Continuano gli scontri nella regione dello Xinjiang. Secondo quanto riferisce Radio Free Asia, le forze di sicurezza cinesi hanno ucciso cinque persone di minoranza uigura. Il fatto è accaduto venerdì scorso (anche se la notizia è trapelata ora) nella città di Yingwusitang nella contea di Yarkand (in cinese Shache) quando la polizia ha circondato una casa e aperto il fuoco contro cinque persone, uccidendole, contro le quali sembra, secondo quanto ha fatto sapere il gruppo con sede a Monaco, World Uyghur Congress, non sono state formulate accuse, né sono state sospettate di crimini. “Tutto è avvenuto in prossimità della festa musulmana di Eid – ha detto Dilxat Raxit, portavoce del gruppo – quando il personale di sicurezza cinese armato ha fatto irruzione. Le autorità hanno poi cercato di coprire l’accaduto. Forse pensavano di trovare dei sospetti nella casa”. “Nelle due settimane precedenti, sette uiguri sono stati uccisi dalla polizia in scontri separati sempre nella contea di Yarkand, evidenziando un trend di crescente violenza nello Xinjiang, dove i musulmani uiguri lamentano atti di discriminazione e di controllo continuo da parte di Pechino. Oltre alle uccisioni, almeno 9 persone sempre di minoranza uigura, sono state arrestate per aver manifestato contro le autorità. Lo Xinjiang è la provincia autonoma del nord ovest del paese dove è forte la presenza della comunità musulmana degli uiguri, che lamentano l’annientamento delle loro tradizioni e della loro lingua da parte delle autorità di Pechino. Per questo ci sono state diverse manifestazioni di protesta negli anni da parte degli uiguri che chiedono maggiore autonomia e rispetto delle tradizioni. Pechino bolla questi manifestanti come terroristi.
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Operazioni contro mongoli, sono “terroristi”
Le autorità cinesi hanno lanciato una campagna ‘antiterrorismo’ nella zona della Mongolia interna, travagliata da una serie di tensioni tra la popolazione cinese e quella di etnia mongola su una serie di questioni come il problema della confisca delle terre, il posizionamento di mine e la distruzione ambientale da parte dei cinesi. Secondo quanto ha riferito il gruppo Smhric (Southern Mongolia Human Rights and Information Center), la campagna consiste nel sequestro delle armi e degli esplosivi ai civili. L’operazione è stata lanciata nella città di Tongliao, dove risiedono oltre un milione e mezzo di persone di etnia mongola. All’operazione hanno partecipato circa 1.700 agenti e 15 mezzi della polizia e dei vigili del fuoco. Le autorità hanno fatto sapere di avere già confiscato circa 50 tonnellate di esplosivo, oltre 120.000 detonatori, 2.000 fucili e 32.000 coltelli alla popolazione locale, anche se non sono chiare le circostanze dei sequestri. Secondo alcune fonti, le autorità cinesi hanno utilizzato la campagna anti terrorismo come scusa per reprimere la minoranza mongola, che rappresenta circa il 20% della popolazione della Mongolia interna.
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Religione su internet, detenzioni e multe a uighuri
Sono stati puniti, con ammonizioni, multe e detenzioni, 256 uighuri per aver diffuso online informazioni che – a giudizio delle autorità cinesi – minacciano la stabilità nella regione. Oltre a queste, altre 139, sempre appartenenti alla minoranza musulmana uighura della provincia nord occidentale dello Xinjiang, sono state punite (con detenzione e multe) per la diffusione di idee religiose, alcune delle quali, secondo fonti della stampa cinese, inneggiavano alla jihad. La provincia è attraversata dal 2009 da scontri etnici tra i musulmani e la maggioranza Han, che hanno portato a perdite di vite umane e arresti. La Cina chiama secessionisti e terroristi gli uighuri che si battono per l’indipendenza dell’area. Secondo la stampa cinese, in quest’ultimo caso, in molti avrebbero diffuso libri, idee e documenti secessionisti o religiosi sulla rete. In base a una direttiva emessa di recente dalla Suprema corte del popolo, un crimine online viene considerato “grave” se il post contenente informazioni false o pericolose viene letto o inoltrato più di 500 volte. In questo caso la persona può essere condannata fino a tre anni di carcere.
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Aumenta numero di “terroristi” uccisi nello Xinjiang
Sono 22 e non 15 come si era detto i un primo momento i presunti terroristi uccisi dalle dalla polizia cinese in una sparatoria a Yilkiqi, nella tormentata regione nord occidentale dello Xinjiang. Il nuovo bilancio è stato diffuso poco fa da Radio Free Asia, la stessa che aveva annunciato lunedì l’uccisione di quelli che Pechino chiama terroristi. Secondo le testimonianze, la sparatoria è avvenuta nei confronti di un gruppo di uighuri, abitanti dello Xinjiang di fede musulmana, oramai una minoranza rispetto agli Han, considerati terroristi e identificati da un elicottero della polizia. L’uccisione è avventa dopo che la polizia ha arrestato centinaia di uighuri per attività ritenute sospette. Ad Urumqi, capitale della provincia, nel 299 ci furono scontri etnici con oltre 200 vittime e da allora la regione è sotto stretto controllo della polizia cinese.
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Scontri nello Xinjiang, cinque morti
Nuovi violenti scontri tra cinesi di etnia han e uighuri hanno provocato vittime durante lo scorso fine settimana nella irrequieta regione dello Xinjiang, nella Cina nord occidentale. Lo riferisce il sito di Radio Free Asia che parla di scontri nella zona del bazar della citta’ di Kargilik (in cinese, Yecheng) nei quali sarebbero morte almeno cinque persone. Numerosi i feriti. Circa un mese fa 23 persone morirono nella contea di Maralbeshi (Bachu in cinese) a Kashgar. A seguito di questi ultimi scontri sono stati intensificati tutti i controlli nella zona. Il personale degli ospedali dove sono stati portati i feriti sarebbe stato invitato a non divulgare informazioni sulle persone ricoverate. La regione dello Xinjiang e’ dal 2009 sotto stretto controllo della polizia e dell’esercito cinese, da quando cioe’ quasi 200 persone persero la vita in scontri tra uighuri e immigrati cinesi nella capitale, Urumqi. Le autorita’ cinesi ritengono che i responsabili delle violenze siano estremisti musulmani legati all’internazionale islamica del terrore, mentre gli esuli sostengono che Pechino esagera la minaccia del terrorismo islamico per giustificare la repressione contro la popolazione uighura. Pechino, infatti, spesso bolla come terroristi persone che combattono per l’affermazione dei diritti dell’etnia locale.
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Pechino chiede a Usa condanna a “terroristi” uighuri
La Cina ha chiesto agli Stati Uniti di condannare l’ “attacco terroristico” che ieri ha causato la morte di 21 persone nella tormentata regione del Xinjiang, avvenuto dieci giorni dopo l’ attentato alla Maratona di Boston. Parlando oggi in una conferenza stampa a Pechino, la portavoce del ministero degli esteri Hua Chunying ha detto che Pechino “é contraria all’ inversione tra bianco e nero, alla confusione tra giusto e sbagliato…”. Hua si riferiva al Dipartimento di Stato americano, che ieri si è limitato a chiedere alla Cina di “…fornire a tutti i cittadini cinesi, compresi gli uighuri, la giusta protezione alla quale hanno diritti”. Gli uighuri sono l’ etnia originaria del Xinjiang, oggi in minoranza a causa della massiccia immigrazione di cinesi di etnia “han”. Dilxat Raxit, portavoce in esilio del Congresso Mondiale degli uighuri, ha affermato che non si è trattato di un “attacco terroristico” ma di una reazione all’ assassinio di un giovane uighuro da parte della polizia cinese. Le vittime delle violenze di ieri sono nove cinesi, sei uighuri e sei poliziotti la cui etnia non è stata precisata.
fonte: ANSA
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Scontri nello Xinjiang, 21 morti
Almeno 21 persone sono morte in scontri nella provincia nord occidentale dello Xinjiang, in Cina. Lo riferiscono fonti di stampa cinesi. Secondo le prime informazioni, gli scontri tra polizia e locali sarebbero in corso da ieri sera a Selibuya, nei pressi di Kashgar. Lo Xinjiang e’ una provincia autonoma dove e’ forte la presenza musulmana.
Secondo le autorita’ cinesi, tra le 21 vittime degli scontri nella provincia nord occidentale dello Xinjiang, sei sarebbero sospetti terroristi. Gli incidenti sono cominciati nel pomeriggio a Kashgar, nella contea di Bachu, a circa 1200 chilometri dalla capitale, Urumqi, quando, secondo la versione ufficiale dell’agenzia Nuova Cina, tre operai hanno scoperto delle persone sospette, presunti terroristi, armati di coltelli, che si nascondevano nella casa di un abitante del posto. Gli operai hanno avvisato i loro superiori ma i sospetti li hanno catturati. Nel frattempo e’ sopraggiunta la polizia. Gli agenti, arrivati sul posto, sono stati pero’ attaccati dai terroristi che hanno ucciso i tre operai che tenevano sequestrati e bruciato la casa. Ne sono scaturiti violenti scontri nei quali, alla fine, hanno perso la vita 21 persone. Otto i presunti terroristi arrestati. La regione dello Xinjiang e’ una delle piu’ tormentate dai conflitti etnici. Dal 2009 e’ sotto uno stretto controllo della polizia e dell’esercito cinese, da quando quasi 200 persone persero la vita in scontri tra uighuri e immigrati cinesi nella capitale Urumqi. In seguito sono state inflitte centinaia di condanne a pene detentive e decine di condanne a morte. Le autorita’ cinesi ritengono che i responsabili delle violenze siano estremisti musulmani legati all’Internazionale islamica del terrore, mentre gli esuli sostengono che Pechino esagera la minaccia del terrorismo islamico per giustificare la repressione contro la popolazione uighura. Pechino, infatti, spesso bolla come terroristi persone che combattono per l’affermazione dell’etnia locale.
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Pesanti condanne per 20 uighuri nello Xinjiang
Due tribunali cinesi hanno condannato 20 esponenti della minoranza etnica degli uighuri a pesanti pene detentive nella tormentata regione nordoccidentale del Xinjiang, secondo un comunicato del governo provinciale. I tribunali di Kashgar e di Bayingol hanno affermato che i condannati avevano ”le menti avvelenate dall’estremismo religioso” e che erano pronti a scatenare la ”guerra santa” nella regione. Gli esuli uighuri accusano il governo di Pechino di esagerare ad arte la minaccia dell’ estremismo religioso per giustificare la repressione contro la minoranza etnica. Gli uighuri, turcofoni e di religione islamica, sono gli abitanti originari della regione ma oggi sono in minoranza a causa della massiccia immigrazione di cinesi di etnia han dalle zone piu’ povere del Paese. Dilxay Raxit, un portavoce del Congresso Mondiale degli Uighuri, ha affermato che i condannati sono in realta’ responsabili di aver ascoltato l’ emittente americana Radio Free Asia e di aver discusso su Internet di liberta’ culturale e religiosa. Il Xinjiang e’ ricco di materie prime e si trova in una posizione strategica ai confini con Afghanistan, Pakistan, India e con le repubbliche dell’ Asia centrale.
fonte: ANSA
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Almeno quattro morti per violenze etniche nello Xinjiang
Almeno quattro persone sono morte e otto sono rimaste ferite in violenze a sfondo etnico a Korla, nella provincia cinese del Xinjiang. La notizia e’ stata confermata da un portavoce del governo locale. Gli scontri avrebbero coinvolto ”un certo numero di persone” armate di coltelli. Si tratterebbe di esponenti della minoranza etnica degli uighuri che hanno attaccato immigrati cinesi di etnia han. Nel 2009 quasi 200 persone furono uccise in scontri tra uighuri e han a Urumqi, la capitale della regione. Da allora il Xinjiang e’ sotto uno stretto controllo delle forze di sicurezza e spesso filtrano notizie di episodi di violenza. Gli uighuri, di religione musulmana, sono oggi una minoranza nella loro patria a causa della massiccia immigrazione cinese. Secondo i siti web degli esuli uighuri, migliaia di persone sono state imprigionate e decine condannate a morte nella regione dal 2009 ad oggi.
fonte: ANSA
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Dissidente mongolo Hada in gravi condizioni
Sono sempre più complicate le condizioni di salute, soprattutto mentali, di Hada, il dissidente della Mongolia Interna che dopo 15 anni di prigione, é di fatto agli arresti domiciliari senza condanna dalla fine del 2010. Lo ha denunciato all’organizzazione americana che si batte per i diritti umani in Cina, Human Rights in China (Hric), il figlio dello stesso Hada, Uiles. Secondo il racconto del giovane, ad Hada, che è stato carcerato per separatismo e spionaggio, viene vietato dalle autorità qualsiasi trattamento medico. Le visite ad Hada, che si trova ristretto in una stanza del Jinye Ecological Park nei pressi dell’aeroporto internazionale di Hohhot, capoluogo della Mongolia Interna, sono rade e decise dalle autorità. In una delle sue ultime visite all’uomo, la moglie Xinna lo ha trovato all’inizio di gennaio in pessime condizioni, con fisime e paranoie, diversi problemi fisici e mentali. Lo stesso figlio ha detto che in una precedente visita alla fine dell’anno, suo padre non gli ha neanche rivolto la parola. Uiles ha detto che le autorità continuano a fare pressioni su lui e sua madre perché non parlino con le Ong. Hada, attivista per una maggiore autonomia della Mongolia Interna, è stato arrestato nel 1995.
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