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Folla in vetta Everest, è record: 150 in un solo giorno

Sono servite a poco le proteste di ambientalisti e degli amanti della montagna, oltre ai recenti quattro decessi. Oggi l’Everest ha segnato un nuovo primato con 150 alpinisti che hanno raggiunto la vetta, a 8.848 metri di altitudine, approfittando della ”finestra” di bel tempo nel fine settimana. A dirlo e’ un responsabile del ministero del Turismo del Nepal, Tilak Pandeymai. Il numero e’ da record, 150 scalatori solo oggi tra i quali, il figlio del leader maoista Pushpa Kamal Dahal, detto ”Prachanda”, in una spedizione dedicata a promuovere la pace nell’ex regno himalayano. E non e’ finita qui. Altri alpinisti nelle prossime ore dovrebbero salire in cima alla montagna piu’ alta del mondo, al confine tra Nepal e Cina. Il tutto senza tenere conto delle disgrazie appena avvenute come i quattro incidenti mortali ai danni di un tedesco, un sudcoreano, un cinese e un canadese, o gli incidenti, le avversita’ e i cambiamenti atmosferici repentini. E’ di soli due giorni fa il salvataggio dell’italiano Luigi Rampini con le mani e il naso congelati in un campo a oltre 7.700 metri di altezza. Diverse persone hanno descritto nei giorni scorsi una folla che si inerpicava sui ripidi pendii che conducono alla vetta, con delle vere e proprie code nei punti-chiave. Inutile dire che quello che sta accadendo sull’Everest e’ un vero e proprio ”affollamento”, criticato da molti amanti della montagna. ”Sembrano tutti impazziti per l’Everest, ma il livello e’ spesso vergognoso – ha affermato due giorni fa l’alpinista bergamasco Simone Moro che ha dovuto rinunciato alla sua impresa -. Salire adesso e’ pazzesco. Ci sono morti ovunque”. Moro ha poi pero’ precisato che la sua non voleva essere una lamentela perche’ l’Everest ”e’ di tutti e quella gente paga e crea business in Nepal”. A confermare il ”traffico” di montagna anche Pandeymai. ”Ci sono ancora alcuni sherpa e altri alpinisti che nei due giorni a venire proveranno a salire in vetta – aggiunge – ma la stagione ufficiale sta per chiudersi e gli alpinisti stanno per raggiungere i loro campo base”. Inoltre la montagna detiene anche un primato per nulla positivo, in quanto e’ stata considerata negli ultimi anni uno dei luoghi piu’ inquinati del mondo, tanto da essere definita la discarica piu’ alta del pianeta. Le numerose spedizioni che tentano l’impresa lasciano spazzatura di ogni genere: bombole d’ossigeno esaurite, attrezzature abbandonate, scatolette metalliche e resti di tende. In questa stagione, iniziata a meta’ maggio, quasi 400 scalatori hanno completato l’impresa sia dal versante nepalese che quello tibetano. Tra questi c’e’ anche una giapponese di 74 anni, una ragazzina nepalese di 16 anni e una cingalese di 29 anni, che ha voluto compiere la sua impresa per celebrare i 40 anni dell’indipendenza del suo Paese. Il mio e’ un ”omaggio alle donne del Bangladesh, che rischiano la vita quotidianamente per la loro liberta”’, ha detto. Fino ad ora l’Everest e’ costato la vita a 220 alpinisti, la meta’ dei decessi negli ultimi 20 anni.

fonte: ANSA

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Dalla Cina miliardi al Nepal per ‘Mecca’ buddista

Una fondazione cinese e il governo nepalese stanno progettando di trasformare il villaggio natale del Buddha, nel Nepal meridionale, in un santuario per i buddhisti di tutto il mondo paragonabile alla Mecca per i musulmani o al Vaticano per i cattolici. Lo ha affermato Xiao Wunan, vicepresidente della Asia Pacific Exchange and Cooperation Foundation, il cui piano prevede di raccogliere in Cina e all’ estero tre miliardi di dollari per costruire a Lumbini, 170 km a sud della capitale Kathmandu, un aeroporto internazionale, un’ autostrada, alberghi, ristoranti e un’ Universita’ buddhista. Si ritiene che il principe Siddharta Gautama, diventato poi il Buddha, sia nato 2600 anni fa in questo villaggio nei pressi della frontiera con l’ India. Xiao ha negato che ci siano motivi politici dietro all’iniziativa, come sostenuto da alcuni commentatori indiani, che temono ”l’ accerchiamento” da parte di alleati della Cina. Il Nepal – che continua a trovarsi in una situazione politica instabile nella quale hanno un grande peso i maoisti, che sono il principale partito del Parlamento – e’ uno di questi. Pechino intrattiene buone relazioni con altri Paesi vicini all’ India, come lo Sri Lanka, il Bangladesh e la Birmania, che non vedono di buon occhio l’ emergere dell’ India come potenza dominante della regione. Al contrario, ha affermato l’ esponente cinese, la Fondazione ha proposto a New Delhi di collaborare per sviluppare Bodh Gaya, il paese dell’ India orientale nel quale si ritiene che il principe Siddharta abbia avuto ”l’ illuminazione” trasformandosi nel Buddha, e Kushinagar, dove e’ morto. In Cina il buddhismo, come le altre principali religioni, ha conosciuto un momento difficile negli anni della Rivoluzione Culturale (che ufficialmente si e’ conclusa nel 1976) ma negli ultimi dieci anni, con la relativa liberalizzazione della Cina, ha avuto un revival straordinario. Oggi si ritiene che i seguaci cinesi del Buddha siano circa 500milioni. La Costituzione cinese garantisce la liberta” di religione ma il governo esercita uno stretto controllo sulle gerarchie religiose attraverso l’ Ufficio per gli affari religiosi, che si riserva l’ ultima parola in tutte le questioni che riguardano le religioni, inclusa la scelta delle reincarnazioni dei ”grandi lama” buddhisti. Per quanto riguarda il buddhismo, Pechino teme soprattutto il Dalai Lama, il leader tibetano in esilio che chiede una ”vera” autonomia per il Tibet e che ha mantenuto una forte influenza sui buddhisti tibetani e su buona parte di quelli cinesi. Dopo l’ India, il Nepal e’ il Paese che ospita il maggior numero di profughi tibetani. La Campagna Internazionale per il Tibet, un gruppo fedele al Dalai Lama, ha accusato il governo di Kathmandu di aver ceduto alle pressioni cinesi limitando la liberta” di movimento dei tibetani in Nepal mettendo a rischio ”la legalita” e le istituzioni democratiche” del Paese.

fonte: ANSA

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Donne in Asia? Non pervenute

Ben 85 milioni di bambine e ragazze erano considerate “scomparse” in India e Cina tre anni fa. Questo dato è contenuto in un rapporto reso noto oggi a New Delhi dal programma dell’Onu per lo sviluppo (Undp) e dedicato alla discriminazione sessuale in Asia. “Nel 2007 – si legge nel documento – il numero di donne e ragazze che si consideravano scomparse, vittime di trattamenti discriminatori nell’accesso alla salute o all’alimentazione, o che erano state eliminate prima della nascita, era vicino a 100 milioni in sette paesi asiatici”, area in cui India e Cina giocano la parte del leone. Il rapporto, presentato dal numero uno dell’Undp, la neozelandese Helen Clark, evidenzia come la strage silenziosa di bambine in Asia sia in crescita, nonostante i progressi economici in atto nella regione. Secondo gli esperti dell’Onu, inoltre, “la segregazione e gli abusi quotidiani mettono a rischio la stessa sopravvivenza delle donne nella regione dell’Asia-Pacifico, dove esiste uno dei più bassi livelli di presenza femminile nella politica, nel mondo del lavoro e nella proprietà immobiliare”. La discriminazione sessuale ha anche un “costo” per l’economia nazionale. Secondo stime, conclude lo studio, “il Pil dell’India potrebbe aumentare dal 2 al 4% l’anno se si aumentasse il tasso di occupazione femminile al 70%, come avviene in molti Paesi sviluppati”. In Paesi come India o Pakistan, invece, meno del 35% delle donne sono retribuite per il loro lavoro. Per lo stesso rapporto, la condizione femminile in Asia é una delle peggiori al mondo nonostante i passi da gigante fatti nel settore economico. Il quadro tracciato dagli esperti dell’Onu è allarmante soprattutto in Asia Meridionale dove “molti indicatori sono spesso simili o addirittura più bassi di quelli dell’Africa sub-sahariana”. In particolare, preoccupa il tasso di scolarizzazione delle bambine inferiore a quello dei maschi e il divario nella partecipazione delle donne nei parlamenti nazionali. “Quasi metà delle donne adulte nel Sud dell’Asia sono analfabete”, si legge nel rapporto che evidenzia anche come l’aspettativa di vita femminile sia di cinque anni inferiore a quella degli uomini e come solo il 7% delle donne della regione Asia-Pacifico risulti proprietario di un appezzamento agricolo. “Se una donna possiede una casa o un terreno è più protetta”, ha detto l’amministratore dell’Unpd, Helen Clark, presentando il rapporto che chiede ai governi riforme in materia di successione ereditaria, violenze domestiche e quote rosa nelle assemblee legislative. Nei Paesi che emergono da conflitti armati come Nepal, Sri Lanka, Timor Leste, la partecipazione femminile è aumentata grazie all’introduzione di politiche affermative, ma non si può dire lo stesso per altre nazioni dove il ruolo della religione é molto forte come il Pakistan. “Da quando è iniziato il conflitto armato tra governo e integralisti islamici, c’é stato un deterioramento della condizione femminile dovuta all’aumento del fanatismo religioso – ha detto all’ANSA Ghazi Salahuddin, direttore editoriale di GEO Tv – secondo il quale le donne pachistane sono le vittime più vulnerabili della crisi economica e della mancanza di libertà civili”. Salahuddin ha sottolineato il ruolo delle tv private che negli ultimi anni hanno dedicato spazio e attenzione alle tematiche femminili. “Tuttavia – ha concluso – c’é molta resistenza da parte della società che ha un’idea distorta dell’emancipazione femminile come elemento di corruzione occidentale”.

fonte: ANSA

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