C’è anche Mao Zedong e la rivoluzione culturale nella incredibile vita artistica di Claudio Abbado, il grande direttore d’orchestra italiano, morto lo scorso lunedì. Come racconta il quotidiano di Hong Kong South China Morning Post, Abbado, quasi quarantenne, arrivò in una Pechino nel pieno fervore della rivoluzione culturale maoista, nell’aprile del 1973. A quel tempo, il giovane Abbado dirigeva l’orchestra filarmonica di Vienna in una delle rarissime tournee concesse a orchestre straniere in Cina. La rivoluzione, infatti, riteneva decadente la musica classica occidentale, per cui la bandì. Due anni prima, si erano instaurati i rapporti diplomatici tra Austria e Cina, per cui fu permessa questa serie di concerti. E Claudio Abbado, non deluse. Non solo diresse splendidamente i suoi in brani di Mozart, Brahms, Schubert e Beethoven. Ma li portò ad eseguire, dopo appena una prova, il concerto per piano e orchestra Il fiume giallo, composto nel 1970 per volere della moglie di Mao Zedong, Jiang Qing. Fu un grande successo, tanto che la stampa cinese, sia l’agenzia Nuova Cina che i quotidiani del partito, esaltarono non poco la perfomance di Abbado e dei musicisti viennesi. Fu anche sottolineato come il direttore d’orchestra italiano avesse colto lo spirito della composizione, creando un legame tra l’Austria e la Cina, non disdegnando di chiedere consigli a Yin Chengzong, pianista e uno dei compositori del concerto, che si trovava lì. Ma la performance di Claudio Abbado ha anche un altro dato storico importante per la Cina. Il giorno del concerto, il 12 aprile, fece la sua prima apparizione pubblica, dopo essere stato messo in disparte dall’inizio della Rivoluzione, Deng Xiaoping, allora vice presidente e poi il disegnatore della Cina moderna. Abbado è poi tornato a Pechino nel 2009, segnando un altro importante momento storico. Il concerto, infatti, fu tenuto nel nuovo National Centre for the Performing Arts, ma fu trasmesso anche su un maxischermo a piazza Tiananmen, una esperienza mai vissuta prima. Nell’occasione, si racconta, il direttore d’orchestra, per evitare il traffico cittadino, si recò sul luogo del concerto in metropolitana. Come capita spesso sui mezzi pubblici cinesi, nessuno lasciò il posto a sedere a quell’uomo, allora di 76 anni, neanche riconoscendolo. Ma la cosa pare abbia divertito Abbado.
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Ex leader delle guardie rosse: via ritratto di Mao da Tiananmen
Un ex leader delle Guardie Rosse ha detto pubblicamente che il ritratto di Mao Zedong dovrebbe essere rimosso da Piazza Tiananmen. L’ affermazione è stata fatta da Kuai Dafu durante una conferenza all’università Tsinghua di Pechino. Durante il contestato periodo della rivoluzione culturale di Mao, Kuai Dafu aveva guidato le truppe delle Guardie Rosse denunciando, tra gli altri, Deng Xiaoping. Kuai fu all’epoca ritenuto responsabile per gran parte degli scontri causati dalle Guardie Rosse, incluso quello che, proprio all’ università Tsinghua, provocò la morte di cinque persone e il ferimento di altre settecento. Nel dire che il ritratto del ‘grande timoniere’ dovrebbe essere rimosso, l’ ex leader ha però specificato di non essere antimaoista, definendo anzi Mao come “un eroe nazionale cinese”.
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Censurati ritratti Mao di Andy Warhol, non faranno parte di mostra che girerà la Cina
I famosi ritratti di Mao realizzati da Andy Warhol non faranno parte della mostra itinerante dell’artista americano in programma in Cina il prossimo anno per il divieto delle autorita’ di Pechino. Lo riferisce il South China Morning Post. La mostra comprende oltre 300 tra dipinti, fotografie e filmati di Warhol aventi come protagonisti personaggi famosi come Jackie Kennedy e Marilyn Monroe, compresi 10 dipinti raffiguranti il grande timoniere cinese, Mao Zedong, che pero’ Pechino ha deciso di escludere. I fan cinesi, per vedere i 10 dipinti, potranno pero’ recarsi alla tappa di Hong Kong della mostra, dal titolo ”Andy Warhol: 15 Minutes Eternal” che si e’ aperta ieri. ”Hanno detto che Mao non funziona – ha detto Eric Shiner, direttore del museo su Andy Warhol di Pittsburgh – ma questo e’ molto deludente perche’ il suo immaginario e’ cosi’ comune e tradizionale nell’arte contemporanea cinese”. Un funzionario di Shanghai che ha chiesto di rimanere anonimo ha confermato che le opere su Mao sono state respinte dal ministero della Cultura cinese che tuttavia ha rifiutato di commentare l’accaduto. La mostra, aperta a Singapore, sara’ fino al 31 marzo presso l’Hong Kong Museum of Art e si spostera’ in seguito a Shanghai, Pechino e Tokyo come parte di un tour di 26 mesi in Asia per celebrare il 25simo anniversario della morte di Warhol. Oltre 175.000 persone hanno visitato la mostra a Singapore, più dei 120.000 visitatori annui al Museo di Pittsburgh.
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Il mausoleo di Mao nel patrimonio dell’Unesco? e il capello di Maradona?
Il mausoleo dedicato a Mao Zedong a Pechino dovrebbe essere inserito nella lista di quelli protetti dall’UNESCO in quanto patrimonio dell’Umanita’. E’ la proposta di Wei Ruifeng, direttore della commissione cultura del distretto di Dongcheng a Pechino. Oltre al Mausoleo, che si trova in piazza Tiananmen e che ospita i resti del famoso leader cinese, nella lista dei siti Unesco dovrebbe rientrare anche il monumento agli eroi del popolo, un obelisco situato a nord del mausoleo che fu eretto in ricordo dei martiri della rivoluzione dei secoli XIX e XX. ”Sono entrambe patrimonio culturale – ha detto Wei – non c’e’ bisogno che si tratti di edifici o monumenti con piu’ di 100 anni per poter parlare di un sito che e’ patrimonio dell’umanita”’. Wei ha ricordato come ad esempio anche l’Opera House di Sidney, pur aperta al pubblico solo nel 1973, e’ divenuta nel 2007 patrimonio dell’ Unesco. La proposta ha suscitato reazioni diverse. In rete parecchi hanno dubitato dell’opportunita’ della cosa, segnalando come si stia parlando di un uomo che fu responsabile della morte di diversi milioni di cinesi.
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Arriva in Cina il tablet rosso maoista
Fino a ieri l’unica guida di riferimento per i funzionari del partito comunista cinese era il libretto rosso di Mao Zedong, adesso invece c’éil Red Pad, un vero e proprio tablet maoista, pubblicizzato qualche settimana fa nella Repubblica popolare. Lo scrive il sito cinese ‘ChinaRealtimeReport’ del Wsj nell’edizione inglese, aggiungendo però che negli ultimi giorni i media cinesi hanno smesso di parlarne per le numerose polemiche giunte sul web. Molti criticano il fatto che il Red Pad sia stato “regalato” a funzionari del partito afruttando finanziamenti pubblici. Un post su un social network definisce addirittura la “tavoletta” rossa, l’elemento di corruzione “numero 1”. Critiche a parte il tablet è una sorta di iPad con uno schermo di 9.7 pollici, un processore A9 dual-core, sedici giga di memoria, WiFi e costa 9.999 yuan, circa il doppio di iPad Apple. Tra i suoi contenuti, offre l’edizione quotidiana del Quotidiano del Popolo e di altri giornali del partito. Online anche editoriali e archivi storici selezionati. Altra particolarità è il colore scelto, molto di tendenza: il rosso. Non mancano anche altre applicazioni che però necessitano di costi aggiuntivi. Non è ancora chiaro – si chiede il giornale – chi realmente usufruirà di questo prodotto, sia per il prezzo sia per le sue capacità e offerte. Di certo, continua ‘ChinaRealtimeReport’ citando alcuni commenti in rete, si può tranquillamente acquistare il Libretto rosso di Mao a meno di due dollari grazie a un’applicazione della Apple, e allora perché spenderne mille volte tanto?
fonte: ANSA
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