La Cina ha chiesto oggi al governo di transizione della Libia di proteggere i propri investimenti nel paese africano. Lo ha detto il vice capo del dipartimento commercio nell’omonimo ministero di Pechino, Wen Zhongliang. Wen ha commentato in conferenza stampa un’affermazione di un funzionario della Agoco, la societa’ libica petrolifera in mano al governo transizione, che aveva detto che Russia e Cina, non essendosi impegnati nella guerra contro Gheddafi, avrebbero potuto perdere i loro contratti. ”Gli investimenti cinesi in Libia – ha detto Wen Zhongliang – specialmente nel settore petrolifero, riguardano la mutua cooperazione economica tra la Cina e la Libia, cooperazione che e’ nell’interesse di entrambi i popoli”. ”Speriamo – ha continuato Wen – che dopo il ritorno alla stabilita’ in Libia, il paese africano possa continuare a proteggere gli interessi e i diritti degli investitori cinesi e speriamo di continuare ad avere investimenti e cooperazione economica con la Libia”. La Cina e’ sempre stata contraria all’attacco Nato, non opponendo però il diritto di veto in sede di Consiglio di sicurezza Onu, soltanto astenendosi. E’ pero’ stata tra i primi paesi a ricevere emissari del governo di transizione e ieri il governo di Pechino ha detto di ”rispettare la decisione del popolo libico”.
La bandiera del Consiglio nazionale di transizione libico e’ stata issata questa mattina nell’ambasciata libica a Pechino. Il nuovo vessillo, lo stesso del regno di Libia prima dell’avvento di Gheddafi nel 1969, e’ stato issato questa mattina e per poco meno di un’ora e’ stata lasciata issata anche la bandiera verde libica che fino ad oggi sventolava sulla sede diplomatica. Il vessillo della nazione sotto il regime di Gheddafi e’ stato poi ammainato e lasciato sventolare solo il nuovo.
Finita la guerra riparte la corsa all’oro nero, la grande risorsa naturale che la Libia custodisce nel suo sottosuolo in quantità superiori a qualunque altro Paese africano. Membro dell’Opec, Tripoli è il quarto produttore di petrolio dell’Africa, dopo la Nigeria, l’Algeria e l’Angola, con una produzione di quasi 1,8 milioni di barili al giorno e riserve valutate per circa 44 miliardi di barili. Il primo partner è l’Italia (che importa il 28% della produzione), presente con l’Eni nella Gran Jamahiriya fin dal 1959, quando ottenne dal governo libico la ‘concessione 82’ nel deserto del Sahara sud-orientale. Seguono la Francia con il 15%, la Cina con l’11%, la Germania (10%). l’Europa nel suo complesso importa l’80% della produzione di greggio. Secondo gli analisti, nella migliore delle ipotesi e cioé nell’ipotesi di un governo stabile che si insedi al più presto, la produzione di petrolio dovrebbe riprendere progressivamente per tornare entro il 2012 al 50% della produzione precedente al conflitto, ed entro il 2013 recuperare il 100%. Fra le grandi compagnie petrolifere in Libia sono presenti, oltre all’Eni, la francese Total e i giganti anglosassoni Bp, Shell e ExxonMobil. Con la caduta di Gheddafi tutti gli operatori si preparano a ritornare in campo, ma qualcosa potrebbe cambiare. Il nuovo governo dovrà confermare gli accordi e le intese sottoscritte prima dell’inizio del conflitto. Un ruolo strategico lo potrebbe avere l’Arabian Gulf Oil Company (Agoco), la seconda maggiore compagnia petrolifera pubblica della Libia, che si è schierata dalla parte delle forze rivoluzionarie. L’Eni, come anche la Total, è data in pole position nella corsa al greggio e infatti entrambe le due società sono state premiate dalle borse. Il titolo Eni nel rush finale ha guadagnato il 6,33% mentre Total ha guadagnato il 2,25%. Per le compagnie europee di Italia, Francia e Inghilterra non dovrebbero esserci problemi, mentre potrebbero esserne escluse altre. “Non abbiamo problemi con le compagnie di Paesi come Italia, Francia e Inghilterra, ma potremmo avere qualche problema politico con Russia, Cina e Brasile”, ha detto alla Reuters Abdeljalil Mayouf, responsabile delle comunicazioni nella Agoco. Secondo gli osservatori Russia, Cina e Brasile potrebbero avere delle difficoltà, rischiando anche di essere escluse, perché si sono opposte con forza alle sanzioni verso Gheddafi. Prima della guerra in Libia operavano 75 imprese cinesi. La Russia è presente con Gazprom Neft e Tatneft, mentre il Brasile é presente con Petrobras.
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