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Obama denuncia la CIna: “basta con cyberspionaggio”

Dalla politica alle aule giudiziarie: Barack Obama alza il tiro contro la Cina nella lotta al cyber-spionaggio. Stanco delle continue violazioni e dei furti industriali ai danni delle aziende americane, il presidente americano, per voce del suo ministro della Giustizia Eric Holder, annuncia per la prima volta azioni penali contro il governo di Pechino. In particolare, il Grand jury della Pennsylvania denuncia esplicitamente cinque hacker militari cinesi, dell’unità numero 61398 della terza divisione dell’Esercito di Liberazione del Popolo, con l’accusa di aver rubato dati sensibili dai computer di sei società americane del settore dell’energia nucleare, solare e metalmeccaniche. Tra loro anche giganti come Alcoa, Us Steel e Wastinghouse. I capi d’accusa si riferiscono a atti di ‘pirateria informatica’ andati in porto tra il 2006 e il 2014, che secondo alcune stime avrebbero provocato danni commerciali alle aziende colpite pari a circa 400 miliardi l’anno. In particolare, pare che questi hacker abbiano utilizzato strutture militari e dell’intelligence per commettere i loro reati informatici. “In modo sistematico – ha attaccato Holder – aziende americane hanno subito furti di informazioni da parte di cinque hacker dell’esercito cinese. Quando è troppo, è troppo. E’ arrivata l’ora di reagire contro questi atti di cyber-spionaggio che hanno come unico scopo aiutare in modo illegale l’industria di Pechino. Il governo degli Stati Uniti – ha aggiunto – non tollererà più le azioni che puntano a sabotare illegalmente società statunitensi e minare l’integrità di una concorrenza leale sul mercato”. Sulla stessa linea il capo dell’Fbi, James Corney, secondo cui “per troppo tempo il governo cinese ha usato il cyber-spionaggio spudoratamente pur di ottenere benefici economici per le sue industrie di Stato”. Immediata è arrivata la reazione piccata di Pechino che definisce “assurde e fittizie” le accuse americane. Quindi, come rappresaglia, annuncia la sospensione dei lavori dei gruppi di lavoro comune tra i due Paesi proprio sulla lotta al cyber spionaggio. La polemica così, che da mesi lacera il cosiddetto G2, dal piano politico si sposta a quello giudiziario. Già da tempo la Casa Bianca tenta di mettere alle strette Pechino su questo punto. Tuttavia, sinora, ogni tentativo di isolare queste azioni illegali non ha avuto molto successo, anche tenendo conto il grande imbarazzo internazionale che lo stesso Obama ha pagato sulla sua pelle ai tempi dello scandalo sugli abusi della Nsa. Una vicenda che non ha certo aiutato Washington nella sua battaglia per la legalità online nei confronti del colosso cinese.

fonte: ANSA

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Scoperto uno 007 che spiava per gli Usa, nuovo scandalo a Pechino

Un’altra spy story bollente a Pechino. Un alto funzionario dei servizi di sicurezza cinesi e’ stato arrestato perche’ sospettato di spionaggio a favore degli Stati Uniti: si tratta del terzo scandalo a colpire i vertici cinesi in meno di quattro mesi. Secondo tre fonti concordanti scovate a Hong Kong dall’agenzia Reuters, il funzionario sarebbe un collaboratore di uno dei viceministri del ministero per la sicurezza dello Stato, responsabile dell’intelligence. L’uomo sarebbe stato reclutato anni fa dalla Central Intelligence Agency (Cia) americana e avrebbe fornito agli Usa importanti informazioni sulle attivita’ all’ estero degli 007 cinesi. ”Il danno e’ stato massiccio”, ha affermato una delle fonti. Il funzionario sarebbe stato arrestato tra gennaio e marzo. Il nuovo scandalo, come i due precedenti che hanno segnato la primavera del 2012, coinvolge i servizi di sicurezza e il loro capo supremo, il membro del Comitato Permanente dell’ Ufficio Politico (Cpup) Zhou Yongkang, e i rapporti tra Cina e Stati Uniti. La prima ‘bomba’ e’ esplosa in febbraio, quando il superpoliziotto Wang Lijun, capo delle forze dell’ ordine della metropoli di Chongqing, ha trovato rifugio nel Consolato americano della vicina Chengdu. Wang avrebbe rivelato che il suo ex-protettore, l’ambizioso capo del partito della metropoli, Bo Xilai, aveva cercato di proteggere la moglie, colpevole di aver ordinato l’assassinio del faccendiere britannico Neil Heywood per divergenze d’affari. Dopo aver trascorso 30 ore nel Consolato, che non gli ha concesso asilo politico, Wang si e’ consegnato alle autorita’ di Pechino alle quali si ritiene abbia raccontato la stessa storia. In aprile, e’ stato annunciato che Bo Xilai era stato destituito da tutte le cariche e che sua moglie Gu Kailai e’ indagata per omicidio. Uno degli alleati politici di Bo, che puntava ai vertici del potere, era Zhou Yongkang, il capo dei servizi che, secondo alcune fonti, avrebbe cercato di organizzare un colpo di mano militare. All’inizio di maggio si e’ poi appreso che il dissidente cieco Chen Guangcheng, ferito durante un’ avventurosa fuga dagli arresti domiciliari, si era rifugiato nell’ Ambasciata americana di Pechino. Il caso si e’ concluso con la partenza di Chen per gli Usa, dove ha ottenuto una borsa di studio all’ Universita’ di New York. Ancora una volta, un colpo per i vertici cinesi e in particolare per i servizi di sicurezza e il loro capo Zhou Yongkang. Ora lo scandalo del funzionario doppiogiochista, la cui scoperta sembra essere il colpo piu’ duro incassato negli ultimi due decenni dall’ intelligence di Pechino. Questa raffica di scandali ai massimi livelli del Partito e dello Stato e’ tanto piu’ grave in quanto scoppiata a pochi mesi dall’inizio del processo di successione al vertice. Tra l’ autunno prossimo, quando si terra’ il 18esimo congresso del Partito Comunista, e la primavera del 2013, quando l’ Assemblea Nazionale del Popolo ratifichera’ la struttura del nuovo governo, si ritirera’ dalla scena la generazione di dirigenti comunisti capeggiata dal presidente Hu Jintao e gli succedera’ quella guidata dal suo attuale vice Xi Jinping.

fonte: ANSA

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