E’ la Cina la patria dello spionaggio informatico, soprattutto riconducibile ad organizzazioni governative, mentre gli hacker di Romania e Usa sono più dediti al ‘semplice’ furto a scopo di arricchimento. Lo afferma il Data Breach Investigations Report 2013 di Verizon. Secondo il documento il 30% dei furti di dati confermati presi in considerazione proveniva dal paese asiatico, il 28% dalla Romania e un altro 18% dagli Usa. Se però si guardano solo i furti di dati operati da organizzazioni governative la ‘quota’ cinese balza a un sorprendente 96%: “Personaggi affiliati al governo cinese sono i principali attori del 2012 – scrive il rapporto – il loro sforzo di carpire dati relativi alla proprietà intellettuale ormai costituisce un quinto di tutti gli attacchi riusciti. Questo può voler dire che altri attori riescono ad agire nell’ombra, ma anche che la Cina, nei fatti, è anche la principale fonte di spionaggio informatico al mondo in questo momento”. Il rapporto è stato preparato con altre 19 organizzazioni nel mondo impegnate nella sicurezza informatica, e ha censito 47mila incidenti lo scorso anno. Di questi 621 hanno portato al furto di dati. Tra questi 190 hanno coinvolto i dispositivi bancomat, mentre 120 sono stati portati a termine utilizzando contemporaneamente diverse tecniche, dall’hacking al malware al phishing. Proprio quest’ultima tecnica, avvertono gli esperti, sta diventando sempre più raffinata, e dalle mail che chiedono di rivelare dati sensibili si è passati ormai ad agire direttamente sui social network. Poco più di metà degli attacchi (il 52%) è portato però attraverso l’hacking, sfruttando soprattutto password poco sicure o ‘falle’ nella configurazione dei programmi.
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Per Verizon, la Cina è il regno dello spionaggio informatico, con il 96% degli attacchi
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Obama punta il dito contro il governo cinese per gli attacchi informatici
”C’e’ anche lo Stato cinese” dietro i cyber-attacchi alle imprese e istituzioni americane. Si inasprisce, ormai a ritmo quotidiano, il confronto tra Stati Uniti e Cina sul cyber-spionaggio: con il presidente Barack Obama che, uscendo allo scoperto, ha detto che ci sono stati sulla questione ”duri colloqui” con la Cina, e ”altri ce ne saranno”. Ma certo, ha pero’ frenato, prima di parlare di ”guerra” nel cyber-spazio e’ opportuno usare ”cautela”. In un’intervista alla Abc News, rispondendo ad una domanda se – come sostengono alcuni parlamentari, e non solo – sia ormai in corso una ‘cyber-war’ con la Cina, Obama ha affermato che di certo c’e’ ”un costante aumento di minacce alla sicurezza informatica” e ”alcune sono sostenute dallo Stato, altre sono sostenute semplicemente da criminali”. Tuttavia, ha detto, ”bisogna sempre essere cauti con le analogie sulla guerra”, perche’ ”c’e’ una grande differenza tra il cyber-spionaggio o i cyber-attacchi e, ovviamente, una vera guerra”. Ieri Pechino si era detta ”pronta, sulla base dei principi della fiducia e del rispetto reciproci, a condurre un dialogo costruttivo” e oggi il portavoce ufficiale della Casa Bianca ha espresso apprezzamento per l’apertura; ma diversi esponenti della stessa amministrazione Obama da tempo usano toni piu’ che bellicosi. Senza arrivare all’allarme su una possibile ”Pearl Harbor digitale” lanciato lo scorso anno dall’allora capo del Pentagono Leon Panetta, solo negli ultimi giorni il capo dell’ intelligence Usa James Clapper ha ammonito in un rapporto al Congresso che la minaccia numero uno per gli Usa non e’ il terrorismo di al Qaida, o l’Iran nucleare, bensi’ le intrusioni nei sistemi informatici di grandi aziende e istituzioni dello Stato. Anche il consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Obama, Tom Danilon, ha lanciato un appello a Pechino affinché avvii serie indagini per contrastare il fenomeno e si impegni in un ”serio dialogo per stabilire norme accettabili di comportamento nel cyberspazio”. A sua volta, la stampa usa toni sempre piu’ allarmanti. Oggi, ad esempio, in un commento pubblicato sul Wall Street Journal si legge che spie cinesi sono entrate nei database del Pentagono e di aziende che lavorano per la Difesa e, in caso di guerra, la Cina potrebbe usare i dati rubati per per ”accecare” i satelliti che guidano le armi americane e permettono le comunicazioni. Potrebbe mandare in tilt le reti di comunicazione finanziarie, che regolano i trasporti, l’energia, le infrastrutture. Senza contare, si nota poi maliziosamente, che il nuovo caccia cinese J-31 assomiglia davvero molto all’F-35. Obama, che ha in programma un incontro alla Casa Bianca con diversi amministratori delegati del settore privato per parlare del problema della sicurezza informatica, di certo non e’ andato cosi’ lontano. Pero’ ha sottolineato che a causa dello spionaggio, ”miliardi di dollari vengono persi”, e ”segreti industriali vengono rubati. Le nostre aziende vengono messe in in condizione di svantaggio, ci sono interruzioni ai nostri sistemi, che coinvolgono ogni cosa, dai nostri sistemi finanziari alle nostre infrastrutture”. E apparentemente anche la First Lady Michelle, visto che il presidente ha confermato che si sta ”indagando” sulla possibilita’ che sia stata vittima di un cyber-attacco.
fonte: ANSA
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