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Annunciati i prezzi dei biglietti della supercoppa italiana a Pechino

Sono stati resi noti oggi a Pechino i prezzi per la finale della Super Coppa Italiana che si disputerà nello stadio olimpico della capitale cinese, il ‘nido d’uccellò, il prossimo 6 agosto. Secondo quanto riferisce la televisione cinese CCTV, gli organizzatori locali metteranno in vendita oltrE 70.000 biglietti che partiranno da 200 yuan (poco più di 20 euro) fino a 4000 (oltre 400 euro). Gli organizzatori hanno assicurato che oltre la metà dei biglietti sarà venduta a meno di 1000 yuan. Nelle prossime settimane comincerà la vendita dei biglietti. E la preoccupazione ora è per i bagarini. Con la possibilità che a contendere al Milan la Super Coppa ci sia l’Inter, la squadra di calcio più amata in Cina, aumenta il rischio che vengano venduti biglietti falsi o che entrino in gioco i bagarini. E su internet i fan cinesi del calcio italiano stanno già facendo i pronostici, sperando che l’Inter batta il Palermo nella fivale di Coppa Italia così da poter vedere il derby di Milano a Pechino agli inizi di agosto.

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Campionato di calcio a rischio in Cina

Dirigenti sportivi in galera, arbitri nei campi di rieducazione, squadre retrocesse a tavolino. Non c’ è tregua per il calcio cinese, che non riesce a uscire dal pantano di disorganizzazione e corruzione nel quale é precipitato da alcuni anni. L’ultima batosta, forse inevitabile, è venuta dal nuovo presidente della Chinese Football Association (Cfa). Chiamato a rimettere ordine nella situazione dopo l’arresto del suo predecessore, il neopresidente Wei Dei ha annunciato che l’inizio della Chinese Super League (Csl), la ‘serie A’, previsto per il 27 marzo, potrebbe essere rinviato a data da destinarsi. “Non possiamo proteggere così tante persone che hanno violato la legge, con il solo scopo di mantenere il campionato. Se dei club si vedono privati del loro diritto di giocare, allora il campionato non può andare avanti”, ha detto in quella che suona come una dichiarazione di resa. La discesa all’ inferno del calcio cinese è cominciata a gennaio quando l’ allora presidente federale, Nan Yong, viene arrestato per aver partecipato ad una compra-vendita di partite. Con lui, finiscono dietro le sbarre due dei suoi collaboratori. In seguito le indagini si estendono e oggi sono una ventina i dirigenti inquisiti. Due delle squadre coinvolte, quella di Guangzhou e quella di Chengdu, vengono retrocesse in campionati minori. Una, quella di Qindao, squalificata a vita dalla massima competizione. Ma non è finita qui. Solo qualche giorno fa, il 12 marzo, l’altra notizia choc fa rapidamente il giro del mondo: più di duecento tra arbitri, dirigenti e impiegati delle organizzazioni sportive sono stati sottoposti a cinque giorni di ‘rieducazione’. Tutti dovranno seguire corsi e lezioni anti-corruzione e alla fine dovranno sostenere un esame: solo chi lo supererà potrà continuare a lavorare nel calcio. A chi ha partecipato alle attività illegali viene concessa, nelle migliori tradizioni dell’ autoritarismo cinese, la possibilità di “confessare” e di cercare almeno di salvarsi da conseguenze più gravi restituendo il denaro ricevuto illegalmente. “Lo scandalo – ha commentato Zhu Jin, proprietario della squadra dello Shanghai Shenhua – ha rivelato le ragioni per le quali non abbiamo fatto alcun progresso. La compra-vendita delle partite ci ha mostrato che non possiamo limitarci a recuperare le cose fatte nel passato. Se vogliamo migliorare il calcio cinese dobbiamo muoverci più rapidamente possibile e trovare una strada per ristrutturarlo”.

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