Le autorita’ della provincia orientale cinese dello Zhejiang hanno deciso di processare un ottantenne in relazione a un omicidio commesso durante gli anni dei disordini politici della Rivoluzione Culturale (1966-1976). Lo riferisce Radio Free Asia. L’uomo, identificato solo con il cognome, Qiu, e’ accusato di aver ucciso un medico nel 1967, strangolandolo con l’aiuto di complici e poi seppellendone il corpo.Qiu e’ stato fermato dopo quasi tre decenni di latitanza, in quanto l’accusa di omicidio venne formulata contro di lui nei primi anni ottanta. Il caso sta suscitando molte polemiche nel paese, alcuni commentatori on-line hanno detto che l’uomo non dovrebbe essere perseguito per un crimine che e’ accaduto più di 40 anni fa, mentre altri parlano di una possibile resa dei conti con la violenza politica di quel discusso periodo storico. L’avvocato per i diritti umani, Liu Xiaoyuan, ha detto tramite il suo account su Sina Weibo, il twitter cinese, che non e’ giusto accanirsi ora contro un solo uomo, per giunta vecchio, quando tanti omicidi ebbero luogo durante lo stesso periodo e sono rimasti impuniti. “La rivoluzione culturale – ha detto invece l’attivista Du Guangda – e’ stata una calamita’, e tutti i cinesi sono state le sue vittime”, paragonando poi il processo a Qiu al perseguimento dei criminali di guerra nazisti che si erano nascosti in sud america. Il numero di persone che sono morte durante la Rivoluzione Culturale non e’ noto, anche se uno studioso di Harvard, John K. Fairbank, ha stimato che nel solo 1967 morirono circa mezzo milione di persone.
Secondo un avvocato di Pechino, Ding Jiaxi, tuttavia, nel caso di Qiu non si puo’ pensare di andare a processo anche perche’ sarebbero passati i 20 anni di prescrizione previsti dal diritto penale cinese. La rivoluzione culturale e i suoi lati oscuri costituiscono ancora quasi un tabu’ in Cina. Nel 2010 i piani di organizzare una celebrazione per le vittime della Rivoluzione culturale a Pechino sono stati archiviati. Dall’altro lato pero’, poco dopo, un gruppo di ex guardie rosse di Mao, costituito da ex studenti che denunciarono e perseguirono in quegli anni insegnanti, medici in nome della rivoluzione, hanno espresso le loro pubbliche scuse nei confronti delle loro vittime. Nel 2006, nella citta’ di Shantou, nella provincia dello Shandong, e’ stato costruito un museo per onorare coloro che sono morti in quella provincia meridionale durante il caos politico di quegli anni. Secondo i dati disponibili, nella sola Shantou, 100.000 persone sono state accusate come criminali, mentre piu’ di 4.500 sono stati feriti o sono rimasti disabili, e circa 400 persone sono morte.
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A giudizio ottantenne per omicidio durante rivoluzione culturale
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Successo per il museo della rivoluzione culturale
Successo per un museo della provincia meridionale del Guangdong che commemora le vittime della rivoluzione culturale. Lo riferisce il quotidiano di Hong Kong South China Morning Post. Moltissimi i visitatori, provenienti anche dall’estero, molti dei quali discendenti dei milioni di cinesi morti in uno dei più oscuri periodi della storia cinese. Il Museo della Rivoluzione Culturale, che si trova a Shantou, ha avuto il suo picco massimo di visitatori lo scorso 8 agosto. “Per chi conosce bene i fatti storici – spiega Peng Qian, fondatore del museo e ex vice sindaco di Shantou – quella è una data importante, perché fu in quella data che nel 1966 la Commissione centrale del partito lanciò ufficialmente la rivoluzione culturale”. Il museo consiste in un edificio a tre piani disegnato sul modello del tempio del cielo di Pechino. Aperto al pubblico nel 2005, contiene fotografie, pitture, articoli e altri documenti di quel periodo (dal 1966 al 1976). Peng ha spiegato che l’idea di fondo è quella di fare in modo che soprattutto le nuove generazioni non dimentichino un capitolo tanto importante della storia recente del paese, imparando dagli errori del passato. “Il governo – ha concluso Peng – non ci ha creato problemi quando abbiamo deciso di aprire il museo, in quanto il partito ha già condannato la Rivoluzione culturale, ma non ha osato darci un vero e proprio sostegno”. La rivoluzione culturale fu voluta da Mao Zedong per frenare le spinte riformiste che stavano cominciando a nascere anche all’interno del partito e per riaffermare l’applicazione ortodossa del pensiero comunista. Si tradusse in una perdita di vite umane (si parla di sette milioni di persone, anche se stime precise non sono disponibili) e in una e propria persecuzione nei confronti di insegnanti, intellettuali e artisti.
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