Sono state almeno 5.000 le esecuzioni capitali a cui, nel 2011, hanno fatto ricorso 19 dei 43 Paesi mantenitori della pena di morte. E’ questa la cifra chiave del rapporto annuale 2012 di Nessuno tocchi Caino, presentato oggi a Roma. Una cifra che, seppur ancora altissima, nasconde una buona notizia: il calo delle esecuzioni – nel 2010 erano state 5.946 – concentrato pressoche’ interamente in Cina. Il gigante asiatico, tuttavia, resta anche per il 2011 la ‘patria’ dei boia, seguita da Iran e Arabia Saudita dove, pero’, il numero delle pene capitali e’ ancora in aumento. Ad oggi sono 155 i Paesi che hanno abolito per legge o in pratica la pena di morte. Segno della ”tendenza irreversibile” verso l’abolizione, come sottolineato dal ministro degli Esteri Giulio Terzi che, intervenendo alla presentazione del rapporto, ha ribadito l’impegno dell’Italia – confermato in un messaggio anche dal presidente della Camera Gianfranco Fini – contro ”l’assurdita”’ di questa pratica. In merito alla quale, al pari degli anni precedenti, nel 2011 la Cina ha mantenuto il suo primato con 4000 esecuzioni sebbene, da quando nel 2007 la Corte Suprema ha assunto il potere di revisione sulle condanne capitali comminate dai tribunali minori, il ricorso alla pena di morte nel Paese sia sensibilmente diminuito. Inverso il trend dell’Iran, che nel 2011 ha registrato 676 esecuzioni (130 in piu’ rispetto al 2010), delle quali 4 inflitte a minorenni. Le autorita’ di Teheran hanno inoltre triplicato il numero delle esecuzioni pubbliche – 65 nel 2011 – continuando ad applicare la pena di morte per reati chiaramente non violenti e per motivi essenzialmente politici. Triplicate anche le esecuzioni in Arabia Saudita (almeno 82 nel 2011), dove nei primi sei mesi del 2012 il boia non si e’ fermato, colpendo gia’ 45 volte. Piu’ in generale, nel 2011, almeno 898 (contro le 823 del 2010) esecuzioni sono state ordinate in 12 Paesi da tribunali islamici in stretta applicazione della sharia ed effettuate con impiccagione, fucilazione e decapitazione. L’Iran ha bloccato le esecuzioni tramite lapidazione, utilizzata tuttavia in via extra-giudiziaria in Afghanistan, nelle zone controllate dai Talebani, in Somalia dagli Shabaab e in Mali dagli estremisti che controllano il Nord del Paese. Al quarto posto su scala mondiale, c’e’ invece l’Iraq (68 esecuzioni), seguito da Usa (43) e Yemen (41). Oltre all’Asia e al Nordamerica, esecuzioni sono state effettuate in 4 Paesi dell’Africa e in Bielorussa, unico Paese europeo a ricorrere alla pena capitale (due giustiziati nel 2011 e due quest’anno). Nel 2012, inoltre, le esecuzioni sono riprese in Botswana e Giappone, dove i giustiziati sono gia’ 5, due dei quali proprio oggi. E il Sol Levante pensa a cambiare ‘tecnica’: secondo quanto reso noto oggi, un pool di tecnici sta valutando la possibilita’ di passare dall’impiccaggione all’ iniezione letale, sul modello Usa. In vista della nuova risoluzione Onu prevista in dicembre a favore di una moratoria sulla pena di morte, la strada per l’abolizione e’ quindi ancora lunga e necessita dell’impegno di un numero crescente di Stati per ”liberarsi di questo vecchio arnese della storia dell’umanita”’, come sottolineato dal segretario di Nessuno tocchi Caino Sergio D’Elia.
fonte: ANSA
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