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Xi a Davos: nuovo paladino della globalizzazione?

Ha scomodato persino Charles Dickens durante il suo discorso a Davos, nelle Alpi svizzere, il presidente cinese Xi Jinping nella sua prima apparizione al forum economico, dove si è svestito dell’eskimo di anni di comunismo per indossare il mantello del paladino della globalizzazione. “Erano i tempi migliori, erano i tempi peggiori” ha detto, citando l’inizio di “Una storia di due città” di Dickens, per sottolineare che viviamo in un’epoca di forti contraddizioni. Quello che ha parlato a Davos, è un politico misurato, che dosa bene le parole e che si rivolge al mondo globalizzato, nel quale la Cina, volenti o nolenti, ha un ruolo centrale e da protagonista. Ed è la prima volta che il segretario del partito Comunista cinese e presidente della Cina partecipava al forum svizzero. Non è un caso che abbia deciso di farlo in un momento storico internazionale cruciale, alla vigilia dell’inizio della nuova, discussa e controversa, presidenza Usa. E, ascoltandolo, non è certo difficile capire che Xi Jinping si rivolga, in prevalenza, proprio agli Stati Uniti e al suo nuovo presidente, assente eccellente di questo importante appuntamento. Xi Jinping non ha fatto mai esplicitamente il nome di Trump ma in tutto ciò che ha detto è evidente il riferimento al nuovo corso politico ed economico degli Stati Uniti, almeno quello che il magnate di New York in mesi di campagna elettorale e dopo la vittoria ha annunciato soprattutto via twitter, soprattutto in termini di protezionismo economico. Non è un mistero del resto che la Cina sia preoccupata dagli eventuali cambiamenti che potrebbero scaturire con l’incardinamento ufficiale di Trump alla Casa Bianca. Trump infatti ha pubblicamente accusato la Cina di rubare posti di lavoro agli americani, di attuare una politica monetaria scorretta con la svalutazione della moneta cinese, ed ha annunciato provvedimenti per il contenimento cinese, in primis l’aumento dei dazi. Una delle poche nomine di Trump è stata quella di Peter Navarro a capo del consiglio del commercio Usa, lo stesso Navarro autore di “Death by China”. Dobbiamo aspettare comunque che alle parole di Trump succedano i fatti per poter poi esprimere giudizi, per ora siamo nel campo degli annunci. “Non c’è nessun vincitore in una guerra commerciale” ha detto dinanzi a una platea di oltre 1500 persone il massimo esponente del gigante asiatico. “Perseguire il protezionismo – ha aggiunto Xi Jinping – è come chiudersi in una stanza buia. Vento e pioggia vengono tenuti fuori, ma anche la luce e l’aria”. Il presidente cinese, a Davos, vuole impressionare il suo auditorium, facendosi paladino della globalizzazione in un mondo quasi rovesciato e, almeno in parte ci riesce, strappando, con un discorso durato circa un’ora, diversi applausi. “C’è stato un tempo – ha aggiunto – in cui la Cina aveva dubbi sulla globalizzazione economica e noi non eravamo sicuri se aderire o meno al WTO. Ma siamo poi giunti alla conclusione che l’integrazione nell’economia globale è un trend mondiale. Per far crescere la sua economia, la Cina deve avere il coraggio di nuotare nel vasto oceano del mercato globale”. Xi Jinping vuole dare del suo paese un’immagine moderna (anche se restano vivi tutti i problemi legati alla negazione dei diritti civili soprattutto nei confronti di minoranze come Tibet e Xinjiang o di oppositori), diversa da quella del passato, promette di non svalutare la moneta locale, il Renmibi per aumentare le esportazioni, cosa della quale il paese del dragone è stato accusato in passato. Promette insomma correttezza e trasparenza, ma si propone (e si impone) tra gli attori principale sulla scena economica internazionale. E tale vuole rimanere. Il suo è un discorso chiaro, diretto, controllato, forse anche troppo, per chi ha sempre giovato dalla globalizzazione, sfruttando la manodopera a basso costo. Che affascina la massa ma non convince del tutto gli analisti. Sembra tutto troppo studiato, un copione ben scritto e ben recitato. Come quando parla dell’accordo di Parigi contro il riscaldamento globale, definendolo “magnifico” (mentre Trump ha annunciato di volerne uscire). Parla infatti anche di ambiente Xi Jinping, della “responsabilità che ci dobbiamo assumere nei confronti dei nostri figli”. Tutto molto condivisibile, se non fosse che la Cina resta uno dei paesi più inquinati al mondo. Al di là delle analisi, a parlare sono comunque i dati. La Cina, come sottolinea il presidente cinese nella parte finale del suo discorso, è in continua crescita, per il 2016 la crescita è stata del 6,7% e il trend è sempre positivo (nonostante il crollo delle esportazioni registrato negli ultimi due anni di fila). “La Cina ha un enorme potenziale e in futuro intensificherà le riforme” ha detto ancora il presidente. Come a dire che, Trump o non Trump, ad essere tagliata fuori, la Cina davvero non ci sta e il mondo sa che con il dragone deve fare i conti di continuo.

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Pil cinese del 2016 al 6,7%, crescita più bassa da 26 anni ma al top nel mondo

Nel 2016 la Cina, secondo i dati diffusi dall’Istituto Nazionale di Statistica, è cresciuta del 6,7%, al ritmo più basso degli ultimi 26 anni, ma al top del mondo secondo  il Fondo Monetario Internazionale. Nel periodo tra ottobre e dicembre 2016 la crescita è stata del 6,8%,poco sopra le attese, mentre nei tre trimestri precedenti la crescita era stata sempre del 6,7%. La crescita è stata favorita soprattutto dagli investimenti pubblici e dall’espansione del credito, che a dicembre scorso ha raggiunto il livello record di 1040 miliardi di yuan (150 miliardi di dollari). nei primi tre trimestri del 2016 la crescita era stata del 6,7%. I dati diffusi oggi alimentano di nuovo il dibattito sulla veridicità degli stessi, dibattito che è sempre sulle scrivanie di governi ed economisti. Discussioni che sono state anche alimentate dalla notizia, di qualche settimana fa, che il governo della provincia settentrionale del Liaoning ha falsificato i suoi bilanci dal 2011 al 2014. Quello dello sconosciuto debito delle province cinesi, che per sostenere una crescita continua dopo la crisi del 2008 si sono indebitate con le banche, resta centrale e può diventare una vera spina del fianco nell’economia del dragone se si dovesse scoprire che ha assunto i dettagli foschi di cui si parla da tempo.  Di seguito il lancio della Xinhua sui dati economici.

BEIJING, Jan. 20 (Xinhua) — China’s economy ended 2016 on a positive note, supported by consumer spending and a booming property market, and remained a key engine for global economic expansion.

China’s economy grew 6.7 percent year on year in 2016, a slowdown from the 6.9-percent growth registered in 2015, National Bureau of Statistics (NBS) data showed Friday.

The growth, although it was China’s slowest annual expansion in 26 years, is likely to top all other major economies, according to a report released January 16 by the International Monetary Fund (IMF).

It was in line with China’s official target range of 6.5 to 7 percent for 2016 and much stronger than some doom-mongers had predicted at the start of 2016, when concerns about a collapse in China’s growth rocked global financial markets.

The figure represents a medium-high level of growth and China’s economy continued to run within a reasonable range, with its structure further optimized and development model transformed, NBS chief Ning Jizhe said at a press conference.x   The NBS said the figure indicated “a good start” for the country’s goal of achieving at least 6.5-percent annual growth during the 13th Five-year Plan period (2016-2020).

China’s economy has entered a new phase, which Chinese leaders have dubbed the “new normal,” as the country tries to transition its export- and investment-driven growth model into one that draws strength from consumption, innovation and the service sector.

Such a transition is bound to be painful and bumpy. Yet, there are plenty of indications that China is progressing in the right direction.

Gross domestic product totaled 74.41 trillion yuan (about 10.83 trillion U.S. dollars) in 2016, with the service sector accounting for 51.6 percent. Consumption contributed 64.6 percent to GDP growth last year. High-tech industries posted fast expansion.

Despite a protracted slowdown, China’s contribution to the world’s economic growth may again top that of all other economies, even exceeding the figure for all developed economies combined.

According to the report, the IMF revised its forecasts for China’s growth upward by 0.1 percentage point to 6.7 percent for 2016 and by 0.3 percentage point to 6.5 percent for 2017.

With the IMF predicting only 3.1 percent global growth for 2016, China’s contribution would account for more than one-third of the world’s growth.

For the fourth quarter, China’s economy grew 6.8 percent, slightly beating market forecasts and representing the first quarterly improvement since the second quarter of 2014.

NBS data showed that major economic indicators softened last year, with industrial output growth slowing slightly to 6 percent from 6.1 percent in 2015.

Urban fixed-asset investment continued to cool, rising 8.1 percent year on year, compared with 10 percent in 2015. Retail sales rose 10.4 percent, down from 10.7 percent in 2015.

However, property development investment increased 6.9 percent year on year in 2016, up from only 1 percent in 2015.

“We should be aware that the domestic and external conditions are still complicated and severe, and the foundation of the economic stabilization and improvement is not solid yet,” Ning said.

China has made “seeking progress while maintaining stability” the main theme for its economic work in 2017, pledging to push for substantial progress in supply-side structural reform, according to the Central Economic Work Conference.

For the year ahead, analysts said China’s economy may face downward pressure from a property market correction and the government’s resolve to defuse financial risks and push through structural reform, which could help sustain longer-term growth but may weigh on near-term growth.

Given more efficient fiscal spending, HSBC expected the property market correction to drag China’s growth down by 0.1 to 0.2 percentage points in 2017.

Adding to concerns is external uncertainty, with U.S. President-elect Donald Trump threatening to add trade tensions.

“I personally believe President-elect Trump will consider issues from the perspective of developing mutually beneficial bilateral ties and advance the long-lasting cooperation between the two major countries,” Ning said. “I have hopes for that.”    Enditem

 

 

 

 

 

 

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Rallenta poco la crescita della Cina nel primo trimestre 2016, +6,7%

Piccoli spiragli nella crescita economica della Cina nel primo trimestre dell’anno. Secondo i dati diffusi dall’istituto centrale di statistica, il dato registrato per il periodo gennaio-marzo è del 6,7% rispetto all’anno precedente, mostrando come la Cina sia cresciuta a ritmo più lento dalla crisi finanziaria globale nel 2009. Il dato diffuso oggi rappresenta un calo rispetto al 6,8% registrato nell’ultimo trimestre del 2015, ma è in linea con le previsioni e gli obiettivi del governo per l’intero anno, fissati tra il 6,5% e il 7%.  L’economia cinese sta subendo un rallentamento prolungato dovuto anche al lento processo di cambiamento della sua economia basata sulle esportazioni verso un modello di crescita basato sui servizi più sostenibili e consumi privati. I dati relativi alle esportazioni di marzo hanno sorpreso il mercato per il fatto di essere saliti in territorio positivo dopo essere caduti nei precedenti otto mesi. Nel frattempo,  anche il manufacturing purchasing manager index a marzo è risultato in espansione il mese scorso, per la prima volta in nove mesi. A marzo si è anche fermato il calo delle riserve valutarie, guadagnando 10 miliardi di dollari mostrando, secondo gli analisti, una maggiore fiducia sul futuro economico della Cina e sul valore dello yuan.

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Aumenta l’export cinese a marzo, soffrono le banche del dragone

L’export cinese segna a marzo un rialzo annuo dell’11,5%, il primo in nove mesi, a 160,8 miliardi di dollari, mentre l’import ha un calo del 13,8%, a 131 miliardi. Secondo i dati diffusi dall’Amministrazione delle Dogane, la denominazione in yuan porta a percentuali pari, rispettivamente a +18,7% e a -1,7%. Nei primi tre mesi dell’anno, il totale delle esportazioni e delle importazioni ha avuto una frenata dell’11,3%. Si tratta di un trend che potrebbe segnalare una stabilizzazione o forse una una ripresa della seconda economia al mondo, impegnata nella difficile fase di transizione da export e manifatturiero verso servizi e consumi. Intanto, le banche cinesi rischiano perdite pari al 7% del pil cinese sui prestiti concessi alla aziende. Un macigno da 1.300 miliardi di dollari. A fare i conti e’ il Fmi, sottolineando che la cifra ”che sembra elevata e gestibile dalla Cina, dati gli elevati cuscinetti di capitale delle banche e la crescita economica del paese”. ”Le difficoltà delle aziende cinesi e’ importante per le banche cinesi. I prestiti alle aziende potenzialmente a rischio sono 1.300 miliardi di dollari”.

fonte: ANSA

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Calano a dicembre, ma meno di novembre, le esportazioni della Cina

Un piccolo segno positivo per l’economia cinese: i dati commerciali di dicembre segnano un calo ma minore di quello registrato a novembre. E, in questo momento difficile per l’economia del dragone, è una notizia che deve tenere allegri. Secondo i dati doganali diffusi stamattina, le esportazioni cinesi a dicembre sono scesi dell’1,4% rispetto all’anno scorso, un miglioramento rispetto al 6,8% di novembre. Le importazioni cinesi sono diminuite del 7,6%, meno dell’8,7% di novembre. I dati commerciali cinesi riflettono la debolezza della domanda globale e un calo della crescita economica interna, ma gli economisti dicono che la spesa al dettaglio e la produzione potrebbero essere in miglioramento. La crescita economica è scesa al minimo da sei anni al 6,9% nel trimestre finito a settembre. La crescita dell’anno passato si dovrebbe attestare appena sotto o comunque vicinissima al 7% anche se per molti sarà difficile che il paese del dragone possa raggiungere una crescita superiore del 6,5%. La bilancia commerciale della Cina ha evidenziato a dicembre un avanzo di 60,09 miliardi di dollari, in miglioramento rispetto ai 54,10 miliardi del mese precedente e sopra le attese degli analisti che avevano pronosticato un calo a 51,30 miliardi di dollari. Durante l’intero 2015 le esportazioni della Cina sono calate del 2,8%. Si è trattato del primo calo annuo dal 2009. Le importazioni sono scese del 14,1%. Il surplus della bilancia commerciale cinese è cresciuto nel 2015, rispetto all’anno precedente, da $382,5 miliardi al livello record di $594,5 miliardi.

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Banca centrale Cina svaluta a sorpresa lo yuan ai livelli del 2011

La banca centrale cinese ha svalutato a sorpresa lo yuan fissandolo a 6,5314 rispetto al dollaro (-0,22%), il livello più basso dall’aprile 2011. La mossa dell’istituto centrale, che segue quella di agosto, avviene dopo che nei giorni scorsi le autorità erano intervenute sul mercato per provare a fermare la volatilità. Dopo la decisione di oggi è sceso anche lo yuan offshore quotato a Hong Kong a 6,6964.

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Rallenta la crescita della Cina, +6,9 nel terzo trimestre, la più bassa dal 2009

Rallenta ancora la crescita economica della Cina, che nel terzo trimestre del 2015 è scesa a +6,9%, la più’ bassa dal 2009. I dati, diffusi lunedì dall’Ufficio centrale di statistica di Pechino, indicano che la Cina potrebbe non raggiungere l’obiettivo prefissato di una crescita del 7% per il 2015. La media dei primi tre trimestri di quest’anno è del 6,96% e gli economisti ritengono difficile che la situazione cambi in modo sostanziale nel quarto trimestre. Molti osservatori ritengono che il governo, che ha già abbassato per cinque volte i tassi d’interesse dallo scorso novembre, prenderà nuove misure espansive nei prossimi mesi. Per trovare una crescita dell’economia cinese così bassa bisogna risalire al primo trimestre del 2009, quando fu sentito l’impatto della crisi finanziaria globale. Il rischio ora è che la crescita debole generi disoccupazione e proteste popolari. Secondo Louis Buijs della Oxford Economics, il rallentamento è meno accentuato di quanto ci si poteva aspettare. “La continua pressione al ribasso del mercato immobiliare e delle esportazioni ha provocato il crollo del Prodotto Interno Lordo, ma consumi e infrastrutture sono robusti e hanno impedito una diminuzione più forte”, ha affermato.

fonte: ANSA

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Cina: forte contrazione importazioni a settembre, -20,4%

Le importazioni della Cina sono diminuite del 20,4% in settembre, in quello che viene interpretato come un nuovo segnale delle difficoltà’ della seconda economia del mondo. Secondo i dati diffusi dalle Dogane cinesi, le esportazioni hanno subito una contrazione del 3,7%, con un netto miglioramento su quella del mese precedente, che era stata del 13,8% su base annuale. I dati hanno fatto crescere i dubbi sulla possibilità’ che Pechino mantenga il tasso di crescita previsto per il 2015, che e’ del 7%.

fonte: ANSA

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La “nuova normalità” dell’economia cinese: il Pil al 7%, il più basso da 24 anni

La “nuova normalità” dell’economia cinese, con la crescita al 7,4%, scuote un po’ Pechino ma continua a fare invidia ai paesi di tutto il mondo. Il dato, diffuso stamattina dall’ufficio centrale di statistica di Pechino, è il più basso dal 1990, quando la Cina crebbe al 3,8% a causa delle sanzioni imposte dopo i fatti di Piazza Tiananmen. Ed è anche la prima volta dal 1998 (i dati sono pubblici sono dal 1995) che la crescita cinese è inferiore al target fissato dal governo che, per il 2014, era del 7,5%. Le autorità cinesi si sono affrettate a parlare di una “nuova normalità” dell’economia cinese, dopo una crescita che ha superato il 10% dal 2000 al 2012, quando poi è stata registrato un pil al 7,7% mantenuto anche nel 2013. E le previsioni non sono rosee: secondo il Fondo monetario internazionale, la Cina dovrebbe crescere del 6,8% (-0,3 punti) nel 2015 e nel 2016 del 6,3% (-0,5 punti). L’annuncio della normalità serve anche a calmierare posizioni e preoccupazioni: in primis quella della ricaduta occupazionale, temuta non poco da Pechino, ma anche quella del debito pubblico. Le cause del rallentamento della crescita cinese derivano in primo luogo da un cambiamento della stessa da un sistema basato sulle esportazioni dovute ai bassi prezzi di produzione, a un sistema basato sul consumo interno. Sceso il mercato immobiliare, uno dei fattori più importanti dell’economia cinese, nel quale gli investimenti l’anno scorso sono cresciuti del 10,5%, molto al di sotto del 9,8% di crescita del 2013, con le vendite in calo del 7,6% e con l’aumento dello spazio non venduto del 26,1%. Il calo dell’immobiliare porta anche il calo dell’acciaio: anche se la produzione ha raggiunto il record di 822,7 milioni di tonnellate l’anno scorso (circa la metà della produzione globale) la crescita è stata solo dello 0,9%, il dato pià basso dal 1981. Nel 2014, sono calati gli investimenti in infrastrutture, scesi a un tasso di crescita del 15,7%, contro un aumento su base annua del 19,6% nel 2013. I dati diffusi stamattina hanno dimostrato una ripresa dell’economia cinese nell’ultima parte dell’anno, con buoni segnali da vendite al dettaglio e la produzione industriale: la stessa ha registrato un calo rispetto al 2013, all’8,3% su base annua, in calo rispetto al 9,7% del 2013. Le autorità erano già preoccupate, non a caso hanno deciso il taglio dei tassi di interesse a novembre. Difficile che, come fatto nel 2008, butteranno soldi nel sistema, perchè aumenterebbero già il notevole debito (240% del pil), ma continueranno a cercare di stimolare al domanda interna cercando sempre più di lasciare un modello industriale pesante verso uno più efficiente aumentando i consumi interni.

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Cina: pil del 2014 al 7,4%, il dato più basso dal 1990

La Cina è cresciuta nel 2014 del 7,4%, il dato più basso da 24 anni. E’ quanto rivelano i dati diffusi stamattina dall’ufficio nazionale di statistica di Pechino. Il dato rilevato è inferiore al target governativo fissato al 7,5% ed è principalmente dovuto alla crisi globale che ha inficiato la domanda esterna ma soprattutto al crollo dell’immobiliare e la ancora non sufficiente domanda interna. Senza contare un modello economico legato ancora a bassi salari, industrie inquinanti e ai problemi legati al costo delle materie prime. Nel 2013 la crescita cinese era stata del 7,7%. L’anno scorso il prodotto interno lordo cinese ha raggiunto i 63,65 trilioni di yuan, circa 8,9 trilioni di euro. Nell’ultimo trimestre dell’anno la crescita è stata stabile rispetto al trimestre precedente, facendo registrare il 7,3%. La produzione industriale della Cina è cresciuta nel 2014 dell’8,3%, in calo dal 9,7% visto nel 2013, mentre la crescita degli investimenti a capitale fisso è rallentata al 15,7%. Le vendite al dettaglio sono aumentate del 12% a 26.240 miliardi di yuan (quasi 3.700 miliardi di euro). Al momento il governo cinese non sembra avere intenzione di cambiare rotta circa le riforme annunciate fino alla fine del 2020. Quella che è una crescita invidiata da qualsiasi paese, in Cina è comunque visto come un segnale di allarme soprattutto in termini occupazionali. In ogni caso, diversi progetti infrastrutturali sono stati annunciati quest’anno per sette miliardi di yuan, poco meno di un miliardo di euro. La crescita prevista per il 2015 dovrebbe essere del 7%, ben sotto i tassi superiori al 10% fatti registrare dal 2002 al 2012, quando per la prima volta si è arrivati al 7,7%.

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