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Dissidente uighuira denuncia persecuzioni sui propri figli

La dissidente uighura Rebiya Kadeer, che dal 2006 vive in esilio negli Usa, ha denunciato l’ aggravarsi della persecuzione in Cina contro i suoi tre figli, che stanno scontando pesanti pene detentive dopo processi tenuti a porte chiuse e dalla dubbia regolarita’. Secondo Kadeer, i tre uomini sono stati costretti a firmare documenti in base ai quali cedono allo Stato la proprieta’ di un centro commerciale di Urumqi, la capitale della Regione Autonoma del Xinjiang, nel quale avevano i loro negozi centinaia di commerciati uighuri. L’ edificio sara’ demolito, hanno annunciato le autorita’ locali. ”In violazione delle leggi cinesi e della decenza umana, le autorita’ cinesi non si fermano davanti a nulla pur di tormentare i miei figli in prigione”, ha affermato Rebiya Kadeer in una dichiarazione diffusa oggi. ”Abbiamo visto in altri casi, come quello di Chen Guangcheng (il dissidente cieco che dieci giorni fa e’ riuscito a lasciare la Cina dopo un’ avventurosa fuga dagli arresti domiciliari), che i funzionari cinesi provano una perversa soddisfazione nel perseguitare le famiglie di coloro che parlano in difesa della verita’ e della giustizia”, ha aggiunto la dissidente. Il Xinjiang e’ l’ area di origine della minoranza etnica degli uighuri, in maggioranza musulmani, che oggi sono circa il 40% dei 20 milioni di abitanti della Regione Autonoma, nel nordovest della Cina.

fonte: ANSA

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Appello per l’affermazione dell’identità uighura

La leader uigura in esilio, Rebiya Kadeer ha fatto appello al popolo cinese affinche’ aiuti il suo popolo ad affermarsi e a portare avanti le proprie istanze. Lo riferisce Radio Free Asia (Rfa). ”Poiche’ la situazione nel Turkestan orientale sta peggiorando sempre di piu’ man mano che passano i giorni – ha detto Rebiya in un’intervista con Rfa – faccio appello direttamente al popolo cinese affinche’ possa essere trovata una soluzione duratura al problema”. Gli uiguri usano il termine ”Turkestan orientale” per fare riferimento alla regione dello Xinjiang, teatro di scontri e violenze durissime nelle ultime settimane. Gli attacchi del mese scorso infatti hanno provocato la morte di oltre 30 persone tanto che le autorita’ hanno annunciato una nuova repressione. Secondo Kadeer, che tra l’altro presiede il Congresso Mondiale degli uiguri, il governo cinese non ha ne’ l’intenzione ne’ il coraggio di affrontare e risolvere un problema ormai cronico nella regione, dove ci sono problemi di discriminazione etnica, controlli oppressivi, poverta’ e mancanza di lavoro. ”Dobbiamo comprendere – ha detto Rebiya Kadeer – che impegnarsi per lo sviluppo dello Xinjiang non e’ la stessa cosa che aiutare gli uiguri. Questi ultimi non sono sul tavolo delle trattative quando si tratta di parlare del piano di sviluppo e di costruzione deciso dal governo centrale e regionale”. Il popolo uiguro accusa Pechino di cercare di diluire la loro presenza e l’influenza culturale nello Xinjiang favorendo l’immigrazione della popolazione di etnia Han, quella prevalente in Cina. La percentuale di cinesi ”han” nella regione dello Xinjiang sta infatti crescendo rapidamente contando ora circa il 40% della popolazione contro il 45% di uiguri. ”Il popolo cinese ha due possibilita’ – ha concluso la leader uigura – una consiste nel continuare a tenere gli occhi chiusi sugli omicidi di massa effettuati in nome della sicurezza nazionale e quindi poi di conseguenza continuare a vivere sotto il giogo del partito senza avere nessuna liberta’ neanche per le generazioni future, l’altra possibilita’ e’ quella di unirsi contro le politiche repressive e creare una atmosfera di liberta’ dove tutti possano respirare”.

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Nessuna notizia da un anno di 20 uiguri deportati

Dopo un anno non c’é ancora nessuna notizia dei 20 uiguri deportati dalla Cambogia in Cina, secondo quanto denunciato dall’Uaa (Uyghur American Association). In un comunicato, l’associazione ha chiesto al governo cinese di dare qualche informazione sul destino dei 20 uiguri, su dove si trovino attualmente e sulle loro condizioni di salute e ha anche fatto appello alla comunità internazionale esprimendo preoccupazione per la loro sorte, aggiungendo che essi dovrebbero essere trattati in base agli standard internazionali sui diritti umani. Secondo l’Uaa, infatti, non è da escludere che essi possano subire o aver subito persecuzioni, torture e perfino essere stati uccisi. I 20 uiguri, tra cui vi erano anche una donna e due bambini, sono stati deportati un anno fa, il 19 dicembre 2009, dopo essere stati etichettati come criminali dal governo cinese e poco prima della visita in Cambogia del vice presidente cinese Xi Jinping, durante la quale venne firmato anche un accordo di aiuto del valore di oltre 1 miliardo di dollari con il governo di Phnom Penh. Migliaia di giovani uiguri sono fuggiti dalla Cina a partire dal 5 luglio 2009, per scappare alla violenta repressione. Secondo quanto dichiarato dal leader degli uiguri, Rebiya Kadeer, è vitale che i paesi occidentali continuino a fare pressioni sulla Cina per avere informazioni sul destino di queste persone. Dopo essere scappati dalla Cina, in un primo momento erano stati 22 gli uiguri che avevano chiesto protezione presso l’ufficio dell’Onu per i Rifugiati in Cambogia ma prima che potesse essere completata la procedura 20 di loro vennero catturati e deportati (solo due riuscirono a fuggire) Nel mese di gennaio 2010, l’Organizzazione Human Right Watch emise un comunicato, a seguito delle deportazioni, chiedendo alle autorità cinesi di far sapere lo stato e le condizioni dei deportati. “Gli uiguri che cercavano asilo – ha detto Sophie Richardson, di Human Rights Watch Asia – e sono stati rispediti in Cina dalla Cambogia, sono spariti come in un buco nero. Non c’é alcuna notizia né garanzia che non siano stati torturati o perseguitati”. Oltre ai 20 uiguri deportati dalla Cambogia mancano notizie anche di altri 17 deportati dalla Birmania lo scorso mese di gennaio. Secondo un rapporto del 2009 di Human Right Watch, gli arresti dei membri del popolo uiguro sono avvenuti in violazione delle leggi sia cinesi che internazionali. Alle famiglie dei deportati non è stato mai rivelato dove essi venivano portati. L’Uaa ha anche denunciato che il governo cinese ha portato avanti la persecuzione degli uiguri considerandoli tutti criminali e senza distinguere i comportamenti violenti di un ristretto gruppo con la protesta di massa ma pacifica del loro popolo.

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