Ci sono anche i parenti di cinque alti papaveri di Pechino fra gli oltre 22.000 cinesi che hanno conti e società off shore nei paradisi fiscali, a cominciare dalle Isole Vergini Britanniche. E’ quanto emerge da un rapporto pubblicato dall’International Consortium of Investigative Journalists (Icij), un’organizzazione con sede a Washington che riunisce giornalisti investigativi di tutto il mondo. E la pubblicazione del “Chinaleaks” è avvenuta nello stesso giorno nel quale è cominciato il processo all’attivista Xu Zhiyon, fondatore del Nuovo Movimento dei cittadini, che rischia una condanna a cinque anni per aver incitato un gruppo di persone a scendere in strada in segno di protesta, issando bandiere per chiedere moralità nella vita pubblica e trasparenza sulle ricchezze dei funzionari pubblici. Nel rapporto dell’Icij, i nomi eccellenti ci sono proprio tutti: a partire dal cognato dell’attuale presidente e segretario del partito, Xi Jinping; a quelli del figlio e del genero dell’ex premier Wen Jiabao. C’è poi il cugino dell’ex presidente Hu Jintao, la figlia dell’ex premier Li Peng e il genero di Deng Xiaoping. Oltre a loro, parenti stretti di ex vicepresidenti, di fondatori del partito, di eroi della rivoluzione, di generali dell’esercito. La lista, che in totale presenta 22.000 nomi provenienti da Cina e Hong Kong e 16.000 da Taiwan, elenca molti dei super ricchi di Cina: 15 tra gli uomini e le donne più facoltosi del Paese (tutti membri del “parlamento” di Pechino), magnati come il fondatore di Tencent (quello che ha inventato WeChat), Yang Huiyan, donna più ricca di Cina, e Zhang Xin, gigante del real estate. Il rapporto, che consiste in oltre 2 milioni di file, afferma come tramite anche l’aiuto di intermediari (per lo più banche) venissero create reti di società e fondi alle Isole Vergini o in altri paradisi fiscali analoghi. Per guadagnare ulteriormente poi alcune aziende delle Cina continentale vendevano i loro prodotti alle loro stesse sussidiarie off shore a prezzi molto bassi per poi rivendere in loco gli stessi prodotti a prezzi maggiorati ed evitando il pagamento delle tasse. Di per sé, la cosa non sarebbe illegale in quanto i funzionari cinesi non sono obbligati a rivelare le loro ricchezze. Sul web i commenti al rapporto sono stati censurati, così come i siti che lo riportano, ma i commenti infuriati di molti cinesi serpeggiano, anche se queste notizie non hanno colto di sorpresa nessuno. Già l’anno scorso inchieste del New York Times e di Bloomberg aveva rivelato le enormi ricchezze di Xi Jinping e dell’ex premier Wen Jiabao. Da Hong Kong, primo paradiso fiscale per i cinesi, negli anni ’90, le ricchezze sono state trasferite nei paradisi fiscali d’Oltreoceano, come Samoa e le Cook. Il 40% del business offshore delle Isole Vergini Britanniche, arriva dalla Cina e da altri paesi asiatici. Secondo alcuni dati, dal 2000 ad oggi sarebbero tra gli 1 e i 4 i trilioni di dollari ad essere stati portati all’estero. Certo ora, con la campagna pro-sobrietà voluta da Xi Jinping che ha vietato gli sfarzi e gli sprechi per i funzionari pubblici, l’esigenza di “preservare” le proprie ricchezze – come hanno sottolineato alcuni analisti politici – in posti sicuri e fruttuosi al tempo stesso potrebbe essere diventata più stringente.
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Chinaleaks: conti offshore per 22.000 cinesi, tra i quali ricchi imprenditori e parenti di politici importanti
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Secondo il Nyt, milioni da banca americana a figlia ex premier Wen Jiabao
Le autorita’ americane hanno aperto un’inchiesta sui rapporti tra la banca d’affari J.P.Morgan e una societa’ di consulenze diretta dalla figlia dell’ex-premier cinese Wen Jiabao. Lo scrive oggi il New York Times. La societa’ aveva solo tre dipendenti ed era guidata dall’unica figlia dell’ex-premier, Wen Ruchun, che nei rapporti con la banca avrebbe usato il falso nome con il quale aveva frequentato in precedenza una prestigiosa universita’ americana. Secondo la ricostruzione del giornale, la societa’ avrebbe ricevuto 75mila dollari al mese dalla J.P.Morgan per un periodo di due anni, per facilitare alcuni affari intrapresi dalla banca in Cina. In altre parole la societa’, chiamata Fullmark Consultants, avrebbe ricevuto nei due anni di contratto 1,8 milioni di dollari dalla banca americana. Secondo una precedente inchiesta del Nyt, pubblicata nel 2012, la famiglia di Wen Jiabao avrebbe accumulato segretamente un patrimonio di 2,7 miliardi di dollari negli anni nei quali Wen e’ stato alla testa del governo cinese (2003-2013).
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Al partito comunista cinese serve una struttura snella, lo dice uno studioso
Il Partito comunista cinese deve trovare il modo di migliorare il sistema relativo alle dimissioni dei suoi membri, anche per riuscire a mandare via coloro che non sono qualificati o che sono corrotti. Lo riferisce il Global Times citando un editoriale pubblicato su una rivista specializzata del Peoplés Daily. L’articolo, scritto da un professore dell’Università dello Shandong, Zhang Xìen, evidenzia la necessità di snellire la struttura del partito. “Il partito attualmente conta più di 80 milioni di membri – ha commentato Cai Zhiqiang, professore della scuola di partito della commissione centrale del Partito -: è un numero troppo elevato che rappresenta una sfida enorme per la sua gestione. I membri dovrebbero essere sostenitori e convinti assertori dell’ideologia ma spesso sono solo persone che cercano benefici professionali e opportunità”. Cai ha aggiunto che è ancora prevalente un vecchio concetto in base al quale solo i traditori se ne vanno e quindi questi sono ancora discriminati e mal considerati. “I membri che decidono di lasciare devono essere trattati in modo giusto”, ha concluso.
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Il nuovo vertice cinese si presenta
”Realizzare il sogno di una grande rinascita della nazione cinese”: il nuovo presidente cinese Xi Jinping ha chiuso oggi su una nota nazionalista i lavori dell’ Assemblea Nazionale del Popolo, esaltando il ”socialismo con caratteristiche cinesi” e invitando le forze armate ad essere ”pronte a vittoriosi combattimenti”. Al nuovo premier Li Keqiang e’ toccato mostrare il volto moderno e pacifico della Cina con la promessa di un’abolizione dei campi di lavoro entro l’anno. I leader della nuova generazione all’unisono hanno invece confermato la volonta’ di procedere con la crescita economica e con la collaborazione con la comunita’ internazionale, ma hanno anche riaffermato le particolarita’ della Cina e la sua intransigenza su quelli che ritiene essere i suoi ”interessi fondamentali”. Chiudendo oggi i lavori dell’ Assemblea Nazionale del Popolo che ha segnato il momento conclusivo del passaggio dei poteri alla nuova generazione di dirigenti comunisti cinesi Xi, 59 anni e Li, 57, si sono divisi accuratamente i compiti. Con aria grave, parlando davanti ai quasi tremila delegati dell’ Assemblea, Xi Jinping ha detto che bisogna ”continuare a battersi per la causa del socialismo con caratteristiche cinesi e per realizzare il sogno di una grande rinascita della nazione cinese” e ha rivendicato il rafforzamento dell’ ‘Esercito di Liberazione Popolare, in corso da due decenni con tassi di aumenti della spesa militare a due cifre. Parole che non devono essere suonate piacevoli alle orecchie non solo del Giappone – a causa della disputa sulle isole Senkaku/Diaoyu – ma anche di Filippine, Vietnam, Malaysia e Brunei, tutti Paesi che hanno dispute con Pechino nel Mar della Cina meridionale. Parlando nella sua prima conferenza stampa da premier, Li Keqiang ha sottolineato che il primo obiettivo del suo governo e’ la crescita ”sostenibile dell’ economia”. Il premier ha fatto riferimento in particolare all’ inquinamento e alla sicurezza alimentare, temi che preoccupano l’ opinione pubblica cinese. Li, apparso insolitamente rilassato e sorridente, ha inoltre invitato gli Usa ad ”evitare scambi di accuse infondate” sul problema degli attacchi informatici e, rispondendo alla domanda insolitamente coraggiosa di una giornalista cinese, si e’ impegnato a presentare entro la fine dell’ anno la ”riforma” dei campi di lavoro. Si tratta dei cosidetti ”laojiao”, gestiti dalla polizia nei quali oggi i cittadini cinesi possono essere inviati per quattro anni per via amministrativa, senza la necessita’ di un intervento della magistratura. I campi di rieducazione attraverso il lavoro non vanno confusi con i ‘laogai’, i campi di lavoro. Questi ultimi sono stati formalmente chiusi nel 1997, ma ci sono ancora reati che possono essere puniti con i “lavori forzati”. Nei ‘laojiao’ in genere vengono rinchiusi tossicodipendenti, prostitute e piccoli criminali. Li non ha invece accennato all’abolizione dell’ ‘hukou’, il permesso di residenza che divide gli 1,3 miliardi di cinesi tra chi è residente nelle campagne e chi nelle città, categorie che hanno diversi diritti e diversi doveri, ma ha sottolineato che il tumultuoso processo di urbanizzazione che e’ alla base della crescita economica della Cina deve essere indirizzato non solo verso le grandi metropoli come Pechino e Shanghai, ma verso le cosiddette citta’ di ”seconda fascia”. Il gruppo dirigente cinese ha cosi’ completato con successo il secondo ricambio dei vertici avvenuto senza scosse e nel rispetto del copione faticosamente concordato in mesi di trattative tra le varie fazioni comuniste. Rimane aperto il problema del processo a Bo Xilai, l’ ambizioso leader caduto in disgrazia l’ anno scorso e oggi in prigione in attesa di processo. Bo, 63 anni, e’ ritenuto colpevole di corruzione e abuso di potere ma, ad oltre un anno dal suo arresto, nessuna accusa e’ stata formalizzata contro di lui
fonte: Beniamino Natale per ANSA
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Eletto Li Keqiang, nuovo premier cinese
Con l’elezione di Li Keqiang a capo del governo da parte dell’Assemblea Nazionale del Popolo, la Cina ha completato oggi il delicato processo di successione iniziato al 18.mo congresso del Partito Comunista, che si è svolto a Pechino nel novembre dell’anno scorso. Tra gli applausi dei quasi tremila delegati all’Assemblea, una sorta di Parlamento chiamato a ratificare le decisione già prese dagli organi di partito, Li ha stretto la mano al suo predecessore, Wen Jiabao, che esce di scena indebolito dalle rivelazioni del New York Times, che la scorsa estate ha pubblicato un’inchiesta sulle notevoli ricchezze accumulate dalla sua famiglia nei dieci anni in cui è stato al potere. Li, 57 anni, nativo della provincia dell’Anhui, è considerato un prudente riformista e un uomo dell’ex presidente Hu Jintao. Schivo, modesto, Li ha più l’aspetto di un professore che quello di un aggressivo dirigente politico. Tre decenni fa fu tra i protagonisti di una stagione di risveglio intellettuale della Cina dopo il lungo sonno della Rivoluzione Culturale. Tra i primi a tornare all’Università di Pechino dopo gli anni di caos, Li ha conosciuto e frequentato altri giovani che poi sono diventati attivisti e dissidenti. La stagione del risveglio si concluse nel 1989, con i carri armati dell’Esercito di Liberazione Popolare che sgombravano nel sangue piazza Tiananmen dagli studenti che l’avevano occupata in nome della democrazia, uccidendo centinaia di persone. Da allora Li ha proseguito la sua carriera in silenzio, all’ ombra di Hu Jintao, guadagnandosi una fama di economista esperto e di specialista di problemi di urbanizzazione, estremamente importanti in Cina. Su di lui grava l’ombra della crisi dell’Aids degli anni Novanta nella provincia dell’Henan, nella quale aveva un ruolo dirigente. Migliaia di contadini contrassero il mortale virus HIV attraverso le vendita di sangue agli ospedali della provincia, che trascuravano le più elementari norme di sicurezza. Le vendite del sangue erano attivamente sostenute dal governo provinciale. In seguito, Li Keqiang è stato governatore della provincia del Liaoning, nel 2004, e tre anni dopo, nel 2007, è stato eletto nel Comitato permanente dell’Ufficio politico (Cpup), il vero detentore del potere in Cina. Come per la maggior parte dei dirigenti cinesi, la sua vita privata è poco conosciuta. La moglie Chen Hong insegna letteratura inglese all’Università di Pechino. La figlia della coppia studia negli Usa. Da oggi, gran parte della responsabilità della seconda economia del mondo è sulle sue spalle.
fonte: Beniamino Natale per Ansa
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Xi Jinping eletto presidente. Obama: lavoreremo insieme
I quasi tremila delegati dell’Assemblea Nazionale del Popolo hanno eletto oggi Xi Jinping, da novembre segretario del Partito Comunista e leader della potente Commissione militare centrale, alla presidenza della Repubblica. Xi diventa cosi’ l’indiscusso leader della seconda economia del mondo e da oggi e’ nel pieno dei suoi poteri. Una delle prime telefonate ricevute da Xi e’ stata quella di Barack Obama. Il capo della Casa Bianca ha auspicato una collaborazione con Pechino e ha sottolineato la minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti posta dal programma nucleare della Corea del Nord (alleata della Cina) ma anche dai cyber-attacchi, che appena ieri il presidente Usa aveva imputato direttamente allo Stato cinese. Di questo e molto altro parleranno il segretario di Stato americano, John Kerry, e quello al Tesoro, Jack Lew, che saranno ”presto” a Pechino. Nella cerimonia di stamattina che si e’ svolta nella Sala dell’Assemblea del Popolo ed e’ stata trasmessa in diretta della televisione di Stato Xi, 59 anni e passo elastico nonostante qualche chilo di troppo, ha brevemente confabulato col suo predecessore Hu Jintao, che esce di scena per una difficile convivenza con un altro ex presidente: Jiang Zemin, che a 86 anni gode – almeno a quanto se ne sa, cioe’ poco – di buona salute e che ha mantenuto una forte influenza nel Partito. Forse e’ pensando a questa ingombrante presenza che Xi ha scelto come suo vice, a sorpresa, il 63enne Li Yunchao, ritenuto un riformista ed escluso dall’ organismo di vertice del Partito e dello Stato – il Comitato permanente dell’ufficio politico o Cpup – proprio per volere di Jiang. Non e’ la prima volta che Xi manda un segnale ai potentati che dirigono la vita del piu’ grande partito comunista del mondo (oggi il Pcc ha oltre 80 milioni di membri). In settembre, mentre infuriavano le trattative per disegnare il nuovo gruppo dirigente, Xi e’ letteralmente scomparso per due settimane, dando adito alle voci piu’ disparate che parlavano di un’ epurazione o di una grave malattia. Smentendo tutti, il nuovo numero uno e’ ricomparso all’improvviso com’era sparito, apparendo in buona forma fisica e psicologica. La spiegazione ritenuta piu’ probabile e’ che Xi abbia minacciato di farsi indietro, ottenendo una tregua tra le fazioni che ha permesso di svolgere con successo, in novembre, il congresso che lo ha incoronato segretario. Il processo di ricambio della leadership, che in Cina avviene ogni dieci anni, verra’ completato domani, quando l’ Assemblea eleggera’ il nuovo premier, il 58enne Li Keqiang, e i suoi collaboratori. Si tratta della seconda successione ai vertici che si svolge in modo pacifico e ordinato, a dimostrazione che il Partito e’ riuscito a creare un meccanismo accettato da tutte le sue componenti. Lo ha imparato a sue spese Bo Xilai, l’ex leader emergente che ha cercato una scorciatoia per raggiungere il vertice, ed ora e’ in prigione in attesa di essere processato, probabilmente per corruzione e abuso di potere. Xi Jinping, figlio di uno dei rivoluzionari della prima ora, e’ un ”principe” che appartiene a pieno titolo all’aristocrazia rossa che domina la politica e gli affari nella Cina del miracolo economico. E’ sostenuto da altri ”principi” che negli ultimi anni hanno occupato le posizioni piu’ importanti sia nel Partito che nell’ esercito. Considerato un riformista prudente e un acceso nazionalista, Xi dovra’ affrontare problemi come la dilagante corruzione, le crescenti differenze tra ricchi e poveri e i danni all’ambiente emersi drammaticamente negli ultimi mesi. Il tutto, in un momento nel quale l’economia ha rallentato il suo ritmo di crescita sia per i contraccolpi della crisi internazionale che per l’ aggravarsi degli squilibri interni.
fonte: Beniamino Natale per ANSA
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Chi è Xi Jinping
Xi Jinping, 59 anni, eletto oggi presidente della Repubblica popolare dopo essere stato nominato segretario del Partito Comunista, e’ il primo ”principe” a salire al vertice dello Stato cinese. Suo padre Xi Zhongxun e’ stato infatti uno dei rivoluzionari della prima ora insieme al presidente Mao Zedong e un convinto riformista negli ultimi anni della sua vita. Sposato ad una famosa cantante – peraltro sparita dalla pubblica vista da quando il marito e’ stato indicato come il successore designato del presidente Hu Jintao – Xi e’ considerato un riformista ”prudente” e un acceso nazionalista. Appoggiato dagli altri ”principi” – molti dei quali oggi sono in posizioni chiave – e dall’esercito, Xi dovra’ affrontare problemi come la dilagante corruzione, le crescenti differenze tra ricchi e poveri e i danni provocati all’ambiente dal tumultuoso sviluppo economico degli ultimi anni. Nelle sue prime uscite pubbliche dopo essere stato nominato, in novembre, segretario del Partito Comunista, il nuovo leader cinese ha sottolineato la necessita’ di uno ”stile di lavoro” modesto e di evitare gli eccessi di servilismo spesso mostrati dai leader delle province verso quelli nazionali. Quattro anni fa, nel corso di una visita in Messico, Xi mostro’ il suo volto aggressivo accusando ”alcuni stranieri con la pancia piena” di criticare la Cina a vanvera.
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Sono 83 i miliardari nel “parlamento” cinese
Ufficialmente resta il parlamento di un Paese comunista, ma fra i ranghi della ciclopica Assemblea nazionale del popolo sono ormai ben 83 i miliardari (in dollari americani), su quasi 3.000 deputati. Lo rivela la lista Hurun 2013, realizzata dall’omonima societa’ di Shanghai, che pubblica ogni anno la classifica dei cinesi piu’ ricchi e, da quest’anno, elenca inoltre i 1453 uomini piu’ ricchi al mondo. Dopo le polemiche seguite alla lista dello scorso anno, che tolse il velo anche in Cina sulle ricchezze di alcuni dei piu’ potenti uomini politici dello Repubblica Popolare, quest’anno emerge come tra i parlamentari ci siano gli uomini piu’ ricchi nel Paese e che il numero dei deputati facoltosi continua a crescere. La lista sottolinea inoltre che, a fronte delle decine di politici-magnati presenti nei palazzi del potere dello Stato fondato da Mao, negli Stati Uniti – patria del capitalismo – l’unico miliardario censito in posizione politica di rilievo risulterebbe essere Michael Bloomberg, sindaco di New York. Il parlamentare cinese piu’ ricco e’, secondo la rivista Hurun, Zong Qinghou , 68 anni, patron della Wahaha, la piu’ grande azienda cinese nel business delle bibite, con una fortuna personale di 13 miliardi di dollari. A seguire Ma Huateng, con 7,5 miliardi di dollari, fondatore di Tencent, uno dei giganti asiatici di internet. L’età media dei deputati nababbi é di 54 anni.
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Muore deputato durante l’Assemblema Nazionale del Popolo, era sindaco di Hangzhou
Un deputato cinese, che stava partecipando alla sessione annuale dell’Assemblea Nazionale del Popolo in corso a Pechino, e’ morto per attacco cardiaco. Shao Zhanwei, che era anche sindaco di Hangzhou, importante citta’ della Cina orientale nella provincia dello Zhejiang, e’ stato colto da un infarto mentre la sessione andava avanti. L’uomo, 57 anni, e’ stato soccorso dagli assistenti nella sala dell’assemblea e portato in un altro luogo per le cure del caso, ma non c’e’ stato nulla da fare. La sessione annuale dell’Assemblea Nazionale del Popolo (Npc nella sigla inglese), che ha quasi tremila deputati provenienti da tutta la Cina e che, insieme all’Assemblea Consultiva del Popolo, costituisce una sorta di Parlamento, e’ stata aperta ieri e sancira’ l’elezione di Xi Jinping a presidente della Cina.
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