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La Cina al Vaticano: i vescovi li nominiamo noi

La Cina ribadisce al Vaticano la sua prerogativa di nominare vescovi indipendentemente da Roma. Lo ha detto il portavoce del ministro degli esteri di Pechino, Hong Lei, al quotidiano Global Times. La dichiarazione segue una intervista del portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, al canale televisivo di Hong Kong, Phoenix Tv. Lombardi aveva auspicato che la Cina potesse considerare, sul tema delle ordinazioni vescovili, la stessa procedura usata in Vietnam, dove i presuli vengono prima segnalati al Vaticano che poi li consacra solo dopo la conferma delle autorità di Hanoi. “La Cina – ha detto Hong Lei – è da sempre sincera sulla volontà di migliorare le relazioni con il Vaticano, facendo sforzi in tal senso. Speriamo che il Vaticano possa creare le condizioni favorevoli per il miglioramento di queste relazioni”. Il portavoce ha sottolineato come Pechino chieda al Vaticano di rispettare la tradizione storica e la realtà dei cattolici in Cina, confermando così che Pechino è la sola autorità che possa nominare e consacrare vescovi in Cina. Per padre Lombardi, non è contraddittorio essere un buon cittadino cinese e un buon cattolico e ha ribadito alla Tv di Hong Kong la volontà di Papa Francesco di recarsi anche domani in Cina. Le relazioni diplomatiche tra Cina e Vaticano si sono interrotte agli inizi degli anni 50 del secolo scorso.

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Il cardinale Zen di Hong Kong critico sull’attuale dialogo tra Cina e Vaticano

E’ molto duro e pessimista circa i rapporti tra Cina e Vaticano, il cardinale emerito di Hong Kong Joseph Zen, da sempre critico sulle posizioni della Cina soprattutto in termini di diritti e libertà tanto da partecipare a manifestazioni (le ultime in sostegno del movimento degli ombrelli) e attirandosi critiche da Pechino e anche da alcuni presbiteri dell’ex colonia britannica. In un intervento pubblicato da alcuni giornali cattolici, Zen critica l’approccio morbido e accondiscendente del Vaticano nei confronti della Cina per la ripresa dei colloqui ufficiali. “Nessun accordo – scrive Zen – è meglio di un cattivo accordo. Non possiamo, per amore delle pace, tollerare un accordo che rinneghi la nostra identità”. Il presule critica le posizioni espresse in una intervista italiana a due vescovi cinesi, considerate troppo morbide con Pechino, ma sottolineando come i due parlino in un ambiente ostile, che non li fa essere liberi di esprimersi. Zen ne ha anche per il Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin. Il ministro degli esteri del Papa alla fine di dicembre aveva parlato di “prospettive promettenti” e di “parti disposte a parlare”, ma il cardinale di Hong Kong è tranchant, spiegando che “non vediamo nessun segnale che incoraggi la speranza che il partito comunista cinese stia cambiando la sua restrittiva politica religiosa”. Zen scrive che quello che succede in Cina continua a preoccupare, che è difficile essere ottimisti. Il cardinale non nega la necessità di un dialogo, ma “affinché abbia successo, è necessaria buona volontà da parte di entrambi. Roma l’ha messa, pensare lo stesso di Pechino è pericoloso”. Il paladino dei diritti di Hong Kong è contrario a qualsiasi accordo tra le parti che rappresenti un compromesso che svilisca le posizioni, la dottrina e la teologia cattolica. Zen richiama ad una linea di fondo, quella espressa da Benedetto XVI nella sua lettera alla Cina e ricorda che nessuna concessione può essere fatta sulle ordinazioni vescovili e sulla presenza dell’associazione della Chiesa patriottica cinese, fedele a Pechino. Ma, soprattutto, per Zen nessun dialogo, nessun compromesso può prescindere dal rispetto di Pechino dei diritti civili e ricorda che due vescovi, Thaddeus Ma di Shanghai e Su Zhimin di Baoding, sono detenuti (il primo in “ritiro spirituale” nel seminario di Shanghai e del secondo non si sa nulla da anni). Il cardinale chiede anche un intervento sul vescovo Shi Enxiang di Yixian, arrestato l’ultima volta 14 anni fa e sul quale nei giorni scorsi si è diffusa la notizia della morte, senza conferme e senza che il corpo fosse restituito ai familiari.

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La Cina procederà presto alla consacrazione di nuovi vescovi senza autorizzazione del Papa

La Cina procederà presto alla consacrazione di nuovi vescovi senza l’autorizzazione papale. E’ quanto e’ contenuto in un piano di lavoro elaborato e diffuso dall’Amministrazione statale per gli affari religiosi (Sara) di Pechino, l’organismo governativo che controlla tutto quanto afferisce il culto. Secondo il piano, il 2015 sarà un anno “molto importante per il lavoro religioso”, che sarà fatto “secondo i regolamenti, promuovendo il ruolo della legge e implementando le indicazioni e le politiche religiose del governo centrale”. Il piano include anche il sostegno alla Associazione della chiesa cattolica patriottica cinese e alla conferenza episcopale cinese, entrambe sotto il controllo del governo di Pechino. L’ultima ordinazione vescovile risale al 2012, mentre ci sono ancora alcuni vescovi eletti dalla Sara ma non ancora consacrati, e tutti senza l’autorizzazione papale. Nel piano si invita anche i due organismi a convocare il quinquennale congresso nazionale dei rappresentati cattolici, la cui ultima convocazione nel 2010, su salutato dal Vaticano con “profondo dolore”, chiedendo a clero e fedeli di non parteciparvi. E la Cina, attraverso un editoriale sul Global Times, giornale molto vicino al partito, fa sapere che un incontro tra Papa Francesco e il Dalai Lama, significherebbe “un passo indietro significativo nelle relazioni bilaterali”. Lo scorso novembre il leader religioso tibetano era a Roma per un evento di premi Nobel ma non fu ricevuto in Vaticano si disse per pressioni di Pechino sulla Santa Sede. Di ritorno dal suo viaggio nelle Filippine, Papa Francesco ha smentito questa circostanza dicendo che l’appuntamento è stato fissato in una data non ancora pubblica. Entrambe queste notizie, in ogni caso, mostrano che la strada per Francesco è in salita. Come ho già avuto modo di scrivere qui , la Cina no ha nessuna intenzione di permettere ad un capo di stato o leader religioso straniero di dirgli cosa fare e come farlo in casa propria.

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Cina-Vaticano: per Pechino si a relazioni, ma Santa Sede deve rompere con Taiwan e non interferire nella nostra chiesa

La Cina risponde al telegramma inviato da Papa Francesco mentre il suo aereo sorvolava il paese del dragone, chiedendo al Vaticano di “creare le condizioni per migliori relazioni fra i due paesi”. E’ quanto ha detto oggi nel consueto briefing a Pechino il portavoce del ministero degli esteri cinese, Hua Chunying. “Noi vogliamo – ha detto il portavoce – avere un dialogo costruttivo con il Vaticano basato su principi rilevanti”, sottolineando come il governo cinese abbia più di una volta già espresso le sue condizioni per migliorare le relazioni fra la Cina e il Vaticano. “In particolare – ha spiegato Hua – il Vaticano dovrebbe tagliare quelle che chiama ‘relazioni diplomatiche’ con Taiwan e riconoscere la Repubblica Popolare cinese come il solo governo che rappresenta la Cina. Abbiamo poi chiesto al Vaticano di non interferire più negli affari interni cinesi in nome della religione”. Hua ha aggiunto che la Cina è stata sempre sincera nel voler migliorare le relazioni con la Santa Sede, facendo anche sforzi in tal senso. La dichiarazione del portavoce smorza, almeno ufficialmente, le speranze che si erano create intorno ai due telegrammi che Papa Francesco aveva inviato al Cina e al suo governo, sorvolando il paese andando prima in Corea e poi nei giorni scorsi, nelle Filippine. Francesco ha espresso più volte il desiderio di andare in Cina ed era stato criticato per non aver voluto ricevere il Dalai Lama si diceva su pressione di Pechino, circostanza smentita dallo stesso pontefice l’altro ieri. Anche dopo il suo ritorno dalla Corea la Cina espresse le sue condizioni, per bocca del vice presidente dell’Associazione della Chiesa Cattolica Patriottica Cinese. I due paesi non hanno relazioni dal 1951, a seguito anche del riconoscimento della Santa Sede di Taiwan, che Pechino ritiene proprio. Inoltre, Pechino gestisce direttamente la chiesa cinese tramite l’Associazione patriottica, decidendo le nomine dei vescovi non tenendo sostentamento conto delle indicazioni vaticane.

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Chiesa patriottica cinese al Vaticano: “rispetti la nostra sovranità”

“Il Vaticano deve rispettare la Cina in termini di persone delle diocesi”. Questo il laconico commento alle parole del Papa sulla Cina, del vice presidente dell’Associazione della Chiesa Cattolica Patriottica Cinese, la chiesa cristiana controllata dal governo di Pechino. Sorvolando la Cina all’andata e al ritorno del suo viaggio in Corea del Sud, Papa Francesco aveva inviato due telegrammi di saluto al presidente e al popolo cinese, rispondendo ad una domanda di un giornalista di essere pronto anche subito a recarsi in Cina. Dal governo di Pechino nessun commento, se non una dichiarazione pubblicata su un quotidiano cinese in lingua inglese da parte di una portavoce del ministero degli esteri, nella quale Pechino dichiarava che “lavorerà con il Vaticano per un dialogo costruttivo e per promuovere il miglioramento delle relazioni bilaterali”. Oggi invece, dalle pagine in cinese e inglese del Global Times, giornale vicino alle posizioni del partito, Liu Yuanlong vice presidente della chiesa cinese, mette i paletti circa una possibile ripresa delle relazioni fra Cina e Santa Sede, ribadendo proprio come sia l’autorità vaticana sulla chiesa cinese uno dei problemi insormontabili. “La Cina – ha detto Liu – salvaguarda sempre la propria sovranità e integrità territoriale e non permetterà mai a forze straniere di interferire con la religione”. L’intervista al vice presidente dell’Associazione della Chiesa Cattolica Patriottica Cinese, ribadisce il no netto alle “interferenze” vaticane nei suoi affari, soprattutto nella scelta e nomina dei suoi vescovi, considerati come funzionari pubblici, rendendo così più difficile il riavvicinamento dei due governi, che non hanno relazioni dal 1951, a seguito anche del riconoscimento della Santa Sede di Taiwan, che Pechino ritiene proprio.

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Cina continua opera di demolizione delle croci cristiane

Continua da parte delle autorità cinesi l’opera di demolizione di croci e crocifissi delle chiese cristiane. Secondo quanto denunciano organizzazioni cattoliche cinesi, due chiese nella provincia orientale dello Zhejiang hanno visto le loro croci demolite, nonostante le manifestazioni di protesta dei fedeli. A Wenzhou, una delle più importanti città della provincia, il 21 luglio un gruppo di fedeli era riuscito a bloccare la demolizione della croce dalla Chiesa della Salvezza, con scontri con gli agenti che avevano lasciato 50 feriti, ma pochi giorni fa non c’è stato nulla da fare. Distrutto, da parte delle autorità, anche il crocefisso dalla chiesa di Gulou ad Hangzhou. Secondo documenti diffusi dalle associazioni cristiane, il governo mira a distruggere i simboli cristiani anche nelle chiese autorizzate. Nel mirino ci sono anche i templi protestanti, mentre restano sempre in forte pericolo di arresti i membri delle cosiddette “chiese sotterranee”, fedeli a Roma. Secondo China Daily, venerdì la portavoce del ministero degli esteri cinese, Hua Chunying, aveva assicurato, in risposta al saluto di Papa Francesco, che Pechino “lavorerà con il Vaticano per un dialogo costruttivo e per promuovere il miglioramento delle relazioni bilaterali”. Il governo di Pechino, oltre a distruggere i simboli cristiani, ha vietato a preti e giovani cinesi di recarsi in Corea in occasione della visita papale. La Cina vuole poter scegliere i vescovi, e non accetta la aperture nei confronti di Taiwan.

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Nuove regole per l’elezione dei vescovi in Cina, governo decide nomi

Nuove regole per l’elezione dei vescovi in Cina che rafforzano il controllo della Bcccc, Bishops Conference of the Catholics Church in China, la conferenza dei vescovi cinesi che è appoggiata dal governo e non è riconosciuta dalla Santa Sede. In base alle nuove disposizioni, entrate in vigore in aprile ma delle quali si sa solo da qualche giorno, una diocesi deve cercare l’accordo con la Bcccc e con la commissione per gli affari religiosi per poter iniziare il processo di elezione e di ordinazione di un nuovo vescovo. La vecchia normativa invece, più snella, prevedeva solo che la diocesi dovesse gestire la procedura a livello provinciale. “La modifica – ha commentato Anthony Lam Sui-ki, ricercatore della diocesi del centro studi dello Spirito Santo di Hong Kong – rappresenta un passo indietro perché blocca la normalizzazione della vita della Chiesa in Cina. Ma allo stesso tempo ricorda ai vescovi ordinati dal Vaticano che devono essere coraggiosi e non farsi impaurire dalle autorità”. Le relazioni tra la Cina e il Vaticano sono negli ultimi anni particolarmente tese.

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Primo appello di Papa Francesco per liberta’ religiosa ai cattolici cinesi

Appello del Papa per i cattolici cinesi, al termine dell’udienza generale, a due giorni dalla festa della Madonna di Sheshan di Shangai, simbolo della perseveranza nella fede dei cattolici in Cina. Si tratta del primo intervento pubblico del nuovo Papa nel complicato dossier Cina che ha ereditato dal predecessore. Papa Francesco, davanti agli oltre 50 mila radunati in piazza San Pietro, ha dunque ricordato che il 24 maggio è il giorno dedicato alla Madonna di Sheshan e ha invitato “i cattolici di tutto il mondo a unirsi in preghiera con fratelli e sorelle che sono in Cina per implorare da Dio la grazia di annunciare con umiltà e con gioia Cristo morto e risorto, di essere fedeli alla sua Chiesa e al Successore di Pietro, e di vivere la quotidianità nel servizio al loro Paese e ai loro concittadini in modo coerente con la fede che professano”. Ha quindi pregato con le parole che i cinesi rivolgono alla Madonna del santuario di Sheshan: “sostieni l’impegno di quanti, in Cina, tra le quotidiane fatiche, continuano a credere, a sperare, a amare, affinché mai temano di parlare di Gesù al mondo e del mondo a Gesù”. Nel 2007, con la sua Lettera ai cattolici cinesi, Benedetto XVI ha proclamato per il 24 maggio una Giornata mondiale di preghiera per la Cina, da allora il santuario di Shanghai, è divenuto meta di pellegrinaggio di tutti i cinesi che, pur tra ostacoli di vario genere frapposti da polizia e autorità, si recano a pregare la Madonna. Intervenendo prima della Giornata, il Papa dà sostegno a quanti sfideranno gli ostacoli per andare a pregare nel santuario, e dà anche un segnale al governo di Pechino. La mano tesa al gigante asiatico da papa Ratzinger con la Lettera non ha infatti dato i risultati sperati, nella complicata situazione dei cattolici divisi tra Chiesa clandestina, fedele al Papa, e chiesa ufficiale, collegata alla Associazione patriottica, emanazione governativa che avrebbe voluto creare una chiesa nazionale antagonista ai papi. Tra le partite aperte tra Roma e Pechino, le nomine dei vescovi, con il tentativo di Pechino di condizionarne la libera scelta da parte del Papa. I cattolici in Cina, inoltre, sia laici che preti o vescovi, subiscono numerose restrizioni alla libertà religiosa. Nell’appello papa Francesco, senza dire parole di rottura, ha ribadito la posizione di Ratzinger: i cattolici cinesi hanno il diritto di essere fedeli al Papa, pur volendo con certezza essere dei buoni cittadini cinesi.

fonte: ANSA

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Morto vescovo di Shanghai, fu detenuto 27 anni

E’ morto in Cina mons. Aloysius Jin Luxian, vescovo coadiutore di Shanghai. Aveva 96 anni – riferisce un comunicato della sala stampa della Santa Sede – ed è morto il 27 aprile. Il presule, gesuita, era nato nel 1916 nel distretto di Nanshi della città di Shanghai ed è stato “una personalità chiave nella storia della Chiesa cattolica in Cina degli ultimi 50 anni”, sottolinea la nota. Studiò prima in Cina e poi in Europa ma con l’avvento della Repubblica Popolare Cinese, nel 1950 fu richiamato in patria e, a seguito degli avvenimenti politici del tempo e dell’espulsione dei gesuiti stranieri, nel 1951 fu nominato rettore temporaneo del seminario regionale di Xuhui (Shanghai). Jin Luxian fu arrestato nel 1955, sottoposto a processo, e condannato. Venne rilasciato dopo 27 anni di detenzione. Nel 1985 il rev. Jin Luxian accettò di essere consacrato vescovo per la diocesi di Shanghai, ma senza approvazione pontificia. Approvazione che ottenne una quindicina d’anni dopo, divenendo vescovo coadiutore di Shanghai, dopo aver manifestato la sua fedeltà al Papa.

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Per la stampa cinese, buono l’approccio di Papa Francesco, ma Chiesa troppo rigida

E’ arrivata anche in Cina l’eco della cerimonia inaugurale del pontificato di Papa Francesco, anche se nessun leader di Pechino vi ha partecipato. Sono vari i giornali cinesi che riportano con enfasi la notizia dell’inizio del nuovo pontificato e che sottolineano gli elementi di novita’ rispetto al passato. Inevitabile il confronto con il papa precedente. Il Global Times sottolinea come Papa Francesco abbia un approccio piu’ confidenziale e affettuoso nei confronti della gente rispetto al Papa emerito Benedetto XVI. La Cina si aspetta molto da Papa Francesco. ”Noi ci aspettiamo che questo nuovo Papa porti una ventata di novità’ anche nei rapporti tra la Cina e il Vaticano – ha commentato al Global Times Zhang Shengjun, professore di politica internazionale all’università’ di Pechino – oltre a portare novita’ nella chiesa cattolica romana”. Il Ministero degli Esteri cinese non ha fatto commenti a seguito della cerimonia di martedi’ al Vaticano ma domenica ha detto che la Cina si aspetta che la Chiesa possa fare dei cambiamenti che migliorino i rapporti bilaterali. Una delle questioni più’ spinose resta il rapporto con Taiwan. La Cina infatti vorrebbe che il Vaticano riconoscesse la Repubblica Popolare Cinese come l’unico governo a rappresentare la Cina. Ma, almeno per ora, la presenza del leader taiwanese alla cerimonia di insediamento di Papa Francesco non sembra portare verso questa direzione, tanto da suscitare polemiche nella chiesa locale. Secondo Zhao Yongsheng, ricercatore presso l’Accademia cinese di scienze sociali, la Cina e il Vaticano stanno fronteggiando sfide simili per la salvaguardia dei diritti dei poveri. Secondo Zhao la scelta di un Papa non europeo rappresenta un importante gesto in termini di apertura della Chiesa e fa ben sperare per il futuro. Per Chen Qijia, professore di religione all’Universita’ del Popolo, la chiave del dissidio tra la Cina e il Vaticano sta soprattutto nel fatto che la Cina insiste nel nominare i cardinali e d’altro canto il Vaticano non ha mai mostrato ”nessuna grossa volonta’ di cambiare su questo argomento, restando rigido”.

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