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Usa a Pechino: telefono rosso con Giappone e Sud Corea

Gli Stati Uniti invitano la Cina a istituire un ‘telefono rosso’ con i i Paesi vicini – Corea del Sud e Giappone – nel tentativo di allentare la tensione dovuta alla ‘zona di difesa aerea’ voluta da Pechino sull’area delle isole contese delle Senkaku, nel mar della Cina orientale. Una decisione unilaterale quella delle autorita’ cinesi duramente criticata dagli Usa, come ha ribadito il vicepresidente americano Joe Biden da Seul, ultima tappa del suo viaggio in Asia: ”Gli Stati Uniti non riconoscono la zona area di difesa e identificazione che non avra’ alcun effetto sulle operazioni americane”, ha sottolineato con forza il numero due dell’amministrazione Obama, che nei giorni scorsi ha anche incontrato le autorita’ cinesi. Da Washington Marie Harf, portavoce del Dipartimento di Stato, ha quindi sottolineato come ”la Cina dovrebbe lavorare con Giappone e Corea del Sud per mettere in campo delle misure tese a ristabilire un clima di fiducia tra i Paesi dell’area”. Tra queste misure, anche ”un canale di comunicazione di urgenza per affrontare i rischi legati al recente annuncio di Pechino”. Un ‘telefono rosso’, appunto, che contribuisca a risolvere una situazione ”destabilizzante” che potrebbe portare gli Stati della regione a reagire in maniera pericolosa. La Casa Bianca nei giorni scorsi aveva bollato la decisione di Pechino della ‘zona aerea difensiva’ sulle Senkaku come ”una provocazione”.

fonte: ANSA

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Usa a compagnie aeree, rispettate zona identificazione

L’amministrazione Obama chiede alle compagnie aeree americane di rispettare la ‘zona aerea di difesa e identificazione’ imposta dalla Cina e di notificare in anticipo il sorvolo. E Delta e American Airlines sono le prime due a farlo. La richiesta punta a evitare un eventuale scontro involontario mentre la tensione nell’area continua a salire. Gli Stati Uniti infatti continuano a sfidare Pechino inviando aerei militare nella zona e ribadiscono di respingere la dichiarazione unilaterale di controllo della zona aerea da parte della Cina. Ma la richiesta avanzata alle compagnie statunitensi potrebbe essere vista da Pechino come una concessione, che si oppone al rifiuto delle compagnie giapponesi e sud coreane di presentare i propri piani di volo a meno che la destinazione finale non sia la Cina. Proprio il Giappone, a caccia di un maggiore sostegno internazionale contro la posizione di Pechino, ha chiesto all’agenzia dell’Onu che supervisiona l’aviazione civile di valutare se la nuova zona di difesa aerea cinese possa mettere in pericolo le compagnie aeree civili. Con la richiesta di un esame all’International Civil Aviation Organization, il Giappone si augura che aumentando l’attenzione internazionale la Cina sia costretta a tornare sui propri passi. ”Il governo americano si attende che le compagnie americane che operano a livello internazionale rispettino” i requisiti richiesti da paesi stranieri, ma questo non indica che gli Stati Uniti accettano i requisiti imposti dalla Cina, precisa il Dipartimento di Stato spiegando la richiesta avanzata alle compagnie aeree americane. La decisione dell’amministrazione mette in evidenza la delicata posizione del presidente Barack Obama, alle prese con una disputa geopolitica che metterà alla prova la sua volontà di contenere le ambizioni cinesi in Asia. Una delle maggiori sfide di Obama – e del vice presidente Joe Biden che la settimana prossima sarà in visita proprio in Giappone, Cina e Corea del Sud – sarà quella di navigare fra le complicate personalità dei leader di Tokyo e Pechino, con il premier giapponese Shinzo Abe che ha promesso la mano ferma contro ogni violazione cinese, mentre il presidente Xi Pinping si e’ impegnato a portare avanti una politica estera che faccia conquistare alla Cina un maggior riconoscimento come potenza internazionale.

fonte: ANSA

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Alta tensione nel Pacifico, caccia cinesi contro jet Usa

Prova di forza nei cieli delle isole Senkaku. Dopo aver annunciato lo stato di massima allerta dell’aviazione militare cinese nel Mar della Cina orientale, Pechino ha fatto alzare in volo d’urgenza i propri jet per seguire e controllare aerei americani e giapponesi penetrati oggi nella “zona aerea di difesa e identificazione”, dichiarata unilateralmente sabato scorso. Il Pentagono non si è fatto intimidire e ha replicato: “Continueremo ad operare normalmente”. “Diversi aerei da combattimento sono stati inviati d’urgenza per verificare l’identità” degli aerei entrati nella zona, ha annunciato l’agenzia Nuova Cina citando il portavoce dell’aviazione Shen Jinke. La pattuglia cinese, che comprendeva almeno due caccia, ha identificato due aerei da ricognizione americani e dieci velivoli giapponesi, tra cui un F-15, ha precisato Shen, dopo che martedì scorso altri aerei – compresi due bombardieri Usa B52 – erano entrati nello spazio aereo. Stamattina il portavoce del ministero della Difesa di Pechino, Yang Yujun, aveva messo in guardia Washington e Tokyo: “L’aviazione militare cinese è in stato di allerta e prenderà misure per fronteggiare le varie minacce aeree e difendere con fermezza la sicurezza dello spazio aereo nazionale”. Il portavoce aveva però aggiunto che è “sbagliato” pensare che Pechino abbatterà gli aerei che non rispettano le regole che ha stabilito unilateralmente con la creazione della zona. E cioè: tutti gli aerei che vi si avventurano nella zona devono comunicare il loro piano di volo e la loro nazionalità, e restare in contatto radio con le autorità cinesi. La “zona di identificazione” comprende una vasta area del Mar della Cina orientale, sovrapponendosi a quelle del Giappone e della Corea del Sud, estendendosi fino a sfiorarne le coste. Nella ‘zona’ sono comprese le isole Senkaku (Diaoyu, per i cinesi) che sono controllate da Tokyo ma rivendicate da Pechino. La tensione con Usa e Giappone continua dunque a montare pericolosamente. Il quotidiano Global Times, controllato come tutti gli organi di stampa dal governo, ha evocato oggi apertamente la possibilità di un limitato scontro militare con Tokyo. Pur lodando la “calma” dimostrata dal governo di fronte alle “provocazioni”, il giornale avverte il Giappone che, se i suoi aerei continueranno a sorvolare la zona, “ci saranno probabilmente frizioni e confronti ed (è possibile) anche una collisione aerea”. Sarebbe il ‘casus belli’ che tutti temono e che avrebbe conseguenze devastanti. La Cina, aggiunge infatti il giornale, deve prepararsi per “un potenziale conflitto”. Il portavoce del ministero degli Esteri, Qin Gang, ha poi accusato la responsabile della politica estera dell’Unione Europea, Catherine Ashton, di non aver valutato la situazione “obiettivamente e razionalmente”. Ieri, Ashton aveva affermato che la creazione della zona “aumenta i rischi di escalation nella regione”, invitando “tutte le parti in causa di esercitare prudenza e moderazione”. Le speranze di un raffreddamento della situazione sono affidate alla missione del vicepresidente americano Joe Biden, che la prossima settimana visiterà Giappone, Cina e Corea del Sud. Secondo fonti americane a Pechino, Biden incontrerà tra gli altri il presidente Xi Jinping, col quale esaminerà la possibilità di ridurre la tensione e riaprire spazi alla diplomazia.

fonte: Beniamino Natale per ANSA

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Tensione in mar cinese orientale, caccia giapponesi e coreani su zona aerea cinese, Pechino fa alzare suoi caccia

Cresce la tensione per la sfida sui cieli delle isole Senkaku: dopo i B52 statunitensi, oggi sono stati aerei militari giapponesi e sudcoreani a volare nella “zona aerea di difesa e identificazione” della Cina senza avvertire le forze armate di Pechino e senza incontrare alcuna opposizione. Ma la reazione del Dragone è arrivata qualche ora dopo, facendo alzare in volo dei caccia in quelle che l’agenzia ufficiale Xinhua ha definito operazioni di “pattugliamento di routine”. La creazione della ‘zona difensiva’, annunciata dalla Cina nel fine settimana scorso, è stata giudicata come una mossa pericolosa per gli equilibri e la stabilità del Pacifico dagli Usa e dai loro alleati, che hanno deciso di sfidare Pechino ignorandone l’esistenza. Il timore di molti è che un possibile “incidente”, anche minimo, possa scatenare conseguenze devastanti data la potenza degli attori in gioco. Non a caso oggi anche la Ue si è detta molto preoccupata per una situazione che “aumenta il rischio di escalation e contribuisce ad alimentare la tensione nella regione”, ha osservato l’alto rappresentante della politica estera Catherine Ashton, chiedendo a “tutte le parti di esercitare cautela”. Martedì scorso, il primo guanto di sfida è stato lanciato dai bombardieri americani e Tokyo e Seul hanno subito seguito l’esempio del loro alleato. La questione sarà al centro dei colloqui del vicepresidente americano Joe Biden, che il primo dicembre inizia una missione che lo porterà nelle tre capitali coinvolte nella crisi: Pechino, Tokyo e Seul. Ma anche altri governi della regione sono coinvolti, anche se per il momento hanno scelto forme meno radicali di protesta. Il governo australiano, ad esempio, ha convocato l’ambasciatore cinese per chiedergli spiegazioni sulla creazione della ‘zona’. Annunciandola, Pechino aveva affermato che “tutti i velivoli” che sorvolano l’area – che comprende le isole Senkaku/Diaoyu, contese col Giappone e rivendicate anche da Taiwan – devono fornire i loro piani di volo e “rispondere rapidamente” alle richieste cinesi di identificazione se non vogliono incorrere in “misure difensive di emergenza”. Inoltre, la ‘zona difensiva’ della Cina si sovrappone in alcuni punti con quelle dichiarate in passato da Tokyo e da Seul. Pechino, almeno fino a stasera, quando è arrivata la notizia del pattugliamento dei caccia, aveva evitato di drammatizzare la situazione, minimizzando il significato dei voli di sfida degli Usa e dei loro alleati. Il portavoce del ministero degli Esteri Qin Gang, in un ‘briefing’ alla stampa, si era limitato ad affermare che Pechino “ne è al corrente”. Più pesante era stata la reazione del portavoce del ministero della Difesa, che aveva accusato il Giappone di “criticare sistematicamente gli altri senza mai esaminare la sua condotta”. Il portavoce, Yang Yujun, ha risposto così alla richiesta di Tokyo di cancellare la ‘zona’: “Se vogliono che la revochiamo – ha tuonato – noi chiediamo che il Giappone revochi prima la sua ‘zona’, che è stata creata 44 anni fa”. In un lungo editoriale pubblicato oggi, il quotidiano cinese Global Times ha scritto che il sorvolo dei bombardieri americani “non è motivo di nervosismo”. Evidente in alcuni passaggi la volontà dell’editorialista di rassicurare i settori più accesi del nazionalismo cinese, dopo che centinaia di messaggi diffusi sui microblog cinesi hanno chiesto una risposta militare alle “provocazioni” degli Usa e dei loro alleati.

fonte: Beniamino Natale per Ansa

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Tutti contro Cina per sona aerea. Per Usa è destabilizzante

La Cina ha cercato oggi di contenere le polemiche scatenate dalla creazione, la scorsa settimana, di una “zona aerea difensiva e di identificazione” che è stata sfidata apertamente dagli Stati Uniti e dal Giappone e fortemente criticata da altri Paesi della regione. La notte scorsa due aerei militari B52 americani, partiti dalla base di Guam, sono entrati nella “zona difensiva” senza che ci sia stata alcuna reazione da parte dei militari cinesi. La decisione di Pechino di stabilire una zona di protezione aerea sul Mar della Cina Orientale e’ “destabilizzante per i Paesi vicini e suscita interrogativi sul suo modo di operare nello spazio aereo internazionale!”, ha affermato oggi la Casa Bianca. Mentre il capo del Pentagono, Chuck Hagel, in un colloquio telefonico con il collega giapponese Onodera, ha ribadito che l’area delle isole Senkaku amministrate dal Giappone e contese dalla Cina rientra nel trattato di difesa Usa-Giappone. La risposta di Pechino e’ stata affidata ad uno scarno comunicato del ministero della difesa, secondo il quale i B52 hanno volato ”sul confine orientale” della zona. L’ esercito cinese, secondo il comunicato, ”ha monitorato” i movimenti degli aerei ”per tutta la loro durata”. Le parole usate non chiariscono se, secondo il ”monitoraggio” cinese, i B52 siano o non siano entrati nella zona. Annunciandone la creazione, Pechino ha affermato che ”tutti i velivoli” che sorvolano l’ area – che comprende le isole Senkaku/Diaoyu, contese col Giappone e rivendicate anche da Taiwan – devono fornire i loro piani di volo e ”rispondere rapidamente” alle richieste cinesi di identificazione, se non vogliono incorrere in ”misure difensive di emergenza”. Tokyo – che gia’ per bocca del premier Shinzo Abe aveva pesantemente criticato la decisione cinese – ha invitato le sue compagnie aeree a non obbedire all’ ingiuzione di Pechino. La Ana e la Japan Airlines, le due principali, hanno affermato di aver accettato l’ invito e che non comunicheranno alla Cina i loro piani di volo. Anche la Corea del Sud e l’ Australia si sono dichiarate contrarie all’ iniziativa cinese che, secondo alcuni osservatori, rischia di provocare un ”effetto boomerang” dannoso per le relazioni di Pechino con i Paesi vicini. Sia il governo cinese che quello giapponese – i principali protagonisti della crisi – sembrano avere l’ appoggio delle rispettive opinioni pubbliche. Sui ”miniblog” cinesi molti internauti nazionalisti hanno appoggiato il loro governo, accusando il Giappone di aver ‘rubato” del territorio cinese e invitando l’ esercito ad attaccarlo. Anche viaggiatori giapponesi interrogati dalla stampa internazionale all’ aeroporto Haneda di Tokyo hanno sostenuto la giustezza della reazione del loro governo. ”Non dire niente – ha affermato uno di loro – avrebbe significato riconoscere l’ iniziativa della Cina”.

fonte: Beniamino Natale per Ansa

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Usa sfida Cina: due B52 violano zona aerea proibita e governo Australia convoca ambasciatore Cina

Due bombardieri americani, nel corso di una esercitazione sul Mar della Cina Orientale, hanno violato la ‘zona di difesa aerea’ annunciata nei giorni scorsi da Pechino sopra l’arcipelago disabitato delle Senkaku, che i cinesi chiamano Diaoyu: isole da sempre contese tra Cina e Giappone e nelle ultime settimane fonte di nuove gravi tensioni tra i due Paesi. Ad annunciare il sorvolo, conclusosi senza incidenti, e’ stato il Pentagono, spiegando che le autorita’ cinesi non erano state avvertite. I due B52, partiti dalla base statunitense nel Pacifico di Guam, erano disarmati e non erano scortati da caccia o altri aerei militari. Ma la mossa appare come una vera e propria sfida lanciata da Washington, che insieme all’alleato Giappone aveva reagito immediatamente alla decisione di Pechino di imporre una zona off limit per tutti gli aerei non commerciali. Minacciando anche la possibilita’ di ”misure difensive di emergenza” nei confronti dei velivoli non autorizzati, quelli che non abbiano prima chiesto l’autorizzazione sottoponendo alle autorita’ cinesi piani di volo. Ma in gioco c’e’ il controllo di un’area ritenuta cruciale sia dagli Usa che dalla Cina, con Washington impegnata a sostenere tutti i suoi alleati del sudest asiatico per frenare le mire sempre piu’ espansionistiche di Pechino. ”Gli Stati Uniti continueranno nelle operazioni di sorvolo nella regione insieme ai suoi alleati e partner”, ha affermato categoricamente un portavoce del Pentagono, ribadendo come l’amministrazione Obama non sia d’accordo con la ‘zona difensiva’ imposta unilateralmente da Pechino, definita dalla stessa Casa Bianca una decisione ”incendiaria”. Una decisione, incalza ancora il Pentagono, che appare come ”un tentativo di destabilizzare e alterare lo status quo nella regione”. Il vero pericolo in questa situazione – sottolineano gli esperti – e’ quello del piccolo incidente che possa scatenare un vero e proprio conflitto armato. Stavolta, infatti, il sorvolo dei due B52 e’ andato bene, senza alcuna conseguenza. Ma la prossima potrebbe non essere cosi’. Nessuna reazione specifica, al momento, e’ arrivata dalle autorita’ di Pechino. Ma il portavoce del governo cinese, rispondendo a una domanda nel corso del briefing quotidiano, non ha lasciato spazio a dubbi: ”E’ scritto a chiare lettere nell’annuncio che e’ stato fatto. La Cina potra’ rispondere di volta in volta in maniera appropriata, in base alle diverse circostanze e al livello della minaccia da affrontare”. Washington e Tokyo sono avvertite.
Il governo australiano ha convocato l’ambasciatore cinese per protestare contro l’annuncio da parte di Pechino della creazione di una “zona di difesa aerea” che occuperebbe quasi tutto il Mar Cinese Orientale sfiorando le coste del Giappone e della Corea del Sud. “Il momento e il modo di questo annuncio della Cina, alla luce anche delle attuali tensioni nell’aerea, non aiutano ne’ contribuiscono alla stabilità regionale”, ha detto il ministro della Difesa australiano Julie Bishop. Secondo l’annuncio del ministero della Difesa cinese, tutti i velivoli che entrano nella ‘zona’ dovranno fornire precise indicazioni sui loro piani di volo. Inoltre, dovranno mantenere aperte le comunicazioni e rispondere “in modo rapido e chiaro” alle richieste di identificazione. In caso contrario, dovranno far fronte a non meglio specificate “misure difensive di emergenza”.

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