24 febbraio 2013 · 01:57
A un anno dalle ‘vere’ elezioni che la popolazione di Wukan, il “villaggio ribelle” della Cina meridionale, si era conquistata con una dura battaglia contro gli speculatori e i politici corrotti locali, dire che l’atmosfera è di depressione non rende pienamente l’idea. Lin Zuluan (69 anni), il leader della rivolta e ora presidente del comitato di villaggio, e il suo giovane collaboratore Hongrui Chao (29), sembrano entrambi invecchiati di dieci anni. “Se mi ripresenterò alle prossime elezioni? E’ escluso, nessuno si mette in croce da solo”, afferma Lin. Hongrui gli fa eco: “Ho imparato molto in questo anno, per esempio che amministrare un villaggio è veramente difficile… quando ho cominciato ero pieno di gioia e di energia, ora mi sento stanchissimo, svuotato…”. Le terre espropriate per le quali è scoppiata la rivolta sono state recuperate solo in parte, e ancora devono essere redistribuite tra i circa 13 mila abitanti di questo paese di pescatori sulla costa meridionale della Cina, nella ricca provincia del Guangdong. Qualche settimana fa il nuovo comitato é stato contestato da decine di paesani che – ricorda Hongrui con un sorriso amaro – hanno sfasciato le vetrine dei loro uffici per dimostrare il loro malcontento. Per la Cina, le elezioni che si sono tenute il 5 marzo del 2012 erano state una novità assoluta: nessuna lista bloccata, nessuna pressione, tutto il processo autogestito. Risultato: oltre Lin e di Hongrui, altri cinque tra i leader della rivolta sono stati eletti nel nuovo comitato. Ad innescare la ribellione di Wukan, non dissimile da altre decine di migliaia che avvengono ogni anno nella Cina rurale, era stata la vendita di una vasta porzione di terra ad una grande impresa edile della vicina Hong Kong. In Cina, la terra è in teoria proprietà pubblica ma di fatto viene gestita dalle amministrazioni locali per le quali è spesso la principale fonte di reddito. Dopo la morte di uno dei leader della protesta, Xue Jinbo, mentre era nelle mani della polizia, la popolazione di Wukan cacciò i membri dell’allora comitato e il villaggio si autogestì per una decina di giorni mentre la polizia lo circondò, isolandolo dal resto del Paese. La situazione fu risolta dall’ intervento di Wang Yang, l’allora capo del Partito Comunista del Guangdong, che licenziò il vecchio comitato e concesse le elezioni, libere da interferenze. “Sono caduti in una trappola”, sostiene oggi la figlia di Xue Jinbo, Xue Jianwan, una ragazza di 22 anni molto popolare nel villaggio. “Il governo (della provincia, ndr) oggi chiede loro solo di mantenere la stabilità e non fa nulla per risolvere il problema della terra, e la rabbia popolare si dirige verso di loro, verso i membri del comitato che avevano promesso di restituirla”. I due membri del comitato non lo dicono ma uno di loro, il giovane Hongrui, esprime lo stesso concetto quando dice di sentirsi “come la fetta di carne di un hamburger”, presa tra le due grosse fette di pane. “I nostri compaesani pensano che si possa recuperare tutta la terra che è stata venduta negli anni passati, e questo non è vero”, spiega Lin Zuluan. “Solo una piccola parte è stata venduta in modo che si può dimostrare illegale (circa un terzo di quello che ritengono la maggior parte degli abitanti di Wukan, ndr). Anche ridistribuirla – aggiunge Hongrui – non è così facile. Bisogna stabilire chi ha diritto a cosa, ricostruire come stavano le cose prima delle vendite. E questo richiede tempo”. L’uno e altro affermano di avere la coscienza a posto e di aver fatto del proprio meglio. Hanno ancora un anno di tempo, poi dovrà essere eletto un nuovo comitato. “La soluzione? Sta in un compromesso – conclude Lin Zuluan – non si può insistere fino a portare il problema in un vicolo cieco”.
Beniamino Natale per l’Ansa
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3 marzo 2012 · 08:30
In un’atmosfera di festa paesana, migliaia di residenti del ”villaggio ribelle” di Wukan, sulla costa meridionale della Cina, hanno votato oggi per eleggere i sette membri del comitato di villaggio in quella che e’ stata definita la prima ”vera” elezione libera nella Cina comunista. Le votazioni si sono svolte in modo apparentemente regolare nel cortile della scuola elementare di questo borgo di 13mila abitanti, che l’anno scorso e’ stato teatro di un’aspra battaglia dei residenti contro la requisizione forzata delle terre. Elezioni per i Comitati di villaggio si svolgono dagli anni novanta nei villaggi cinesi. Quello che distingue le elezioni di Wukan dalle altre e’ che sono state completamente autogestite da un apposito comitato i cui componenti sono tutti i leader della battaglia per la restituzione delle terre. Di solito, le elezioni si svolgono sulla base di una lista bloccata elaborata dai locali dirigenti comunisti. Lin Zuluan, un ex-imprenditore di 67 anni, leader della contestazione e dal 1965 (secondo l’agenzia Nuova Cina) membro del Partito comunista, e’ stato eletto segretario del nuovo Comitato dai circa settemila elettori (l’ 81,5% degli aventi diritto) che si sono recati alle urne. Con lui, gli altri sei componenti del Comitato – i cui nomi si sapranno nei prossimi giorni – sono stati scelti dagli elettori da una lista di 21 candidati, tutte persone che sono state impegnate in prima fila nella lotta per la terra. Muovendosi nel grande cortile, seguito da un codazzo di fotografi e cameraman, Lin evita di rispondere direttamente alle domande dei giornalisti, accorsi da tutto il mondo per assistere alle elezioni ”libere”. ” La prima cosa che dobbiamo fare – si limita a dire – e’ studiare tutti i documenti della vendita”. Secondo i residenti, oltre due terzi della terra del villaggio sono stati ”illegalmente” venduti ad una grande impresa edile di proprieta’ di capitalisti di Hong Kong e – sospettano – di alcuni potenti locali. Lin e’ stato eletto a sorpresa, in gennaio, segretario della locale sezione comunista, dopo l’intervento diretto di Wang Yang, il leader del Partito comunista della provincia nella quale si trova Wukan, il Guangdong, ed esponente di spicco dell’ala riformista e moderata del Partito a livello nazionale. La scelta e’ stata approvata – secondo un residente – da ”tutta” la popolazione del villaggio, e ha disinnescato la tensione dopo che i dirigenti locali ritenuti corrotti erano stati allontanati con la forza da Wukan e che il villaggio si era autogestito per dieci giorni, circondato dalla polizia, ma sostenuto dal tam-tam su Internet e dalla rilevanza che la storia ha avuto sulla grande stampa internazionale. I contestatori, dunque, vanno al potere ma, dal modo nel quale si sono svolte le elezioni appare chiaro che un compromesso con le autorita’ provinciali c’e’ stato. ”Le elezioni sono un primo passo, ora dobbiamo pensare a recuperare le nostre terre”, ha dichiarato all’ANSA Zhuang Lie Hong, un altro dei ribelli-candidati. Dopo le elezioni il problema della terra rimane aperto. Come rimane aperto l’altro, grande problema di Wukan, cioe’ la morte in custodia di Xue Jinbo, uno dei rappresentati eletti dai residenti per trattare con le autorita’ nelle prime fasi della rivolta. La polizia afferma che e’ deceduto per un ”improvviso attacco di cuore”, ma la famiglia sostiene che Jinbo non aveva mai avuto problemi cardiaci. Che esista, come ha detto qualcuno, un ”modello Wukan” per la soluzione dei problemi legati alla proprieta’ della terra rimane tutto da dimostrare.
fonte: ANSA
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2 marzo 2012 · 16:15
Wukan, il villaggio ribelle della Cina meridionale, ferve di attività . Domani, gli ottomila elettori di questo villaggio sulla costa meridionale del Paese, nella ricca provincia del Guangdong, potranno scegliere i sette membri del comitato che li rappresenterà nella battaglia che stanno conducendo da più di tre anni per riavere le loro terre che – affermano – sono state vendute “illegalmente” ad un’ azienda edile dal precedente comitato. “Per la prima volta saranno elezioni vere” dice Liu Wanwei, 33 anni, seduto in una delle sale della sede del comitato, il centro dell’ attività dei ribelli. L’ edificio è pieno di giovani, meno giovani, ragazze in minigonna, ragazzi in giubotti alla moda, ragazzini che si rincorrono, vecchi che predicano la calma, motorini che entrano ed escono dal cortile con a bordo fino a sei persone. “Ho diritto al voto da quando avevo 18 anni – racconta Liu – e ho votato solo la prima volta. Sulle schede c’ erano dei nomi sconosciuti e quando l’ ho fatto presente ai funzionari mi hanno risposto che mi avrebbero indicato loro i candidati da scegliere”. Questa volta, alle elezioni si presentano 21 candidati: “li conosco tutti, so che tipi di persone sono”, sottolinea il giovane. Per il posto di segretario del comitato il candidato è uno solo, che sarà eletto a furor di popolo: si tratta di Lin Zuluan, 67 anni, uno dei leader della rivolta nominato a sorpresa, in gennaio, segretario della locale sezione del Partito comunista cinese (Pcc), il vero centro di potere del villaggio. Prima di questa improvvisa svolta, che viene attribuita all’ intervento personale leader del Pcc del Guangdong Wang Yang, capofila dell’ ala riformista del Partito e possibile, futuro dirigente nazionale, la vicenda di Wukan aveva ricalcato quella di altre migliaia di villaggi cinesi. Accortisi per caso che oltre due terzi delle loro terre erano state vendute dal comitato di villaggio alla società Jiaye, una joint venture tra ricchi di Hong Kong e potenti locali, i residenti hanno cominciato a protestare, prima inviando lettere al governo provinciale, poi a quello nazionale e infine con le manifestazioni di piazza, iniziate nel settembre scorso. Wukan é salito alla cronache nazionali e internazionali nei mesi seguenti quando i dirigenti locali del Partito sono stati costretti a fuggire da una folla inferocita. Sono seguiti gli abituali arresti e uno dei leader della rivolta, Xue Jinbo, è morto in custioda della polizia in dicembre, in circostanze che rimangono oscure. La morte di Xue ha dato nuova forza alle proteste, che si sono calmate solo con l’ intervento di Wang, la nomina di Lin Zuluan a segretario del Partito locale e all’ inizio del “vero” processo elettorale che avrà il suo culmine con l’ elezione del nuovo comitato. “E’ solo il primo passo”, afferma Hong Ruichao, 28enne candidato alle elezioni. “Poi dovremo riprenderci le terre, e non sarà facile. Ma siamo fiduciosi e non siamo disposti a mollare”. “Sette persone non possono risolvere il problema, ma dietro di loro ci sono diecimila abitanti di Wukan”, aggiunge. Hong non si nasconde che i problemi sono grandi: “prima di tutto – spiega – la vendita illegale, poi l’ occupazione illegale delle terre (da parte dei rappresentanti della Jiaye).”. E rimane irrisolto il mistero della morte di Xue Jinbo. Una delle sua figlie, Xue Jianwan, 21 anni, insegnante, é candidata alle elezioni. “Ma anche se sarò eletta, penso che rinuncerò” – ha dichiarato all’ ANSA – “c’ è una forte pressione da parte della mia famiglia, hanno paura di quello che potrebbe succedere dopo”. “Solo mia madre mi sostiene ma tutti i miei zii e gli altri parenti dicono che già abbiamo cosa succede ad esporsi eccessivamente, che già abbiamo perso mio padre”.
fonte: ANSA
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