla (+87%) e da Honda Accord (+ 75%). Da segnalare anche l’andamento anomalo, dovuto alla disponibilità di prodotto, della Toyota Prius che è scesa al 14mo posto assoluto ma che nei primi 5 mesi del 2012 è cresciuta negli Usa del 210% rispetto allo scorso anno.
fonte: ANSA
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Nuova ondata di scioperi al sud
Continuano gli scioperi e le proteste di operai e impiegati in diverse parti della Cina. Secondo quanto riferisce il sito di Radio Free Asia, gli operai di una fabbrica di acciaio nella provincia sud occidentale del Sichuan, la Pangang Steel, hanno iniziato a scioperare dalla mattina dello scorso 4 gennaio contro salari troppo bassi e difficili condizioni di lavoro. ”Dopo che gli operai del gruppo Chuanhua di Chendu – ha detto Pu Fei, portavoce di un gruppo che opera a tutela dei diritti umani nella provincia del Sichuan – sono riusciti ad ottenere aumenti di stipendio di circa 400-500 yuan al mese (circa 50 euro, ndr), ora anche gli operai della Pangang hanno deciso di fare lo stesso”. Secondo Pu Fei, gli operai della fabbrica di acciaio scesi in piazza guadagnano mediamente 1.500 yuan al mese (poco piu’ di 150 euro) ma chiedono di poter arrivare almeno a 2.000. I responsabili della fabbrica non hanno finora commentato l’accaduto. Non e’ chiaro quante persone abbiano partecipato alla protesta anche se testimoni oculari parlano di diverse decine di migliaia. E intanto notizie di altre proteste giungono dalla citta’ meridionale di Wuzhou dove gli operai di una fabbrica di giocattoli avrebbero iniziato a scioperare contro i tagli dei bonus di fine anno e contro arretrati ancora non pagati. Sembra tuttavia che in questo caso la protesta sia gia’ velocemente terminata con la decisione dei vertici dell’azienda di pagare gli operai. Sulla rete sono apparse anche immagini di manifestazioni a Wuxi, alla fabbrica del gruppo Xiao Tian anche se un impiegato, contattato telefonicamente, ha affermato che la situazione e’ tornata sotto controllo e che tutti sono tornati al lavoro.
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Oltre 1000 operai navali protestano per stipendi
Gli operai di un cantiere navale nel sud della Cina hanno iniziato a scioperare per protestare contro mancati pagamenti di stipendi. Oltre mille tra i dipendenti del cantiere navale Guanhai a Fuzhou, nella provincia cinese meridionale del Fujian, lunedì hanno bloccato gli ingressi del cantiere occupando e bloccando la strada per diverse ore. Secondo quanto riferiscono alcuni siti che si occupano dei diritti dei lavoratori, essi lamenterebbero di non venire pagati da oltre tre mesi e che i responsabili del cantiere si sarebbero rifiutati di dare loro gli arretrati nonostante le loro continue richieste e sollecitazioni. Lo sciopero ha paralizzato il traffico per diverse ore. Secondo alcuni testimoni si sarebbero verificati anche scontri con la polizia, intervenuta sul posto. Interpellati i vertici del cantiere hanno invece sostenuto che l’accordo sugli arretrati è stato raggiunto, che il problema è superato e che la fabbrica ha ora deciso di pagare gli stipendi direttamente ai suoi dipendenti e non, come finora era accaduto, tramite i committenti. “Sappiamo che alcuni nostri committenti spesso non pagavano i lavoratori – ha detto Long, uno dei responsabili del cantiere navale – il problema era nato da questo”. Con la crisi, molti cantieri navali cinesi, che negli anni scorsi hanno varato il maggior numero di navi per clienti di tutto il mondo, stanno chiudendo per mancanza di commesse.
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Tornano al lavoro alla Lg, nuovo sciopero a sudest
E’ terminato lo sciopero alla fabbrica della LG di Nanchino, dove da tre giorni circa 8.000 operai erano entrati in sciopero bloccando parte della produzione per protestare contro tagli salariali e contro presunte disparità di trattamento tra dipendenti cinesi e dipendenti coreani. I responsabili della fabbrica hanno fatto sapere che le attività sono regolarmente riprese dalle 16 di ieri, dopo il raggiungimento di un accordo con gli operai. Ma se la situazione a Nachino sembra risolta, un nuovo sciopero è iniziato a Guangzhou (ex Canton), dove gli operai della Aries Auto Parts Corporation stanno protestando contro riduzioni di salari e contro i tagli dei bonus di fine anno. Secondo le informazioni disponibili, la produzione è stata totalmente fermata e nonostante ripetuti richiami gli operai si sono rifiutati di porre fine alla proteste e di tornare al lavoro. I responsabili dell’azienda hanno fatto sapere che la riduzione dei bonus quest’anno deriva da una riduzione della domanda, mentre gli operai sostengono che il numero degli ordini di quest’anno è quasi lo stesso di quello precedente. Oltre ai tagli economici, gli operai lamentano anche condizioni di lavoro difficili, essendo costretti spesso a turni di lavoro anche di 12 ore e a continui straordinari. Nella stessa fabbrica lo scorso aprile si era verificato un altro sciopero. In quella occasione alla fine venne raggiunto un accordo che prevedeva un incremento salariale mensile di circa 300 yuan (poco più di 30 euro). La Aries produce parti per automobili e motocicli e ha tra i suoi clienti Honda, Toyota, Dongfeng-Nissan e Suzuki.
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Ennesimo sciopero in società straniera: ora tocca all’LG
Circa 8.000 operai di una fabbrica della LG di Nanchino, nella zona orientale della Cina, hanno iniziato a scioperare. La portavoce dell’azienda coreana, Claire Ohm, ha fatto sapere che una parte della produzione nell’impianto, specializzato nella fabbricazione di schermi piatti per televisori lcd, computer portatili e monitor, è stata sospesa. Secondo le informazioni disponibili sopratutto su alcuni microblog tra i quali sina.com, sembra che gli operai di Nanchino lamentino in primo luogo una disparità di trattamento tra gli operai cinesi, ai quali sarebbero stati recentemente tolti alcuni bonus previsti fino allo scorso anno, e quelli coreani, ai quali al contrario sarebbero stati dati degli aumenti. “Stiamo lavorando in collaborazione con il governo di Nanchino – ha fatto sapere Claire Ohm – per raggiungere un accordo e per risolvere questa situazione quanto prima possibile”. Dal novembre scorso, in tutto il paese, sono decine di migliaia i lavoratori cinesi che hanno cominciato a protestare contro salari troppo bassi e condizioni di lavoro difficili.
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COntinua sciopero a fabbrica tecnologica di Shenzhen
Va avanti ormai da una settimana lo sciopero dei lavoratori della Shenzhen Hailiang Storage Product Co. Ltd, sussidiaria della Hitachi Global Storage Technologies a Shenzhen, nella Cina meridionale. Lo riferisce la stampa locale. Dallo scorso 4 dicembre oltre 1000 operai, preoccupati del mantenimento dei loro posti di lavoro a causa della recente acquisizione dell’azienda giapponese da parte dell’americana Western Digital, hanno bloccato l’ingresso della fabbrica, issando striscioni e cantando slogans. L’azienda dal canto suo ha fatto sapere di essere impegnata ad aumentare i salari e a migliorare le condizioni di lavoro, ma gli operai finora hanno dichiarato di non essere soddisfatti da queste dichiarazioni e di non sentirsi sufficientemente garantiti. Gli operai, infatti, chiedono che l’azienda presenti un piano chiaro relativo al periodo post-acquisizione, e chiedono anche forme di risarcimento in base alla legge. “I lavoratori continueranno lo sciopero fino a quando l’azienda non fornirà una soluzione ragionevole” hanno fatto sapere gli scioperanti tramite un loro portavoce. Intanto sabato mattina alcuni operai sono rimasti lievemente feriti durante scontri con la polizia, verificatisi nei pressi della fabbrica. La Western Digital ha siglato un accordo con la Hitachi. La fusione dovrebbe avvenire nel marzo 2012. I vertici dell’azienda hanno fatto sapere di aver notificato all’azienda giapponese il perdurare della situazione di tensione e di protesta da parte dei lavoratori mentre le autorità locali stanno cercando di portare avanti dei negoziati per il raggiungimento di un accordo. Da oltre un mese soprattutto nel sud est del paese sono molte le manifestazioni di operai che protestano per le chiusure delle fabbriche colpite dalla crisi globale oppure dalle delocalizzazioni o per le condizioni di lavoro alle quali sono sottoposti.
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Sciopero per salari in fabbrica mobili di bambù
Centinaia di operai della Jin Mao Bamboo Furniture, che ha sede nella provincia cinese del Zhejiang, sono scesi in sciopero e hanno manifestato per chiedere aumenti salariali. Lo scrive oggi il giornale Mingpao di Hong Kong. Le autorità locali hanno chiesto alla polizia di intervenire contro gli scioperanti e, secondo alcuni messaggi comparsi su Internet, alcuni lavoratori sarebbero rimasti feriti. La Jin Mao é la più grossa impresa cinese nel settore dei mobili di bambù. L’azienda afferma di avere 600 milioni di yuan (70 milioni di euro) di debiti in seguito alla crisi della domanda in Europa e negli Usa. Scioperi e richieste di aumenti salariali si sono moltiplicati negli ultimi mesi nelle aree industrializzate della Cina come lo Zhejiang, che si trova sulla costa orientale.
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Ennesimo sciopero in azienda straniera in Guangdong
Un nuovo sciopero interessa una società straniera in Cina. Circa mille operai della giapponese Hitachi sono scesi in piazza a Shenzhen, nella provincia sud orientale del Guandgong per protestare contro i tagli previsti dopo la vendita dell’azienda ad una società americana. La Shenzhen Hailiang Storage Product Co. Ltd è una sussidiaria della giapponese Hitachi Global Storage Technologies ed è stata di recente venuta alla Western Digital, società americana. I dipendenti temono che con l’acquisizione perderanno i loro diritti accumulati nel tempo e soprattutto una drastica riduzione del personale. Per questo motivo hanno bloccato da domenica sera l’ingresso all’azienda per poi disperdersi, dopo l’arrivo della polizia e l’assicurazione di portare in Giappone la vertenza, al quartier generale dell’Hitachi. Questa contro l’Hitachi è solo l’ultima di una serie di manifestazioni contro società straniere che hanno nel Guangdong, la ‘fabbrica della Cina’, la loro sede e che a causa della crisi mondiale stanno avendo riduzione di produzione, delocalizzazione o in alcuni casi la chiusura.
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