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Pechino contro lettera kamikaze in patrimonio Unesco

La Cina è decisamente contraria all’inclusione nel programma Memoria del mondo, creato dall’ Unesco, delle lettere d’addio dei kamikaze giapponesi, richiesta dalla municipalità della città di Minami-Kyushu. “Si tratta di un tentativo di imbellire la storia dell’aggressione militarista del Giappone e di rimettere in discussione la vittoriosa conclusione della Guerra mondiale antifascista e l’ordine internazionale del dopoguerra”, ha sostenuto la portavoce del ministero degli esteri cinese Hua Chunying in una conferenza stampa a Pechino. Le lettere di alcuni giovani kamikaze – che si suicidarono lanciandosi contro le forze alleate alla fine della Seconda Guerra Mondiale – si trovano nel museo di Minami-Kyushu. Il progetto Memoria del mondo è stato lanciato dall’agenzia per la cultura dell’Onu per far prendere coscienza dell’esistenza di un patrimonio culturale mondiale e per facilitarne la conservazione. Si tratta di un nuovo fronte di scontro tra Cina e Giappone che hanno in corso un’aspra disputa territoriale nel Mar della Cina orientale, dove Pechino rivendica le Senkaku/Diaoyu, un gruppo di isole disabitate controllate da Tokyo.

fonte: ANSA

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Allarme Usa, per Biden zona difesa aerea cinese viola status quo

Gli Stati Uniti hanno rimarcato la netta contrarietà alla mossa della Cina sulla nuova e ampia zona di identificazione aerea, motivo dell’impennata di tensione e dei rischi di incidenti fortuiti. La dichiarazione congiunta dai toni perentori con Tokyo contro Pechino, ottimisticamente ipotizzata da alcuni media nipponici, non c’è stata, ma il vicepresidente americano Joe Biden ha rimarcato il pieno appoggio al Giappone, l’alleato che è la “pietra angolare della politica” di Washington nell’Estremo Oriente e non solo: ad esempio per l’assistenza allo sviluppo nel caso della Birmania. Gli Usa, ha spiegato, “esprimono profonda preoccupazione per il cambio unilaterale dello status quo” nella regione e sono “irremovibili” sulla difesa del Sol Levante. L’incontro con la stampa, tenuto in serata alla Kantei, sede del premier giapponese, ha permesso di far luce sul vertice pomeridiano di Tokyo tra Biden e il primo ministro Shinzo Abe, prima tappa della delicata missione in Estremo Oriente del vicepresidente che domani sarà a Pechino e poi a Seul. “In primo luogo, abbiamo confermato che l’alleanza tra Usa e Giappone continuerà a svolgere un ruolo fondamentale per la pace e la stabilità di questa regione”, ha detto Abe, accanto al suo illustre ospite, in un discorso di pochi minuti. I due Paesi non tollereranno azioni che possano minacciare la sicurezza degli aerei civili, mentre “le operazioni militari tra le forze di autodifesa nipponiche e quelle statunitensi non subiranno cambiamenti di programma”. Abe ha promesso lo sblocco del negoziato sul riassetto delle truppe Usa a Okinawa e la conclusione entro fine anno del Tpp, l’accordo di libero scambio a guida Usa, prima di ascoltare con soddisfazione l’intervento di Biden che ha usato gran parte del tempo disponibile per rassicurare più volte l’alleato sull’appoggio e la vicinanza statunitense. Ha detto di vedere nella regione “nuove dinamiche” con “crescenti tensioni e rischi di errori di calcolo troppo alti”; ha parlato di “meccanismi di gestione della crisi”; ha auspicato canali di comunicazione “tra Cina e Giappone” per ridurre i rischi di escalation. Valutazioni che Biden, lasciando aperto il dialogo, esprimerà a Pechino nel colloquio con il presidente Xi Jinping, insieme all’invito a non istituire zone aeree di identificazione su territori contesi senza consultazione con le parti coinvolte. Nel caso del Giappone, infatti, sono finite nel perimetro le isole Senkaku/Diaoyu, controllate da Tokyo e rivendicate da Pechino, mentre ci sono già i sospetti su una mossa analoga che possa interessare il Mar Cinese meridionale, visti i contenziosi con Filippine, Vietnam e altri Paesi del sudest asiatico. Biden ha anche “bacchettato” Giappone e Corea del Sud (“i due alleati nell’area”) sollecitando una più stretta collaborazione per rafforzare “il ruolo operativo degli Usa e dei suoi partner”. Domani, intanto, il governo di Tokyo darà vita al National Security Council sull’esempio del modello Usa, al fine di creare apparati di difesa meno frammentati e più efficienti: uno dei primi passi sarà l’istituzione della linea rossa con Usa e Regno Unito, oltre ai nuovi schemi di guida e alle strategie di difesa che il governo intende definire entro fine anno.

fonte: Antonio Fatiguso per ANSA

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Cresce tensione per zona difesa Cina, per Tokyo è pericolosa

La tensione è sempre più alta nella sezione orientale dell’oceano Pacifico dopo che la Cina ha deciso la creazione di una “zona di difesa aerea” che occupa quasi tutto il Mar Cinese Orientale e sfiora le coste del Giappone e della Corea del Sud. Una misura che il premier giapponese Shinzo Abe ha definito oggi “estremamente pericolosa”. Una mappa diffusa dall’agenzia ufficiale Nuova Cina indica che la ‘zona’ comprende le isole Senkaku/Diaoyu, controllate dal Giappone ma rivendicate da Pechino. Secondo l’annuncio del ministero della Difesa cinese, tutti i velivoli che entrano nella ‘zona’ dovranno fornire precise indicazioni sui loro piani di volo. Inoltre, dovranno mantenere aperte le comunicazioni e rispondere “in modo rapido e chiaro” alle richieste di identificazione. In caso contrario, dovranno far fronte a non meglio specificate “misure difensive di emergenza”. La reazione di Tokyo non si è fatta attendere. Intervenendo in Parlamento, il premier Abe ha chiesto a Pechino di ritirare il piano, sottolineando che esso potrebbe portare a “incidenti inattesi”. Abe ha aggiunto che la decisione cinese potrebbe “cambiare unilateralmente lo status quo” e che “dal punto di vista dell’ordine e della sicurezza dell’aviazione commerciale è estremamente preoccupante”. A Tokyo ha fatto eco l’alleato americano. Il segretario di Stato John Kerry ha espresso la “profonda preoccupazione” di Washington. “Abbiamo invitato la Cina alla prudenza e alla moderazione – ha proseguito – e ci stiamo consultando col Giappone e con altri Paesi della regione”. Un portavoce del governo sudcoreano ha sottolineato che Seul è “molto, molto preoccupata” per la creazione della ‘zona’. Pechino ha sdegnosamente respinto le critiche. Il governo cinese ha convocato l’ambasciatore del Giappone per esprimergli la sua “disapprovazione” per le proteste con le quali Tokyo ha accolto l’annuncio. Il portavoce Yang Yujun ha scritto sul sito web del ministero della Difesa cinese che i commenti del Giappone “non sono giustificati” e ha invitato gli Usa a “non schierarsi” nella disputa tra Pechino e Tokyo sulle Senkaku/Diaoyu. Secondo il comunicato che ha dato il via alla giostra di proteste e contro-proteste, la decisione presa da Pechino “è in accordo con la legge della Repubblica Popolare Cinese”. Alcune compagnie aree – tra cui la giapponese All Nippon Airways – hanno chiarito che hanno cominciato a fornire alla Cina le informazioni richieste. “Siamo una compagnia commerciale – ha sottolineato un portavoce – non commentiamo la politica in quanto tale”. La polemica sulle Senkaku/Diaoyu è fortissima dall’anno scorso, quando il governo di Tokyo le ha comprate da un cittadino giapponese che affermava di esserne il proprietario. Si ritiene che sui fondali dell’Oceano nell’area ci siano grandi ricchezze naturali. Inoltre le isole, a poca distanza dalle coste della Corea, della Cina e dell’isola giapponese di Okinawa, si trovano in una posizione strategica ambita dai militari dei Paesi rivieraschi. Oltre che col Giappone, la Cina ha in corso dispute analoghe nel Mar della Cina Meridionale con altri due alleati degli Usa, le Filippine e il Vietnam.

fonte: Beniamino Natale per ANSA

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Pechino convoca ambasciatore Tokyo dopo visita ministro giapponese a santuario

La Cina ha convocato l’ambasciatore giapponese a Pechino per protestare contro la visita di un ministro giapponese, Yoshitaka Shindo, al controverso santuario di Yasukuni. “Il vice ministro degli Esteri cinese, Liu Zhenmin – ha detto Hua Chunying, portavoce del Ministero – ha convocato l’ambasciatore giapponese in Cina per esprimere la ferma e solenne condanna cinese per la visita del ministro giapponese nel santuario considerato da molti paesi asiatici come un simbolo del passato militarismo giapponese”. “Queste visite – ha proseguito Hua – sono un palese tentativo di imbiancare la storia dell’aggressione militare del Giappone”. Le relazioni sino giapponesi non sono buone da anni anche perchè la Cina sostiene che il Giappone si rifiuta di ammettere le atrocità commesse dai soldati giapponesi in Cina tra il 1931 e il 1945. Il santuario Yasukuni è un santuario shintoista che si trova a Tokyo, dedicato alle anime dei soldati che morirono combattendo al servizio dell’Imperatore. E’ fonte di notevoli controversie dato che nel ‘Libro delle Anime’ sono iscritte 1.068 persone che furono condannate per crimini di guerra al termine della seconda guerra mondiale. Le visite degli esponenti del governo giapponese al santuario sono sempre state criticate sia dalla Cina che dalla Corea del Sud.

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Pechino chiede nessuna interferenza di altri paesi in dispute territoriali

Per la Cina, paesi terzi devono evitare interferenze nelle dispute territoriali che riguardano il mar della Cina. ”Gli Stati Uniti, il Giappone e l’Australia sono alleati – ha detto oggi Hua Chunying, portavoce del Ministero degli esteri cinese – ma questo non deve diventare una scusa per interferire nelle dispute territoriali, altrimenti questo renderà solo i problemi piu’ complicati e danneggerà gli interessi di tutte le parti”. Le parole del portavoce cinese arrivano in risposta a quanto dichiarato venerdì scorso a Bali, a margine del vertice APEC (Asia Pacific Economic Cooperation) dai Ministri degli esteri australiano e giapponese e dal segretario di Stato americano, che hanno sollevato la questione delle dispute marittime, in particolare con riferimento alla annosa questione delle isole Diaoyu (Senkaku per il Giappone), contese tra Cina e Giappone. Altre dispute nel mare della Cina meridionale coinvolgono Vietnam, Filippine, Taiwan, Malesia, Brunei e Cina. ”Esortiamo i paesi interessati a rispettare i fatti, distinguere il bene dal male, essere cauti, e fermare tutte le parole e le azioni che non sono utili per la corretta gestione del problema e minano la stabilità della regione “, ha detto ancora il portavoce. Un altro portavoce del Ministero cinese, durante una colazione informale, ha detto che è da considerarsi inappropriato discutere di questioni sensibili come questa in vertici come l’APEC.

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Trenta pescherecci cinesi verso isole contese mari del Sud

Una flottiglia record di trenta navi da pesca cinesi e’ partita ieri verso le isole Spratly, Nansha in cinese, un arcipelago di piccole isole nel mar cinese meridionale al centro di una disputa tra Pechino, Vietnam e Filippine, oltre a Taiwan. Le navi, ognuna con una capacita’ di oltre 100 tonnellate, rimarranno intorno alle isole per una quarantina di giorni. A supporto dei pescherecci anche una nave per l’approvvigionamento e una scorta militare. ”Stiamo esplorando i modi per sfruttare le risorse del mare in maniera sistematica”, ha detto Huang Wenhui, che dirige l’ufficio per la pesca presso il Dipartimento per l’oceano e la pesca nella provincia di Hainan. ”L’obiettivo finale di questa operazione – ha aggiunto Huang – e’ che i pescatori possano pescare intorno alle isole Nansha su base regolare”. I 30 pescherecci, secondo le informazioni, dovrebbero arrivare sul posto in quattro giorni. Il Giappone, il Vietnam, Taiwan, Brunei, la Malesia e le Filippine si contendono la sovranita’ su vaste aree del mar cinese meridionale, ricco di risorse, incluse le isole Spratly. Ma la Cina afferma la sua sovranita’ sulla quasi totalita’ di queste aree.

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Prove disgelo epr la Corea del Nord: Obama invita Kim a collaborare

Forse e’ prematuro parlare di disgelo. Ma dopo settimane di enorme tensione, nei rapporti tra la Corea del Nord e la comunita’ internazionale sembra tornare un po’ di sereno. Il primo gesto lo ha fatto il leader supremo di Pyongyang che – secondo quanto riferiscono fonti del governo di Seul – ha deciso di revocare lo stato di massima allerta e di spostare i missili a medio raggio negli ultimi tempi puntati su possibili obiettivi ‘nemici’. Per il momento, dunque, le provocazioni sembrano aver lasciato il posto a un atteggiamento piu’ cauto. Cosi’ a Washington il presidente americano, Barack Obama, e la presidente sudcoreana, Park Geun-hye – incontratisi alla Casa Bianca – usano toni che sembrano un po’ meno duri rispetto al passato: ”Gli Stati Uniti sono pronti a difendere se stessi e gli alleati”, ha ribadito Obama, insistendo pero’ sul fatto che l’America e’ soprattutto pronta da tempo al dialogo con un regime nordcoreano ”sempre piu’ isolato”. Il presidente Usa – su invito di un giornalista sudcoreano nel corso della conferenza stampa con la Park – lancia un messaggio al giovane ed aggressivo leader di Pyongyang: ”Non lo conosco personalmente, ma quello che so e’ che le sue provocazioni lo hanno portato in un vicolo cieco. Deve invece ricongiungersi alla comunita’ internazionale – auspica Obama – collaborare per la denuclearizzazione della penisola coreana e assicurare cosi’ prosperita’ del suo popolo”. In questo caso tutti sono pronti ad accoglierlo. Il ruolo che puo’ essere svolto dalla Cina viene sottolineato dalla presidente Park, che ricorda come Pechino ”puo’ esercitare un’influenza fondamentale per indurre la Corea del Nord a rimettersi sulla retta via, rispettando gli obblighi internazionali a partire dalle risoluzioni delle Nazioni Unite”. Dunque, Pyongyang deve impegnarsi davvero per la denuclearizzazione della penisola coreana: e fino a quando esistera’ la minaccia nucleare – avverte Park – ”il nostro impegno sara’ quello di rafforzare le difese”. Le crescenti tensioni nella penisola coreana avevano portato Pyongyang a decidere il 26 marzo scorso il livello di massima allerta per tutte le unita’ strategiche missilistiche e di artiglieria, in risposta a Corea del Sud e Usa impegnati in manovre militari congiunte. Il regime aveva quindi puntato vettori balistici contro obiettivi importanti su continente americano, Hawaii e Guam, nonché su altre basi militari Usa di Pacifico e Corea del Sud. Ora, l’allerta sembra essere terminata intorno al 30 aprile.

fonte: ANSA

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Si cerca il dialogo tra Cina e Giappone, forse domani a Pechino delegazione Tokyo

Giappone e Cina stanno progettando di tenere colloqui tra funzionari della Difesa che, in base a indiscrezioni, potrebbero vedere domani una delegazione di Tokyo partire per Pechino, con al centro il caso delle Senkaku-Diaoyu. Lo riporta l’agenzia Kyodo, a conferma delle dichiarazioni del portavoce del governo nipponico, Yoshihide Suda, che ha fatto intendere che i due Paesi stavano provando ad allentare le tensioni sulla sovranita’ del piccolo arcipelago, nel controllo di Tokyo e rivendicato da Pechino. ”Stiamo lavorando, il Giappone dialoga con la Cina”, ha affermato Suga in conferenza stampa, secondo cui Pechino e’ ”un vicino importante”. Le otto motovedette cinesi, intanto, hanno lasciato nella serata di ieri le acque delle isole Senkaku/Diaoyu, controllate da Tokyo e rivendicate da Pechino, dopo un blitz durato 12 ore. In base a quanto riferito dalla guardia costiera nipponica, e’ stata la piu’ grande intrusione finora fatta dalle navi del servizio di sorveglianza marittima cinese intorno al piccolo e disabitato arcipelago, ritenuto essere ricco risorse naturali, come il gas, oltre ad avere fondali ricchi per la pesca. Tra Tokyo e Pechino c’e’ stato ieri un duro uno scambio di proteste e prese di posizione.

fonte: ANSA

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Ultime notizie sul fronte sino-giapponese: isole contese e visita a santuario di guerra

Guerra di nervi e di parole tra Cina e Giappone sia sulle isole contese Diaoyu/Senkaku che sulla visita a Yasukuni, memoriale giapponese della seconda guerra mondiale, che ha provocato le ire dei cinesi. L’ambasciatore di Pechino in Giappone, Cheng Yonghua, ha protestato nei confronti del governo di Tokyo per quella che considera una intrusione territoriale cinese, cioe’ l’arrivo nelle acque contese di pescherecci giapponesi con attivisti. La protesta e’ arrivata durante l’incontro che il diplomatico ha avuto con il vice ministero degli esteri giapponese Chikao Kawai, che aveva convocato il cinese per esprimergli la stessa protesta, dopo che motovedette cinesi erano state viste nei pressi delle isole. Il viaggio degli attivisti giapponesi e’ stato definito ”illegale” e portatore di problemi” dalla portavoce del ministero degli esteri di Pechino Hua Chunying. Ma la Cina continua a protestare anche per la visita di esponenti dell’amministrazione centrale di Tokyo al memoriale di guerra Yasukuni, dove si onora la memoria dei militari di guerra e che ha scatenato anche le proteste sud coreane. Dopo l’offerta rituale di tre pini da parte del premier giapponese Shinzo Abe e la visita di ministri del suo governo, oggi sono stati al santuario 169 parlamentari di Tokyo, ”il piu’ alto numero dal 2005” scrive la Nuova Cina, che definisce la visita ”l’esposizione della codardia dei politici (giapponesi, ndr)”.

Il Giappone e’ pronto a respingere ogni sbarco cinese alle Senkaku/Diaoyu, isole controllate da Tokyo e rivendicate da Pechino, anche con ”l’uso della forza”. ”Sarebbe normale avviare un allontanamento con la forza in caso di sbarco”, ha detto il premier nipponico, Shinzo Abe, in un dibattito parlamentare, rispondendo a una domanda sul tema. Abe ha assicurato che l’attivita’ di sorveglianza nipponica ha lo scopo di ”impedire a chiunque di poter sbarcare” sul piccolo arcipelago conteso e disabitato.

Una flottiglia di una decina di pescherecci giapponesi, con a bordo esponenti di associazioni di nazionalisti, è diretta verso le isole Senkaku/Diaoyu, in una iniziativa che ha lo scopo di ribadire la sovranità nipponica. Partita in nottata dal porto di Ishigaki, riporta la tv Nhk, la spedizione è stata voluta dall’associazione ‘Ganbare Nippon’ (‘Forza Giapponé).

Quasi 170 parlamentari nipponici hanno visitato oggi il controverso santuario Yasukuni, visto come il simbolo del passato imperialista e militarista del Giappone, alimentando nuove tensioni regionali. Secondo i media locali, un numero eccezionalmente alto (ben 168) ha voluto pregare al luogo dedicato ”alle anime di soldati e persone morte combattendo per l’imperatore”, tra cui 14 criminali di Classe A. La visita e’ maturata all’indomani della protesta della Cina e della cancellazione del viaggio a Tokyo del ministro degli Esteri sudcoreano, Yun Byung-se.

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Ministri giapponesi a santuario Yasukuni, protesta di Pechino

Anche il governo cinese ha protestato solennemente nei confronti di quello giapponese per la visita di esponenti dell’amministrazione centrale di Tokyo al memoriale di guerra Yasukuni, dopo che il ministro degli esteri sudcoreano aveva questa mattina annullato una visita prevista da tempo per questa settimana. Il premier giapponese, Shinzo Abe, due giorni fa aveva donato tre pini, senza recarsi di persona al santuario Yasukuni a Tokyo, eretto per onorare 2,5 milioni di giapponesi morti durante la seconda guerra mondiale e sino-giapponese, tra i quali, scrive la Nuova Cina, ”14 criminali di guerra”. Per il portavoce degli esteri di Pechino, Hua Chunying, il nocciolo della questione del santuario Yasukuni e’ ”se i leader giapponesi vedono e trattano correttamente la storia delle invasioni del paese, e rispettano i sentimenti del popolo della Cina e di altri paesi vittime”. Per Hua le atrocita’ giapponesi durante la guerra sono accertate da prove inconfutabili. ”Solo quando il Giappone affrontera’ di petto il suo passato aggressivo potra’ abbracciare il futuro e sviluppare relazioni amichevoli con i suoi vicini asiatici”, ha concluso il portavoce.

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