Dopo il sorpasso in Cina ad opera di Xiaomi certificato ieri, oggi in casa Samsung arriva un’altra cattiva notizia: il colosso mondiale degli smartphone è stato detronizzato anche in India, ad opera della locale Micromax con i suoi listini competitivi. Secondo Counterpoint Research, l’azienda indiana ha venduto il 16,6% dei telefonini commercializzati nel Paese durante il secondo trimestre, facendo scendere Samsung al secondo posto con il 14,4%. L’azienda sudcoreana è ancora prima nel segmento degli smartphone con il 25,3% del mercato contro il 19,1% di Micromax. Lo stesso discorso non si applica però in Cina, dove Xiaomi nel periodo aprile-giugno ha guadagnato il gradino più alto del podio proprio nelle vendite di smartphone: poco meno di 15 milioni di unità (il 14% del totale) a fronte dei 13,23 milioni di Samsung (12%), secondo i dati degli analisti di Canalys. Alla base dei due sorpassi, in due immensi mercati della telefonia mobile, c’è essenzialmente una questione di prezzi. In Cina i listini di Xiaomi riportano in media una cifra superiore ai 100 dollari, mentre gli smartphone Samsung si attestano sopra i 500 dollari. In India Micromax vende lo smartphone Canvas Doodie3, con schermo da 6 pollici e sistema operativo Android, a 8500 rupie (100 euro). Il Galaxy Media, prodotto con caratteristiche simili, costa 26.420 rupie (320 euro).
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Samsung perde il primato sugli smartphone in Cina e in India
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Pechino preoccupata per violazione server Huawei da parte dell’Nsa americana
La Cina vuole vederci chiaro sulla notizia diffusa qualche giorno secondo la quale la National Security Agency americana, la Nsa, si sarebbe infiltrata nei server del colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei. Lo ha detto oggi in conferenza stampa il portavoce del ministero degli esteri di Pechino Hong Lei. “La Cina – ha detto Hong – è estremamente preoccupata” circa le accuse di spionaggio. Il portavoce ha ricordato che recentemente ci sono stati molti articoli di stampa relativi ad intercettazioni, furto di segreti e spionaggio da parte degli Usa nei confronti di altri paesi, tra i quali la Cina. “Noi – ha detto il portavoce – abbiamo già presentato diverse proteste agli Usa su questi argomenti. Chiediamo ora che gli Usa spieghino chiaramente e fermino questi atti”. Sabato si è diffusa la notizia, rimbalzata su alcuni quotidiani che da documenti di Edward Snowden sarebbe emerso che la Nsa avrebbe violato i server della Huawei. La società in passato è stata considerata un pericolo alla sicurezza dagli Usa, tanto da bloccare accordi commerciali. “Huawei – dice al telefono all’ANSA Roland Sladek, vice presidente del colosso Huawei e responsabile media internazionali – è contraria a tutte le attività che minaccino la sicurezza delle reti ed è disposta a lavorare con tutti i governi, gli operatori di settore e clienti, in modo aperto e trasparente, per affrontare congiuntamente la sfida globale della sicurezza delle reti”. Per il portavoce dell’azienda di Shenzhen, nel sud della Cina, “se le azioni nella relazione sono vere, Huawei condanna tali attività che hanno visto un’invasione e infiltrati nella nostra rete aziendale interna e monitorate le nostre comunicazioni. Le reti aziendali sono sotto costante attacco da fonti diverse, tale è lo status quo nell’epoca digitale di oggi”. Per Sladek, la sicurezza e l’integrità della rete aziendale di Huawei e dei loro prodotti sono le priorità. “Questo – conclude il portavoce – è il motivo per cui abbiamo un sistema di garanzia della sicurezza end-to-end e perché stiamo continuamente lavorando per migliorare tale sistema.
Nokia in mirino Huawei, offensiva Cina su smartphone
Dopo il tracollo degli utili e delle vendite, Nokia, un tempo fiore all’occhiello dell’hi-tech scandinavo e uno dei ‘Big’ europei dei telefonini, rischia di finire preda della cinese Huwaei. Il colosso del networking e delle telecomunicazioni nato dal nulla a Shenzen, nella provincia meridionale del Guangdong, vuole entrare nel grande gioco globale degli smartphone e togliersi di dosso l’etichetta di produttori di ‘feature phone’, i telefonini di media qualita’ e a basso prezzo venduti attraverso gli operatori. E Nokia, con il suo know-how nel design degli smartphone disponibile a prezzi da svendita (vale quasi un decimo di quanto valeva nel 2007), rappresenta una preda a cui i cinesi stanno pensando per mettersi a fare concorrenza sul serio ad Apple e Samsung. ”Stiamo considerando questo genere di acquisizioni. Forse una combinazione avrebbe alcune sinergie, ma dipende dalla volonta’ di Nokia”, ha detto il presidente della divisione ‘consumer’ di Huawei, Richard Yu. Parlando a poche ore dal lancio in grande stime del nuovo smartphone supersottile di Huawei, l’Ascend P6 a Londra, Yu ha aggiunto sibillino: ”abbiamo la mente aperta”. Dalla multinazionale giapponese emerge che non c’e’ nulla di concreto sul tavolo e che al momento ”non ci sono progetti” per una simile operazione. Huawei, che non ha mai fatto acquisizioni in grande stile in passato, ma e’ comunque riuscita a diventare uno dei principali player – non solo sulle infrastrutture mobili – e a sfidare la leadership di Samsung e Apple, si muove con i piedi di piombo. L’economia globale e’ nella massima incertezza, l’Europa e’ stretta nella recessione e Nokia e’ chiaramente in difficolta’. La sua partnership con Microsoft, che fa il software per i suoi smartphone, non piace troppo ai cinesi: considerano ”debole” la piattaforma digitale fornita dal colosso americano rispetto, ad esempio, ad Android di Google. E poi ci sono i costi: Windows Phone ”ha una quota di mercato molto piccola”, sottolinea Yu, e in piu’ ”chiede ancora una licenza” mentre ”Android e’ gratuito”. Secondo gli analisti di Bank of America Merrill Lynch, il takeover avrebbe sinergie: consentirebbe di affiancare il solido portafoglio di brevetti di Nokia, la sua distribuzione nei mercati emergenti, il design degli hardware e le sue relazioni con gli operatori di telefonia a livello globale, con le dimensioni, la solidita’ di bilancio e la struttura low cost di Huawei. Ma non ci si nasconde che ci sarebbero ancora parecchi ostacoli da superare, e che le parole di Yu sono caute. Sui mercati c’e’ scetticismo, ma qualcuno scommette su una possibile corsa alle acquisizioni: le azioni di Nokia oggi sono balzate di oltre il 4% (per poi chiudere a +3% a Helsinki).
fonte: ANSA
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Bradanini incontra Huawei e aziende italiane Shanghai
La Huawei, leader mondiale nelle telecomunicazioni, intende investire ancora 1,1 miliardi di dollari in Italia nei prossimi 5 anni, raddoppiando cosi’ l’occupazione da 750 persone attualmente impiegate a 1500 entro 5 anni. E’ quanto il vice presidente del Centro di Ricerca e Sviluppo di Huawei, Guo Junfeng ha detto all’ambasciatore d’Italia in Cina, Alberto Bradanini, in visita a Shanghai e alla sede dell’azienda cinese. L’Italia e’ il secondo Paese europeo per investimenti di Huawei, dopo l’Inghilterra. ”Ma con questa tendenza l’Italia puo’ senz’altro diventare il primo” ha considerato l’ambasciatore Bradanini. Huawei ha creato un importante centro di ricerca e sviluppo nel settore delle micro-onde a Milano. Alla luce di questo importante piano di investimenti e, considerato che Huawei e’ una delle poche aziende di telecomunicazioni che ha incrementato il proprio ricavo netto nel 2012, ha potenzialita’ di essere un partner assai importante per lo sviluppo dell’agenda digitale in Italia. Ma l’importanza del mercato cinese per l’Italia e’ stato sottolineato anche nell’incontro che l’ambasciatore ha avuto con la comunita’ imprenditoriale italiana a Shanghai, una delle piu’ importanti al mondo. Oltre 200 manager del Sistema Italia hanno incontrato il rappresentante diplomatico italiano presso lo Shanghai Italian Center, fornendo le esperienze dirette dalle realta’ produttive territoriali, le criticita’ ancora presenti sul terreno e ascoltare da Bradanini le linee strategiche dell’azione diplomatica italiana di supporto all’impresa. L’economia nella Cina Orientale presenta numerosi vantaggi per le aziende italiane nel settore della meccanica che ancora oggi conta 40% esportazioni italiane in Cina, e nei settori del lusso e del lifestyle italiano che hanno notevoli margini di sviluppo nelle citta’ ad elevato potenziale nel retail, piu’ lontane dalla costa e che contano circa 300 milioni di potenziali consumatori. L’ambasciatore Bradanini ha indicato ampie potenzialita’ anche nei settori in cui la Cina deve recuperare rispetto al modello europeo, ossia lo sviluppo di un sistema di welfare con l’industria biomedicale, nella protezione ambientale con tecnologie per trattamento acque, rifiuti, aria, e nell’urbanizzazione sostenibile.
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La cinese Huawei primo produttire di telecomunicazioni al mondo, supera Ericsson
La cinese Huawei diventa il primo produttore al mondo di apparati per le telecomunicazioni battendo anche la svedese Ericsson. Le vendite di Huawei, secondo quanto si emerge dal report societario, nel 2012 hanno raggiunto i 220 miliardi di yuan (circa 35,4 miliardi di dollari), l’8% in più rispetto al 2011, delle quali il 66% sono state realizzate al di fuori della Cina. I dati finali di Ericsson dovrebbero essere resi noti alla fine del mese ma secondo gli analisti è probabile per il 2012 un risultato inferiore, anche se non di moltissimo, a quello di Huawei che ha già battuto la casa svedese per quanto concerne il primo semestre del 2012 quando il fatturato della cinese è stato di 16,1 miliardi dollari, circa 850 milioni di dollari in più rispetto a quanto realizzato da Ericsson nello stesso periodo. E questo, secondo alcuni, potrebbe aprire la strada di una Ipo dell’azienda di Shenzhen, che al momento non è quotata. Cathy Meng, capo del dipartimento finanziario e figlia del fondatore di Huawei, ha detto in una conferenza stampa a Pechino che Huawei “ha raggiunto una crescita effettiva nel 2012, concentrandosi sui clienti, razionalizzando la gestione e migliorando l’efficienza”, aggiungendo poi che Huawei si aspetta che il suo fatturato complessivo possa ancora crescere tra il 10% e il 12% nel 2013. Huawei è di proprietà dei dipendenti, con circa 65.000 di loro in possesso di azioni (solo i cinesi). Il fondatore, Ren Zhengfei, controlla circa l’ 1,4% della società. La solida performance di Huawei è in netto contrasto con la sua rivale ZTE che ha fatto sapere che per il 2012 potrebbe registrare una perdita fino a 466 milioni di dollari.
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Agenda digitale attraente per investimenti cinesi in Italia
Le aziende cinesi vogliono continuare a investire in Italia, spinte soprattutto dalle novità messe in campo dal Governo monti, come l’agenda digitale. E’ quanto è emerso stamattina nel seminario su “Investire in Italia” organizzato a Shanghai dall’ambasciata Italiana a Pechino, dal consolato generale d’Italia a Shanghai e dall’Ice, al quale ha partecipato il ministro per lo sviluppo economico Corrado Passera. Al suo ultimo giorno di visita in Cina prima di lasciare il paese del dragone, Passera ha incontrato alcune aziende cinesi che già investono in Italia, come la Huawei, leader mondiale nelle telecomunicazioni, che nel nostro paese ha, tra gli altri, un centro di ricerca e sviluppo. Proprio l’agenda digitale, ha detto al ministro Sun Yafang, la presidente del bord di Huawei, spinge l’azienda di Shenzhen nel sud della Cina a confermare i suoi interventi nel bel belpaese di 1,1 miliardi di euro nei prossimi anni, trasformando anche il loro centro di ricerca in Italia un centro di competenza europeo. La Sun ha portato avanti due discorsi di investimento con il cablaggio di banda larga con tecnologie non invasive (“così non roviniamo il Colosseo”, ha detto la Sun che si è dichiarata innamorata di Roma) e la network security. Alla richiesta del ministro Passera di suggerimenti sulla riduzione del divario digitale entro fine 2013 (progetto previsto e finanziato nell’agenda digitale), la Huawei ha proposto aiuto insieme alle società di telecomunicazioni con le quali già collaborano. Huawei, che ritiene l’agenda digitale una base certa di programmazione, punta anche al cablaggio a basso costo delle città per le nuove tecnologie. Dopo un incontro privato con la presidente Sun, il ministro Passera e la sua delegazione, della quale faceva parte anche il presidente dell’Ice Riccardo Monti e quello di Sace Giovanni Castellaneta, sono ripartiti alla volta dell’Italia.(ANSA).
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Ministro Cina denuncia Usa, mentalità da guerra fredda
Gli Stati Uniti hanno mostrato una “mentalità da guerra fredda” nell’accusare due imprese cinesi di telecomunicazioni di rappresentare un pericolo per la loro sicurezza a causa dei loro legami col governo di Pechino. Lo ha detto oggi il ministro del commercio cinese Chen Deming, parlando con i giornalisti ai margini del 18/mo Congresso del Partito Comunista Cinese. In ottobre, una commissione del Congresso americano ha denunciato la Huawei e la Zte per i loro legami col Partito e col governo di Pechino, sostenendo che potrebbero essere dei “cavalli di Troia”, per la penetrazione dell’intelligence cinese nel cuore delle telecomunicazioni degli Usa. “Vi immaginate se la Cina cominciasse a chiedere a tutte le imprese americane dei loro legami col Partito Democratico o con quello repubblicano? Sarebbe un macello”, ha affermato Chen, che è anche un membro del Partito. Tutte le imprese cinesi hanno una cellula del Partito, il cui segretario fa parte del gruppo dirigente. Nella maggior parte dei casi, tutti i top manager sono membri del Partito.
fonte: ANSA
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Huawei punta su Italia con Lte e Tablet
Huawei, leader mondiale nelle telecomunicazioni soprattutto di nuova generazione cone l’Lte, che sperimenta dal 2004, continua la sua espansione in Italia. Dopo il recente contratto con Fastweb per la gestione dei servizi (con il conseguente trasferimento dei 112 dipendenti dislocati in 11 sedi sul territorio nazionale) e vista l’importanza che il governo italiano sta dando al digitale, Huawei si candida ad essere un primario giocatore nel Paese. “Quest’anno – spiega all’ANSA Roberto Loiola, vicepresidente Huawei per l’Europa Occidentale e Chief Operating Officer per Italia e Svizzera – prevediamo di chiudere il 2012 con un risultato ancora in forte crescita: un fatturato di circa 400 milioni di euro, con un incremento di circa il 40% rispetto ai 250,2 milioni dell’anno precedente (152,8 milioni nel 2010). Nel dettaglio, i ricavi provengono per il 60% dalla divisione Carrier (reti fisse e mobili) che registra un andamento particolarmente positivo grazie al consolidamento delle reti dei principali clienti, il 30% dal Consumer (tablet, smartphone e home device a proprio marchio, commercializzati per oltre il 20% nel canale open market) e circa il 10% dall’Enterprise (prodotti e servizi dedicati alle aziende e alla pubblica amministrazione) che è in fase di start-up, ma nella seconda metà del 2012 la divisione genera già il 15% delle vendite complessive e l’obiettivo per il 2013 è quello di consolidare il trend positivo con una crescita del 20%”. In Italia Huawei è presente dal 2004 con due sedi principali (Milano e Roma), uffici nelle maggiori città italiane, circa 700 dipendenti, un centro di Ricerca e Sviluppo e tre centri di Innovazione che rappresentano il motore per lo sviluppo in Italia della multinazionale. Il settore Ricerca e Sviluppo di Huawei Italia impiega 100 persone altamente qualificate, la maggior parte delle quali occupate nel Centro Globale di competenza Microwave di Milano che è un polo di eccellenza per lo sviluppo di tecnologie a microonde di ultima generazione.
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Il cloud computing aiuta l’ambiente: suo utilizzo in Cina sarebbe come togliere dalle strade 700.000 auto
Il cloud computing, la nuova tecnologia che permette di tenere i dati conservati in un server accessibile da qualsiasi parte senza il bisogno di utilizzare terminali, potrebbe aiutare non poco l’ambiente con una forte riduzione delle emissioni. E’ quanto emerge da uno studio presentato oggi a Shenzhen, nella Cina meridionale, in un forum organizzato dalla GeSI (Global e-Sustainability Initiative, una partnership strategica del settore dell’information techonology e organizzazioni che promuovono sostenibilità, con sede a Bruxelles) e il colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei. Lo studio, condotto da GeSI, dal Think Play Do Group (uno spin out del College di Londra) e da Microsoft e verificato dall’Università di Reading e dalla Harvard Business School, ha mostrato (sperimentalmente) che soltanto in Cina l’utilizzo del cloud computing per usi di business potrebbe ridurre le emissioni di gas ad effetto serra di almeno 2 Mt, che equivale a rimuovere dalle strade cinesi oltre 700.000 auto e un risparmio in termini di bolletta energetica di circa 900 milioni di yuan, oltre 100 milioni di euro. Questo, solo se l’80% delle aziende cinesi passassero al cloud computing per le loro email, per il sistema di relazioni con la clientela e le applicazioni gestionali. La riduzione si avrebbe dal momento che usando il cloud computing, come già avviene nella sede principale a Shenzhen della Huawei, non è necessario dotare gli impiegati dei normali computer o laptop che dovranno poi essere manutenuti o rottamati ma, avendo sempre e dovunque a disposizione le informazioni, i dati e le applicazioni raggiungibili solo da una tastiera e monitor o da un device tipo tablet, è possibile limitare l’uso di materiali. Come ha spiegato Luis Neves, presidente del GeSI, le tre applicazioni prese in esame sono “solo la punta dell’iceberg. Nel 2008 abbiamo pubblicato uno studio che dimostra che sulla larga scala un sistema basato sulle tecnologie con scambio di informazioni e comunicazioni rapide può portare ad un 15% di riduzione nelle emissioni globali di gas ad effetto serra e far risparmiare almeno 600 miliardi di euro per il 2020”. Una delle maggiori difficoltà, soprattutto in paesi come la Cina, è dovuta alla questione della sicurezza e dalla mancanza di legislazione a riguardo. Su questo sta lavorando l’International Telecommunication Union, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa del settore. “Il futuro – ha spiegato al forum Cristina Bueti, consulente dell’agenzia – è nel clouding e i governi devono trovarsi pronti a questa sfida che non è solo innovativa, ma che porta anche benefici in termini ambientali e quindi migliora la qualità della vita. Bisogna implementare la conoscenza della risorsa e delle possibilità, fornendo regole precise e condivise”.
Per la H3G la Cina ha investito in Italia più di tutti, secondi solo al piano Marshall
”Con 12 miliardi di risorse, abbiamo fatto il piu’ grande investimento in Italia dopo il piano Marshall. Siamo il contrario del mito della Cina della cattiva qualita’ e della contraffazione”. Lo ha dichiarato l’amministratore delegato di H3G, Vincenzo Novari, aprendo la sua audizione alla Commissione lavori pubblici della Camera. ”Spero che siate tutti consapevoli che la Cina non compete piu’ sui prezzi bassi, ma sull’alta tecnologia. Huawei assume ogni anno per la ricerca e lo sviluppo 15 mila ingegneri, in Italia quel numero sono tutti i laureati in Ingegneria!” ha continuato Novari.
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