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La cinese Xioami sbarca negli Usa, ma non vederà smartphone

Xiaomi, la compagnia cinese che in pochi anni ha scalato il mercato degli smartphone piazzandosi tra i primi cinque produttori mondiali pur vendendo quasi solo in Cina, fa un primo passo nel mercato statunitense. In un evento a San Francisco, la società ha annunciato che porterà il suo negozio online mi.com in Usa per vendere accessori come auricolari e bracciali per il fitness. Almeno per il momento, però, non venderà smartphone, per i quali ha bisogno di ottenere delle certificazioni. Nel primo evento in America, il vicepresidente di Xiaomi Hugo Barra, ex manager di Google, ha mostrato alcune funzioni create per gli smartphone dell’azienda, tra cui “l’abbellimento del volto” che fa apparire le persone più belle nei selfie. Soprattutto, Barra ha svelato che al momento oltre 100 milioni di persone usano il sistema operativo MiUi, creato dalla compagnia rielaborando la piattaforma Android di Google. Xiaomi, che ha chiuso il 2014 con 61 milioni di smartphone commercializzati, ha snocciolato anche alcuni dati di vendita sui suoi dispositivi più gettonati. Tra questi il RedMi, con 30 milioni di pezzi, e il Mi3, con 14,3 milioni. La società, soprannomitana “la Apple della Cina” e accusata più volte dalla stessa Apple di copiare i suoi modelli, ha da poco lanciato il Mi Note, uno smartphone che sfida a viso aperto l’iPhone 6 definendosi “più sottile e leggero”. Con display da 5,7 pollici e harware potente, il device è venduto all’equivalente di 315 euro.

fonte: ANSA

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Record di segnalazione di prodotti pericolo in Ue nel 2013, 64% dalla Cina

Record assoluto nel 2013 di segnalazioni nell’Ue su prodotti non a norma e potenzialmente pericolosi: hanno raggiunto quota 2.364, in rialzo del 3,8% rispetto al già record 2012. Sono i dati di Rapex, il sistema di allerta rapida Ue per i prodotti non alimentari pericolosi. La maggior parte delle merci bloccate, quasi i due terzi (64% dal 58% del 2012) viene dalla Cina. In calo invece le segnalazioni di prodotti non a norma fabbricati in Ue, inclusi quelli italiani passati dal 3% del 2012 al 2% (da 49 a 42 casi). Sempre lo scorso anno sono anche salite in modo sostanziale le reazioni alle segnalazioni: dalle 1.700 del 2012 a 2.147 del 2013 (+26,3%). Quanto all’Italia, sono quasi raddoppiate le segnalazioni di merci a rischio, passate da 54 a 112 (circa il 4,7% del totale Ue), a cui ci sono seguite 34 reazioni da parte degli altri paesi europei. I paesi che hanno fatto più segnalazioni, precisa il rapporto di Repex, sono stati Ungheria (12%), Germania e Spagna (11%), Bulgaria (8%) e Gran Bretagna (6%). La maggior parte degli oggetti identificati come dannosi per la salute o la sicurezza (rischio di soffocamento, strangolamento, infiammabilità, scossa elettrica, avvelenamento e così via) sono stati i giocattoli (25%, in crescita dal 19%), poi i capi d’abbigliamento, tessili e accessori (25%, in calo dal 29%), apparecchiature elettroniche (9% da 10%), autoveicoli (7%, stabile) e cosmetici (4%, stabile). L’aumento delle segnalazioni non significa che arrivino più prodotti non a norma, ma è il frutto di “migliori controlli e sorveglianza del mercato da parte della autorità nazionali in cooperazione con le dogane”, ha affermato il commissario Ue ai consumatori Neven Mimica, ricordando che in totale in 10 anni sono state 16.600 le notifiche registrate dal sistema Ue. Il dato significativo è la diminuzione dal 27% al 15% di prodotti ‘made in Ue’ non a norma e dal 20% al 10% di quelli di provenienza sconosciuta sull’arco dei dieci anni di attività di Rapex. Resta, però, “ancora del lavoro da fare”, ha sottolineato Mimica, in particolare per colmare il gap tra le segnalazioni e le reazioni degli stati membri, aumentare la cooperazione tra le varie autorità e aumentare ancora la tracciabilità dei prodotti per diminuire ulteriormente quelli d’origine ignota.

fonte: ANSA

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Auto cinesi con amianto, indagine a Torino

Automobili di fabbricazione cinese con parti in amianto: è questo il nuovo fronte di accertamenti, per ora in fase preliminare, avviato dalla procura di Torino. Al centro vi sono un paio di modelli prodotti dalla Great Wall Motors, la più grande casa automobilistica di Cina. L’amianto, secondo le prime informazioni raccolte dal pm Raffaele Guariniello, potrebbe essere annidato in parti come le guarnizioni della linea di scarico. Il magistrato valuta se è possibile procedere per violazione della legge del 1992 che vieta l’importazione di prodotti con amianto.

fonte: ANSA

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Prosegue l’indagine antidampig della Cina sui vini europei

La Cina prosegue la sua indagine anti-dumping e anti-sussidi – avviata lo scorso luglio – sulle importazioni di vini europei. Il 28 novembre scorso – rende noto la Commissione Ue – Pechino ha richiesto un questionario supplementare alla Commissione europea e agli Stati interessati con un termine per la risposta di appena sette giorni. L’obiettivo: completare e chiarire l’informazione già trasmessa nel corso dell’inchiesta, la cui chiusura é prevista per il primo luglio 2014. La Commissione europea tiene a sottolineare che sulla questione “sta lavorando in stretto contatto con gli Stati membri interessati per cooperare al meglio con le autorità cinesi”. L’indagine antidumping e anti-sussidi nei confronti delle importazioni di vino europeo e’ stata aperta ufficialmente dalla Cina lo scorso primo luglio, all’indomani della decisione Ue di applicare dei dazi sui pannelli solari cinesi.

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Vinitaly in campo in Cina contro indagine dumping

Vinitaly ha organizzato in Cina una task force con operatori locali, opinion makers e media, per analizzare e approfondire la questione della volontà del governo cinese di applicare dazi antidumping sul vino europeo, unendosi alla richiesta ai governi italiano ed europeo di scongiurare questa possibilità. “Stiamo studiando – spiega Stevie Kim, managing director di Vinitaly International – insieme ai nostri interlocutori cinesi per capire che cosa accadrà da qui a breve. I produttori italiani sono molto preoccupati per l’avvio di un’indagine nei confronti dei vini provenienti dall’Europa. A fine giugno incontreremo a Pechino i vertici della Caws (China Association for Importers & Exporters of Wine and Spirits), l’associazione dedicata al vino, facente capo all’influente Camera di Commercio della capitale (Mofcom), uno dei principali ospiti alla kermesse veronese dello scorso aprile”. Le esportazioni Ue di vino in Cina nel 2012 sono state di 763 milioni di euro, l’8.6% del valore complessivo, di cui 77 per l’Italia, 89 per la Spagna e 546 per la Francia. Cifre significative ma ben diverse dai 21 miliardi di euro di esportazioni dei pannelli solari cinesi in Europa. Ed è ben diverso l’ammontare dei sussidi Ue al settore vitivinicolo: 1.1 miliardi di euro l’anno, secondo una nota diffusa da Vinitaly in Cina, di cui la metà per migliorarne la qualità (ma a scapito dei volumi), 40% per le aziende e solo 100 milioni di promozione, in linea con quanto consentito dal Wto, nei Paesi terzi. Dal 2008 a oggi su dati Istat, le esportazioni nazionali in valore in Cina sono passate da 19 milioni di euro a 77 milioni, e anche i primi due mesi dell’anno hanno confermato il trend, con un aumento record del 42%. I primi Paesi per l’export in Cina sono Francia, Australia, Cile, Spagna e Italia, tre dei cinque sono europei. Le importazioni mondiali di vino – stando alle cifre del Mofcom – sono pari a 3.87 trilioni di euro. Attualmente, ai dazi doganali (14%), si deve aggiungere l’Iva (17%) e la tassa di consumo che ammonta al 10%. Paesi come Nuova Zelanda e Cile hanno siglato accordi bilaterali con Cina e hanno vantaggi per quanto riguarda solo i dazi doganali, non l’Iva né la tassa sul consumo.

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Bruxelles starebbe pensando di unirsi a Giappone in bataglia dazi tubi d’acciaio cinesi in Wto

Continua la guerra commerciale tra Ue e Cina. Dopo la decisione di imporre dazi sui pannelli solari cinesi e la contromossa cinese di aprire un’indagine antidumping sul vino europeo, ora la Commissione Ue intende unirsi al Giappone nel reclamo presentato al Wto contro i dazi imposti dalla Cina a dicembre sui tubi d’acciaio non saldati. E’ quanto si apprende da fonti di Bruxelles. ”La Commissione Ue non fa rappresaglie”, ha affermato il portavoce del commissario Ue al commercio Karel De Gucht, smentendo qualsiasi legame che sarebbe ”falso e sbagliato” tra i due casi. ”Non posso confermare l’esistenza di un ricorso al Wto sino a quando non sono stati inviati i documenti”, ha aggiunto il portavoce in merito al ricorso sui dazi cinesi sui tubi di acciaio che dovrebbe essere presentato, secondo quanto riferito dalle fonti, entro fine settimana al Wto. ”Qualunque decisione su un eventuale associarsi a un caso e’ presa in base al merito e alla tempistica” procedurale prevista, ha aggiunto il portavoce, precisando che l’eventuale tempistica del ricorso Ue sarebbe ”puramente casuale” rispetto a quanto e’ in corso sul fronte dei pannelli solari.

fonte: ANSA

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Ue-Cina: scoppia la guerra del vino, produttori temono dazi

Lo avevano previsto in molti, e così è successo in meno di 24 ore: Pechino ha fatto scattare la rappresaglia dopo la prova di forza di Bruxelles, che ha deciso di imporre i dazi sui pannelli solari cinesi. E lo ha fatto colpendo al cuore uno dei settori di eccellenza delle esportazioni europee, il vino, minacciando a sua volta dazi ai produttori. Quelli che sarebbero più toccati sono proprio i tre paesi Ue che hanno appoggiato la Commissione sui dazi al fotovoltaico: Francia, Italia e Spagna. Subito Parigi ha alzato la voce, e il presidente Francois Hollande ha chiesto una riunione dei 27 per discutere delle relazioni commerciali con la Cina, ricevendo l’appoggio dell’Italia, mentre la Germania, contraria ai dazi sul solare, si è di nuovo smarcata. La rappresaglia, però, anche se nessuno a Bruxelles vuole chiamarla apertamente così, era nell’aria da tempo, sin da quando nell’estate scorsa aveva cominciato a farsi strada l’apertura dell’indagine antidumping sul solare. “Il governo cinese ha lanciato una procedura antidumping e antisovvenzioni nei confronti dei vini dell’Ue”, ha annunciato il ministero cinese del commercio quando in Europa era ancora l’alba. Ma la Commissione respinge al mittente le accuse: “Riteniamo che non ci siano né sovvenzioni né dumping per i nostri vini”, ha affermato il portavoce del responsabile all’agricoltura Dacian Ciolos, avvertendo che l’indagine sarà “seguita da molto vicino” e che dovrà avvenire “nell’ambito delle regole del Wto sia sotto l’aspetto del merito che della procedura”. Le esportazioni Ue di vino in Cina nel 2012 sono state di 763 milioni di euro, pari all’8,6% del valore complessivo, di cui 77 per l’Italia, 89 per la Spagna e ben 546 per la Francia. Una cifra significativa ma certo ben diversa rispetto ai 21 miliardi di euro di esportazioni dei pannelli solari cinesi in Europa. Ed é anche ben diverso l’ammontare dei sussidi Ue al settore vitivinicolo: circa 1,1 miliardi di euro all’anno, di cui la metà per migliorare la qualità (ma a scapito dei volumi di produzione), un 40% per le aziende e solo 100 milioni di euro per la promozione – in linea con quanto consentito dal Wto – nei paesi terzi. E Bruxelles è convinta che, come già successo alcuni mesi fa per dazi cinesi ingiustificati imposti sugli scanner a raggi X europei in rappresaglia di quelli Ue sugli scanner cargo cinesi, il Wto, se mai la Cina dovesse veramente arrivare a super-tassare i vini Ue, interverrebbe di nuovo. Ma il settore è preoccupato, e chiede, dalla Assoenologi a Cia e Copagri, che l’Ue agisca per evitare un pericoloso freno a un mercato in crescita: l’Italia ha infatti aumentato il suo export verso la Cina del 300% negli ultimi 5 anni.

Una scheda sul vino italiano
Hanno conosciuto un vero e proprio boom le esportazioni di vino europeo sul mercato mondiale ed in particolare in Cina, con l’Italia che si posiziona, nel primo caso, al vertice dei paesi europei con una vendita di oltre 6,6 milioni di ettolitri, mentre sul mercato cinese mantiene con fermezza il terzo posto con oltre 326mila ettolitri, dietro Francia (1,4 mln di hl) e Spagna (691mila). La fotografia emerge dai dati sull’export 2012 resi noti oggi dalla Commissione europea, vista la decisione di Pechino di aprire un’indagine antidumping sui vini europei importati in Cina. Anche sul fronte del valore dei vini venduti al gigante asiatico, l’Italia con i suoi prodotti di eccellenza si posiziona al terzo posto realizzando 77 milioni di euro, dopo la Francia (546 mln) e la Spagna (89 mln). Tra le curiosità, la presenza della Gran Bretagna tra i partner Ue che esportano in Cina assicurandosi quasi 5,5 milioni per appena 1.550 ettolitri. Globalmente, sempre sulla base dei dati di Bruxelles, le vendite del ‘nettare di Bacco’ dall’Ue verso la Cina sono moltiplicate cinque volte negli ultimi 5 anni, passando da poco più di 517mila ettolitri nel 2008 a quasi 2,6 milioni nel 2012; in valore da 143 a quasi 764 milioni di euro. A livello mondiale, dal 2008 al 2012, il volume esportato di vini europei è lievitato da circa 17,3 a 22,5 milioni di ettolitri per un valore salito da 166 milioni a quasi 8,86 miliardi di euro. E questo mentre si assiste al crollo della produzione di vino in Europa: le stime per la campagna 2012-2013 parlano di 144,5 milioni di ettolitri, 50 milioni in meno rispetto ai 195 del 2000-2001. Nelle stime per la campagna in corso l’Italia si situa al primo posto con 41,5 milioni di ettolitri di produzione complessiva, la grande maggioranza destinata a produrre vini di qualità Aop e Igp.

fonte: ANSA

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Guera dei dazi Ue-Cina: Bruxelles li impone sui pannelli solari cinesi, Pechino li pensa sul vino europeo

L’Ue va alla guerra dei dazi con la Cina sui pannelli solari, ma le concede – e si concede – due mesi in piu’ prima di pigiare sul bottone rosso, gesto che potrebbe provocare rappresaglie cinesi in altri settori come temuto dalla maggior parte dei paesi Ue contrari all’operazione guidati dalla Germania. I dazi antidumping decisi oggi dalla Commissione europea che entreranno in vigore dal 6 giugno dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale Ue domani saranno infatti solo dell’11,8%, mentre schizzeranno in media al 47,6% solo tra due mesi, a partire dal 7 agosto. L’idea di Bruxelles e’ che Pechino e le sue imprese sfruttino – ma da una posizione di inferiorita’ – quella che il commissario al commercio Karel De Gucht ha definito una ”finestra di opportunita”’ per ”trovare un soluzione amichevole”. Questa, per essere accettabile, dovra’ tenere conto, ha avvertito il commissario, di ”una combinazione di iniziative sui prezzi e sui volumi” commerciali. I dazi provvisori, infatti, colpiranno un centinaio di aziende cinesi in modo diverso (dal 37,2% al 67,9%) a seconda del loro grado di collaborazione nell’indagine antidumping aperta da Bruxelles lo scorso settembre. Secondo i risultati preliminari dell’inchiesta Ue, tra il 2009 e il 2012 una cinquantina di aziende europee hanno chiuso, mentre il materiale fotovoltaico cinese esportato in Europa e’ stato venduto a un prezzo in media dell’88% inferiore al suo normale valore di mercato, permettendo cosi’ alle imprese cinesi aiutate dallo stato di occupare una fetta del mercato Ue pari all’80%. ”E’ una boccata d’ossigeno a un settore in sofferenza”, ha affermato de Gucht, che nonostante la contrarieta’ di circa 18 paesi su 27 – ma con a favore Italia, Francia e Spagna – ha deciso di andare avanti: le decisioni Ue ”non devono essere ispirate dalla paura ma dalla nostra legislazione, io – ha avvertito il commissario – faccio il mio lavoro, non mi piego sui miei principi”. Se la decisione di De Gucht e’ stata accolta ”con sollievo” dall’associazione Eu ProSun, all’origine dell’intervento di Bruxelles, per Afase, invece, che ha gia’ iniziato una raccolta firme contro la decisione Ue, portera’ alla perdita di ulteriori posti di lavoro. Ma a inquietarsi sono soprattutto gli altri settori, come il vino, dove, ricorda Coldiretti, pende la minaccia di dazi cinesi. In realta’ l’Ue ha gia’ in vigore dazi su 54 prodotti di Pechino, mentre quest’ultima ne ha 15. La decisione finale Ue sui dazi sul fotovoltaico dovra’ essere presa entro il 5 dicembre, ma allora potra’ essere bloccata dalla maggioranza semplice degli stati membri.

fonte: ANSA

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Bruxelles determinata su dazi su solare cinese, Berlino contro

Sale la tensione con Pechino, che apre un’inchiesta antidumping sulla chimica europea, e tra Berlino e Bruxelles sulla questione dei dazi che quest’ultima intende imporre il 5 giugno nei confronti dei pannelli solari cinesi. La Commissione Ue sembra pero’ determinata a procedere per la sua strada. ”Prenderemo sicuramente nota delle posizioni consultive degli stati membri”, ma l’esecutivo comunitario – ha avvertito il portavoce del responsabile al commercio Karel De Gucht – ”e’ obbligato a vedere il quadro piu’ ampio e a prendere decisioni basate unicamente su prove”. E al momento, ha sottolineato il portavoce, ”ci sono 25mila posti di lavoro a rischio nel settore nell’Ue”, di conseguenza ”qualsiasi misura temporanea potenziale e’ una risposta d’emergenza per riequilibrare la posizione di mercato delle imprese europee di fronte al dumping della Cina che ne minaccia l’esistenza”. La decisione finale sui dazi temporanei (in media del 47%), che non e’ formalmente ancora stata presa e sara’ resa nota il 5 giugno con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale Ue dei risultati preliminari dell’indagine antidumping di Bruxelles aperta lo scorso settembre, spetta in questa fase solo all’esecutivo comunitario. Solo una volta applicati i dazi provvisori sono legalmente possibili i negoziati con la Cina, e solo in vista della chiusura dell’indagine a dicembre gli stati membri avranno loro la ”parola finale” sulla questione. ”Dal nostro punto di vista le misure sanzionatorie non sono piu’ necessarie ed e’ per questo che la Germania ha detto no oggi”, ha avvertito il ministro dell’economia tedesco Philip Roesler in occasione della visita del premier cinese Li Keqiang a Berlino, nonostante sia un’azienda tedesca, la Ag Solar World, a guidare l’associazione delle aziende europee Eu ProSun all’origine delle denunce antidumping a Bruxelles. Nel frattempo Pechino, riferisce il quotidiano belga ‘Les Echos’, ha aperto un’inchiesta antidumping su prodotti chimici Ue derivati dal cloro, mettendo nel mirino gruppi europei come Solvay. Pechino ha anche minacciato di aprire un’indagine sul vino europeo, mentre Bruxelles ha gia’ aperto inchieste anche su vetri solari e tlc.

fonte: ANSA

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A Bruxelles organizzato funerale anti-dazi sul solare cinese

Bara bianca, fiori e una banda di fiati rigorosamente in nero, un funerale in piena regola quello andato in scena oggi di fronte al Berlaymont, la sede della Commissione Ue, una cerimonia funebre a ricordo di ”200mila posti di lavoro persi”. A organizzarlo Afase, l’Alleanza per un’energia solare accessibile, che con questa originale protesta vuole colpire la proposta dell’esecutivo comunitario di gravare con dazi antidumping dal 37% al 67% i pannelli solari Made in China. ”Un piccolo gruppo di produttori europei ha chiesto alla Commissione di imporre queste misure – si legge nel volantino funebre – questi gruppi rappresentano solo il 3% del totale del solare Ue mentre poco meno di 300mila posti di lavoro dipendono da importazioni abbordabili”, come quelle provenienti da Pechino, per l’assemblaggio o il commercio dei pannelli. Afase sostiene inoltre che i dazi ”rendono impossibile il perseguimento degli obiettivi di contenimento delle emissioni e di sviluppo delle rinnovabili” approvati in sede europea. Secondo Afase il rincaro dei componenti provenienti dalla Cina potrebbe arrivare, nel peggior scenario, alla perdita di 242mila posti di lavoro e di 27 miliardi di euro. La Commissione dovra’ decidere entro il 5 giugno se imporre o meno i dazi.
Nei giorni scorsi la Cina ha annunciato indagini antidumping contro il vino europeo, una mossa considerata una ritorsione alla guerra sui pannelli solari.

fonte: ANSA

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