Sulla liberta’ di stampa e’ scontro tra Washington e Pechino. La Cina e’ infatti accusata di ricorrere alle maniere dure nei confronti dei giornalisti stranieri, ostacolandone il lavoro. A scaldare gli animi e’ stata l’espulsione annunciata dalla Cina di Austin Kramzy, corrispondente del New York Times, a cui e’ stato ritirato il visto dopo che gli era stato negato il rinnovo. Kramzy e’ stato quindi costretto a imbarcarsi su un volo verso Taiwan da dove tornerà negli Stati Uniti. La reazione del presidente americano Barack Obama non si e’ fatta attendere. “Siamo profondamente preoccupati per il fatto che i giornalisti stranieri in Cina continuino a confrontarsi con una serie di restrizioni che impediscono lo svolgimento del loro lavoro”, afferma il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, che parla di ritardi nel concedere i visti e di limitazioni per gli spostamenti e i viaggi in alcune località ritenute sensibili da Pechino. Ma gli Usa denunciano anche “violenze per mano delle autorità locali”. Sono infatti di pochi giorni fa le immagini di un giornalista della Cnn, David McKenzie, visibilmente maltrattato in strada da alcuni agenti della polizia cinese mentre realizzava un servizio su un processo a carico di alcuni attivisti per i diritti umani. “Queste restrizioni e questi comportamenti non sono coerenti con la libertà di stampa, e contrastano nettamente col trattamento che gli Usa riservano ai giornalisti cinesi e di altri Paesi”, sottolinea Carney. La Casa Bianca, comunque, auspica che Stati Uniti e Cina “rafforzino la loro cooperazione sul fronte dell’attività dei media in uno spirito sempre più di comprensione e fiducia reciproche”. Pechino viene quindi invitata ad accelerare le procedure attraverso le quali vengono concessi visti e credenziali ai giornalisti stranieri e a sbloccare i siti dei media americani inaccessibili alla popolazione cinese. Kramzy era in Cina dal 2007, prima come corrispondente del Time e poi del New York Times. Il sospetto e’ che la sua espulsione sia una ritorsione – come quella avvenuta anche nei confronti di Bloomberg News – per punire i media Usa che hanno pubblicato diverse rivelazioni sulle ricchezze e sui ‘traffici’ della famiglia del presidente Xi Jinping e di quella dell’ex premier Wen Jabao. E per il New York Times quello di Ramzy e’ il secondo caso in 13 mesi. Prima di lui, Chris Buckley era stato costretto a lasciare Pechino nel dicembre del 2012.
fonte: ANSA