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Arrestati 29 “terroristi” nello Xinjiang, nove condannati morte

Le autorità cinesi hanno annunciato l’arresto di 29 persone, ritenute terroriste, nella regione nord orientale dello Xinjiang, teatro di numerosi attentati. Lo scrive l’agenzia Nuova Cina. Gli arresti si iscrivono nella scia della repressione della polizia nei confronti di terroristi separatisti ritenuti responsabili di numerosi attentati, ultimo dei quali lo scorso 22 maggio ha fatto 49 morti. Secondo le informazioni, gli arrestati sono accusati di diversi crimini, dall’incitamento al terrorismo all’organizzazione di proteste, all’incitamento all’odio etnico. Nella nota della Nuova Cina, si legge che la Cina ha lanciato una campagna nazionale di un anno contro il terrorismo: lo Xinjiang, dove vive l’etnia musulmana degli uighuri, sarà il maggiore “campo di battaglia”. Gli uighuri, minoranza turcofona, da anni si battono per una vera autonomia della loro provincia, dove invece sono vietati i culti religiosi e l’uso della lingua tradizionale. Il governo cinese li ha più di una volta chiamati “terroristi separatisti”. Dall’inizio dell’anno, gli agenti hanno arrestato più di 200 presunti “terroristi”, appartenenti ad almeno 23 gruppi, e ha sequestrati armi, munizioni ed esplosivi. Un tribunale cinese ha condannato 9 uighuri a morte con l’accusa di terrorismo. Lo scrive l’agenzia Nuova Cina. Precedentemente era stata diffusa la notizia dell’arresto di 29 persone della stessa etnia tutti della regione nord occidentale cinese dello Xinjiang. I nove fanno parte di un gruppo più numeroso di 81 condannati da diversi tribunali della regione autonoma, con accuse inerenti il terrorismo. Un processo di massa, con 55 accusati, si era celebrato alcuni giorni fa in uno stadio dello Xinjiang. Al termine di questo processo, il giudice ha condannato tre imputati alla pena capitale sempre per fatti di terrorismo.

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Uighuri in esilio: “non demonizzateci”

La principale organizzazione di uighuri in esilio, il Congresso Mondiale degli Uighuri, ha chiesto a Pechino di “non demonizzare” la comunità dopo la tragedia di sabato scorso, quando un commando di terroristi ha ucciso a freddo 29 civili nella stazione ferroviarie di Kunming, nel sudovest della Cina. Più di cento persone ferite nell’attacco sono ancora ricoverate in ospedale. In un comunicato diffuso oggi, il Congresso “condanna senza equivoci le violenze” ed “esprime le proprie condoglianze alle vittime dell’attacco e alle loro famiglie”. Le autorità cinesi hanno attribuito l’attacco terroristico ai “secessionisti del Xinjiang”, cioè la regione del nordovest della Cina abitata dagli uighuri, che sono di lingua turcofona e di religione islamica. La presidente del Congresso Mondiale degli Uighuri, Rebiya Kadeer, afferma nel comunicato che “è importante che in questa vicenda il governo agisca in modo razionale e non demonizzi l’insieme del popolo uighuro”. Kadeer ha aggiunto che “la contestazione pacifica delle politiche repressive del governo (di Pechino) contro gli uighuri rimane legittima”.

fonte: ANSA

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Investimenti in Xinjiang per placare conflitti

La Cina ha in programma di investire circa 1 miliardo e mezzo di dollari nella Regione occidentale del Xinjiang, sperando che, dando una spinta vigorosa all’economia della zona, si possano anche attenuare i conflitti e le tensioni fra le diverse etnie. Lo riporta il quotidiano China Daily. Il piano prevede l’incremento dell’edilizia, maggiori opportunita’ di lavoro e il miglioramento dell’istruzione. Lo scopo del governo cinese e’ quello di innalzare gli standard di vita e portare la regione ad una condizione di stabilita’ sia economica che sociale. La Regione dello Xinjiang e’ stata teatro per molti anni di fermenti e conflitti, culminati nel luglio 2009 con gli scontri tra esponenti dell’etnia degli Uiguri e quelli dell’etnia Han, che provocarono la morte di centinaia di persone. Gli Uiguri rivendicano lo Xinjiang come loro terra e si oppongono agli Han, che invece si sono stabiliti nella regione solo da pochi decenni. Gli Uiguri sostengono che gli Han in questo modo hanno beneficiato immeritatamente delle ricchezze dello Xinjiang, regione che ha importanti depositi di petrolio e di gas. ”Dare impulso all’economia dello Xinjiang e’ il solo modo che ha il governo di stabilizzare questa regione, non certo con le armi o rafforzando la sicurezza” ha detto Hu Zhaoliang, professore di sviluppo regionale dell’Universita’ di Pechino”. ”Aiutando i locali abbattendo le barriere linguistiche e dando loro maggiori opportunita’, pian piano il rancore svanira”, ha detto Hu. Il programma di aiuto per lo Xinjiang verra’ lanciato nel 2011 e secondo il vice premier Li Keqiang dovrebbe portare i primi significativi risultati entro cinque anni.

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