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Cinesi a Chongqing copiano progetto dell’architetto Zaha Hadid in costruzione a Pechino

Dalle borse griffate ai Rolex, dagli smartphone ai film di Hollywood. E adesso anche ai capolavori di una archistar: Zaha Hadid, l’anglo irachena che forse è la più famosa architetto del mondo, ha visto un suo nuovo complesso in costruzione a Pechino ‘piratato’ nella città orientale di Chongqing. Wangjing SOHO, uno degli undici progetti della Hadid in Cina, é stato copiato da un gruppo di architetti anonimi che lo completeranno prima dell’inaugurazione del complesso ‘originale’ nel 2014. Il disegno della prima donna premiata con un Pritzker (l’Oscar dell’Architettura) nel 2004 prevede tre volumi curvilinei simili a vele unite ai lati. Il clone, o ‘FauxHO’, ne copia la forma limitandosi a due grattacieli al posto di due. Il falso è ubicato in un terreno simile a quello di Pechino con grandi arterie di traffico che circondano il campus e lo isolano dal resto del tessuto urbano. In cinese, c’é un termine slang, Shanzhai, per indicare i marchi imitati o le merci taroccate, dalle borse alle scarpe di marca ai dvd, ai farmaci. Notizie del clone, pubblicate originariamente sulla rivista tedesca Der Spiegel, sono rimabalzate oltreatlantico. Satoshi Ohashi, il direttore del progetto della Hadid a Pechino, è convinto che il pirati abbiano messo le mani su files digitali contenenti i disegni originali. Ohashi è più preoccupato della velocità dei falsari che della somiglianza dei due progetti. La Hadid non è la sola occidentale che ha visto la sua archietttura imitata in Cina. L’anno scorso gli abitanti del villaggio austriaco di Hallstatt hanno scoperto che architetti cinesi avevano fotografato una per una le loro case per costruire una versione identica dell’idilliaco paesino proprietà culturale dell’Unesco nella Cina Meridionale. La pratica dei pirati dell’architettura è stata denunciata anche dall’archistar olandese Rem Koolhaas, che a Pechino ha disegnato l’avveniristica sede della China Central Television (CCTV): a suo giudizio la velocità dell’espansione edilizia in Cina sta producendo una generazione di architetti che usano i laptop per clonare rapidamente edifici già esistenti. “Li chiamo architetti Photoshop”, ha scritto Koolhaas nel suo nuovo libro ‘Mutazioni’ riferendosi al programma di software che permette di fare collage di foto: ‘Questa e’ l’essenza della produzione urbana cinese: design facile come un click su Photoshop anche sulla scala di una citta”.

fonte: ANSA

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Cina supera gli Usa nel numero di registrazione di brevetti alla Wipro

Nel 2011 la Cina ha superato gli Usa come numero di brevetti depositati. Lo affermano le cifre presentate dalla World Intellectual Property Organization (Wipo)dell’Onu, secondo cui in generale il mondo ‘inventa’ sempre di più, con l’Europa che invece segna il passo. L’ufficio brevetti cinese, si legge nel rapporto dell’agenzia, ha visto il deposito di oltre 526mila richieste di copyright, mentre quello statunitense si è fermato a 504mila. Per quanto riguarda l’Europa il numero di richieste è pari a circa 143mila, in calo di oltre il 5% rispetto al 2010, e ci vede dietro anche al Giappone e alla Corea del Sud: “In generale nel mondo sono state depositate 2,14 milioni di richieste di brevetto nel 2011 – ha spiegato Francis Gurry, direttore generale dell’agenzia – con una crescita del 7,8% rispetto al 2010. Questo indica una continua enfasi sull’innovazione nonostante le condizioni economiche deboli”. Dal punto di vista della percentuale di brevetti sul totale mondiale, la Cina ha una ‘fetta’ pari a quasi un quarto (24,6%), mentre gli Usa hanno il 23,5%, il Giappone il 16%, la Corea del Sud l’8,4% e l’Ue appena il 6,7%.

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Mobili cinesi spacciati per italiani, lite Tv-mobiliere

La DaVinci Co.Ltd, azienda produttrice di mobili, distributore anche di diversi marchi di mobili italiani, con base a Shanghai, ha dichiarato di voler citare in giudizio una rete televisiva cinese per aver detto che alcuni suoi mobili fabbricati in Italia sarebbero in realta’ stati fatti in Cina. La notizia e’ riportata dallo Shanghai Daily. DaVinci ha fatto sapere di stare valutando una azione legale nei confronti della Guangdong Star TV, che avrebbe in tal modo danneggiato la sua reputazione. Lunedi’ scorso, durante una trasmissione della rete cinese, parlando di produzioni e di importazioni, e’ stato detto che alcuni mobili della DaVinci sarebbero stati costruiti a Shunde, nel distretto di Foshan, nella provincia di Guangdong, nel sud della Cina. Nella trasmissione si sarebbe anche parlato di sostanze chimiche potenzialmente pericolose, utilizzate dall’azienda nel processo di fabbricazione. DaVinci sostiene invece di non aver mai avuto una filiale a Shunde e che probabilmente l’equivoco deriva dall’esistenza di un’altra azienda, la Shunde DaVinci Furniture Industry Co. Ltd, totalmente diversa e con la quale non ha nessun collegamento. ”La Guangdong Star Tv deve correggere quanto ha detto oppure dovremo intraprendere un’azione legale” ha fatto sapere la DaVinci in un suo comunicato. Non e’ la prima volta che la societa’ produttrice di mobili si trova coinvolta in situazioni di questo genere. Nel luglio scorso un’altra rete televisiva, la CCTV, aveva sostenuto che alcuni mobili di DaVinci, fabbricati in Cina, venivano poi spediti in Italia e quindi rispediti in Cina al fine di avere il marchio ”made in Italy”. Anche in quel caso l’azienda parlo’ di accuse false e infondate. In base ad una serie di controlli effettuati dopo quel primo episodio dall’ufficio doganale cinese, e’ in effetti emerso che alcuni mobili erano stati effettivamente fabbricati in Cina, nella provincia dello Zhejiang. Tuttavia le autorita’ non hanno ancora reso noto i risultati finali delle loro indagini sul caso.

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Falso negozio Ikea in Cina

Dopo la scoperta dei falsi negozi della Apple, ora tocca all’Ikea, la popolare marca di mobili svedese, ad accorgersi che i suoi caratteristici magazzini sono stati copiati da ingegnosi “pirati” cinesi. Il falso magazzino dell’Ikea è stato trovato a Kunming, la stessa città del sud della Cina al centro dello scandalo dei falsi “Apple Store”. Il negozio usa gli stessi colori dell’ Ikea, il giallo e il blu, e tutta la sua struttura – dalla caffetteria alla disposizione della merce – è modellata sui punti di vendita dell’impresa svedese. “Si tratta di un nuovo fenomeno – ha commentato Adam Xu, uno studioso del mercato cinese di Hong Kong – era abituale trovare in Cina un gran numero di prodotti falsi ma ora vediamo dei falsi anche sul versate della commercializzazione dei prodotti”. I noti “pirati” cinesi – famosi nel mondo per aver copiato un gran numero di prodotti occidentali, dalle borse di Prada alle scarpe della Nike – sembrano aver scoperto l’importanza del modo nel quale vengono presentati e venduti al pubblico. Insomma, delle marche occidentali popolari tra i consumatori cinesi, si copia ormai tutto, negozi compresi. Il falso Ikea di Kunmig, ad esempio, si chiama “11furniture”, che in cinese si dice “shiyi jiaju”. In cinese, l’Ikea è chiamata in modo molto simile, “Yijia Jiaju”. In Cina l’impresa svedese ha nove magazzini “veri”, nelle metropoli come Pechino e Shanghai e in alcune delle città più ricche del sudest.

fonte: ANSA

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Autorita’ distruggono oggetti di pirateria e contraffazione

Le autorita’ cinesi hanno oggi distrutto oltre 26 milioni di pubblicazioni illegali e prodotti di pirateria alla vigilia della giornata mondiale della proprieta’ intellettuale che sara’ ricordata il prossimo 26 aprile. Con il gesto di oggi, le autorita’ cinesi, si legge in una nota, intendono mostrare la determinazione del paese a proteggere i diritti delle proprieta’ intellettuali. Dischi pirata, libri, riviste e giornali non autorizzati sono stati distrutti oggi dopo essere stati confiscati in tutte le 31 province cinesi. La prossima mossa, secondo Yan Xiaohong, vice direttore dell’amministrazione statale della stampa e le pubblicazioni e dell’amministrazione nazionale del copyright, e’ di colpire le centrali della falsificazione. In analoghe operazioni nel 2009 e nel 2010 furono distrutte rispettivamente 46,85 milioni e 36 milioni di pubblicazioni illegali e di prodotti pirata. Oltre 6000 persone sono state giudicate colpevoli l’anno scorsi di reati contro la proprieta’ intellettuale in 3.942 casi, il 7,7% in piu’ rispetto all’anno precedente.

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Falso quasi l’80% dei fossili marini nei musei cinesi

Circa l’80% dei fossili marini esposti nei musei cinesi sarebbero falsi, alterati o combinati artificialmente a vari livelli. Lo rivela un esperto cinese della materia in un’intervista apparsa su Science, come rivela la stampa cinese. Li Chun, professore associato dell’Istituto di Paleontologia e Paleontografia dei vertebrati presso l’Accademia cinese delle Scienze, ha lanciato questo campanello di allarme parlando di danno alla scienza e alle conoscenze sulla materia. “I fossili falsi – ha detto Chun – costituiscono un insulto e un’ingiuria per i visitatori dei musei che li credono veri”. Il professore ha dichiarato di sperare che la nuova normativa sulla protezione dei fossili, in vigore dall’1 gennaio, possa finalmente bloccare la pratica dei falsi in molti musei cinesi. “E’ una cosa essenziale – ha proseguito Chun – per il bene della scienza ma anche della credibilità”. I fossili sono considerati un punto di partenza essenziale per molte ricerche scientifiche. Il professor Li ha spiegato che spesso le alterazioni vengono effettuate per fissare fossili in decadimento, in quanto vengono trattati da persone non esperte. In molti altri casi, invece, sono veri e propri falsi, provenienti da un fiorente mercato che in Cina ha molti protagonisti e vittime.

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Targhe auto false per avere i privilegi delle auto militari

In Cina la targa militare sulla propria auto è uno status symbol: chi la possiede ha diritto a un trattamento speciale, non viene fermato dalla polizia, non paga multe, pedaggi o parcheggi. Ma sono troppe le targhe militari false che circolano nel Paese, e per questo migliaia di targhe di veicoli militari saranno modificate come parte di una campagna iniziata lo scorso primo agosto contro gli abusi, riferisce il Global Times. Le nuove targhe militari saranno di colore marrone e per la loro fabbricazione verrà utilizzata una sofisticata tecnologia che prevederà, tra l’altro, l’uso di uno speciale inchiostro anticontraffazione e microchip speciali incorporati per individuarle. I privilegi legati alle targhe militari sono stati introdotti dal Consiglio di Stato nel 1997 e nel 2000 è stata introdotta anche l’esenzione dal pagamento delle multe. Le vetture militari, inoltre, non vengono mai fermate dalla polizia. Nel giugno del 2009, una campagna congiunta condotta a Pechino e nelle province del Guangdong e dello Zhejiang, rivelò che sei gruppi criminali che avevano prodotto 5.000 targhe militari false e le avevano poi distribuite in oltre 20 tra province e città della Cina. Si calcola che la perdita economica conseguente all’uso delle targhe false sia stata, dal 2004 in poi, di circa 1 miliardo di yuan all’anno (circa 147 milioni di dollari). “Avere un trattamento di favore per le auto militari – ha detto Peng Guangqian, maggiore generale dell’esercito di liberazione del popolo – è cosa normale anche negli altri Paesi”. Il problema – ha però fatto osservare il professor Mao Shoulong, dell’Università del Popolo – è che questi privilegi conducono ad abusi di vario genere, in primis quello del business delle targhe false. “Molte persone che guidano auto con targhe militari – ha detto il professore – ad esempio non sono militari, ma familiari di militari. L’esercito dovrebbe garantire una maggiore trasparenza e controllo”. Mao Shoulong ha poi aggiunto che tali abusi finiscono con danneggiare l’immagine dell’esercito in Cina.

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Mercato parallelo di biglietti all’Expo di Shanghai

La polizia di Shanghai sta invitando i visitatori dell’Expo a non dare, all’uscita, i loro biglietti usati a sconosciuti. Questo perche’ molti utilizzano i biglietti usati per riprodurli e crearne falsi, altri per usufruire degli sconti nei negozi convenzionati, mentre altri invece li vendono ai collezionisti. E cosi’ e’ nato un vero e proprio commercio dei biglietti usati.
Molte persone hanno detto alla polizia che, terminata la visita ai vari padiglioni, si sono visti avvicinare da alcuni sconosciuti che hanno loro chiesto di poter avere i biglietti gia’ utilizzati per l’ingresso all’Esposizione Universale pagando la somma di 5 yuan per ciascun biglietto (circa 50 centesimi di euro).
”Quando un biglietto passa attraverso la macchina di controllo all’ingresso – ha spiegato un poliziotto – viene marcato con una intaccatura che imprime sul biglietto la scritta Expo 2010. Se invece il controllo e’ fatto manualmente il biglietto viene bucato e questo lo differenza in maniera evidente da un biglietto nuovo, non ancora utilizzato”.
”Abbiamo detto ripetutamente – ha continuato il poliziotto – a tutti di comprare i biglietti solo dai rivenditori autorizzati. Ma comunque possiamo garantire che nessun biglietto falso ha superato i cancelli dell’Expo”.
Secondo la polizia di Shanghai, infatti, i biglietti usati sono ricercati non tanto per essere riutilizzati per entrare, ma per essere rifatti e come possibili futuri pezzi da collezione.
”Un biglietto non significa nulla – ha concluso il poliziotto – ma una collezione di un mese intero o addirittura di sei mesi un domani potrebbe valere moltissimo”.
L’ipotesi relativa alla collezione e’ confermata anche da uno dei compratori di biglietti usati.
”Credo che una collezione di tutti e 184 i giorni – ha detto uno di loro al China Daily – potrebbe valere anche oltre i 10.000 yuan (circa 1000 euro) sul mercato dei collezionisti”.
Ma i biglietti usati dell’Expo portano anche altri benefici.
Secondo il sito ufficiale del World Expo di Shanghai, i possessori di un biglietto possono avere sconti del 10% su una serie di attrazioni della citta’, tra cui il Museo di Scienze e Tecnologia e lo Zoo.

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Il padiglione cinese un plagio di quello giapponese

Il padiglione cinese dell’EXPO 2010 di Shanghai sarebbe stato copiato dai giapponesi. A meno di 24 ore dall’apertura ufficiale dell’Esposizione Universale, i creatori del padiglione del paese ospitante si difendono dall’accusa di plagio. “La Corona dell’Est”, il padiglione cinese, un edificio a forma di piramide al contrario, sarebbe infatti, secondo alcuni, molto simile al padiglione giapponese creato dall’architetto Tadao Ando per l’Esposizione Universale di Siviglia del 1992. Altri avrebbero ravvisato anche qualche similitudine con il padiglione canadese dell’Expo di Montreal nel 1967. “La protezione dei diritti di proprietà intellettuale – ha detto Hong Hao, direttore della Commissione di Coordinamento dell’Expo di Shanghai – è una assoluta priorità. Qualsiasi controversia di questo tipo dovrà essere gestita in accordo alle leggi in materia”. Ma i creatori de “La Corona dell’est” respingono ogni accusa. “Ci sono moltissime differenze tra il nostro lavoro e quello dell’architetto giapponese Ando” ha detto Ni Yang, del team dei disegnatori del padiglione cinese – in termini di dettagli architettonici, materiali, colori e misure”. “Entrambi i disegni – ha detto Cui Tong, disegnatore all’Istituto di Architettura, Disegno e Ricerca all’Accademia cinese delle scienze – si ispirano alla tecnica tradizionale cinese per cui se proprio vogliamo parlare di plagio semmai fu l’architetto giapponese che inizialmente copiò la tecnica cinese”. Ma gli aspetti architettonici non sono i soli per i quali, con riferimento all’EXPO di Shanghai, si è parlato di plagio. La canzone che fa da tema all’evento, Waiting for you, interpretata dalla star di Hong Kong Jackie Chan e da altre celebrità, sarebbe per il 97% simile ad una canzone giapponese “Stay the way you are”, pubblicata 13 anni fa.

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Google chiede chiusura di sua “sorella” cinese

I legali del motore di ricerca americano Google hanno chiesto la chiusura di un motore di ricerca che opera con il logo della compagnia americana. Lo riporta il quotidiano Shenzen Economic Daily. Gli avvocati di Google, hanno inviato una lettera ai gestori del sito Goojje, realizzato poco piu’ di un mese fa da un gruppo di studenti universitari cinesi, dopo l’annuncio che Google poteva lasciare la Cina perche’ non vuole piu’ sottomettersi alla censura del governo di Pechino. Il portale era nato con l’intento di convincere Google a rimanere e si presenta come una ”piattaforma di liberta”’ , come e’ scritto nella presentazione del portale. Il sito cinese, che si sta sempre piu’ ingrandendo, gioca con il nome del motore di ricerca americano usando stesso stile e stessi colori. Il cinese la pronuncia del suffisso ‘gle’ (歌)di Google (谷歌), ricorda il termine ”fratello”, mentre in Goojje (谷姐) il suffisso ”jje” pronunciato ‘jie’ (姐), significa sorella in cinese. E quelli di Goojje non la mandano a dire ai ”fratelli maggiori” americani. Oggi sul sito cinese e’ apparsa la scritta ”il fratello e’ ancora ossessionato dalla sorella” (哥依然迷恋着姐). Uno dei fondatori del portale, identificatosi al quotidiano cinese come Xiao Xuan, ha smentito che il suo portale violi il copyright di Google, spiegando che il loro e’ un logo autentico. Goojje, nelle intenzioni dei suoi sviluppatori, non vuole fermarsi, anzi, ha cominciato una campagna di assunzioni tramite il portale. Per ora, l’unica cosa che hanno fatto i cinesi e’ rendere invisibile l’indirizzo http://www.goojje.com, ma il portale e’ comunque raggiungibile per re indirizzamento da un altro sito quando si digita il vecchio indirizzo sui browser.

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