E’ partita da Durban la marcia del Pianeta verso un accordo globale salva-clima, ma il cammino per molti è “troppo” lungo per fermare la corsa del riscaldamento contro il quale la decisione presa in Sudafrica da 194 Paesi è “tiepida”. Due le tappe: il 2015 per il via libera all’accordo, con gli impegni scritti nero su bianco, e il 2020 come data dal quale deve avere inizio la sua operatività. Nel frattempo un Kyoto2 “prosciugato”, ma comunque prolungato dal 2013 ad almeno il 2017, farà da “ponte” verso i nuovi obiettivi con Ue e pochi altri Paesi industrializzati, Norvegia, Svizzera e Australia. La 17/a Conferenza mondiale Onu sul clima, iniziata lo scorso 28 novembre nella città sudafricana, verrà anche ricordata per i negoziati più lunghi degli ultimi 20 anni di summit Onu sul clima. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon considera l’accordo “significativo” perché per la prima volta coinvolge tutto il mondo. L’accordo è stato raggiunto in extremis, quando in Sudafrica già albeggiava. Intorno alle 05.00, ora locale (le 04.00 in Italia) il martelletto della presidente sudafricana della conferenza, Maite Nkoana-Mashabane, ha battuto l’approvazione dell’accordo chiudendo ufficialmente la conferenza. “Abbiamo fatto la storia”, ha detto con una frase liberatoria accompagnata da un lungo applauso. Un risultato ottenuto, dicono i maligni, “per stanchezza”, visto che la Conferenza sarebbe dovuta terminare venerdì 9 dicembre e si è prolungata fino alle prime ore di domenica 11. I più benevoli hanno invece sottolineato la caparbietà della presidenza sudafricana ma anche del Commissario Ue al clima, la danese Connie Hedegaard. Trattativa a oltranza, si era detto, e così è stato. Dietro l’angolo il serio rischio del totale fallimento che per molti è nascosto nel tempo troppo diluito che ha dato ragione agli Usa e alle nuove e forti economie come la Cina. Sta di fatto che l’approvazione è avvenuta in un’ atmosfera di smobilitazione, con ministri e delegati, soprattutto dei paesi più poveri costretti a lasciare Durban per motivi di volo. Per l’Europa, e soprattutto l’Italia, la Conferenza di Durban, ha sottolineato il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, offre “la possibilità di costituire la ‘piattaforma’ per lo sviluppo con le grandi economie emergenti: Brasile, Cina, India, Messico e Sudafrica”. Ora occorre dare seguito all’accordo “nelle politiche nazionali del nostro Paese” partendo dalla revisione del piano nazionale delle emissioni “che presenterò al Cipe entro il 15 gennaio prossimo” e dal “pieno appoggio alla rapida approvazione delle direttive europee su efficienza e fiscalità energetica”. Per quanto riguarda le decisioni, nella cosiddetta “piattaforma di Durban’ si definiscono i termini del cammino globale contro il riscaldamento, che vede per la prima volta affiancati Paesi industrializzati e nuove economie (finora riconosciute nel novero dei Paesi in via di Sviluppo), mentre il ‘pacchetto Durban’ contiene la decisione della Conferenza per il mandato all’accordo; la definizione del gruppo di lavoro che, già a partire dal 2012, è chiamato a delineare i termini del patto globale con “urgenza” e “alzando il livello di riduzione” delle emissioni; il prolungamento del Protocollo di Kyoto; le regole per il Fondo Verde da 100 miliardi di dollari al 2020 in aiuto dei paesi in via di sviluppo per azioni di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici.
fonte: ANSA
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