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A dicembre i primi analisti dell’opinione pubblica

La Cina ha deciso di riconoscere formalmente la figura dell'”analista dell’opinione pubblica”, al fine di dare la possibilità ai politici e agli amministratori di meglio comprendere le esigenze della società. Lo riferisce il China Daily. Gli analisti sono coloro che verificano sui siti e sui social network, oltre che sui media tradizionali, le opinioni degli utenti rispetto ai politici e al governo. Il primo gruppo di certificati sarà emesso, secondo quanto ha fatto sapere il Ministero delle Risorse Umane e della Sicurezza Sociale, verso metà dicembre dopo che gli interessati, che hanno fatto richiesta a settembre, avranno completato un periodo di formazione costituito da otto corsi di vario tipo. I corsi cominceranno il prossimo 14 ottobre e gli interessati dovranno pagare una retta di iscrizione di 7800 yuan (oltre 900 euro). Molti, specie tra i giovani, quelli interessati a questa nuova opportunità. Tra questi Weng Zhihao, un ragazzo di 23 anni, studente universitario di Pechino, laureato in giornalismo, secondo il quale il possesso di questo certificato lo renderà più competitivo nel mercato del lavoro. Steven Dong, vice segretario generale dell’Associazione cinese di pubbliche relazioni, ha dichiarato che il lavoro degli analisti sta diventando sempre più importante in un’epoca di esplosione delle informazioni come quella attuale. “A volte una grande quantità di dati crea più problemi che utilità per le persone – ha detto Dong – si richiede la capacità di evidenziare le informazioni importanti tra la massa di informazioni spazzatura. Inoltre l’analisi dell’opinione pubblica fornisce un nuovo canale per il governo per capire l’umore pubblico rapidamente anche se non magari in maniera sempre perfetta”. Non manca chi è perplesso e teme soprattutto che la censura cinese possa di fatto intervenire a vanificare gli effetti benefici di una iniziativa di questo tipo. ”E’ come un coltello da cucina – ha commentato a questo proposito Yu Guoming , direttore dell’Istituto di Opinione Pubblica presso l’Università del Popolo – si può utilizzare per tagliare il cibo o per ferire. La professione, di per sè stessa, è neutrale”.

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Almeno 2 milioni di freelance monitorano rete per conto autorità

Almeno due milioni di persone in Cina vengono impiegate dal governo di Pechino per monitorare l’opinione pubblica sui social media. Lo scrive il Beijing News. Secondo l’articolo, molti di questi analisti sarebbero free lance incaricati di identificare coloro che esprimono accuse contro il governo. Gli analisti tengono poi informati i vertici locali via sms o report quotidiani. Questi analisi sono in campo da oltre sei anni, ma della loro esistenza si è parlato ufficialmente solo all’inizio del mese, in un convegno organizzato da un gruppo del Quotidiano del Popolo. Molti di questi utilizzano uno speciale software per cercare i nomi dei leader sui principali motori di ricerca e social network. Oltre a loro, le autorità impiegano anche persone che scrivono post favorevoli alle autorità per bilanciare quelli negativi.

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Operazione credibilità per microblog

Sina, l’operatore che fornisce il piu’ popolare servizio di microblog in Cina, Weibo, vorrebbe introdurre un ‘sistema di credibilita” in modo tale che gli utenti che pubblicano on line commenti che consistono in dicerie o in pettegolezzi, possono venire penalizzati e i relativi commenti rimossi. Lo riferisce il South China Morning Post. Di recente le autorita’ cinesi hanno esercitato pressioni sugli operatori di Weibo per rendere i controlli piu’ stringenti, facendo diffondere l’idea che il governo si stesse preparando a rafforzare ulteriormente il suo controllo sulla rete. Secondo quanto fatto sapere da Charles Chao, presidente di Sina, la societa’ negli ultimi mesi sta lavorando per elaborare dei nuovi modi per ”tenere a freno pettegolezzi non veritieri”. Chao ha aggiunto che un sistema del genere si rende necessario in quanto sempre piu’ spesso accade che la gente pubblichi in rete affermazioni anche ‘motivazioni maligne’. ”Molte volte accade – ha detto Chao – che informazioni o notizie circolate su Weibo siano state fuorvianti e distorte e abbiano avuto un impatto molto negativo”. In Cina Facebook, Twitter, Youtube e numerosi altri siti sono vietati (sono accessibili solo se si usa una vpn, un software cioe’ che consente di bypassare la censura cinese) ma il governo consente l’utilizzo di Weibo, che e’ una sorta di Twitter locale e che conta oltre 200 milioni di utenti. Chao non ha specificato quali informazioni o notizie postate sul sito siano state considerate inopportune tanto da rendere necessario un sistema di controllo, ma secondo molti analisti tutto potrebbe il tutto potrebbe essere scaturito dai commenti messi in rete da molti utenti dopo il drammatico incidente ferroviario dello scorso mese di luglio. Tramite Weibo infatti molte persone cominciarono a sollevare dubbi sulla veridicita’ delle informazioni fornite dal governo su quel tragico incidente soprattutto con riferimento al numero delle vittime. ”Questo sistema di controllo non e’ necessario – ha invece detto Qiao Mu, direttore del centro di comunicazioni internazionali dell’Universita’ degli Studi Esteri di Pechino – lo spazio internet e’ sempre un misto di verita’ e bugie”.

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I microblog fonte di informazione per i giovani cinesi

I microblog sono diventati per i cinesi un mezzo molto diffuso per ricevere le ultime notizie. Lo rivela una ricerca condotta dal giornale China Youth Daily. Tra i più usati dai cinesi c’é Sina microblog, Zuosa e Taotao (offerto da Taobao.com, il sito per gli acquisti on line). Fanfou, considerato il clone cinese di Twitter, venne invece oscurato, proprio per la sua grande diffusione, nel 2009, a seguito degli incidenti nello Xinjiang in quanto il governo ritenne che avesse avuto un importante ruolo nella diffusione delle informazioni sugli scontri. Secondo l’indagine, condotta su 3.282 persone provenienti da 30 diverse province cinesi, il 73,5% delle persone che ha accesso a internet usa i microblog per conoscere le ultime notizie. Il 66,6% utilizza invece questi sistemi per partecipare a discussioni on line. Il 52,1% infine solo per tenersi in contatto con gli amici. La ricerca ha anche mostrato che il 73,7% degli intervistati considera i microblog un’importante fonte di news fra l’altro perché l’informazione è rapida. Per il 56,5% le informazioni ottenute con i microblog sono credibili, il 23,2% ha dubbi sulla credibilità delle notizie, mentre per il 20,3% si tratta di un tipo di informazione poco credibile. “I microblogs sono dei media di massa – spiega Kuang Wembo, professore alla scuola di giornalismo dell’Università del popolo – in cui chiunque può pubblicare quello che vuole, rendendo difficile giudicare la veridicità delle informazioni. Possono solo servire come supplemento ai media tradizionali”.

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