Sta suscitando molte polemiche la proposta di legge presentata a Wuhan, nella provincia centrale dell’ Hubei, che vorrebbe prevedere multe salatissime, fino a due o anche tre volte il reddito annuale medio, alle donne che hanno un figlio fuori dal matrimonio o con un uomo sposato. La proposta di legge mira a diventare, nelle intenzioni del governo, un nuovo strumento di controllo delle nascite per porre un ulteriore freno alla crescita della popolazione. Ma rischia, secondo molti analisti, di far invece accrescere in maniera esponenziale gli aborti e i casi di abbandono di neonati. Inoltre, come sottolinea un editoriale del Global Times, una norma di questo genere penalizza solo le madri ignorando le responsabilita’ dei padri. E, come accade gia’ anche per la legge del figlio unico, finisce col colpire solo i meno abbienti in quanto per i ricchi pagare la multa non rappresenta un problema. Il tema sta suscitando molte discussioni e reazioni anche perche’ la proposta di legge e’ stata presentata solo pochi giorni dopo il caso del bimbo rimasto incastrato nel tubo di scarico, dopo essere stato partorito nel water, e miracolosamente salvato. La madre ha raccontato alla polizia di aver nascosto a tutti, amici e parenti, la sua gravidanza, un po’ per vergogna e un po’ perche’ non aveva i soldi necessari ne’ per effettuare un aborto ne’ per crescere un figlio. ”Se una proposta di legge del genere venisse approvata – ha commentato Chen Yaya, un ricercatore dell’accademia di scienze sociali di Shanghai – si verificheranno sempre piu’ casi come quello del bimbo gettato nello scarico, perche’ ci saranno piu’ madri disperate che penseranno di risolvere il problema gettando via i loro figli”. In molti si appellano al diritto di autodeterminazione delle donne. Nel paese infatti e’ permesso alle single di adottare un bambino, ma la proposta di legge di Hunan sembra andare verso una idea completamente diversa. Le donne che hanno figli con uomini sposati, vengono considerate immorali. Ma quelle che decidono di avere un figlio da single per molti rappresentano donne con liberta’ di scelta. Anche se la maggior parte delle volte si tratta di donne migranti, violentate o che subiscono abusi da datori di lavoro o colleghi. Il governo di Wuhan, intanto, ha fatto sapere che la proposta di legge potra’ essere emendata e che verra’ tenuta in considerazione l’opinione pubblica. Fino al 7 giugno infatti sara’ possibile postare on line commenti, indicazioni, suggerimenti. Disposizioni simili che colpiscono le madri single sono gia’ in vigore in altre zone della Cina, compresa Pechino, la provincia del Guangdog e quella dell’Henan.
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Zhang Yimou ha 7 figli, rischia multa milionaria
Costano cari i figli a Zhang Yimou, uno dei più acclamati registi cinesi al mondo. A causa del suo sforamento per ben sei volte della legge che impone il figlio unico, il regista – tra l’altro Orso d’oro a Berlino e grande artefice delle cerimonie di apertura e chiusura delle Olimpiadi di Pechino del 2008 – rischia di pagare una multa salatissima: oltre 19 milioni di euro, più di 2,8 milioni per ognuno dei sette figli che ha avuto da due mogli e altre diverse compagne. La notizia dell’indagine delle autorità cinesi sul regista di Sorgo Rosso, Lanterne Rosse, la Foresta dei Pugnali Volanti, la Triade di Shanghai – solo per citare i film più famosi – è partita dalla città di Wuxi, nella Cina orientale, provincia del Jiangsu non lontano da Shanghai, dove sua moglie vive. Meglio, la sua seconda moglie: Zhang ha infatti avuto una vita sentimentale molto movimentata. La sua attuale moglie, l’attrice Chen Ting, che ha sposato segretamente nel 2011, gli ha dato tre figli. Dalla prima moglie Xiao Hua ha avuto una bambina mentre altri tre figli – secondo il rapporto diffuso oggi dalla commissione per la pianificazione familiare di Wuxi – li avrebbe avuti da differenti altre compagne. A Zhang è stata anche attribuita una relazione con l’attrice Gong Li (Lanterne rosse, Addio mia Concubina, Memorie di una Geisha, tra i suoi film di maggiore successo), considerata la sua musa. La relazione è poi finita al termine di La Triade di Shanghai. Nessuno, sia il regista, sia la moglie ma neanche i funzionari dell’ufficio di pianificazione familiare di Wuxi, hanno rilasciato dichiarazioni. La multa salata, di 160 milioni di yuan, dovrà essere pagata, a meno di sorprese. La legge del figlio unico ha poco più di 30 anni. Era infatti il 25 settembre del 1980 quando il comitato centrale del partito comunista cinese inviò una lettera nella quale si invitavano i membri del partito e quelli della lega giovanile comunista ad avere un solo figlio per migliorare la qualità della vita, dopo che già negli anni prima si era cominciato a discutere della cosa. Secondo le statistiche, pubblicate dall’istituto per la ricerca sulla popolazione dell’Università di Nanchino, in trent’anni la politica del figlio unico ha impedito la nascita di oltre 400 milioni di bambini, cosa che ha contribuito fortemente all’aumento pro capite del Pil. Ma per molti, questa politica ha un rovescio della medaglia. Se da un lato ha migliorato la qualità della vita rendendo accessibili servizi come la scuola a più persone, dall’altro ha aumentato il senso di solitudine e di preoccupazione in molti figli unici, i quali, crescendo, sentono il peso di dover prendersi cura da soli dei loro genitori. Oggi chi viola la legge è costretto a pagare multe salatissime, calcolate in base a coefficienti nazionali e allo stipendio medio. Questo spinge molti ad aborti anche forzati a gravidanza inoltrata. Ma anche a gesti esemplari: tre anni fa un professore universitario di Pechino si mise in vendita su internet per pagare la multa. La restrizione non interessa i ricchi: la maggioranza delle persone facoltose o molto conosciute ha due figli, il 10% anche tre. Ed esistono anche deroghe per le minoranze etniche e in alcune regioni. I figli unici che si sposano, ad esempio, ne possono avere due, oppure il secondo è permesso a coloro che hanno come primo figlio una femmina o un bimbo malato. Da qualche tempo si sta discutendo dell’abolizione di questa legge. Zhang Yimou, ovviamente, è tra chi spera che questo possa accadere presto.
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Obbligata a sterilizzazione forzata, muore donna nell’Hubei
Una donna e’ morta dopo essere stata costretta a un intervento forzato di sterilizzazione, nonostante il parere contrario del medico. Secondo quanto hanno denunciato le organizzazioni China Aid e Women’s Rights in China, una donna di 42 anni della provincia centrale cinese dell’Hubei, madre di due figli, e’ morta subito dopo aver subito un intervento per il legamento delle tube che le era stato imposto dalle autorita’ locali per evitare altre gravidanze. Poco prima dell’intervento, la donna pero’ era stata visitata da un medico che le aveva fortemente sconsigliato di effettuare quell’operazione, avvertendola che sarebbe stata molto pericolosa per la sua salute. Tuttavia, ignorando il parere del sanitario, le autorita’ della commissione di pianificazione familiare hanno forzato la donna a ricoverarsi e a procedere con quella operazione, che pero’ l’ha condotta rapidamente alla morte. Subito dopo le autorita’, forse per comprare il silenzio dei familiari sull’accaduto, hanno offerto al marito della donna di firmare un accordo con il quale si impegnavano a costruire per lui e per i figli della defunta una nuova casa a titolo di risarcimento.
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In salita per immigrati cinesi la strada verso l’urbanizzazione
Più della metà della popolazione della Cina ormai vive in città e nel 2030 si prevede che supererà il miliardo. Ma le megalopoli cinesi per ora fanno fatica ad assorbire l’urbanizzazione delle aree rurali e, fra villaggi “inglobati” dalle città e baraccopoli, per gli immigrati dalle campagne cinesi sono tempi duri. Molti di loro non hanno trovato di meglio che abitare in container al prezzo medio di 6 yuan al giorno (0,7 euro circa). A partire da Shanghai, questi moderni slum verranno presto distrutti anche nelle altre città cinesi per far posto a nuove abitazioni che, in teoria, dovrebbero essere alla portata degli immigrati. Le persone che abitano nei container – spesso affittati in blocco dai datori di lavoro – sono decine di migliaia anche nelle città di Shezhen, Chongqing, Nanchino. Nella capitale, Pechino, e in generale nel nord della Cina sono più diffusi i cosiddetti “villaggi urbani”, cioé piccoli Paesi che sono stati assorbiti dalle metropoli sorte in tempi record in tutto il Paese. Spesso nascosti dai grattacieli di recente costruzione, i villaggi urbani sono la meta preferita degli immigrati, che vivono ammassati nelle piccole stanze offerte dai loro abitanti originari. In quello di Dashengzhuang, alla periferia di Pechino, l’82% degli attuali abitanti è arrivato negli ultimi cinque anni. In grande maggioranza si tratta di giovani maschi. Secondo dati non ufficiali, nello stesso periodo 171 villaggi urbani sono stati demoliti nella capitale, dove ne rimarrebbero in piedi un centinaio. La necessità di accelerare il processo di urbanizzazione garantendo agli immigrati un livello decente di servizi è un pallino del nuovo premier Li Keqiang, 57 anni, numero due della nuova struttura gerarchia uscita dal congresso del partito comunista del novembre 2012 e dalla sessione annuale dell’ Assemblea nazionale del popolo, che si è conclusa a metà marzo. “L’urbanizzazione – ha dichiarato il premier – non significa semplicemente aumentare il numero dei residenti urbani o allargare le città…ancora più importante, si tratta di un cambiamento completo di modo di vita, da rurale a urbano in termini di struttura industriale, occupazione, ambiente nel quale si vive e sicurezza sociale”. Il fatto che la maggior parte degli immigrati sia illegale – cioé abbia ancora un “hukou” o permesso di residenza rurale – ha fatto crescere una società “nera”, nella quale non sono regolarizzate le scuole nelle quali studiano i figli degli immigrati, né le cliniche nelle quali vengono curati, spesso da medici non qualificati. Secondo Tom Miller, giornalista e sociologo americano autore del libro “The Urban Billion”, entro il 2030 un miliardo di cinesi vivrà nelle città. Il sorpasso della popolazione urbana su quella rurale è già avvenuto nel 2011, quando è risultato che il 51% degli 1,3 miliardi di cinesi viveva in realtà metropolitane. La principale difficoltà contro la quale si scontra la visione di Li Keqiang è costituita dagli gli interessi delle amministrazioni locali, per le quali la vendita della terra è la principale fonte di reddito. Le amministrazioni delle grandi metropoli non sfuggono alla regola. E resta il dubbio che la distruzione degli slum di container e dei villaggi urbani porti allo sviluppo di un’edilizia popolare e non speculativa. Di riforma – o addirittura di abolizione – del sistema dell’ “hukou” si parla da oltre dieci anni, senza che alcun passo concreto sia stato però intrapreso in questa direzione.
Beniamino Natale per Ansa
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Nuovo caso in Cina di aborto forzato al settimo mese
Passa per il web lo sdegno e l’orrore del popolo cinese per l’ennesimo caso di aborto forzato imposto dalle autorita’ ad una donna ormai al settimo mese di gravidanza che aveva violato la legge del figlio unico. Il fatto e’ avvenuto venerdi’ scorso nella provincia orientale cinese dell’Anhui. La fotografia di un neonato insanguinato, uscito morto dal grembo materno dopo che i medici lo avevano ucciso con una iniezione letale, sta facendo il giro della rete. A denunciare la tragedia, forse proprio nell’intento di mobilitare l’opinione pubblica, il marito della donna, che ha diffuso le scioccanti immagini. Quasi unanimi le reazioni di sdegno da parte di tutti coloro che hanno commentato l’accaduto. Tanto piu’ che – come hanno sottolineato in molti – in questo caso piu’ che di un aborto si e’ trattato di un vero e proprio omicidio. Il feto era ormai interamente formato e, hanno fatto notare alcuni medici, se non fosse stato ucciso con quella iniezione, e’ anche probabile che sarebbe sopravvissuto pur nascendo due mesi prima del previsto. La donna, Lu, 33 anni, secondo le informazioni che sono poi state diffuse da alcune organizzazioni che operano in Cina e all’estero per la tutela dei diritti umani, e’ stata costretta a ricorrere a questo atto perche’ non aveva i soldi per pagare la multa prevista in caso di violazione della legge del figlio unico. Due-tremila euro, a volte anche di piu’. E, come gia’ accaduto per altri casi simili, si sprecano i commenti sulla necessita’ di una revisione della legge che, cosi’ com’e’, fa si’ che avere un secondo figlio sia di fatto impossibile solo per chi non ha disponibilita’ economica. Nonostante le numerose campagne contro gli aborti forzati il fenomeno e’ nel paese ancora molto diffuso. Lo scorso giugno aveva sollevato molto clamore il caso di un’altra donna incinta all’ottavo mese di gravidanza costretta ad abortire. La legge che impone alle coppie di non avere piu’ di un figlio e’ in vigore in Cina da oltre 30 anni. La Commissione fissa ogni anno una quota massima di nascite per ogni provincia e le province, a loro volta, stabiliscono le quote per le contee e le citta’. Le carriere dei funzionari locali spesso dipendono dal rispetto di queste quote, circostanza che si ritiene sia alla base dei comportamenti persecutori contro le coppie che violano la legge. L’attivista cieco Chen Guangcheng, emigrato negli Usa dopo essere fuggito dagli arresti domiciliari, e’ stato perseguitato per anni dal governo della sua provincia natale, lo Shandong, proprio per aver denunciato la pratica degli aborti forzati. Negli ultimi tempi il governo cinese sta pensando di rivedere la legge del figlio unico, alleggerendola e rendendola meno stringente. Ma c’e’ chi ritiene che dietro la volonta’ del governo di mantenere la legge ci siano anche interessi economici. Secondo dati recenti 31 tra province e citta’ cinesi ricavano fino a 28 miliardi di yuan all’anno (circa 30 milioni di euro) in multe comminate per far rispettare la legge del figlio unico.
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Oltre 300 milioni di aborti in Cina dal 1971
I medici cinesi hanno eseguito 336 milioni di aborti dal 1971 ad oggi, secondo dati shock diffusi oggi dal ministero della Sanità di Pechino. La cifra si avvicina a quella più volte ripetuta da responsabili del governo, secondo i quali senza la politica di rigido contenimento delle nascite varata dall’inizio degli anni Settanta oggi i cinesi sarebbero 400 milioni in più degli 1,3 miliardi rilevati dall’ultimo censimento, realizzato tre anni fa. Secondo dati riportati dal Financial Times, dal 1973, anno in cui fu legalizzato l’aborto, ad oggi, negli Usa, che hanno una popolazione di 315 milioni di persone, sono stati realizzati 50 milioni di aborti. I dati diffusi a Pechino rivelano inoltre che nello stesso periodo 196 milioni di uomini e donne cinesi sono stati sterilizzati e che 403 milioni di donne sono ricorse alle spirali intrauterine per evitare gravidanze indesiderate. La legge che impone pesanti multe alle coppie urbane che hanno più di un figlio, la cosiddetta ‘regola del figlio unico’, è stata introdotta nel 1978, in coincidenza con l’ inizio del processo di apertura dell’economia agli investimenti esteri. Domenica scorsa è stato annunciato lo scioglimento della Commissione per la pianificazione familiare, che verrà assorbita dal ministero della Sanità. Secondo alcuni potrebbe essere il preludio all’abolizione della legge sul figlio unico, che per il momento rimane in vigore. La legge è estremamente impopolare in Cina anche perché spesso è stata applicata con metodi violenti dalle autorità. Nel 2005 l’ attivista democratico Chen Guangcheng, emigrato negli Usa l’anno scorso dopo essere stato per oltre tre anni in prigione, denunciò le violente pratiche delle autorità della sua provincia natale dello Shandong. Decine di donne erano state costrette ad abortire, alcune contro l’opinione dei medici, per rispettare il tetto alle nascite imposto dal centro alla provincia. Vicini e parenti delle donne sospettate di essere incinte, furono arrestati e in alcuni casi torturati dalla polizia dello Shandong nel tentativo di ottenere informazioni. Inoltre la legge, unita alla tradizionale preferenza delle famiglie cinesi per i figli maschi, ha portato ad un pesante squilibrio tra i sessi, con 34 milioni di maschi in più delle femmine. Negli ultimi anni la struttura della popolazione è cambiata, soprattutto a causa del tumultuoso processo di urbanizzazione, che ha portato oltre la metà della popolazione a vivere nelle città. Secondo il sociologo Ken Peng, ora essa “assomiglia più a quella di un Paese sviluppato che a quella di un Paese in via di sviluppo”, e il rapido invecchiamento della popolazione ha reso anacronistica la legge sul figlio unico.
Fonte: Beniamino Natale per ANSA
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Rese pubbliche scelte contraccettive di famiglie, polemiche
Ha suscitato sgomento e rabbia la decisione del governo locale di Dongguan, nella provincia meridionale cinese del Guangdong, di affiggere in comune e pubblicare poi anche on line la lista delle coppie residenti con l’indicazione del numero dei figli avuti e del metodo contraccettivo prescelto. Secondo quanto riferisce lo Shanghai Daily, in una bacheca all’ingresso dell’ufficio della commissione cittadina di Dongguan, e’ stato affisso un elenco delle coppie sposate con l’indicazione precisa della loro data di nascita, indirizzo di casa e numero di documento identificativo. ”Non hanno nessun rispetto per la nostra privacy” si e’ lamentato un residente. Sulla bacheca, per ogni coppia, sono stati infatti indicate anche informazioni sensibili, specificando le coppie che hanno dichiarato di usare il preservativo, quelle in cui la donna ha effettuato l’intervento per l’inserimento della spirale, quelle in cui uno dei due coniugi si e’ sottoposto ad un intervento di sterilizzazione. La stessa lista e’ anche stata messa in rete. I funzionari governativi, in risposta alle critiche, hanno affermato che si tratta di dettagli utili per meglio effettuare i controlli sulla pianificazione familiare e individuare eventuali violazioni alla legge del figlio unico. ”In alcuni casi le coppie che hanno effettuato interventi di sterilizzazione – ha detto poi un funzionario – hanno diritto a rimborsi delle spese mediche effettuate. Pubblichiamo i loro nomi per assicurare la massima trasparenza”. Il sistema in realta’ e’ in vigore a Dongguan da alcuni anni anche perche’ in base alle leggi locali i residenti ottengono un bonus connesso al loro status familiare e al rispetto della legge del figlio unico. A seguito delle recenti proteste e polemiche anche on line, tuttavia, le autorita’ locali hanno fatto sapere che per il futuro limiteranno la pubblicazione di alcune informazioni di carattere privato e personale.
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Abolita pianificazione familiare in Cina, ma resta figlio unico
Salta la Commissione per la pianificazione familiare, ma resta l’obbligo del figlio unico in Cina per arginare la sovrappopolazione, una regola detestata in quanto implica anche gli aborti forzati. Chi si era illuso che l’abolizione della commissione incaricata tra l’altro di stabilire le quote di nascite ammesse per ogni provincia fosse il preludio alla modifica della legge sul figlio unico, è rimasto infatti deluso. Alla stampa locale gli alti funzionari del regime hanno chiarito che la legge rimane in vigore, almeno per il momento. Varata nel 1978, quando il boom economico cinese era alle porte, la legge viene sopportata molto malvolentieri dalla maggioranza dei cinesi, che cercano in tutti i modi di aggirarla. Chi se lo può permettere paga le salate multe imposte dalle province, i più poveri sfuggono ai controlli con spostamenti “strategicì ‘da una provincia all’ altra contando sulla solidarietà della famiglia allargata. L’anno scorso la questione è esplosa su Internet, diventato lo strumento di espressione favorito, in seguito al caso di Feng Jianmei, una donna di 23 anni costretta ad abortire al settimo mese di gravidanza. Feng e suo marito Deng Jiyuan si erano rifiutati di pagare alle autorità della provincia dello Shanxi – dove vivono, nel nordest della Cina – una multa di 4.500 euro per aver voluto un secondo figlio. Milioni di intervenuti sui microblog cinesi hanno condannato il governo locale. Un altro caso che ha fatto scalpore è quello della provincia costiera dello Shandong, che fu denunciato nel 2005 dall’ attivista Chen Guangcheng. In seguito alla sua denuncia, Chen ha trascorso oltre tre anni in prigione prima di emigrare negli Usa, l’anno scorso. Decine di donne erano state costrette ad abortire, alcune contro l’opinione dei medici, per rispettare la “quota” imposta dal centro. Vicini e parenti delle donne sospettate di essere incinte, furono torturati dalla polizia dello Shandong nel tentativo di ottenere informazioni. L’abolizione della Commissione – o meglio la sua “fusione” col ministero della salute – è stata annunciata domenica scorsa e fa parte di un piano più vasto per snellire il governo. Un funzionario intervistato dal quotidiano China Daily, Zhu Lijia, ha chiarito che “non c’ è alcuna relazione” tra l’ abolizione della Commissione e l’abbandono della politica del figlio unico che, secondo il governo, è risultata utile per contenere l’ aumento della popolazione. La legge è considerata anacronistica da molti sociologi, che sottolineano come oggi la maggioranza dei cinesi vivano nelle città dove il tasso di crescita della popolazione non è troppo alto ma troppo basso. L’invecchiamento della popolazione, sostengono, sta procedendo ad un ritmo che potrebbe presto risultare insopportabile dal punto di vista economico. La Cina ha oggi 1,3 miliardi di abitanti. Secondo i sostenitori della legge sul figlio unico, se essa non fosse stata rigidamente applicata ne avrebbe 400 milioni in più.
fonte: Beniamino Natale per ANSA
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Diminuisce per il quarto anno consecutivo la sex ratio in Cina
Diminuita, per il quarto anno consecutivo, il rapporto tra numero di nati di sesso maschile e quelli di sesso femminile. Secondo quanto scrive la stampa cinese, la Commissione per la popolazione e la pianificazione familiare (Npfpc) ha evidenziato come nel 2012 il rapporto sia sceso a 117,7 maschi ogni 100 femmine. Dopo un picco del 2004 in cui ci furono 121,2 maschi ogni 100 femmine, il declino del gap degli ultimi quattro anni, dimostra che le misure adottate dal governo per frenare il fenomeno delle nascite ”selezionate” e degli aborti selettivi stanno dando buoni risultati. Il tasso ideale, secondo gli esperti, sarebbe di 103-107 maschi ogni 100 femmine; la differenza sarebbe in questo caso irrilevante anche considerando che normalmente tra i maschi il tasso di mortalita’ e’ normalmente piu’ elevato. Tra le misure adottate per frenare il fenomeno degli aborti selettivi e quindi ridurre la sex ratio, vi sono quella secondo cui i medici non possono rivelare alle coppie il sesso del bambino che deve nascere e quella cosi’ che le donne non possono interrompere la gravidanza per non dare alla luce figlie femmine. Secondo Lu Jiehua, professore di demografia sociale presso l’Universita’ di Pechino, non e’ corretto essere troppo ottimisti in quanto il problema e’ ancora lontano dal dirsi totalmente risolto specie nelle zone rurali. Il professore ha messo poi in rilievo come la cosa piu’ importante sia che il governo promuova e favorisca la parita’ tra i sessi in primo luogo a livello culturale, dell’istruzione e sui luoghi di lavoro.
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Spopola tra i giovani senza amici una chat virtuale con un pulcino
I giovani cinesi, soli a causa della legge del figlio unico, impazziscono per una chat virtuale con un ‘pulcino’ che sta diventando il loro migliore amico. Sta infatti avendo molto successo in Cina, specie tra i giovanissimi, una nuova applicazione, chiamata “il piccolo pulcino giallo”. Lanciata a dicembre su Renren, un sito di social network, sembra ha già oltre 2,2 milioni di seguaci. Chiunque può inviare un messaggio a cui il pulcino, risponde. Anche se le risposte sono generate da un sofisticato software, i giovani sono divertiti dalle sue risposte, perché é capace di disquisire su tutto. Diversi ragazzi hanno riferito che il pulcino è diventato il loro interlocutore preferito. Con lui si parla di musica e di sport, si chiedono consigli amorosi o si fanno confidenze. “Non si teme di disturbare, offendere o annoiare quando si parla con questo pulcino” ha dichiarato allo Shanghai Daily Chang Yue, uno studente universitario. “L’applicazione ha soddisfatto il bisogno dei giovani di comunicare”, ha detto Zhou Xiaozheng, professore di sociologia presso l’Università del popolo. Zhou ha aggiunto che il successo di questa applicazione deriva anche dal fatto che in Cina, a causa della legge del figlio unico, la maggior parte dei ragazzi non ha fratelli o sorelle con cui confrontarsi e dialogare e quindi cerca un sostituto, seppure virtuale. “Il figlio unico in una famiglia manca di comunicazione emotiva e questo lo rende più incline a essere dipendente dalla tecnologia” ha aggiunto il professore. Il ‘pulcino giallo’ non é la prima applicazione di questo tipo ad attirare l’attenzione dei giovanissimi. L’anno scorso aveva avuto molto successo Xiaotu, un robot a risposta automatica apparso come applicazione sul sito web della biblioteca dell’Università di Tsinghua. Come Xiaotu, anche il pulcino ha la capacità di imparare. Esso memorizza notizie, informazioni e persino barzellette che apprende dai suoi seguaci online e in seguito interagisce con gli utenti in base ai dati acquisiti. Secondo Lin Kunhui, fondatore del centro per l’educazione alla vita e per l’intervento in caso di crisi, una organizzazione senza scopo di lucro che opera a Shanghai, i giovani cinesi sono sottoposti a diverse forme di stress, derivanti dalla famiglia, dal lavoro e dallo studio e hanno poche occasioni di poter parlare con qualcuno dei propri problemi. E questo aumenta solitudine e disperazione. In base a dati resi noti di recente dal Ministero della Salute, ogni anno sono almeno 250.000 le persone che si suicidano (e oltre due milioni quelle che tentano di farlo senza riuscirci) e, come fa sapere il centro per il controllo e la prevenzione delle malattie, il suicidio è la prima causa di morte in Cina per le persone nella fascia di età tra i 15 e i 34 anni. Secondo gli esperti a condurre i giovani al suicidio è principalmente un sentimento di isolamento e di solitudine, contro i quali stanno sorgendo molti centri d’ascolto aperti sempre.
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