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Governo di Hong Kong obbliga politici ad armonizzare scritti con volere Pechino

Dal primo giugno i politici e gli alti funzionari di Hong Kong dovranno tenere presente delle eventuali reazioni della Cina continentale per ogni nuova politica che dovesse essere messa in essere nell’ex colonia britannica. L’Apple Daily, quotidiano di Hong Kong, e’ venuto in possesso di un documento riservato diffuso dall’ufficio degli affari costituzionali e della Cina continentale a politici e funzionari, con il quale, dal primo giugno, ”sara’ obbligatorio tenere in considerazione le reazioni cinesi nell’emissione di tutte le corrispondenze e carte del comitato politico e le richieste del consiglio esecutivo”. Nel documento si dice che le idee e le politiche da adottare dovranno essere visionate prima per ‘armonizzarle’ con le idee della Cina continentale. La notizia ha ottenuto in rete molti commenti polemici, soprattutto nei confronti del capo dell’esecutivo, accusato gia’ dalla sua presa di potere di essere asservito a Pechino e di operare in favore della Cina.

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Secondo un sondaggio “informale”, gli abitanti di Hong Kong preferirebbero tornare sotto il Regno Unito

Il 92% degli abitanti di Hong Kong preferirebbe tornare sotto il dominio britannico: a rivelarlo e’ un’indagine condotta dal South China Morning Post sulla falsariga del recente referendum fra gli abitanti delle isole Falkland-Malvine, che per il 99,8% hanno dichiarato di preferire di restare sotto la sovranita’ di Londra piuttosto che passare all’Argentina. Il South China Morning Post ha tuttavia specificato il sondaggio e’ stato piu’ che altro un ”divertissement”, destituito da un serio fondamento scientifico. Anche perche’, scegliendo la formula online, i promotori non hanno avuto la possibilita’ di verificare con certezza che i votanti siano effettivamente tutti cittadini di Hong Kong. Tuttavia, secondo l’attivista politico Leung Kwok-hung, noto con il soprannome di ”long hair” (capelli lunghi), anche se si tratta di uno studio solo indicativo, ha comunque prodotto una fotografia interessante del sentimento diffuso nel popolo dell’ex colonia britannica semiautonoma nei confronti di Pechino e della politica cinese. Su Facebook (che a Hong Kong, diversamente dal resto della Cina, dove e’ bloccato, e’ accessibile) un utente ha commentato che gli inglesi, prima di restituire l’isola alla Cina nel 1997, non hanno mai imposto alla gente di Hong Kong il ”patriottismo” o il dovere di ”sostenere il governo”, aggiungendo che gli inglesi, a differenza dei cinesi, hanno sempre rispettato la cultura e le tradizioni della gente di Hong Kong. L’ansia sul futuro politico della citta’ lo scorso anno ha prodotto un movimento chiamato Occupy Central, i cui simpatizzanti chiedono il suffragio universale per le prossime elezioni. Il primo gennaio di quest’anno decine di migliaia di persone sono scese per le strade di Hong Kong per chiedere le dimissioni del capo del governo, Leung Chun-ying, ritenuto troppo favorevole a Pechino, ed elezioni per la sua sostituzione.

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Nessun dirigente di Hong Kong a funerale attivista

Nessun rappresentante del governo di Hong Kong partecipera’ ai funerali di Szeto Wah, l’ex presidente della Hong Kong Alliance in Support of Patriotic Democratic Movements in China, ex-sindacalista che aveva attivamente sostenuto il movimento studentesco del 1989 a Tiananmen, morto di cancro all’inizio dell’anno. Donald Tsang Yam-kuen, capo dell’amministrazione di Hong Kong e sei alti dirigenti, hanno salutato la salma di Szato nella chiesa, ma non hanno partecipato alle funzioni e hanno annunciato, senza dare spiegazione, che non parteciperanno al funerale. Secondo la stampa di Hong Kong e diversi siti, su Tsang e i suoi sarebbe arrivato il veto di Pechino, che aveva pesato anche sulla decisione dello stesso governo di Hong Kong di non concedere il visto di ingresso all’ex colonia britannica, a due esponenti del movimenti di Tiananmen che volevano partecipare ai funerali. Gia’ la decisione di negare il visto a Wang Dan, ex leader delle proteste studentesche di piazza Tiananmen del 1989 e a un suo collega, Wuer Kaixi, aveva scatenato le proteste su internet, facendo notare come non si rispetti il principio di ‘un paese due sistemi’ che vige tra la Cina e Hong Kong.

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