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In Cina, a Chongqing, vietato affumicare il maiale: inquina l’aria

Polemiche e ilarità sulla rete cinese dopo che la municipalità di Chongqing, la città sud occidentale cinese più popolosa del paese del dragone, ha vietato la tradizionale affumicatura della pancetta, perchè la ritiene causa di inquinamento. E’ tradizione nella città di 32 milioni di abitanti e nella limitrofa provincia del Sichuan, di preparare pancetta e altri pezzi di maiale affumicati prima del capodanno cinese, che quest’anno cade il 19 febbraio. Secondo il nuovo regolamento della municipalità appena entrato in vigore, è vietato bruciare sostanze all’aperto per l’inquinamento ed è stata vietata anche la tradizione del pollo cotto a legna. Solo con l’uso di gas ed elettricità sarà possibile cuocere queste pietanze, altrimenti si rischiano multe fino a 700 euro. L’intento del governo municipale è quello di limitare soprattutto l’aumento delle particelle inquinanti pm2.5, quelle molto piccole che si insinuano negli organi. Su internet è scoppiata la polemica, molti hanno scritto anche post con frasi satiriche come “quando ci chiederanno di smettere di respirare perchè inquina?” oppure “fra poco il governo vieterà qualsiasi forma di cucina perchè inquina”. Non è la prima volta che in Cina dei governi locali hanno adottato misure simili per combattere l’inquinamento. A Pechino sono stati vietati i barbecue su strada, il tradizionale snack dei cinesi, mentre nelle zone rurali è stata vietata l’usanza di bruciare i canneti.

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Solo nove città cinesi su 161 hanno aria pulita

Più del 90% di 161 città cinesi prese in esame non raggiungono gli standard di qualità dell’aria posti dal governo cinese. Lo scrive la stampa di Pechino. Lo studio, realizzato dal ministero della protezione dell’ambiente, ha dimostrato che solo nove città, tra le quali Shenzhen, Zhuhai, Haikou, Sanya e Lhasa, rispettano i nuovi standard di qualità, mentre 152 non lo rispettano. Secondo il nuovo standard, il tasso a metro cubo di pm 2.5, ovvero le particelle uguali o inferiori a 2,5 micrometri, quelle più pericolose perché si insinuano nei diversi organi umani, deve essere sotto i 100. A Shanghai e Pechino, negli ultimi anni si sono raggiunti anche i 900 (con una media giornaliera che si attesta tra i 200 e i 300), mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità fissa a 25 microgrammi per metro cubo il limite per la concentrazione di Pm 2,5. Secondo lo studio, la qualità dell’aria in 74 città è migliorata nella prima metà dell’anno, raggiungendo in più di 60 giorni lo standard fissato dalle autorità, con un abbassamento dei pm 2.5, pm 10, diossido di solfuro e monossido di carbonio nell’aria. Le dieci più inquinate città cinesi sono, secondo lo studio, Xingtai, Shijiazhuang, Baoding, Tangshan, Handan, Hengshui, Jinan, Langfang, Xi’an e Tianjin, nove delle quali sono nei pressi di Pechino. Il ministero delle Finanze ha annunciato a maggio che investirà più di un miliardo di euro per tagliare l’inquinamento atmosferico in alcune regioni molto colpite, come la Pechino-Tianjin-Hebei, i delta del fiume Yangtze e del Fiume delle perle, con un focus sulla capitale, il cui governo municipale investirà circa 600 milioni di euro. Pechino, inoltre, vieterà l’uso di carbone in sei distretti della città entro la fine del 2020 per ridurre l’inquinamento, sostituendolo con elettricità e gas naturale.

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Cinesi si sentono più ambientalisti degli europei

I cinesi si sentono più “ambientalisti” di europei e statunitensi, nonostante il loro Paese sia di fatto il maggiore emettitore di CO2 del Pianeta. Il 64% dei cinesi si riconosce di più in assoluto nell’affermazione “Io sono un ambientalista”, contro il 31% degli europei e il 29% degli statunitensi. E’ quanto emerge dalle 48mila interviste condotte in Cina, Europa e Usa dal Research Institute Motivaction International, fra dicembre 2013 e gennaio 2014. In Cina non sfuggono anche ad un impegno a livello concreto: il 75% cerca di vivere in maniera “eco-consapevole”, superando la quota del 61% degli europei e il 46% degli statunitensi. I cinesi risultano anche i più preoccupati (74%) per i danni provocanti dagli esseri umani al Pianeta (71% europei e 60% statunitensi). Mentre però in Europa e Usa gli ambientalisti tendono ad essere progressisti e critici nei confronti delle multinazionali, in Cina, dove la crescita economica ha portato benessere ma anche gravi problemi di inquinamento, questa sensibilità appartiene di più a quanti sono attaccati ai valori conservatori e ritengono che le imprese, le banche e l’innovazione tecnologica possano aprire la strada per trovare soluzioni alle questioni ambientali. Di conseguenza secondo Martijn Lampert, direttore della ricerca di Motivaction, “gli ambientalisti occidentali dovrebbero sostanzialmente adattare le loro strategie e argomenti se vogliono essere efficaci in Cina”, in modo tale da “scatenare il potenziale rivoluzionario di cambiamento” già presente nel Paese.

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Lezioni a scuola con le mascherine contro i miasmi

Studenti costretti a indossare maschere durante le lezioni per proteggersi dai miasmi nauseabondi della spazzatura. E’ quanto accade in una scuola superiore nella contea di Haifeng, nella provincia meridionale cinese del Guangdong, secondo quanto riferisce la stampa locale. La Hong Cheng School si trova a soli 200 metri da un megaimpianto di stoccaggio dei rifiuti e comunque in un’area dove hanno sede diverse fabbriche, soprattutto tessili. Già da diversi mesi gli studenti hanno cominciato a lamentare la presenza di odori insopportabili che penetrano sin nelle aule, dovuti per lo più ai metodi sbrigativi di smaltimento dei rifiuti. L’impianto, di grosse dimensioni, gestisce all’incirca 10 tonnellate al giorno di materiale. La situazione, spiegano alunni, docenti e genitori, peggiora ulteriormente quando piove, mentre sono segnalati casi di malessere e attacchi di nausea fra gli studenti. Il preside ha fatto sapere di aver già presentato diverse lamentele al dipartimento per la protezione ambientale senza però ottenere finora alcuna risposta concreta.

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Aumentano casi di sterilità in Cina anche a causa dell’inquinamento

Mentre in Cina alcune coppie – grazie all’allentamento della politica del figlio unico – pensano ad un secondo figlio, sono ancora in tanti quelli che non riescono ad avere neanche il primo. Secondo quanto riferisce il Global Times, nel paese si registra, negli ultimi anni, un forte aumento di coppie che hanno problemi di infertilità. Secondo gli esperti, l’infertilità è diventata, in Cina, il terzo problema di salute più diffuso dopo il cancro e le malattie cardiovascolari. Le statistiche, riportate dalla stampa locale, parlano di circa 50 milioni di persone infertili e, conseguentemente di un vero e proprio boom delle richieste di inseminazione artificiale. Una ricerca dell’associazione per la popolazione cinese nel 2012 aveva evidenziato come il 12,5% della popolazione in età fertile non riesca ad avere figli. Venti anni prima la percentuale era solo del 3%. Le cause dell’infertilità, secondo i medici, vanno dall’inquinamento allo stress, allo stile di vita. Inoltre, mentre in passato i problemi di sterilità riguardavano in maggioranza le persone sopra i 35 anni, negli ultimi anni si registrano molti casi di coppie sterili anche di venti-venticinque anni, che rappresentano circa il 50% circa del totale.

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Allarme inquinamento, ispettori inviati nel nord

Continua l’allerta inquinamento in tutta la Cina. Secondo quanto riferisce l’agenzia Nuova Cina, il Ministero per la protezione ambientale ha deciso di inviare 12 squadre di esperti e ispettori a Pechino, a Tianjin, nella provincia dell’Hebei e nelle zone circostanti per monitorare la situazione più da vicino e individuare eventuali siti particolarmente inquinanti. In tutte queste zone, infatti, negli ultimi giorni, il livello delle particelle PM 2,5, cioè quelle di diametro inferiore a 2,5 micron (considerate le più dannose per la salute umana perchè penetrano facilmente nei polmoni) è rimasto sempre a livelli molto elevati, per lo più superiori a 250. Nel mirino degli ispettori ci saranno in primo luogo le fabbriche di carbone, di acciaio e di prodotti chimici. Il centro nazionale per la meteorologia ha emesso ieri a Pechino un allarme giallo, il secondo gradino di una scala di quattro. A Shijiazhuang, capitale dell’Hebei, è stato invece lanciato l’allarme arancione, pari al terzo gradino, e sono state adottate misure di emergenza tra le quali la riduzione della circolazione dei veicoli attraverso un sistema di targhe alterne. Anche a Pechino, venerdì scorso, è stato allarme arancione. Per contenere i danni le autorità nella capitale hanno stabilito l’interruzione della produzione in diversi impianti. Inoltre sono stati vietati tutti i barbecue. Sospese, nelle scuole di ogni ordine e grado, tutte le attività all’aperto.

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Inquinamento a Pechino, chiuse fabbriche

Le autorità di Pechino hanno ordinato la chiusura o la riduzione di lavoro a più di 100 fabbriche dopo aver innalzato al grado arancione, il secondo più alto, l’allarme inquinamento nella capitale cinese. Sono 36 le fabbriche chiuse completamente, mentre a 75 è stato chiesto di ridurre la produzione. E’ il primo allarme inquinamento emesso dalle autorità pechinesi dopo che è entrato in funzione un nuovo sistema di allerta, che considera il livello arancione quando il tasso di pm 2.5 (il particolato con un diametro inferiore ai 2.5 micron, il più pericoloso perché si insinua negli organi interni) supera i 250 microgrammi per metro cubo. Il limite massimo stabilito dall’organizzazione mondiale della sanità è di 30 microgrammi, nei giorni scorsi a Pechino si è arrivati a 300. L’anno scorso si era arrivati anche a 900. Oltre al taglio della produzione e allo stop dato ad alcune fabbriche, le autorità di Pechino hanno chiesto ai cittadini di non uscire di casa o comunque di limitare le attività all’aperto.

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Censura cinese elimina notizia su inquinamento secondo la quale Pechino non è adatta alla vita

La censura cinese ha ieri eliminato dalla rete tutti i riferimenti a un rapporto ufficiale sull’inquinamento che descrive Pechino come una citta’ quasi inadatta alla vita umana. Lo riferisce Radio Free Asia che sottolinea come il governo cinese stia tentando di limitare in questo modo i danni all’immagine internazionale della capitale del Paese del dragone. Alcuni giornali cinesi, vicini al governo, hanno parlato di “esagerazione”. Il rapporto in questione, pubblicato dall’Accademia di scienze sociali di Shanghai, pone Pechino seconda per inquinamento in una lista di 40 citta’ nel mondo. “L’inquinamento e’ vicino a livelli estremi – si legge nel rapporto – e la citta’ non e’ piu’ vivibile per esseri umani”. Il governo cinese ha annunciato una serie di misure per combattere l’inquinamento che negli ultimi mesi sta provocando non pochi disagi nelle grandi citta’ come Pechino e Shanghai. Per quanto riguarda la capitale, il piano prevede, tra le altre cose, la chiusura di centinaia di fabbriche inquinanti a partire dal prossimo 1 marzo. Tuttavia alcuni attivisti ambientali temono che si tratti solo di promesse che difficilmente si concretizzeranno in risultati effettivi. E il forte inquinamento, specie nel nord della Cina, secondo alcuni analisti, sarebbe anche la principale causa dell’esodo di massa dei ricchi cinesi verso paesi piu’ sani e meno pericolosi fra cui specialmente il Canada e l’Australia. In base a un rapporto del luglio scorso della commissione per lo sviluppo e le riforme cinese, nel nord della Cina sono oltre 600 milioni le persone colpite dall’inquinamento. E un rapporto dell’accademia americana delle scienze evidenzia come i residenti nel nord della Cina abbiano un’aspettativa di vita di 5 anni inferiore rispetto agli abitanti del resto del Paese.

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Soldi alle città che combattono l’inquinamento

Il governo cinese ha annunciato la decisione di creare un fondo di 10 miliardi di yuan (oltre 1 miliardo di euro) per concedere premi in denaro alle citta’ e alle province cinesi che faranno i progressi piu’ significativi nel controllo dell’inquinamento. Lo riporta il South China Morning Post. L’annuncio e’ stato dato in un comunicato pubblicato mercoledi’ nel quale si sostiene, tra l’altro, che il consumo di carbone dovrebbe essere controllato e dovrebbero essere fatti maggiori sforzi per promuovere l’energia pulita e carburanti di alta qualita’ – quindi meno inquinanti- per i veicoli. In complesso il governo ha pianificato di spendere oltre 3 trilioni di yuan per affrontare il problema, creando un mercato crescente per quelle aziende che possono contribuire a ridurre le emissioni. Pechino quest’anno chiudera’ circa 300 fabbriche e pubblichera’ una lista di progetti che devono essere sospesi o fermati entro la fine di aprile.

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I piloti dovranno essere addestrati ad atterrare con lo smog

I piloti che arrivano a Pechino provenienti dai più trafficati aeroporti della Cina, tra cui quelli di Shanghai, Guangzhou (la ex Canton) e Shenzhen, dovranno essere sottoposti a un particolare addestramento ed ottenere le abilitazioni per l’atterraggio in condizioni di scarsa visibilità dovuta principalmente allo smog. Secondo quanto riferisce il Global Times la disposizione, decisa dall’amministrazione cinese per l’aviazione civile, avrà effetto a partire dal primo gennaio, dovrà servire ad aumentare il grado di affidabilità dei piloti e verificarne la capacità di compiere ‘atterraggi alla cieca’. Xu Yanchun, portavoce per Air China, ha dichiarato al Global Times che la compagnia ha già cominciato l’addestramento dei suoi piloti che verrà completato entro la fine dell’anno. Anche altre compagnie cinesi come China Eastern e Juneyao hanno fatto sapere che la maggior parte dei loro piloti ha già completato il training per l’abilitazione al livello superiore.

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