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La Cina censura la visita dell’ex presidente Hu Jintao alla residenza di leader riformista

La censura cinese non risparmia neanche l’ex presidente cinese ed ex segretario del partito comunista cinese Hu Jintao. Dalla rete, infatti, soprattutto dai microblog di Sina Weibo, il simil-twitter cinese, è stata eliminata la foto che ritrae l’ex presidente cinese nei giorni scorsi in visita alla casa di famiglia di Hu Yaobang, ex segretario generale del Partito Comunista cinese, considerato un riformatore la cui morte, 25 anni fa, segnò l’inizio della rivolta studentesca che qualche mese dopo portò ai moti di Tiananmen. Già in passato Hu Jintao si era richiamato a Hu Yaobang del quale operò una vera e propria riabilitazione. Hu Yaobang, molto vicino a Deng Xiaoping, perse ogni carica durante la rivoluzione culturale di Mao. Deng lo riabilitò e Hu fu ai vertici del partito fino al 1987 quando fu obbligato a dimettersi. Due anni dopo morì per attacco cardiaco il 15 aprile e le manifestazioni in suo onore di giovani studenti rappresentarono l’inizio della protesta che portò, due mesi dopo, ai moti di Tiananmen. Proprio il 25mo anniversario di Tiananmen, che ricorrerà il prossimo 4 giugno, sta coincidendo con una maggiore stretta della censura cinese su internet, tanto che in molti lamentano un notevole rallentamento della rete. Ecco il messaggio arrivato ai giornalisti cinesi con la censura della visita

Central Propaganda Department: The media are not to report on Hu Jintao’s visit to Hu Yaobang’s former residence. Media websites must immediately delete any republished [coverage]. (April 14, 2014)

中宣部:胡锦涛拜访胡耀邦故居一事媒体不要做报道,网媒已转载的要立即删除。

La foto della visita, censurata

La foto della visita, censurata

L'ex premier Wen Jiabao, l'ex presidente Hu Jintao e Hu Yaobang in una foto di qualche anno fa

L’ex premier Wen Jiabao, l’ex presidente Hu Jintao e Hu Yaobang in una foto di qualche anno fa

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Da oggi in Cina più figli e niente più campi di rieducazione attraverso il lavoro?

In un solo colpo, la Cina si libera (almeno in parte) di due delle sue leggi più odiate, in patria e all’estero: quella che impone il figlio unico e quella che prevede la rieducazione attraverso i campi di lavoro. La decisione, di cui si parlava da gennaio, poi annunciata a novembre durante i lavori del comitato centrale del partito comunista cinese, è stata formalmente approvata oggi dal Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo. Il Comitato ha deciso di mettere la parola fine ai laojiao, i campi di lavoro istituiti negli anni 50, dove fino ad oggi venivano rinchiuse persone ritenute colpevoli di reati minori (crimini contro il patrimonio, prostituzione, consumo di droga) ma anche oppositori al regime, postulanti, religiosi e fedeli di ogni fede. Chi vi veniva rinchiuso riceveva un modesto salario per il lavoro e non perdeva i diritti politici. Secondo Nuova Cina, che diffonde dati relativi al 2008, sarebbero 350 i campi di rieducazione, nei quali sono rinchiuse 160.000 persone, mentre altre fonti televisive cinesi parlano di 300.000 reclusi. Ma i numeri come sempre sono ballerini: secondo l’ultima edizione (2008) del dossier della Ong americana Laogai Foundation (fondata da Harry Wu che ha trascorso in un laogai dal 1960 al 1979) in Cina ci sarebbero 1422 campi attivi. Il problema è ora capire che fine faranno le persone recluse e i campi. La risoluzione del comitato permanente sottolinea che “tutte le pene legate ai laojiao prima della abolizione del sistema resteranno valide. Dopo l’abolizione, coloro che stanno scontando la pena saranno liberati. Non saranno prolungati i loro termini”. Ma non tutti credono nella totale abolizione del sistema. Su internet e tra chi si batte per i diritti civili in Cina c’e’ scetticismo, soprattutto perchè alcuni laojiao sono stati già tramutati in “prigioni legali” o in “campi di riabilitazione per tossicodipendenti” dove religiosi (soprattutto membri della Falun Gong, come denunciato dalla stessa organizzazione) sono stati trasferiti. Potrebbe essere smorzato anche l’entusiasmo per l’altra riforma: l’allentamento della politica del figlio unico. Rispetto al testo attuale (già soggetto a deroghe), la riforma prevede il permesso del secondo bambino, limitatamente ai centri urbani e per le coppie nelle quali uno dei due coniugi sia figlio unico, mentre oggi tale ‘privilegio’ è riservato alle coppie composte da due figli unici. Prima dell’entrata in vigore di questa nuova disposizione, in Cina potevano avere più figli gli appartenenti a minoranze etniche e residenti di determinate regioni. Il secondo figlio è inoltre permesso a coloro che hanno come primo figlio una femmina o un malato. Alla base della decisione del Comitato, ci sono soprattutto le proteste dei cinesi. La legge del figlio unico e’ una delle più odiate: viene applicata anche con metodi brutali da funzionari locali che, non volendo sfigurare con i loro superiori, ricorrono anche alla forza oltre che a multe salate per evitare nascite in coppie che hanno già figli. Senza poi contare che in mancanza di un sistema previdenziale totale, ci si deve basare sull’unico figlio per assicurarsi la vecchiaia e con gli alti costi della vita in Cina, non tutti riescono ad aiutare i genitori. Ma la necessità di cambiare la legge del 1980, nasce anche dai dati demografici. Per la prima volta in decenni, la forza lavoro di circa 940 milioni, è diminuita l’anno scorso di 3,45 milioni. E secondo le previsioni in questo decennio dovrebbe diminuire di altri 29 milioni. Inoltre, aumenta la popolazione degli anziani: gli over 60 sono il 14,3% e diventeranno un terzo della popolazione nel 2050. Problemi anche per il bilanciamento tra i sessi: su 100 femmine, nel 2012 c’erano 118 maschi. Dopo essere stata tanto invocata, la legge che abolisce il figlio unico – e che dovrebbe entrare in vigore entro il primo trimestre 2014 – potrebbe essere rallentata dalla crisi economica, oltre che da aspetti legislativi ancora tutti da chiarire.

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Donna denuncia autorità dopo condanna pe rlegge figlio unico

Un’operaia cinese ha denunciato le autorita’ che hanno negato al suo secondo figlio il diritto alla scuola e all’assistenza sanitaria basandosi sulla legge che impone alle coppie di non avere piu’ di un figlio. Alla donna, che lavora per una compagnia che costruisce apparecchi per l’ aria condizionata a Pechino, era stata imposta una multa di 330mila yuan (quasi 40mila euro), 14 volte superiore al suo reddito annuale. Dato che non e’ stata in grado di pagarla, suo figlio non ha avuto un ‘hukou’ (permesso di residenza) e di conseguenza non puo’ usufruire dei servizi pubblici di base. ”Quando ho visto a quanto ammontava la multa ho pensato che era una cosa inconcepibilE, se lo avessi saputo non avrei mai partorito”, ha dichiarato la donna, che si chiama Liu Fei e ha 41 anni. In seguito, Liu ha cercato senza successo di vendere un rene per pagare la multe. Poi e’ stato suo figlio a offrirle di vendere il rene al posto suo. In novembre, il Partito Comunista Cinese ha annunciato un ammorbidimento della legge, che secondo i gruppi per i diritti umani e’ stata fonte di pesanti abusi, tra cui migliaia di aborti forzati, condotti in alcuni casi contro il parere dei medici.

fonte: ANSA

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Svelate le riforme del Comitato centrale: anche legge del figlio unico e abolizione campi lavoro

La Cina ha annunciato oggi una serie di profonde riforme, diffondendo i dettagli del documento approvato all’ inizio della settimana dal comitato centrale del Partito Comunista Cinese dopo una riunione di quattro giorni a Pechino. L’ ondata di riforme copre tutti – o quasi – i punti annunciati nelle settimane scorse e porta l’ inconfondibile impronta del presidente Xi Jinping e dei suoi piu’ stretti collaboratori, che confermano cosi’ di aver rafforzato nei mesi scorsi il loro controllo sul Partito. I cambiamenti annunciati vanno da una maggiore apertura verso il settore privato dell’ economia, alla convertibilita’ dello yuan fino all’ ammorbidimento della legge sul figlio unico e della politica dei permessi di residenza (gli ”hukou” in cinese). Si parla inoltre della graduale abolizione del sistema di ”rieducazione attraverso il lavoro” e della riduzione dei reati punibili con la pena di morte. La conferma della abolizione della ”rieducazione attraverso il lavoro”, annunciata mesi fa e poi apparentemente dimenticata, e’ particolarmente significativa, perche’ nei giorni scorsi fonti vicine al Partito avevano affermato che Xi Jinping aveva trovato su questo punto una forte opposizione all’ interno del gruppo dirigente. Come previsto, nel documento non si fa cenno ad un allentamento del controllo del Partito Comunista sulla vita politica del Paese, che anzi appare avviato a rafforzarsi con nuovi, stringenti controlli sui media e in particolare su Internet, che gia’ subisce una serie di forti restrizioni come il blocco dei principali siti di comunicazione sociale da Twitter a Facebook a Youtube. Mentre l’ agenzia Nuova Cina annunciava le decisioni sulle riforme, i siti web dei media occidentali che riportavano la notizia sull’ inchiesta aperta negli Usa sui rapporti tra la banca d’ affari J.P.Morgan e la figlia dell’ ex-premier Wen Jiabao, erano bloccati. Tra gli altri, sono risultati inaccessibili il sito del New York Times – che per primo ha riportato la notizia – quello dell’ agenzia Reuters e del Wall Street Journal. In alcuni casi le affermazioni del nuovo documento sono vaghe e appaiono piu’ come una dichiarazione d’ intenti che come misure concrete. Sul ruolo dominante della imprese e delle banche statali, ad esempio, il documento si limita ad affermare che ”saranno prese misure…per spezzare i monopoli e introdurre la competizione”, ma non si dice quali. In un primo commento a caldo, un ”alto funzionario americano” citato dall’ agenzia Reuters sostiene che i leader cinesi hanno indicato di essere fortemente impegnati sul terreno delle riforme economiche ma che ”…il problema e’ quanto e con quanta velocita”’. La volonta’ riformista del nuovo gruppo dirigente, salito al potere un anno fa, e’ dettata dalla necessita’ di modificare gradualmente la struttura dell’ economia cinese, dopo che il modello basato sulle esportazioni a basso costo ha cominciato a mostrare la corda. Per quest’ anno un tasso di crescita del 7-7,5% sara’ considerato soddisfacente: una grossa differenza dai tassi a due cifre del primo decennio del secolo. La diffusione del documento con i dettagli delle decisioni del cc era prevista per la prossima settimana. Potrebbe essere stata anticipata, secondo gli osservatori, dopo la negativa reazione dei mercati finanziari, che hanno reagito con decisi ribassi alla genericita’ del primo documento diffuso alla fine dei lavori del cc, martedi’ scorso.

fonte: Beniamino Natale per Ansa

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Modifica alla legge del figlio unico, più coppie potranno avere due figli

Alla fine, anche il tabù della legge del figlio unico è stato infranto, anche se la stessa norma non è stata abrogata del tutto. La terza sessione plenaria del comitato centrale del partito comunista, conclusa tre giorni fa ma le cui risultanze sono state rese note solo oggi, ha deciso che nelle città verrà permesso di avere più di un bambino alle coppie nelle quali uno dei due coniugi sia figlio unico, mentre oggi questo privilegio è riservato alle coppie composte da due figli unici. Una rivoluzione non da poco e che va in qualche modo a sanare alcune difficili situazioni. Secondo i dati ufficiali, dal 1980, quando la norma è entrata in vigore, si è impedita la nascita di almeno 400 milioni di cinesi. Era il 25 settembre del 1980 quando il comitato centrale del partito comunista cinese inviò una lettera nella quale si invitavano i membri del partito e quelli della lega giovanile comunista ad avere un solo figlio per migliorare la qualità della vita. “Più bambini consumano più soldi e più cibo – era scritto nella lettera – che ostacolano il miglioramento degli standard di vita, e per il Paese, la crescita della popolazione potrebbe incidere sull’accumulazione di fondi per la modernizzazione della nazione”. La politica del figlio unico ad oggi tocca il 63% della popolazione cinese. La legge è odiata dalla gente per una serie di ragioni: la prima è che viene applicata anche con metodi brutali da funzionari locali che, non volendo sfigurare con i loro superiori, ricorrono anche alla forza (oltre che a multe salate) per evitare nascite in coppie che hanno già figli. Senza poi contare che in mancanza di un sistema previdenziale totale, ci si deve basare sull’unico figlio per assicurarsi la vecchiaia e con gli alti costi della vita in Cina, non tutti riescono ad aiutare i genitori. I figli, dal canto loro, spesso sono stressati perché i genitori ripongono nell’unico discendente tutte le loro aspirazioni. La mossa del partito nasce da motivazioni più terrene: mancano i giovani, mancano i lavoratori, la popolazione invecchia. Per la prima volta in decenni, la forza lavoro, di circa 940 milioni, è diminuita l’anno scorso di 3,45 milioni. In questo decennio, dovrebbe diminuire di altri 29 milioni. Inoltre, aumenta la popolazione degli anziani: gli over 60 sono il 14,3% della popolazione e diventeranno un terzo della popolazione nel 2050. Problemi anche per il bilanciamento tra i sessi: su 100 femmine, nel 2012 c’erano 118 maschi. L’idea del partito è di contenere comunque la popolazione sotto il miliardo e mezzo, portando il tasso di fertilità a 1,8, dall’1,5 dove si trova ora. Eccezioni già c’erano: per le minoranze etniche e in alcune regioni, ad esempio i figli unici che si sposano possono avere due figli, oppure il secondo figlio è permesso a coloro che hanno per primo figlio una femmina o un malato.

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Dubbi sulle riforme di Xi Jinping, mercati scettici

Le conclusioni della riunione del comitato centrale comunista – diffuse ieri dopo quattro giorni di lavori a porte chiuse in un albergo alla periferia di Pechino – hanno suscitato reazioni diverse tra gli osservatori. Ma il mercato, che secondo il documento programmatico diffuso dal cc dovrà assumere nei prossimi anni un ruolo “decisivo” nell’economia cinese, si è mostrato assai scettico. La Borsa più importante del Paese, quella di Shanghai, ha registrato un calo dell’ 1,8%, in un chiaro segno che ci si aspettava qualcosa di più dal terzo plenum. Stesso andamento ad Hong Kong, dove la frenata è stata dell’1,9%. Un analista della Bank of America Merrill Lynch ha sostenuto che “non c’è nulla di nuovo sul fronte delle riforme” e che “i dirigenti cinesi sembrano anteporre la stabilità alle azioni decise”. Di diverso parere Xu Hongcai, del China Centre for International Economic Exchanges di Pechino, un centro studi legato al governo, secondo il quale il maggior ruolo previsto per il mercato “è la grossa novità del documento”. “Significa – ha proseguito – che l’intervento dello Stato nell’economia sarà ridotto e che l’attività del governo sarà più orientata ai servizi pubblici”. Lo scetticismo prevale tra gli osservatori stranieri. L’autorevole Financial Times ha scritto che “il Partito ha chiarito che continuerà ad occupare il posto di comando dell’economia cinese. Il documento sembra escludere qualsiasi serio sforzo di ridurre il potere delle compagnie statali in settori come la finanza, l’energia, le telecomunicazioni e i trasporti”. In un commento sul Wall Street Journal, il sinologo ed economista Russel Leigh Moses ha sostenuto che nel plenum del comitato centrale “gli sconfitti sono stati i riformisti, incluso (il presidente della Repubblica e segretario del Partito) Xi Jinping”. Sintetizzando, Moses afferma che in conseguenza del documento “gli imprenditori privati potranno sedere accanto al guidatore, ma non potranno guidare”. I sostenitori della tesi opposta – cioè che il comitato centrale ha segnato punti a favore delle riforme – ricordano che in passato le riunioni del cc hanno avuto il ruolo di elaborare dei documenti di indirizzo generale sul quale è stato raggiunto un consenso nel gruppo dirigente, e che per i dettagli – e quindi per le misure incisive – si dovrà attendere un ulteriore documento, che potrebbe essere diffuso già la prossima settimana. In molti commenti viene inoltre sottolineato il fatto che è stata decisa la creazione di due nuovi organismi, uno incaricato di “approfondire in tutti i sensi le riforme” e uno che sarà responsabile della sicurezza nazionale. Sulla composizione di questi organismi non sono stati forniti dettagli ma l’interpretazione prevalente è che indichino un rafforzamento delle posizioni del nuovo gruppo dirigente guidato dallo stesso Xi Jinping e dal premier Li Keqiang, che ha promesso riforme nel campo economico senza mettere in discussione la struttura politica autoritaria che lascia tutto il potere politico nelle mani del Partito.

fonte: Beniamino Natale per ANSA

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Concluso il comitato centrale: più riforme, più spazio al mercato e forse abolizione legge figlio unico

Il Partito Comunista Cinese si è impegnato oggi a rafforzare “il ruolo decisivo” del mercato nell’economia al termine di una riunione del suo massimo organo dirigente, il comitato centrale, centrata sulla necessità di contrastare il declino degli straordinari tassi di crescita dello scorso decennio. I 376 membri (tra effettivi e supplenti) del Comitato centrale si sono riuniti in un vecchio albergo alla periferia di Pechino sotto la protezione di un massiccio schieramento delle forze di sicurezza, che è stato rafforzato dopo l’attentato del 29 ottobre su piazza Tiananmen, nel quale terroristi islamici hanno colpito per la prima volta nel cuore della capitale, causando la morte di cinque persone. Il documento approvato al termine dei lavori, che si sono protratti in gran segreto per quattro giorni, è vago e rappresenta un canovaccio che indica la via da percorrere nei prossimi anni. Su questo documento di “indirizzo”, il nuovo gruppo dirigente guidato dal presidente della Repubblica e segretario generale del partito Xi Jinping e dal premier Ki Keqiang ha ottenuto il consenso del Comitato centrale. Questo, ammoniscono gli osservatori, non significa che siano superate le resistenze delle potenti lobby che dominano l’economia cinese, in primo luogo quelle riunite intorno alle grandi imprese e alle grandi banche statali. “Il comunicato è molto generico e non lascia spazio alla possibilità di riforme politiche”, ha detto all’ANSA Zhang Ming, professore alla Renmin University di Pechino e profondo conoscitore della struttura politica cinese. “Ci potrebbero essere importanti novità sul piano dell’amministrazione e della proprietà (oggi interamente pubblica e gestita di fatto dagli organi dirigenti del Partito, a tutti i livelli della società)”. “Penso che possiamo aspettarci per il prossimo futuro una riforma della proprietà terriera e probabilmente del sistema dei permessi di residenza (che oggi traccia una divisione netta tra residenti delle città e delle campagne)”, aggiunge il professore. Altri osservatori hanno sottolineato la possibilità che venga varata nel prossimo futuro un’altra riforma di portata storica, vale a dire la modifica in senso liberale della legge sul figlio unico. Quello che si è concluso oggi a Pechino è stato il terzo incontro del cc eletto dal 18esimo congresso del Partito, che si è tenuto un anno fa. Quello che nel linguaggio da Terza Internazionale ancora largamente usato in Cina viene chiamato il “terzo plenum” è tradizionalmente il palcoscenico scelto dal nuovo gruppo dirigente per lanciare il suo programma di governo. Fu in un “terzo plenum” nel 1978 che l’allora numero uno cinese Deng Xiaoping lanciò la politica di “apertura e riforma” che è alla base del boom cinese. E fu nel “terzo plenum” del 1993 che il suo successore Jiang Zemin confermò – quattro anni dopo il massacro di studenti di piazza Tiananmen – che il Paese sarebbe andato avanti su quella strada.

Sono almeno dieci anni, da quando l’ esodo dei contadini cinesi verso le metropoli in cerca di lavoro e di reddito ha assunto dimensioni macroscopiche, che si parla della possibile abolizione della legge piu’ odiata dalla popolazione, quella che impone alle coppie urbane di non aver piu’ di un figlio. Ma questa volta, secondo molti osservatori, dovrebbe essere quella buona: una delle misure implicite nel fumoso documento diffuso oggi a conclusione della riunione del comitato centrale del Partito Comunista Cinese e’ la modifica in senso liberale della legge sul figlio unico. Secondo le previsioni della stampa, verra’ permesso di avere piu’ di un bambino alle coppie nelle quali uno dei due coniugi sia figlio unico (oggi questo privilegio e’ riservato alle coppie composte da due figli unici). Varata nel 1979, la cosiddetta legge sul figlio unico e’ malvista anche a causa del modo nel quale e’ stata applicata, cioe’ rendendo i funzionari di basso livello responsabili della rigida osservanza di un sistema di quote imposto dal centro. Secondo questo sistema, il governo centrale stabilisce il tetto di nascite per ogni provincia, ogni governo provinciale stabilisce quello delle municipalita’ e cosi’ via…E’ questo sistema, secondo i gruppi umanitari, che ha portato ad abusi come gli aborti forzati, imposti anche a donne in stato avanzato di gravidanza. La punizione per chi viola la legge sul figlio unico e’ costituita da multe il cui ammontare viene stabilito provincia per provincia e che spesso e’ di decine di migliaia di yuan, cioe’ astronomico per standard cinesi. Sull’ efficacia della legge i pareri sono discordanti. Le autorita’ sostengono che essa ha garantito il contenimento della crescita della popolazione, mentre alcuni sociologi lo attribuiscono al processo di urbanizzazione, che ha portato le giovani donne nelle professioni spostando in avanti di almeno un decennio il momento della prima gravidanza

fonte: Beniamino Natale per Ansa

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