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Autorità cinesi vietano gli autobus pubblici a musulmani con veli o barbe

Le autorità di una città della provincia nord occidentale dello Xinjiang, regione con una fortissima presenza di musulmani, hanno vietato l’accesso agli autobus pubblici alle donne che indossano vestiti e veli tradizionali (hijab, niqab e burqa) e agli uomini con una folta barba o che indossano abiti con luna crescente e stella a cinque punte, simbolo dell’indipendenza del Turkestan orientale. Secondo l’ordinanza, coloro che saranno sorpresi a salire sugli autobus così abbigliati, saranno arrestati. Ad Urumqi, capoluogo della provincia, sugli autobus ci sono già le stesse restrizioni che vigono sugli aerei, dove sono vietate le sigarette, gli accendini o i fiammiferi. Lo Xinjiang è da alcuni anni al centro di violenti scontri tra la parte musulmana e i cinesi di etnia Han, la cui massiccia e forzata immigrazione in zona ha fatto diventare una minoranza gli uighuri (turcofoni musulmani), ai quali è vietato parlare nella propria lingua e seguire i dettami religiosi. Solo nella scorsa settimana, si sono registrate più di 100 vittime, in particolare in attacchi nella contea di Kashgar. Nel luglio 2009 un attacco a Urumqi, il capoluogo della regione, provocò 197 morti e oltre 1.700 feriti.

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Ricompense milionarie per catturare terroristi uighuri

Le autorità della provincia occidentale cinese dello Xinjiang, dove vive la comunità turcofona islamica degli uighuri, hanno stanziato circa 40 milioni di euro in ricompense a coloro che aiutino la ricerca e l’arresto dei ‘terroristi’, termine con il quale i funzionari di Pechino chiamano gli uighuri che si battono per l’autodeterminazione del proprio popolo. Una prima parte di ricompense sono state già elargite in una cerimonia pubblica nella prefettura di Hotan ieri, alla quale hanno preso parte 10.000 tra funzionari e residenti. Questi, per aver aiutato le autorità a rintracciare un gruppo di 10 terroristi, hanno ricevuto 500 mila euro in totale. Lo Xinjiang è da alcuni anni al centro di violenti scontri tra la parte musulmana e i cinesi di etnia Han, la cui massiccia e forzata immigrazione in zona ha fatto diventare una minoranza gli uighuri, ai quali è vietato parlare nella propria lingua e seguire i dettami religiosi. Solo nella scorsa settimana, si sono registrate più di cento vittime, in particolare in attacchi nella contea di Kashgar, in quello che è considerato l’attacco più importante da quello che nel luglio 2009 a Urumqi, il capoluogo della regione, fece 197 morti e oltre 1.700 feriti.

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Undici “terroristi” uccisi nello Xinjiang

Almeno 11 “terroristi” sono morti nella Cina occidentale in scontri con la polizia. Lo scrive l’agenzia Nuova Cina. L’episodio sono avvenuti nella provincia dello Xinjiang, al centro di scontri da tempo tra gli uighuri, di religione musulmana, e le autorità cinesi. I primi chiedono maggiore autonomia e libertà di culto, i cinesi li considerano terroristi secessionisti. Secondo la Nuova Cina, otto “terroristi” sono morti uccisi dalla polizia negli scontri, tre invece sono morti a causa dello scoppio di una bombola di gas che trasportavano come bomba. Gli uighuri, a bordo di auto e ciclomotori, avrebbero tentato di attaccare con armi e bombole di gas una stazione di polizia nella contea di Wushi, prefettura di Aksu. Sei “terroristi” erano già stati uccisi in scontri simili lo scorso 24 gennaio a Xinhe, nella stessa prefettura di Aksu.

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Uccisi otto “terroristi” nello Xinjiang

La polizia cinese ha ucciso otto persone durante quello che viene definito un “attacco terroristico” contro un commissariato della provincia occidentale dello Xinjiang. Lo rende noto il governo locale. E’ accaduto stamattina nel distretto di Yarkant, a circa 200 km a sudest della storica città di Kashgar, nell’estremo sud dello Xinjiang. La regione dello Xinjiang e’ dal 2009 sotto stretto controllo della polizia e dell’esercito cinese, da quando cioe’ quasi 200 persone persero la vita in scontri tra uighuri e immigrati cinesi nella capitale, Urumqi. In scontri avvenuto lo scorso agosto, hanno perso la vita 22 persone, mentre undici le vittime di un altro attacco lo scorso novembre. Le autorità cinesi chiamamo “terroristi” anche coloro che si battono per l a genuina autonomia o l’indipendenza della regione musulmana.

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Anche sei donne tra i “terroristi” uccisi domenica

C’erano anche sei donne tra i quattordici “terroristi” uccisi domenica in uno scontro con la polizia nella provincia occidentale cinese dello Xinjiang. Lo riferiscono fonti uighure che si battono per i diritti della minoranza musulmana nella provincia occidentale cinese.
La versione della polizia rispetto allo scontro di domenica nel villaggio di Saybah, nella contea di Konasheher (Shufu in cinese), prefettura di Kashgar, era che lo scontro era avvenuto a seguito della scoperta di terroristi con bombe. Per questo, sarebbero nati degli scontri che hanno portato alla morte di 14 uighuri, che il governo di Pechino ha definito “terroristi” e di due agenti. La polizia ha riferito di aver fatto irruzione in una casa nella quale ci sarebbero stati terroristi travestiti da donna. Testimoni locali, citati dal World Uyghur Congress, hanno invece riferito che la polizia ha fatto irruzione in una grande casa nella quale una famiglia allargata si era riunita per organizzare un matrimonio. Il capo degli agenti avrebbe tolto il velo alla padrona di casa, da qui le proteste dei membri della famiglia e i conseguenti scontri, con l’uccisione dei “terroristi”. Secondo la Wuc, con l’uccisione delle 14 persone tra le quali le sei donne, sono rimasti orfani 21 bambini, tra i quali uno di appena 55 giorni. La regione dello Xinjiang e’ dal 2009 sotto stretto controllo della polizia e dell’esercito cinese, da quando cioe’ quasi 200 persone persero la vita in scontri tra uighuri e immigrati cinesi nella capitale, Urumqi. In scontri avvenuto lo scorso agosto, hanno perso la vita 22 persone, mentre undici le vittime di un altro attacco lo scorso novembre.

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Uccisi altri 14 “terroristi” nello Xinjiang

Per Pechino, le 14 persone uccise ieri nello Xinjiang, sono terroristi. Lo scrive l’agenzia Nuova Cina. Non è la prima volta che il governo cinese definisce così gli uighuri, la minoranza musulmana che vive nella regione nord occidentale cinese teatro di scontri tra questa minoranza e le autorità cinesi. L’incidente è avvenuto ieri sera intorno alle 23 quando agenti di polizia cinesi erano alla ricerca di “sospetti criminali” nella contea di Shufu, nella prefettura di Kashgar, quando alcuni “terroristi” avrebbero fatto esplodere alcuni ordigni e li hanno attaccati con coltelli. Nello scontro a fuoco, 14 “terroristi” sono stati uccisi, così come due agenti, mentre due persone sono state arrestate. La regione dello Xinjiang e’ dal 2009 sotto stretto controllo della polizia e dell’esercito cinese, da quando cioe’ quasi 200 persone persero la vita in scontri tra uighuri e immigrati cinesi nella capitale, Urumqi. In scontri avvenuto lo scorso agosto, hanno perso la vita 22 persone, mentre undici le vittime di un altro attacco lo scorso novembre.

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Undici morti in attacco commissariato di polizia nello Xinjiang

Nove persone armate di accette e coltelli sono state uccise dopo aver lanciato un attacco contro un commissariato di polizia nella provincia cinese dello Xinjiang, abitata dalla minoranza etnica degli uighuri. Ne ha dato notizia l’agenzia Nuova Cina citando fonti di polizia. Gli assalitori hanno ucciso due agenti ausiliari e ferito due poliziotti prima di essere uccisi a loro volta. La provincia dello Xinjiang, ai confini occidentali della Cina, è scossa da incidenti ricorrenti che le autorità attribuiscono a “terroristi” e “separatisti”, riferendosi ai musulmani uiguri. Questi ultimi, da parte loro, sostengono che le accuse di Pechino servono giustificare la repressione di cui si dicono vittime. La provincia è stata teatro di violenti scontri nella primavera e nell’estate 2013. Il 30 ottobre, un attacco in piazza Tiananmen attribuito dalla polizia a tre kamikaze uiguri aveva provocato – oltre agli attentatori – due morti e una quarantina di feriti.

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Scontri nello Xinjiang, cinque morti

Continuano gli scontri nella regione dello Xinjiang. Secondo quanto riferisce Radio Free Asia, le forze di sicurezza cinesi hanno ucciso cinque persone di minoranza uigura. Il fatto è accaduto venerdì scorso (anche se la notizia è trapelata ora) nella città di Yingwusitang nella contea di Yarkand (in cinese Shache) quando la polizia ha circondato una casa e aperto il fuoco contro cinque persone, uccidendole, contro le quali sembra, secondo quanto ha fatto sapere il gruppo con sede a Monaco, World Uyghur Congress, non sono state formulate accuse, né sono state sospettate di crimini. “Tutto è avvenuto in prossimità della festa musulmana di Eid – ha detto Dilxat Raxit, portavoce del gruppo – quando il personale di sicurezza cinese armato ha fatto irruzione. Le autorità hanno poi cercato di coprire l’accaduto. Forse pensavano di trovare dei sospetti nella casa”. “Nelle due settimane precedenti, sette uiguri sono stati uccisi dalla polizia in scontri separati sempre nella contea di Yarkand, evidenziando un trend di crescente violenza nello Xinjiang, dove i musulmani uiguri lamentano atti di discriminazione e di controllo continuo da parte di Pechino. Oltre alle uccisioni, almeno 9 persone sempre di minoranza uigura, sono state arrestate per aver manifestato contro le autorità. Lo Xinjiang è la provincia autonoma del nord ovest del paese dove è forte la presenza della comunità musulmana degli uiguri, che lamentano l’annientamento delle loro tradizioni e della loro lingua da parte delle autorità di Pechino. Per questo ci sono state diverse manifestazioni di protesta negli anni da parte degli uiguri che chiedono maggiore autonomia e rispetto delle tradizioni. Pechino bolla questi manifestanti come terroristi.

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Religione su internet, detenzioni e multe a uighuri

Sono stati puniti, con ammonizioni, multe e detenzioni, 256 uighuri per aver diffuso online informazioni che – a giudizio delle autorità cinesi – minacciano la stabilità nella regione. Oltre a queste, altre 139, sempre appartenenti alla minoranza musulmana uighura della provincia nord occidentale dello Xinjiang, sono state punite (con detenzione e multe) per la diffusione di idee religiose, alcune delle quali, secondo fonti della stampa cinese, inneggiavano alla jihad. La provincia è attraversata dal 2009 da scontri etnici tra i musulmani e la maggioranza Han, che hanno portato a perdite di vite umane e arresti. La Cina chiama secessionisti e terroristi gli uighuri che si battono per l’indipendenza dell’area. Secondo la stampa cinese, in quest’ultimo caso, in molti avrebbero diffuso libri, idee e documenti secessionisti o religiosi sulla rete. In base a una direttiva emessa di recente dalla Suprema corte del popolo, un crimine online viene considerato “grave” se il post contenente informazioni false o pericolose viene letto o inoltrato più di 500 volte. In questo caso la persona può essere condannata fino a tre anni di carcere.

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Aumenta numero di “terroristi” uccisi nello Xinjiang

Sono 22 e non 15 come si era detto i un primo momento i presunti terroristi uccisi dalle dalla polizia cinese in una sparatoria a Yilkiqi, nella tormentata regione nord occidentale dello Xinjiang. Il nuovo bilancio è stato diffuso poco fa da Radio Free Asia, la stessa che aveva annunciato lunedì l’uccisione di quelli che Pechino chiama terroristi. Secondo le testimonianze, la sparatoria è avvenuta nei confronti di un gruppo di uighuri, abitanti dello Xinjiang di fede musulmana, oramai una minoranza rispetto agli Han, considerati terroristi e identificati da un elicottero della polizia. L’uccisione è avventa dopo che la polizia ha arrestato centinaia di uighuri per attività ritenute sospette. Ad Urumqi, capitale della provincia, nel 299 ci furono scontri etnici con oltre 200 vittime e da allora la regione è sotto stretto controllo della polizia cinese.

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