Il Quotidiano del Popolo ha pubblicato un gioco on line che consiste nello sparare ai criminali di guerra giapponesi. Lo riferisce il South China Morning Post. Il gioco, che si chiama ”spara ai diavoli” da’ la possibilità di scegliere tra 14 personaggi giapponesi, tutti considerati criminali di guerra, che vengono anche brevemente descritti. Tra questi anche il generale Hideki Tojo, che fu primo ministro del Giappone durante la maggior parte del periodo della guerra e fu poi condannato a morte per impiccagione nel 1948. Il giocatore, dopo aver selezionato uno di questi personaggi, gli spara utilizzando il mouse come fosse un fucile. I creatori del gioco non hanno voluto rendere noto quanti utenti lo abbiano sinora utilizzato. Diversissime le reazioni in rete alla notizia del gioco. Su Sina weibo, il twitter cinese, molte persone hanno parlato di gioco ”infantile”, altri invece hanno scritto che ”non ci vedono nulla di male”. La pubblicazione del gioco è avvenuta in un periodo in cui le relazioni tra Cina e Giappone sono quanto mai tese, sia per la annosa e mai risolta disputa territoriale per la rivendicazione delle isole Diaoyu (Senkaku per i Giapponesi), sia per il loro passato di guerra.
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Pechino contro lettera kamikaze in patrimonio Unesco
La Cina è decisamente contraria all’inclusione nel programma Memoria del mondo, creato dall’ Unesco, delle lettere d’addio dei kamikaze giapponesi, richiesta dalla municipalità della città di Minami-Kyushu. “Si tratta di un tentativo di imbellire la storia dell’aggressione militarista del Giappone e di rimettere in discussione la vittoriosa conclusione della Guerra mondiale antifascista e l’ordine internazionale del dopoguerra”, ha sostenuto la portavoce del ministero degli esteri cinese Hua Chunying in una conferenza stampa a Pechino. Le lettere di alcuni giovani kamikaze – che si suicidarono lanciandosi contro le forze alleate alla fine della Seconda Guerra Mondiale – si trovano nel museo di Minami-Kyushu. Il progetto Memoria del mondo è stato lanciato dall’agenzia per la cultura dell’Onu per far prendere coscienza dell’esistenza di un patrimonio culturale mondiale e per facilitarne la conservazione. Si tratta di un nuovo fronte di scontro tra Cina e Giappone che hanno in corso un’aspra disputa territoriale nel Mar della Cina orientale, dove Pechino rivendica le Senkaku/Diaoyu, un gruppo di isole disabitate controllate da Tokyo.
fonte: ANSA
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Giappone aumenta spese militari dopo tensione con Cina
Il Giappone “mostra i muscoli” e vara le nuove linee relative alla “Strategia nazionale sulla sicurezza” con un piano che riflette le crescenti tensioni con la Cina sulle sovranità delle isole Senkaku, controllate da Tokyo e rivendicate da Pechino con il nome di Diaoyu. Il governo ha deciso di aumentare del 5% le spese militari nei prossimi cinque anni per dotare le Forze di Autodifesa di equipaggiamenti “mirati” alla tutela dei territori più lontani, stanziando 24.670 miliardi di yen (175 miliardi di euro) tra il 2014 e il 2019. Nel programma, che fissa più stretti legami con Usa, Corea del Sud, Australia, India, Ue e Paesi dell’Asean, si apre alla revisione dei termini sull’export di armi a conferma di un’inversione di rotta sulle politiche restrittive e si menzionano acquisti di droni, aerei a decollo verticale, mezzi anfibi, missili, elicotteri da trasporto truppe, caccia F35A, sottomarini e distruttori con tecnologia Aegis per assicurare il controllo delle oltre 6.800 isole (secondo i dati governativi) dell’arcipelago nipponico, includendo anche le più remote. Il piano, per altro verso, segna un’altra pietra miliare nei propositi del premier conservatore Shinzo Abe, determinato a rafforzare la difesa e ad alleggerire le restrizioni maturate nel dopoguerra sulle forze armate. Il Giappone, dopo la pesante sconfitta nella Seconda guerra mondiale, ha una costituzione “pacifista” imposta dagli Usa che vieta la creazione di forze armate se non per l’autodifesa. L’approccio più “proattivo”, con l’assertività cinese, mira al concetto di difesa “dinamica”, integrando l’operatività delle Forze di Autodifesa e la creazione di unità anfibie simili ai Marines americani. Il documento riconosce “un ambiente circostante sempre più severo”, vista anche la minaccia nucleare della Corea del Nord, condanna la politica aggressiva di Pechino e ribadisce che la zona di identificazione aerea cinese definita il 23 novembre è “incompatibile con le leggi internazionali”. “La strategia di sicurezza è progettata per rendere la nostra politica estera chiara e trasparente in patria e all’estero”, ha commentato Abe, assicurando che il Sol Levante potrà dare così “contributi ulteriori alla pace e alla sicurezza globale”. Anche il patriottismo si affaccia: il Giappone promuoverà “l’amore per il Paese” causando, inevitabilmente, sospetti e critiche in funzione del passato militarismo. Pechino e Seul, infatti, hanno criticato le mosse di Tokyo: la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hua Chunying, ha esortato il Giappone a “riflettere seriamente sulla sua storia” e a rispettare le preoccupazioni dei vicini, con “azioni reali” per la pace e la stabilità nella regione. Toni simili (“bisogna guardare alla verità della storia”) dalla Corea del Sud, con cui c’è il contenzioso territoriale sugli scogli di Dokdo/Takeshima. “Sono solo le linee fondamentali sulla sicurezza nazionale, incentrata sulla politica di difesa e sull’azione diplomatica”, ha assicurato il ministero degli Esteri nipponico, che tengono conto, hanno osservato i funzionari che hanno illustrato alla stampa il ponderoso piano, di “situazioni oggettive”.
fonte: Antonio Fatiguso per ANSA
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Usa a compagnie aeree, rispettate zona identificazione
L’amministrazione Obama chiede alle compagnie aeree americane di rispettare la ‘zona aerea di difesa e identificazione’ imposta dalla Cina e di notificare in anticipo il sorvolo. E Delta e American Airlines sono le prime due a farlo. La richiesta punta a evitare un eventuale scontro involontario mentre la tensione nell’area continua a salire. Gli Stati Uniti infatti continuano a sfidare Pechino inviando aerei militare nella zona e ribadiscono di respingere la dichiarazione unilaterale di controllo della zona aerea da parte della Cina. Ma la richiesta avanzata alle compagnie statunitensi potrebbe essere vista da Pechino come una concessione, che si oppone al rifiuto delle compagnie giapponesi e sud coreane di presentare i propri piani di volo a meno che la destinazione finale non sia la Cina. Proprio il Giappone, a caccia di un maggiore sostegno internazionale contro la posizione di Pechino, ha chiesto all’agenzia dell’Onu che supervisiona l’aviazione civile di valutare se la nuova zona di difesa aerea cinese possa mettere in pericolo le compagnie aeree civili. Con la richiesta di un esame all’International Civil Aviation Organization, il Giappone si augura che aumentando l’attenzione internazionale la Cina sia costretta a tornare sui propri passi. ”Il governo americano si attende che le compagnie americane che operano a livello internazionale rispettino” i requisiti richiesti da paesi stranieri, ma questo non indica che gli Stati Uniti accettano i requisiti imposti dalla Cina, precisa il Dipartimento di Stato spiegando la richiesta avanzata alle compagnie aeree americane. La decisione dell’amministrazione mette in evidenza la delicata posizione del presidente Barack Obama, alle prese con una disputa geopolitica che metterà alla prova la sua volontà di contenere le ambizioni cinesi in Asia. Una delle maggiori sfide di Obama – e del vice presidente Joe Biden che la settimana prossima sarà in visita proprio in Giappone, Cina e Corea del Sud – sarà quella di navigare fra le complicate personalità dei leader di Tokyo e Pechino, con il premier giapponese Shinzo Abe che ha promesso la mano ferma contro ogni violazione cinese, mentre il presidente Xi Pinping si e’ impegnato a portare avanti una politica estera che faccia conquistare alla Cina un maggior riconoscimento come potenza internazionale.
fonte: ANSA
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Alta tensione nel Pacifico, caccia cinesi contro jet Usa
Prova di forza nei cieli delle isole Senkaku. Dopo aver annunciato lo stato di massima allerta dell’aviazione militare cinese nel Mar della Cina orientale, Pechino ha fatto alzare in volo d’urgenza i propri jet per seguire e controllare aerei americani e giapponesi penetrati oggi nella “zona aerea di difesa e identificazione”, dichiarata unilateralmente sabato scorso. Il Pentagono non si è fatto intimidire e ha replicato: “Continueremo ad operare normalmente”. “Diversi aerei da combattimento sono stati inviati d’urgenza per verificare l’identità” degli aerei entrati nella zona, ha annunciato l’agenzia Nuova Cina citando il portavoce dell’aviazione Shen Jinke. La pattuglia cinese, che comprendeva almeno due caccia, ha identificato due aerei da ricognizione americani e dieci velivoli giapponesi, tra cui un F-15, ha precisato Shen, dopo che martedì scorso altri aerei – compresi due bombardieri Usa B52 – erano entrati nello spazio aereo. Stamattina il portavoce del ministero della Difesa di Pechino, Yang Yujun, aveva messo in guardia Washington e Tokyo: “L’aviazione militare cinese è in stato di allerta e prenderà misure per fronteggiare le varie minacce aeree e difendere con fermezza la sicurezza dello spazio aereo nazionale”. Il portavoce aveva però aggiunto che è “sbagliato” pensare che Pechino abbatterà gli aerei che non rispettano le regole che ha stabilito unilateralmente con la creazione della zona. E cioè: tutti gli aerei che vi si avventurano nella zona devono comunicare il loro piano di volo e la loro nazionalità, e restare in contatto radio con le autorità cinesi. La “zona di identificazione” comprende una vasta area del Mar della Cina orientale, sovrapponendosi a quelle del Giappone e della Corea del Sud, estendendosi fino a sfiorarne le coste. Nella ‘zona’ sono comprese le isole Senkaku (Diaoyu, per i cinesi) che sono controllate da Tokyo ma rivendicate da Pechino. La tensione con Usa e Giappone continua dunque a montare pericolosamente. Il quotidiano Global Times, controllato come tutti gli organi di stampa dal governo, ha evocato oggi apertamente la possibilità di un limitato scontro militare con Tokyo. Pur lodando la “calma” dimostrata dal governo di fronte alle “provocazioni”, il giornale avverte il Giappone che, se i suoi aerei continueranno a sorvolare la zona, “ci saranno probabilmente frizioni e confronti ed (è possibile) anche una collisione aerea”. Sarebbe il ‘casus belli’ che tutti temono e che avrebbe conseguenze devastanti. La Cina, aggiunge infatti il giornale, deve prepararsi per “un potenziale conflitto”. Il portavoce del ministero degli Esteri, Qin Gang, ha poi accusato la responsabile della politica estera dell’Unione Europea, Catherine Ashton, di non aver valutato la situazione “obiettivamente e razionalmente”. Ieri, Ashton aveva affermato che la creazione della zona “aumenta i rischi di escalation nella regione”, invitando “tutte le parti in causa di esercitare prudenza e moderazione”. Le speranze di un raffreddamento della situazione sono affidate alla missione del vicepresidente americano Joe Biden, che la prossima settimana visiterà Giappone, Cina e Corea del Sud. Secondo fonti americane a Pechino, Biden incontrerà tra gli altri il presidente Xi Jinping, col quale esaminerà la possibilità di ridurre la tensione e riaprire spazi alla diplomazia.
fonte: Beniamino Natale per ANSA
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Tensione in mar cinese orientale, caccia giapponesi e coreani su zona aerea cinese, Pechino fa alzare suoi caccia
Cresce la tensione per la sfida sui cieli delle isole Senkaku: dopo i B52 statunitensi, oggi sono stati aerei militari giapponesi e sudcoreani a volare nella “zona aerea di difesa e identificazione” della Cina senza avvertire le forze armate di Pechino e senza incontrare alcuna opposizione. Ma la reazione del Dragone è arrivata qualche ora dopo, facendo alzare in volo dei caccia in quelle che l’agenzia ufficiale Xinhua ha definito operazioni di “pattugliamento di routine”. La creazione della ‘zona difensiva’, annunciata dalla Cina nel fine settimana scorso, è stata giudicata come una mossa pericolosa per gli equilibri e la stabilità del Pacifico dagli Usa e dai loro alleati, che hanno deciso di sfidare Pechino ignorandone l’esistenza. Il timore di molti è che un possibile “incidente”, anche minimo, possa scatenare conseguenze devastanti data la potenza degli attori in gioco. Non a caso oggi anche la Ue si è detta molto preoccupata per una situazione che “aumenta il rischio di escalation e contribuisce ad alimentare la tensione nella regione”, ha osservato l’alto rappresentante della politica estera Catherine Ashton, chiedendo a “tutte le parti di esercitare cautela”. Martedì scorso, il primo guanto di sfida è stato lanciato dai bombardieri americani e Tokyo e Seul hanno subito seguito l’esempio del loro alleato. La questione sarà al centro dei colloqui del vicepresidente americano Joe Biden, che il primo dicembre inizia una missione che lo porterà nelle tre capitali coinvolte nella crisi: Pechino, Tokyo e Seul. Ma anche altri governi della regione sono coinvolti, anche se per il momento hanno scelto forme meno radicali di protesta. Il governo australiano, ad esempio, ha convocato l’ambasciatore cinese per chiedergli spiegazioni sulla creazione della ‘zona’. Annunciandola, Pechino aveva affermato che “tutti i velivoli” che sorvolano l’area – che comprende le isole Senkaku/Diaoyu, contese col Giappone e rivendicate anche da Taiwan – devono fornire i loro piani di volo e “rispondere rapidamente” alle richieste cinesi di identificazione se non vogliono incorrere in “misure difensive di emergenza”. Inoltre, la ‘zona difensiva’ della Cina si sovrappone in alcuni punti con quelle dichiarate in passato da Tokyo e da Seul. Pechino, almeno fino a stasera, quando è arrivata la notizia del pattugliamento dei caccia, aveva evitato di drammatizzare la situazione, minimizzando il significato dei voli di sfida degli Usa e dei loro alleati. Il portavoce del ministero degli Esteri Qin Gang, in un ‘briefing’ alla stampa, si era limitato ad affermare che Pechino “ne è al corrente”. Più pesante era stata la reazione del portavoce del ministero della Difesa, che aveva accusato il Giappone di “criticare sistematicamente gli altri senza mai esaminare la sua condotta”. Il portavoce, Yang Yujun, ha risposto così alla richiesta di Tokyo di cancellare la ‘zona’: “Se vogliono che la revochiamo – ha tuonato – noi chiediamo che il Giappone revochi prima la sua ‘zona’, che è stata creata 44 anni fa”. In un lungo editoriale pubblicato oggi, il quotidiano cinese Global Times ha scritto che il sorvolo dei bombardieri americani “non è motivo di nervosismo”. Evidente in alcuni passaggi la volontà dell’editorialista di rassicurare i settori più accesi del nazionalismo cinese, dopo che centinaia di messaggi diffusi sui microblog cinesi hanno chiesto una risposta militare alle “provocazioni” degli Usa e dei loro alleati.
fonte: Beniamino Natale per Ansa
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Tutti contro Cina per sona aerea. Per Usa è destabilizzante
La Cina ha cercato oggi di contenere le polemiche scatenate dalla creazione, la scorsa settimana, di una “zona aerea difensiva e di identificazione” che è stata sfidata apertamente dagli Stati Uniti e dal Giappone e fortemente criticata da altri Paesi della regione. La notte scorsa due aerei militari B52 americani, partiti dalla base di Guam, sono entrati nella “zona difensiva” senza che ci sia stata alcuna reazione da parte dei militari cinesi. La decisione di Pechino di stabilire una zona di protezione aerea sul Mar della Cina Orientale e’ “destabilizzante per i Paesi vicini e suscita interrogativi sul suo modo di operare nello spazio aereo internazionale!”, ha affermato oggi la Casa Bianca. Mentre il capo del Pentagono, Chuck Hagel, in un colloquio telefonico con il collega giapponese Onodera, ha ribadito che l’area delle isole Senkaku amministrate dal Giappone e contese dalla Cina rientra nel trattato di difesa Usa-Giappone. La risposta di Pechino e’ stata affidata ad uno scarno comunicato del ministero della difesa, secondo il quale i B52 hanno volato ”sul confine orientale” della zona. L’ esercito cinese, secondo il comunicato, ”ha monitorato” i movimenti degli aerei ”per tutta la loro durata”. Le parole usate non chiariscono se, secondo il ”monitoraggio” cinese, i B52 siano o non siano entrati nella zona. Annunciandone la creazione, Pechino ha affermato che ”tutti i velivoli” che sorvolano l’ area – che comprende le isole Senkaku/Diaoyu, contese col Giappone e rivendicate anche da Taiwan – devono fornire i loro piani di volo e ”rispondere rapidamente” alle richieste cinesi di identificazione, se non vogliono incorrere in ”misure difensive di emergenza”. Tokyo – che gia’ per bocca del premier Shinzo Abe aveva pesantemente criticato la decisione cinese – ha invitato le sue compagnie aeree a non obbedire all’ ingiuzione di Pechino. La Ana e la Japan Airlines, le due principali, hanno affermato di aver accettato l’ invito e che non comunicheranno alla Cina i loro piani di volo. Anche la Corea del Sud e l’ Australia si sono dichiarate contrarie all’ iniziativa cinese che, secondo alcuni osservatori, rischia di provocare un ”effetto boomerang” dannoso per le relazioni di Pechino con i Paesi vicini. Sia il governo cinese che quello giapponese – i principali protagonisti della crisi – sembrano avere l’ appoggio delle rispettive opinioni pubbliche. Sui ”miniblog” cinesi molti internauti nazionalisti hanno appoggiato il loro governo, accusando il Giappone di aver ‘rubato” del territorio cinese e invitando l’ esercito ad attaccarlo. Anche viaggiatori giapponesi interrogati dalla stampa internazionale all’ aeroporto Haneda di Tokyo hanno sostenuto la giustezza della reazione del loro governo. ”Non dire niente – ha affermato uno di loro – avrebbe significato riconoscere l’ iniziativa della Cina”.
fonte: Beniamino Natale per Ansa
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Pechino convoca ambasciatore Tokyo dopo visita ministro giapponese a santuario
La Cina ha convocato l’ambasciatore giapponese a Pechino per protestare contro la visita di un ministro giapponese, Yoshitaka Shindo, al controverso santuario di Yasukuni. “Il vice ministro degli Esteri cinese, Liu Zhenmin – ha detto Hua Chunying, portavoce del Ministero – ha convocato l’ambasciatore giapponese in Cina per esprimere la ferma e solenne condanna cinese per la visita del ministro giapponese nel santuario considerato da molti paesi asiatici come un simbolo del passato militarismo giapponese”. “Queste visite – ha proseguito Hua – sono un palese tentativo di imbiancare la storia dell’aggressione militare del Giappone”. Le relazioni sino giapponesi non sono buone da anni anche perchè la Cina sostiene che il Giappone si rifiuta di ammettere le atrocità commesse dai soldati giapponesi in Cina tra il 1931 e il 1945. Il santuario Yasukuni è un santuario shintoista che si trova a Tokyo, dedicato alle anime dei soldati che morirono combattendo al servizio dell’Imperatore. E’ fonte di notevoli controversie dato che nel ‘Libro delle Anime’ sono iscritte 1.068 persone che furono condannate per crimini di guerra al termine della seconda guerra mondiale. Le visite degli esponenti del governo giapponese al santuario sono sempre state criticate sia dalla Cina che dalla Corea del Sud.
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Pechino protesta con Tokyo contro dichiarazioni del sindaco di Osaka sulle “comfort women”
La Cina ha espresso oggi ”sconcerto e indignazione” nei confronti d’una dichiarazione del sindaco di Osaka secondo il quale le cosiddette ‘confort women’ – straniere sfruttate in stato di semischiavitù come prostitute dall’esercito nipponico durante la seconda guerra mondiale – sarebbero state una ”necessità”. Lo ha detto oggi in conferenza stampa il portavoce del ministero degli esteri cinese Hong Lei. Durante il secondo conflitto mondiale (ma la pratica era anche precedente) il Giappone sfruttò donne soprattutto cinesi e sudcoreane come prostitute per i militari delle proprie forze d’occupazione. La cosa crea ancora frizioni tra i paesi coinvolti a causa di mancanza di indennizzi e alcuni atti ufficiali. Toru Hashimoto, sindaco di Osaka e capo del partito della Restaurazione, ieri ha definito ”necessarie” per i soldati giapponesi l’uso delle ”comfort women” per ”mantenere la disciplina”. Per Hong Lei, invece, lo sfruttamento di quelle donne e’ stato ”un grave crimine di guerra commesso dai militari giapponesi”.
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In costruzione nuova centrale nucleare in Cina
La Cina ha dato inizio alla realizzazione di un progetto nucleare da 3 miliardi di yuan (oltre 300 milioni di euro). Lo riporta la stampa locale. La creazione di questo nuovo impianto, con caratteristiche all’avanguardia, rappresenta l’ultimo passo della Cina verso il nucleare, dopo che il settore aveva subito uno stop a seguito del terremoto, dello tsunami e dell’incidente nucleare di Fukushima in Giappone nel 2011. La Huaneng Shandong Shidao Bay Nuclear Power, l’azienda costruttrice, ha fatto sapere che i lavori sono iniziati il mese scorso nella citta’ costiera di Rongcheng, nella provincia orientale dello Shandong e che si trattera’ di un impianto con una capacita’ di 200 megawatts e le caratteristiche dei sistemi di energia nucleare di quarta generazione. Si trattera’ inoltre di un impianto che garantisce la massima sicurezza in quanto puo’ spegnersi in caso di emergenza senza causare una fusione del nocciolo del reattore o la fuoriuscita massiccia di materiale radioattivo. Il progetto fa parte di un piu’ ampio progetto della HSNPC di costruire un impianto di 6,6 gigawatt (GW) di energia nucleare che richiedera’ circa 100 miliardi di yuan di investimenti in 20 anni e che diventerebbe, una volta completato, il piu’ grande complesso nucleare della Cina.
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