Il Partito Comunista Cinese si è impegnato oggi a rafforzare “il ruolo decisivo” del mercato nell’economia al termine di una riunione del suo massimo organo dirigente, il comitato centrale, centrata sulla necessità di contrastare il declino degli straordinari tassi di crescita dello scorso decennio. I 376 membri (tra effettivi e supplenti) del Comitato centrale si sono riuniti in un vecchio albergo alla periferia di Pechino sotto la protezione di un massiccio schieramento delle forze di sicurezza, che è stato rafforzato dopo l’attentato del 29 ottobre su piazza Tiananmen, nel quale terroristi islamici hanno colpito per la prima volta nel cuore della capitale, causando la morte di cinque persone. Il documento approvato al termine dei lavori, che si sono protratti in gran segreto per quattro giorni, è vago e rappresenta un canovaccio che indica la via da percorrere nei prossimi anni. Su questo documento di “indirizzo”, il nuovo gruppo dirigente guidato dal presidente della Repubblica e segretario generale del partito Xi Jinping e dal premier Ki Keqiang ha ottenuto il consenso del Comitato centrale. Questo, ammoniscono gli osservatori, non significa che siano superate le resistenze delle potenti lobby che dominano l’economia cinese, in primo luogo quelle riunite intorno alle grandi imprese e alle grandi banche statali. “Il comunicato è molto generico e non lascia spazio alla possibilità di riforme politiche”, ha detto all’ANSA Zhang Ming, professore alla Renmin University di Pechino e profondo conoscitore della struttura politica cinese. “Ci potrebbero essere importanti novità sul piano dell’amministrazione e della proprietà (oggi interamente pubblica e gestita di fatto dagli organi dirigenti del Partito, a tutti i livelli della società)”. “Penso che possiamo aspettarci per il prossimo futuro una riforma della proprietà terriera e probabilmente del sistema dei permessi di residenza (che oggi traccia una divisione netta tra residenti delle città e delle campagne)”, aggiunge il professore. Altri osservatori hanno sottolineato la possibilità che venga varata nel prossimo futuro un’altra riforma di portata storica, vale a dire la modifica in senso liberale della legge sul figlio unico. Quello che si è concluso oggi a Pechino è stato il terzo incontro del cc eletto dal 18esimo congresso del Partito, che si è tenuto un anno fa. Quello che nel linguaggio da Terza Internazionale ancora largamente usato in Cina viene chiamato il “terzo plenum” è tradizionalmente il palcoscenico scelto dal nuovo gruppo dirigente per lanciare il suo programma di governo. Fu in un “terzo plenum” nel 1978 che l’allora numero uno cinese Deng Xiaoping lanciò la politica di “apertura e riforma” che è alla base del boom cinese. E fu nel “terzo plenum” del 1993 che il suo successore Jiang Zemin confermò – quattro anni dopo il massacro di studenti di piazza Tiananmen – che il Paese sarebbe andato avanti su quella strada.
Sono almeno dieci anni, da quando l’ esodo dei contadini cinesi verso le metropoli in cerca di lavoro e di reddito ha assunto dimensioni macroscopiche, che si parla della possibile abolizione della legge piu’ odiata dalla popolazione, quella che impone alle coppie urbane di non aver piu’ di un figlio. Ma questa volta, secondo molti osservatori, dovrebbe essere quella buona: una delle misure implicite nel fumoso documento diffuso oggi a conclusione della riunione del comitato centrale del Partito Comunista Cinese e’ la modifica in senso liberale della legge sul figlio unico. Secondo le previsioni della stampa, verra’ permesso di avere piu’ di un bambino alle coppie nelle quali uno dei due coniugi sia figlio unico (oggi questo privilegio e’ riservato alle coppie composte da due figli unici). Varata nel 1979, la cosiddetta legge sul figlio unico e’ malvista anche a causa del modo nel quale e’ stata applicata, cioe’ rendendo i funzionari di basso livello responsabili della rigida osservanza di un sistema di quote imposto dal centro. Secondo questo sistema, il governo centrale stabilisce il tetto di nascite per ogni provincia, ogni governo provinciale stabilisce quello delle municipalita’ e cosi’ via…E’ questo sistema, secondo i gruppi umanitari, che ha portato ad abusi come gli aborti forzati, imposti anche a donne in stato avanzato di gravidanza. La punizione per chi viola la legge sul figlio unico e’ costituita da multe il cui ammontare viene stabilito provincia per provincia e che spesso e’ di decine di migliaia di yuan, cioe’ astronomico per standard cinesi. Sull’ efficacia della legge i pareri sono discordanti. Le autorita’ sostengono che essa ha garantito il contenimento della crescita della popolazione, mentre alcuni sociologi lo attribuiscono al processo di urbanizzazione, che ha portato le giovani donne nelle professioni spostando in avanti di almeno un decennio il momento della prima gravidanza
fonte: Beniamino Natale per Ansa
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