La “nuova normalità” dell’economia cinese, con la crescita al 7,4%, scuote un po’ Pechino ma continua a fare invidia ai paesi di tutto il mondo. Il dato, diffuso stamattina dall’ufficio centrale di statistica di Pechino, è il più basso dal 1990, quando la Cina crebbe al 3,8% a causa delle sanzioni imposte dopo i fatti di Piazza Tiananmen. Ed è anche la prima volta dal 1998 (i dati sono pubblici sono dal 1995) che la crescita cinese è inferiore al target fissato dal governo che, per il 2014, era del 7,5%. Le autorità cinesi si sono affrettate a parlare di una “nuova normalità” dell’economia cinese, dopo una crescita che ha superato il 10% dal 2000 al 2012, quando poi è stata registrato un pil al 7,7% mantenuto anche nel 2013. E le previsioni non sono rosee: secondo il Fondo monetario internazionale, la Cina dovrebbe crescere del 6,8% (-0,3 punti) nel 2015 e nel 2016 del 6,3% (-0,5 punti). L’annuncio della normalità serve anche a calmierare posizioni e preoccupazioni: in primis quella della ricaduta occupazionale, temuta non poco da Pechino, ma anche quella del debito pubblico. Le cause del rallentamento della crescita cinese derivano in primo luogo da un cambiamento della stessa da un sistema basato sulle esportazioni dovute ai bassi prezzi di produzione, a un sistema basato sul consumo interno. Sceso il mercato immobiliare, uno dei fattori più importanti dell’economia cinese, nel quale gli investimenti l’anno scorso sono cresciuti del 10,5%, molto al di sotto del 9,8% di crescita del 2013, con le vendite in calo del 7,6% e con l’aumento dello spazio non venduto del 26,1%. Il calo dell’immobiliare porta anche il calo dell’acciaio: anche se la produzione ha raggiunto il record di 822,7 milioni di tonnellate l’anno scorso (circa la metà della produzione globale) la crescita è stata solo dello 0,9%, il dato pià basso dal 1981. Nel 2014, sono calati gli investimenti in infrastrutture, scesi a un tasso di crescita del 15,7%, contro un aumento su base annua del 19,6% nel 2013. I dati diffusi stamattina hanno dimostrato una ripresa dell’economia cinese nell’ultima parte dell’anno, con buoni segnali da vendite al dettaglio e la produzione industriale: la stessa ha registrato un calo rispetto al 2013, all’8,3% su base annua, in calo rispetto al 9,7% del 2013. Le autorità erano già preoccupate, non a caso hanno deciso il taglio dei tassi di interesse a novembre. Difficile che, come fatto nel 2008, butteranno soldi nel sistema, perchè aumenterebbero già il notevole debito (240% del pil), ma continueranno a cercare di stimolare al domanda interna cercando sempre più di lasciare un modello industriale pesante verso uno più efficiente aumentando i consumi interni.
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