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Pechino contro lettera kamikaze in patrimonio Unesco

La Cina è decisamente contraria all’inclusione nel programma Memoria del mondo, creato dall’ Unesco, delle lettere d’addio dei kamikaze giapponesi, richiesta dalla municipalità della città di Minami-Kyushu. “Si tratta di un tentativo di imbellire la storia dell’aggressione militarista del Giappone e di rimettere in discussione la vittoriosa conclusione della Guerra mondiale antifascista e l’ordine internazionale del dopoguerra”, ha sostenuto la portavoce del ministero degli esteri cinese Hua Chunying in una conferenza stampa a Pechino. Le lettere di alcuni giovani kamikaze – che si suicidarono lanciandosi contro le forze alleate alla fine della Seconda Guerra Mondiale – si trovano nel museo di Minami-Kyushu. Il progetto Memoria del mondo è stato lanciato dall’agenzia per la cultura dell’Onu per far prendere coscienza dell’esistenza di un patrimonio culturale mondiale e per facilitarne la conservazione. Si tratta di un nuovo fronte di scontro tra Cina e Giappone che hanno in corso un’aspra disputa territoriale nel Mar della Cina orientale, dove Pechino rivendica le Senkaku/Diaoyu, un gruppo di isole disabitate controllate da Tokyo.

fonte: ANSA

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Il presidente cinese chiede che la portaerei sia pronta a combattere

Il presidente cinese Xi Jinping ha chiesto al capitano dell’unica portaerei della Repubblica Popolare Cinese di “prepararsi rapidamente ad essere in grado di combattere e di avere il necessario sostegno logistico”. Lo scrive il mensile ‘Dangjian’ (Costruiamo il Partito), un giornale del Partito Comunista Cinese, riportando le affermazioni fatte dal presidente e segretario generale del Partito nel corso di una sua recente visita alla portaerei, la Liaoning. La portaerei è al centro dell’attenzione a causa delle crescenti tensioni nel Pacifico, dove la Cina ha dispute territoriali con numerosi paesi vicini tra cui Giappone, Vietnam e Filippine. La Cina ha comprato la nave, di un modello sovietico chiamato Ammiraglio Kuznetsov, dall’Ucraina nel 1998. Dopo essere stata ristrutturata, è attiva dal settembre 2012. La Liaoning è stata al centro di un episodio di tensione con l’americana USS Cowpens l’anno scorso, quando due delle imbarcazioni che la scortano si sono pericolosamente avvicinate alla nave da guerra statunitense sfiorando – secondo gli Usa – la collisione.

fonte: ANSA

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Giappone aumenta spese militari dopo tensione con Cina

Il Giappone “mostra i muscoli” e vara le nuove linee relative alla “Strategia nazionale sulla sicurezza” con un piano che riflette le crescenti tensioni con la Cina sulle sovranità delle isole Senkaku, controllate da Tokyo e rivendicate da Pechino con il nome di Diaoyu. Il governo ha deciso di aumentare del 5% le spese militari nei prossimi cinque anni per dotare le Forze di Autodifesa di equipaggiamenti “mirati” alla tutela dei territori più lontani, stanziando 24.670 miliardi di yen (175 miliardi di euro) tra il 2014 e il 2019. Nel programma, che fissa più stretti legami con Usa, Corea del Sud, Australia, India, Ue e Paesi dell’Asean, si apre alla revisione dei termini sull’export di armi a conferma di un’inversione di rotta sulle politiche restrittive e si menzionano acquisti di droni, aerei a decollo verticale, mezzi anfibi, missili, elicotteri da trasporto truppe, caccia F35A, sottomarini e distruttori con tecnologia Aegis per assicurare il controllo delle oltre 6.800 isole (secondo i dati governativi) dell’arcipelago nipponico, includendo anche le più remote. Il piano, per altro verso, segna un’altra pietra miliare nei propositi del premier conservatore Shinzo Abe, determinato a rafforzare la difesa e ad alleggerire le restrizioni maturate nel dopoguerra sulle forze armate. Il Giappone, dopo la pesante sconfitta nella Seconda guerra mondiale, ha una costituzione “pacifista” imposta dagli Usa che vieta la creazione di forze armate se non per l’autodifesa. L’approccio più “proattivo”, con l’assertività cinese, mira al concetto di difesa “dinamica”, integrando l’operatività delle Forze di Autodifesa e la creazione di unità anfibie simili ai Marines americani. Il documento riconosce “un ambiente circostante sempre più severo”, vista anche la minaccia nucleare della Corea del Nord, condanna la politica aggressiva di Pechino e ribadisce che la zona di identificazione aerea cinese definita il 23 novembre è “incompatibile con le leggi internazionali”. “La strategia di sicurezza è progettata per rendere la nostra politica estera chiara e trasparente in patria e all’estero”, ha commentato Abe, assicurando che il Sol Levante potrà dare così “contributi ulteriori alla pace e alla sicurezza globale”. Anche il patriottismo si affaccia: il Giappone promuoverà “l’amore per il Paese” causando, inevitabilmente, sospetti e critiche in funzione del passato militarismo. Pechino e Seul, infatti, hanno criticato le mosse di Tokyo: la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hua Chunying, ha esortato il Giappone a “riflettere seriamente sulla sua storia” e a rispettare le preoccupazioni dei vicini, con “azioni reali” per la pace e la stabilità nella regione. Toni simili (“bisogna guardare alla verità della storia”) dalla Corea del Sud, con cui c’è il contenzioso territoriale sugli scogli di Dokdo/Takeshima. “Sono solo le linee fondamentali sulla sicurezza nazionale, incentrata sulla politica di difesa e sull’azione diplomatica”, ha assicurato il ministero degli Esteri nipponico, che tengono conto, hanno osservato i funzionari che hanno illustrato alla stampa il ponderoso piano, di “situazioni oggettive”.

fonte: Antonio Fatiguso per ANSA

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Usa a Pechino: telefono rosso con Giappone e Sud Corea

Gli Stati Uniti invitano la Cina a istituire un ‘telefono rosso’ con i i Paesi vicini – Corea del Sud e Giappone – nel tentativo di allentare la tensione dovuta alla ‘zona di difesa aerea’ voluta da Pechino sull’area delle isole contese delle Senkaku, nel mar della Cina orientale. Una decisione unilaterale quella delle autorita’ cinesi duramente criticata dagli Usa, come ha ribadito il vicepresidente americano Joe Biden da Seul, ultima tappa del suo viaggio in Asia: ”Gli Stati Uniti non riconoscono la zona area di difesa e identificazione che non avra’ alcun effetto sulle operazioni americane”, ha sottolineato con forza il numero due dell’amministrazione Obama, che nei giorni scorsi ha anche incontrato le autorita’ cinesi. Da Washington Marie Harf, portavoce del Dipartimento di Stato, ha quindi sottolineato come ”la Cina dovrebbe lavorare con Giappone e Corea del Sud per mettere in campo delle misure tese a ristabilire un clima di fiducia tra i Paesi dell’area”. Tra queste misure, anche ”un canale di comunicazione di urgenza per affrontare i rischi legati al recente annuncio di Pechino”. Un ‘telefono rosso’, appunto, che contribuisca a risolvere una situazione ”destabilizzante” che potrebbe portare gli Stati della regione a reagire in maniera pericolosa. La Casa Bianca nei giorni scorsi aveva bollato la decisione di Pechino della ‘zona aerea difensiva’ sulle Senkaku come ”una provocazione”.

fonte: ANSA

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Allarme Usa, per Biden zona difesa aerea cinese viola status quo

Gli Stati Uniti hanno rimarcato la netta contrarietà alla mossa della Cina sulla nuova e ampia zona di identificazione aerea, motivo dell’impennata di tensione e dei rischi di incidenti fortuiti. La dichiarazione congiunta dai toni perentori con Tokyo contro Pechino, ottimisticamente ipotizzata da alcuni media nipponici, non c’è stata, ma il vicepresidente americano Joe Biden ha rimarcato il pieno appoggio al Giappone, l’alleato che è la “pietra angolare della politica” di Washington nell’Estremo Oriente e non solo: ad esempio per l’assistenza allo sviluppo nel caso della Birmania. Gli Usa, ha spiegato, “esprimono profonda preoccupazione per il cambio unilaterale dello status quo” nella regione e sono “irremovibili” sulla difesa del Sol Levante. L’incontro con la stampa, tenuto in serata alla Kantei, sede del premier giapponese, ha permesso di far luce sul vertice pomeridiano di Tokyo tra Biden e il primo ministro Shinzo Abe, prima tappa della delicata missione in Estremo Oriente del vicepresidente che domani sarà a Pechino e poi a Seul. “In primo luogo, abbiamo confermato che l’alleanza tra Usa e Giappone continuerà a svolgere un ruolo fondamentale per la pace e la stabilità di questa regione”, ha detto Abe, accanto al suo illustre ospite, in un discorso di pochi minuti. I due Paesi non tollereranno azioni che possano minacciare la sicurezza degli aerei civili, mentre “le operazioni militari tra le forze di autodifesa nipponiche e quelle statunitensi non subiranno cambiamenti di programma”. Abe ha promesso lo sblocco del negoziato sul riassetto delle truppe Usa a Okinawa e la conclusione entro fine anno del Tpp, l’accordo di libero scambio a guida Usa, prima di ascoltare con soddisfazione l’intervento di Biden che ha usato gran parte del tempo disponibile per rassicurare più volte l’alleato sull’appoggio e la vicinanza statunitense. Ha detto di vedere nella regione “nuove dinamiche” con “crescenti tensioni e rischi di errori di calcolo troppo alti”; ha parlato di “meccanismi di gestione della crisi”; ha auspicato canali di comunicazione “tra Cina e Giappone” per ridurre i rischi di escalation. Valutazioni che Biden, lasciando aperto il dialogo, esprimerà a Pechino nel colloquio con il presidente Xi Jinping, insieme all’invito a non istituire zone aeree di identificazione su territori contesi senza consultazione con le parti coinvolte. Nel caso del Giappone, infatti, sono finite nel perimetro le isole Senkaku/Diaoyu, controllate da Tokyo e rivendicate da Pechino, mentre ci sono già i sospetti su una mossa analoga che possa interessare il Mar Cinese meridionale, visti i contenziosi con Filippine, Vietnam e altri Paesi del sudest asiatico. Biden ha anche “bacchettato” Giappone e Corea del Sud (“i due alleati nell’area”) sollecitando una più stretta collaborazione per rafforzare “il ruolo operativo degli Usa e dei suoi partner”. Domani, intanto, il governo di Tokyo darà vita al National Security Council sull’esempio del modello Usa, al fine di creare apparati di difesa meno frammentati e più efficienti: uno dei primi passi sarà l’istituzione della linea rossa con Usa e Regno Unito, oltre ai nuovi schemi di guida e alle strategie di difesa che il governo intende definire entro fine anno.

fonte: Antonio Fatiguso per ANSA

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Usa a compagnie aeree, rispettate zona identificazione

L’amministrazione Obama chiede alle compagnie aeree americane di rispettare la ‘zona aerea di difesa e identificazione’ imposta dalla Cina e di notificare in anticipo il sorvolo. E Delta e American Airlines sono le prime due a farlo. La richiesta punta a evitare un eventuale scontro involontario mentre la tensione nell’area continua a salire. Gli Stati Uniti infatti continuano a sfidare Pechino inviando aerei militare nella zona e ribadiscono di respingere la dichiarazione unilaterale di controllo della zona aerea da parte della Cina. Ma la richiesta avanzata alle compagnie statunitensi potrebbe essere vista da Pechino come una concessione, che si oppone al rifiuto delle compagnie giapponesi e sud coreane di presentare i propri piani di volo a meno che la destinazione finale non sia la Cina. Proprio il Giappone, a caccia di un maggiore sostegno internazionale contro la posizione di Pechino, ha chiesto all’agenzia dell’Onu che supervisiona l’aviazione civile di valutare se la nuova zona di difesa aerea cinese possa mettere in pericolo le compagnie aeree civili. Con la richiesta di un esame all’International Civil Aviation Organization, il Giappone si augura che aumentando l’attenzione internazionale la Cina sia costretta a tornare sui propri passi. ”Il governo americano si attende che le compagnie americane che operano a livello internazionale rispettino” i requisiti richiesti da paesi stranieri, ma questo non indica che gli Stati Uniti accettano i requisiti imposti dalla Cina, precisa il Dipartimento di Stato spiegando la richiesta avanzata alle compagnie aeree americane. La decisione dell’amministrazione mette in evidenza la delicata posizione del presidente Barack Obama, alle prese con una disputa geopolitica che metterà alla prova la sua volontà di contenere le ambizioni cinesi in Asia. Una delle maggiori sfide di Obama – e del vice presidente Joe Biden che la settimana prossima sarà in visita proprio in Giappone, Cina e Corea del Sud – sarà quella di navigare fra le complicate personalità dei leader di Tokyo e Pechino, con il premier giapponese Shinzo Abe che ha promesso la mano ferma contro ogni violazione cinese, mentre il presidente Xi Pinping si e’ impegnato a portare avanti una politica estera che faccia conquistare alla Cina un maggior riconoscimento come potenza internazionale.

fonte: ANSA

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Alta tensione nel Pacifico, caccia cinesi contro jet Usa

Prova di forza nei cieli delle isole Senkaku. Dopo aver annunciato lo stato di massima allerta dell’aviazione militare cinese nel Mar della Cina orientale, Pechino ha fatto alzare in volo d’urgenza i propri jet per seguire e controllare aerei americani e giapponesi penetrati oggi nella “zona aerea di difesa e identificazione”, dichiarata unilateralmente sabato scorso. Il Pentagono non si è fatto intimidire e ha replicato: “Continueremo ad operare normalmente”. “Diversi aerei da combattimento sono stati inviati d’urgenza per verificare l’identità” degli aerei entrati nella zona, ha annunciato l’agenzia Nuova Cina citando il portavoce dell’aviazione Shen Jinke. La pattuglia cinese, che comprendeva almeno due caccia, ha identificato due aerei da ricognizione americani e dieci velivoli giapponesi, tra cui un F-15, ha precisato Shen, dopo che martedì scorso altri aerei – compresi due bombardieri Usa B52 – erano entrati nello spazio aereo. Stamattina il portavoce del ministero della Difesa di Pechino, Yang Yujun, aveva messo in guardia Washington e Tokyo: “L’aviazione militare cinese è in stato di allerta e prenderà misure per fronteggiare le varie minacce aeree e difendere con fermezza la sicurezza dello spazio aereo nazionale”. Il portavoce aveva però aggiunto che è “sbagliato” pensare che Pechino abbatterà gli aerei che non rispettano le regole che ha stabilito unilateralmente con la creazione della zona. E cioè: tutti gli aerei che vi si avventurano nella zona devono comunicare il loro piano di volo e la loro nazionalità, e restare in contatto radio con le autorità cinesi. La “zona di identificazione” comprende una vasta area del Mar della Cina orientale, sovrapponendosi a quelle del Giappone e della Corea del Sud, estendendosi fino a sfiorarne le coste. Nella ‘zona’ sono comprese le isole Senkaku (Diaoyu, per i cinesi) che sono controllate da Tokyo ma rivendicate da Pechino. La tensione con Usa e Giappone continua dunque a montare pericolosamente. Il quotidiano Global Times, controllato come tutti gli organi di stampa dal governo, ha evocato oggi apertamente la possibilità di un limitato scontro militare con Tokyo. Pur lodando la “calma” dimostrata dal governo di fronte alle “provocazioni”, il giornale avverte il Giappone che, se i suoi aerei continueranno a sorvolare la zona, “ci saranno probabilmente frizioni e confronti ed (è possibile) anche una collisione aerea”. Sarebbe il ‘casus belli’ che tutti temono e che avrebbe conseguenze devastanti. La Cina, aggiunge infatti il giornale, deve prepararsi per “un potenziale conflitto”. Il portavoce del ministero degli Esteri, Qin Gang, ha poi accusato la responsabile della politica estera dell’Unione Europea, Catherine Ashton, di non aver valutato la situazione “obiettivamente e razionalmente”. Ieri, Ashton aveva affermato che la creazione della zona “aumenta i rischi di escalation nella regione”, invitando “tutte le parti in causa di esercitare prudenza e moderazione”. Le speranze di un raffreddamento della situazione sono affidate alla missione del vicepresidente americano Joe Biden, che la prossima settimana visiterà Giappone, Cina e Corea del Sud. Secondo fonti americane a Pechino, Biden incontrerà tra gli altri il presidente Xi Jinping, col quale esaminerà la possibilità di ridurre la tensione e riaprire spazi alla diplomazia.

fonte: Beniamino Natale per ANSA

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Tensione in mar cinese orientale, caccia giapponesi e coreani su zona aerea cinese, Pechino fa alzare suoi caccia

Cresce la tensione per la sfida sui cieli delle isole Senkaku: dopo i B52 statunitensi, oggi sono stati aerei militari giapponesi e sudcoreani a volare nella “zona aerea di difesa e identificazione” della Cina senza avvertire le forze armate di Pechino e senza incontrare alcuna opposizione. Ma la reazione del Dragone è arrivata qualche ora dopo, facendo alzare in volo dei caccia in quelle che l’agenzia ufficiale Xinhua ha definito operazioni di “pattugliamento di routine”. La creazione della ‘zona difensiva’, annunciata dalla Cina nel fine settimana scorso, è stata giudicata come una mossa pericolosa per gli equilibri e la stabilità del Pacifico dagli Usa e dai loro alleati, che hanno deciso di sfidare Pechino ignorandone l’esistenza. Il timore di molti è che un possibile “incidente”, anche minimo, possa scatenare conseguenze devastanti data la potenza degli attori in gioco. Non a caso oggi anche la Ue si è detta molto preoccupata per una situazione che “aumenta il rischio di escalation e contribuisce ad alimentare la tensione nella regione”, ha osservato l’alto rappresentante della politica estera Catherine Ashton, chiedendo a “tutte le parti di esercitare cautela”. Martedì scorso, il primo guanto di sfida è stato lanciato dai bombardieri americani e Tokyo e Seul hanno subito seguito l’esempio del loro alleato. La questione sarà al centro dei colloqui del vicepresidente americano Joe Biden, che il primo dicembre inizia una missione che lo porterà nelle tre capitali coinvolte nella crisi: Pechino, Tokyo e Seul. Ma anche altri governi della regione sono coinvolti, anche se per il momento hanno scelto forme meno radicali di protesta. Il governo australiano, ad esempio, ha convocato l’ambasciatore cinese per chiedergli spiegazioni sulla creazione della ‘zona’. Annunciandola, Pechino aveva affermato che “tutti i velivoli” che sorvolano l’area – che comprende le isole Senkaku/Diaoyu, contese col Giappone e rivendicate anche da Taiwan – devono fornire i loro piani di volo e “rispondere rapidamente” alle richieste cinesi di identificazione se non vogliono incorrere in “misure difensive di emergenza”. Inoltre, la ‘zona difensiva’ della Cina si sovrappone in alcuni punti con quelle dichiarate in passato da Tokyo e da Seul. Pechino, almeno fino a stasera, quando è arrivata la notizia del pattugliamento dei caccia, aveva evitato di drammatizzare la situazione, minimizzando il significato dei voli di sfida degli Usa e dei loro alleati. Il portavoce del ministero degli Esteri Qin Gang, in un ‘briefing’ alla stampa, si era limitato ad affermare che Pechino “ne è al corrente”. Più pesante era stata la reazione del portavoce del ministero della Difesa, che aveva accusato il Giappone di “criticare sistematicamente gli altri senza mai esaminare la sua condotta”. Il portavoce, Yang Yujun, ha risposto così alla richiesta di Tokyo di cancellare la ‘zona’: “Se vogliono che la revochiamo – ha tuonato – noi chiediamo che il Giappone revochi prima la sua ‘zona’, che è stata creata 44 anni fa”. In un lungo editoriale pubblicato oggi, il quotidiano cinese Global Times ha scritto che il sorvolo dei bombardieri americani “non è motivo di nervosismo”. Evidente in alcuni passaggi la volontà dell’editorialista di rassicurare i settori più accesi del nazionalismo cinese, dopo che centinaia di messaggi diffusi sui microblog cinesi hanno chiesto una risposta militare alle “provocazioni” degli Usa e dei loro alleati.

fonte: Beniamino Natale per Ansa

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Usa sfida Cina: due B52 violano zona aerea proibita e governo Australia convoca ambasciatore Cina

Due bombardieri americani, nel corso di una esercitazione sul Mar della Cina Orientale, hanno violato la ‘zona di difesa aerea’ annunciata nei giorni scorsi da Pechino sopra l’arcipelago disabitato delle Senkaku, che i cinesi chiamano Diaoyu: isole da sempre contese tra Cina e Giappone e nelle ultime settimane fonte di nuove gravi tensioni tra i due Paesi. Ad annunciare il sorvolo, conclusosi senza incidenti, e’ stato il Pentagono, spiegando che le autorita’ cinesi non erano state avvertite. I due B52, partiti dalla base statunitense nel Pacifico di Guam, erano disarmati e non erano scortati da caccia o altri aerei militari. Ma la mossa appare come una vera e propria sfida lanciata da Washington, che insieme all’alleato Giappone aveva reagito immediatamente alla decisione di Pechino di imporre una zona off limit per tutti gli aerei non commerciali. Minacciando anche la possibilita’ di ”misure difensive di emergenza” nei confronti dei velivoli non autorizzati, quelli che non abbiano prima chiesto l’autorizzazione sottoponendo alle autorita’ cinesi piani di volo. Ma in gioco c’e’ il controllo di un’area ritenuta cruciale sia dagli Usa che dalla Cina, con Washington impegnata a sostenere tutti i suoi alleati del sudest asiatico per frenare le mire sempre piu’ espansionistiche di Pechino. ”Gli Stati Uniti continueranno nelle operazioni di sorvolo nella regione insieme ai suoi alleati e partner”, ha affermato categoricamente un portavoce del Pentagono, ribadendo come l’amministrazione Obama non sia d’accordo con la ‘zona difensiva’ imposta unilateralmente da Pechino, definita dalla stessa Casa Bianca una decisione ”incendiaria”. Una decisione, incalza ancora il Pentagono, che appare come ”un tentativo di destabilizzare e alterare lo status quo nella regione”. Il vero pericolo in questa situazione – sottolineano gli esperti – e’ quello del piccolo incidente che possa scatenare un vero e proprio conflitto armato. Stavolta, infatti, il sorvolo dei due B52 e’ andato bene, senza alcuna conseguenza. Ma la prossima potrebbe non essere cosi’. Nessuna reazione specifica, al momento, e’ arrivata dalle autorita’ di Pechino. Ma il portavoce del governo cinese, rispondendo a una domanda nel corso del briefing quotidiano, non ha lasciato spazio a dubbi: ”E’ scritto a chiare lettere nell’annuncio che e’ stato fatto. La Cina potra’ rispondere di volta in volta in maniera appropriata, in base alle diverse circostanze e al livello della minaccia da affrontare”. Washington e Tokyo sono avvertite.
Il governo australiano ha convocato l’ambasciatore cinese per protestare contro l’annuncio da parte di Pechino della creazione di una “zona di difesa aerea” che occuperebbe quasi tutto il Mar Cinese Orientale sfiorando le coste del Giappone e della Corea del Sud. “Il momento e il modo di questo annuncio della Cina, alla luce anche delle attuali tensioni nell’aerea, non aiutano ne’ contribuiscono alla stabilità regionale”, ha detto il ministro della Difesa australiano Julie Bishop. Secondo l’annuncio del ministero della Difesa cinese, tutti i velivoli che entrano nella ‘zona’ dovranno fornire precise indicazioni sui loro piani di volo. Inoltre, dovranno mantenere aperte le comunicazioni e rispondere “in modo rapido e chiaro” alle richieste di identificazione. In caso contrario, dovranno far fronte a non meglio specificate “misure difensive di emergenza”.

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Cresce tensione per zona difesa Cina, per Tokyo è pericolosa

La tensione è sempre più alta nella sezione orientale dell’oceano Pacifico dopo che la Cina ha deciso la creazione di una “zona di difesa aerea” che occupa quasi tutto il Mar Cinese Orientale e sfiora le coste del Giappone e della Corea del Sud. Una misura che il premier giapponese Shinzo Abe ha definito oggi “estremamente pericolosa”. Una mappa diffusa dall’agenzia ufficiale Nuova Cina indica che la ‘zona’ comprende le isole Senkaku/Diaoyu, controllate dal Giappone ma rivendicate da Pechino. Secondo l’annuncio del ministero della Difesa cinese, tutti i velivoli che entrano nella ‘zona’ dovranno fornire precise indicazioni sui loro piani di volo. Inoltre, dovranno mantenere aperte le comunicazioni e rispondere “in modo rapido e chiaro” alle richieste di identificazione. In caso contrario, dovranno far fronte a non meglio specificate “misure difensive di emergenza”. La reazione di Tokyo non si è fatta attendere. Intervenendo in Parlamento, il premier Abe ha chiesto a Pechino di ritirare il piano, sottolineando che esso potrebbe portare a “incidenti inattesi”. Abe ha aggiunto che la decisione cinese potrebbe “cambiare unilateralmente lo status quo” e che “dal punto di vista dell’ordine e della sicurezza dell’aviazione commerciale è estremamente preoccupante”. A Tokyo ha fatto eco l’alleato americano. Il segretario di Stato John Kerry ha espresso la “profonda preoccupazione” di Washington. “Abbiamo invitato la Cina alla prudenza e alla moderazione – ha proseguito – e ci stiamo consultando col Giappone e con altri Paesi della regione”. Un portavoce del governo sudcoreano ha sottolineato che Seul è “molto, molto preoccupata” per la creazione della ‘zona’. Pechino ha sdegnosamente respinto le critiche. Il governo cinese ha convocato l’ambasciatore del Giappone per esprimergli la sua “disapprovazione” per le proteste con le quali Tokyo ha accolto l’annuncio. Il portavoce Yang Yujun ha scritto sul sito web del ministero della Difesa cinese che i commenti del Giappone “non sono giustificati” e ha invitato gli Usa a “non schierarsi” nella disputa tra Pechino e Tokyo sulle Senkaku/Diaoyu. Secondo il comunicato che ha dato il via alla giostra di proteste e contro-proteste, la decisione presa da Pechino “è in accordo con la legge della Repubblica Popolare Cinese”. Alcune compagnie aree – tra cui la giapponese All Nippon Airways – hanno chiarito che hanno cominciato a fornire alla Cina le informazioni richieste. “Siamo una compagnia commerciale – ha sottolineato un portavoce – non commentiamo la politica in quanto tale”. La polemica sulle Senkaku/Diaoyu è fortissima dall’anno scorso, quando il governo di Tokyo le ha comprate da un cittadino giapponese che affermava di esserne il proprietario. Si ritiene che sui fondali dell’Oceano nell’area ci siano grandi ricchezze naturali. Inoltre le isole, a poca distanza dalle coste della Corea, della Cina e dell’isola giapponese di Okinawa, si trovano in una posizione strategica ambita dai militari dei Paesi rivieraschi. Oltre che col Giappone, la Cina ha in corso dispute analoghe nel Mar della Cina Meridionale con altri due alleati degli Usa, le Filippine e il Vietnam.

fonte: Beniamino Natale per ANSA

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