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Bloccati due attivisti, una detenuta in luogo segreto

Le autorità cinesi hanno bloccato due attivisti mentre stavano per imbarcarsi alla volta di Ginevra, per una riunione Onu, e di una di questi non si hanno notizie. Lo riferisce l’organizzazione Chine Human Rights Defender. Della donna, Cao Shunli, non si hanno notizie dal 14 settembre, quando agenti della polizia l’hanno prelevata mentre si stava per imbarcare per Ginevra per partecipare ad una conferenza sui Diritti Umani. Nello stesso giorno è stato bloccato all’aeroporto di Guangzhou, l’ex Canton, l’attivista di Shanghai Chen Jianfang. Secondo l’organizzazione non governativa, negli stessi giorni altri attivisti sono stati interrogati dalle autorità, sempre sulla stessa conferenza di Ginevra. Cao Shunli negli anni si è molto impegnata per i diritti umani in cina, scrivendo anche diversi studi proprio per l’organismo di Ginevra. Dal 2008, è stata arrestata diverse volte dalle autorità. Chen ha trascorso più di un anno in un campo di lavoro, dopo essere stato arrestato per aver partecipato a Shanghai a una manifestazione di protesta.

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Finisce borsa di studio in Usa, protesta dissidente Chen

Il dissidente cinese Chen Guangcheng ha accusato la New York University, in un comunicato diffuso oggi, di aver messo fine alla sua borsa di studio cedendo alle ”forti e incessanti pressioni” esercitate dal governo di Pechino. La Nyu ha respinto l’accusa affermando che ”tutte le borse di studio hanno un termine” e che l’esaurimento di quella concessa al dissidente ”non a nulla a che vedere” con le pressioni del governo cinese. Chen, 41 anni, cieco fin da bambino per una malattia congenita, era scappato l’anno scorso dagli arresti domiciliari ai quali veniva tenuto illegalmente e si era rifugiato nell’ambasciata americana di Pechino. Dopo una difficile trattativa, gli era stato concesso di recarsi negli Usa con la moglie e i figli. Un portavoce della Nyu ha sostenuto che Chen ha avuto offerte da altre due universita’ americane. Chen e’ un avvocato autodidatta che si e’ battuto per i diritti civili nella sua provincia natale dello Shandong, nella Cina orientale. Il suo attivismo lo ha portato a scontare piu’ di tre anni di prigione.

fonte: ANSA

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Moglie premio Nobel detenuto scrive a presidente Xi

Liu Xia, la moglie del premio Nobel per la pace Liu Xiaobo, che sta scontando 11 anni di prigione, ha scritto una lettera aperta al presidente cinese Xi Jinping per protestare contro la condanna – anche questa a 11 anni – inflitta a suo fratello e contro la sua stessa detenzione agli arresti domiciliari. “Dall’ottobre del 2010 ho perso la mia libertà personale. Nessuno mi ha detto la ragione dei miei arresti domiciliari. Forse in questo paese è un crimine essere la moglie di Liu Xiaobo”, ha scritto la donna, che si firma “la cittadina Liu Xia”. Quanto alla condanna del fratello, emessa dopo un processo rapido e tenuto a porte chiuse, Liu Xia la definisce “assolutamente ingiusta”. La donna chiede al presidente di cambiare la situazione prima che il “sogno cinese” (un’ espressione coniata dallo stesso Xi Jinping) si trasformi in un “incubo cinese”. La lettera è stata diffusa su Twitter, il sito di comunicazione sociale che in Cina è bloccato dalla censura ma che è raggiungibile con l’uso di alcuni software che permettono di aggirare la “muraglia” della censura.

fonte: ANSA

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Scomparso regista indipendente, forse in carcere segreto

Il regista indipendente di documentari Du Bin è scomparso dalla sua abitazione di Pechino. Secondo quanto riferisce il South China Morning Post, a denunciare la scomparsa è stata la sorella di Du, che ha affermato di non aver avuto più notizie dal fratello dallo scorso 31 maggio, solo pochi giorni prima dell’anniversario della strage di piazza Tiananmen. E’ proprio quest’ultima circostanza a fare temere che il regista sia stato vittima della repressione delle forze dell’ordine e sia tenuto in detenzione in qualche luogo segreto. “Non so dove si trovi mio fratello – ha detto Du Jirong – on line alcune persone hanno scritto che è in carcere, se è così starà male, lui non è mai stato in carcere”. A preoccupare la famiglia anche il rinvenimento, nell’ appartamento del regista, di un ordine di comparizione presso l’ufficio di pubblica sicurezza del distretto di Fengtai. In base alla legge cinese una persona può essere trattenuta in stato di detenzione amministrativa fino a 15 giorni per “disturbo dell’ordine pubblico”. “Du Bin non è un dissidente politico – ha osservato Nicholas Bequelin, ricercatore ad Hong Kong dell’organizzazione Human Right Watch – ma è comunque considerato un personaggio scomodo per i temi che ha sempre trattato nei suoi documentari”. Solo poche settimane fa aveva presentato un documentario sul campo di lavoro ‘Masanjia’ nella provincia del Liaoning, censurato nella Cina, in cui descriveva le condizioni di assoluto degrado in cui vivono le persone che vi sono rinchiuse. Inoltre, la settimana prima, aveva pubblicato a Hong Kong un libro dal titolo “il massacro di Tiananmen”.

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Pesante condanna per cognato premio Nobel Liu Xiaobo

Il cognato del premio Nobel detenuto Liu Xiaobo è stato condannato oggi a 11 anni di prigione per truffa da un tribunale di Huairou, una piccola città nel nordest della Cina non lontana dalla capitale, Pechino. Anche Liu Xiaobo sta scontando una condanna ad 11 anni di detenzione per aver stilato e promosso il documento Charta08, che chiede l’ instaurazione in Cina di un sistema democratico e che è stato firmato da migliaia di cittadini. “Non posso accettare questo verdetto, è semplicemente una persecuzione”, ha dichiarato Liu Xia, moglie di Liu Xiabo, al termine dell’ udienza nella quale è stata annunciata la condanna. La stessa Liu Xia è tenuta agli arresti domiciliari pur non essendo accusata di alcun reato dal 2010, quando il premio Nobel per la pace fu assegnato al marito. Secondo gli attivisti per i diritti umani il processo contro Liu Hui è stato costruito ad arte per assestare un nuovo colpo alla famiglia del premio Nobel. La corte di Huariou lo ha riconosciuto colpevole di aver truffato un uomo chiamato Zhang Bing, derubandolo di circa tre milioni di yuan (370mila euro).

fonte: ANSA

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Passaporto a madre e fratello di Chen Guangcheng

Il fratello del dissidente cinese Chen Guangcheng, che dall’anno scorso si trova negli Usa dopo una rocambolesca fuga dagli arresti domiciliari, ha avuto il passaporto. La notizia viene mentre sta per iniziare in California il vertice tra il presidente americano Barack Obama e quello cinese, Xi Jinping. L’uomo, Chen Guangfu, ha precisato di aver presentato la domanda in gennaio. Suo figlio, Chen Kagui, è in prigione dall’ anno scorso con l’ accusa di aver ferito a colpi di coltello due agenti di polizia. Kagui, che ha 34 anni, ha sostenuto che i due avevano fatto irruzione nella casa dei suoi genitori minacciandoli e senza qualificarsi dopo la fuga di Chen Guangcheng. Il dissidente – un avvocato autodidatta che nella sua provincia natale del Guangdong si è battuto per i diritti civili – era riuscito a rifugiarsi nell’ Ambasciata americana di Pechino. Dopo una difficile trattativa diplomatica, gli è stato consentito di recarsi negli Usa, dove gli era stata concessa una borsa di studio.

fonte: ANSA

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Ghana arresta minatori cinesi e in Cina scoppia protesta

Il Ghana arresta 124 cercatori d’oro cinesi accusati di operare nel paese al di fuori della legge, e subito scoppia una polemica su internet, come a livello diplomatico, che porta allo scoperto i difficili rapporti tra i lavoratori ghanesi e quelli cinesi, giunti a migliaia per una vera ‘corsa all’orò. Alle accuse rivolte ai cinesi di maltrattare i loro dipendenti locali e di violentare “abitualmente” le donne rispondono denunce secondo le quali gli arrestati sono stati picchiati e umiliati dalla polizia ghanese. Addirittura una fonte, subito smentita dal governo di Pechino, ha ipotizzato che alcuni dei cinesi arrestati siano stati uccisi. La Cina ha inoltre smentito che ci siano dei feriti tra i minatori cinesi. Un articolo dal significativo titolo “Gli insulti e le discriminazioni contro i locali si stanno diffondendo come un’ epidemia”, scritto da un anonimo che accusa i cinesi di disprezzare i locali e di maltrattarli è diventato “virale” su Internet, dove è stato “ristrasmesso” ottomila volte in poche ore. Secondo l’ autore – non è chiaro se cinese o ghanese – “ai locali vengono assegnati i lavori più umili e vengono nutriti con cibo peggiore di quello che i cinesi danno ai loro cani”. Inoltre, “le donne vengono violentate e tormentate quotidianamente”. Molti degli intervenuti hanno scritto sui “microblog” – l’ equivalente cinese di Twitter – che se le accuse sono vere, i colpevoli devono essere puniti. Ma i residenti di Shanling, un piccolo centro nella provincia cinese del Guanxi dal quale provengono quasi tutti i 50mila cercatori d’ oro cinesi emigrati in Ghana, hanno inscenato una manifestazione ed hanno accusato l’ Ambasciata cinese ad Accra di “non aver nulla” per proteggerli. Stretto tra due fuochi, il governo cinese cerca di mantenere un difficile equilibrio, protestando col governo ghanese ma invitando i cinesi a “rispettare le leggi locali”. “Un funzionario dell’ Ambasciata cinese in Ghana ha già presentato una protesta al governo di quel paese”, ha affermato oggi il portavoce del ministero Hong Lei in una conferenza stampa a Pechino. La Cina, ha proseguito, ha chiesto al governo del Ghana di assicurare l’ incolumità dei cittadini cinesi e di garantire che le loro proprietà non verranno depredate mentre sono detenuti. Hong Lei ha anche “ricordato ai cittadini cinesi in Ghana che devono rispettare le leggi locali e non impegnarsi in attività illegali”. La corsa all’oro ghanese da parte degli abitanti di Shanling é cominciata nel 2005. Su Zhenyu, segretario dell’ Associazione dei minatori cinesi in Ghana, ha dichiarato alla stampa cinese che gli immigrati hanno investito “milioni di dollari” nelle miniere d’ oro, facendo aumentare in modo significativo la produzione del paese. I cinesi operano in miniere piccole, trascurate dalle grandi compagnie internazionali. Per legge sarebbero riservate ai cittadini locali, ma Su afferma che i minatori cinesi pagano ingenti somme ai capi villaggi che ne mantengono la proprietà nominale. “Se siamo illegali la nostra Ambasciata e il governo ghanese devono aiutarci a rientrare nella legalità, non perseguitarci”, ha aggiunto Su.

fonte: Beniamino Natale per Ansa

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Nuovo video di Ai Weiwei: le mie prigioni (il contenuto potrebbe urtare la suscettibilità di qualcuno)

Dopo il video stile Gangnam style, Ai Weiwei, il noto artista e dissidente cinese che nel 2011 sconto’ 81 giorni di carcere ufficialmente per evasione fiscale ma in realta’ per il suo impegno politico, si lancia ora nella musica heavy metal. E’ infatti appena uscito il suo singolo ‘Dumbass’ (idiota), ispirato proprio al periodo della sua carcerazione. L’artista ha descritto il brano come una sua riflessione sulla difesa dei diritti umani in Cina. ”Mi alzo come un pazzo, e il paese e’ come una prostituta”, recita una parte della canzone. Ad accompagnare l’uscita del brano anche un video, che si puo’ vedere e scaricare anche sul sito ufficiale dell’artista aiweiwwei.com, girato in una stanza che riproduce dettagliatamente la cella in cui Ai Weiwei trascorse gli 81 giorni della sua prigionia. ”Avevo memorizzato ogni singolo dettaglio di quella stanza – ha raccontato l’artista -. La canzone e il video sono il miglior modo di rappresentare quella esperienza”. Il brano ‘Dumbass’ e’ tratto da un album che uscira’ a breve, tutto di musica heavy metal, dal titolo ‘La Divina Commedia’. Tutte le parole delle canzoni sono scritte da Ai Weiwei, mentre la musica e’ stata composta dal suo amico Zuoxiao Zuzhou.

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Chen Guangcheng denuncia vessazioni contro fratello

Il dissidente cinese non vedente, Chen Guangcheng, che l’anno scorso riuscì a fuggire dagli arresti domiciliari, a rifugiarsi nell’ambasciata americana e poi a partire per gli Stati Uniti dopo un braccio di ferro fra Washington e Pechino, ha denunciato oggi alla stampa che il fratello – che vive nella Repubblica popolare – da una decina di giorni è oggetto di angherie e vessazioni da parte delle forze di sicurezza. Gli attacchi a Chen Guangfu, 56 anni, che abita nel villaggio di Dongshigu, sono iniziati il 18 aprile scorso, con lanci di pietre, bottiglie, carcasse di pollame contro la sua casa, e sono proseguiti fino a oggi ha proseguito il dissidente, parlando da New York, dove studia Legge. “Questo è un Paese di banditi, non è un Paese dove vige la legge”, ha detto. “Se hai dei principi, e fai quello che è giusto, perché devi avere paura della gente? – ha aggiunto -. E poi cosa significano questo genere di attacchi notturni?”, ha continuato a chiedersi il dissidente, definendo gli autori di questi episodi come dei “ladri” o della “gente che ha una visione del mondo ristretta”. E questo, aggiunge, è quello che è diventato il Partito Comunista cinese”.

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Valanga di dollari dalla Cina per conquistare l’Africa

Miliardi di dollari per conquistare l’Africa. Secondo un rapporto pubblicato oggi negli Stati Uniti, dal 2000 al 2011 la Cina ha investito più di 75 miliardi dollari nel continente, avvicinandosi al livello degli Usa, che nello stesso periodo hanno riversato in Africa circa 90 miliardi. Il rapporto, stilato dopo 15 mesi di ricerche dal Center for Global Development e da AidData, è stato presentato oggi al pubblico. “La Cina considera segreti di Stato i dati sui suoi investimenti all’estero e sugli aiuti allo sviluppo e il nostro é un tentativo di capire che cosa sta succedendo”, ha dichiarato uno degli studiosi che hanno preso parte alla ricercal Andreas Fuchs dell’Università di Heidelberg (Germania). Anche in questo caso, il ministero del commercio cinese non ha risposto ai ricercatori, che si sono basati su fonti occidentali e africane ma anche sugli articoli usciti sulla stampa cinese. I ricercatori hanno individuato quasi 1.700 progetti cinesi nel continente, mille dei quali sono operativi. Secondo Brad Parks, direttore esecutivo di AidData, quello degli investimenti cinesi in Africa “é un argomento che suscita reazioni molto forti, positive o negative, e la gente tende ad avere opinioni molto radicali”. Pechino ha cominciato ad investire massicciamente nel continente nero a metà degli anni novanta, e da allora è stato un continuo crescendo. Nel 2006, che fu dichiarato “l’anno dell’Africa”, decine di capi di Stato e di governo africani presero parte al vertice organizzato a Pechino, nel quale furono gettate le basi per un rafforzamento della presenza cinese nel continente. Non per niente il nuovo presidente cinese Xi Jinping ha scelto per il suo primo viaggio all’estero, in marzo, la Russia e tre Paesi africani: la Repubblica Democratica del Congo, la Tanzania e il Sud Africa. I critici dell’espansione cinese in Africa accusano Pechino di cinismo politico, che si manifesta nel sostegno a dittatori abbandonati dall’Occidente come Robert Mugabe, presidente dello Zimbabwe. Altri sottolineano che, portando i tecnici e spesso gli operai dal loro Paese, le imprese cinesi danno un contributo minimo allo sviluppo delle economie locali. Secondo Parks, non bisogna farsi fuorviare dagli stereotipi, che pure hanno un fondo di verità, secondo i quali la Cina si limita a sfruttare le materie prime africane e a provvedere alle infrastrutture come strade, ferrovie e aeroporti. Oltre a quel tipo di progetti ha affermato Parks, i cinesi “fanno molto nei settori della sanità, dell’istruzione, della società civile, molte cose che generalmente non si pensa siano sostenute dal governo cinese”. Il primo Istituto Confucio – il principale strumento col quale Pechino cerca di esportare il proprio ‘soft power’ – è stato aperto nel 2005 a Nairobi, in Kenya. Ora, sottolinea il rapporto, ne esistono 23 in 17 diversi Paesi.

beniamino natale per ansa

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