La Cina risponde al telegramma inviato da Papa Francesco mentre il suo aereo sorvolava il paese del dragone, chiedendo al Vaticano di “creare le condizioni per migliori relazioni fra i due paesi”. E’ quanto ha detto oggi nel consueto briefing a Pechino il portavoce del ministero degli esteri cinese, Hua Chunying. “Noi vogliamo – ha detto il portavoce – avere un dialogo costruttivo con il Vaticano basato su principi rilevanti”, sottolineando come il governo cinese abbia più di una volta già espresso le sue condizioni per migliorare le relazioni fra la Cina e il Vaticano. “In particolare – ha spiegato Hua – il Vaticano dovrebbe tagliare quelle che chiama ‘relazioni diplomatiche’ con Taiwan e riconoscere la Repubblica Popolare cinese come il solo governo che rappresenta la Cina. Abbiamo poi chiesto al Vaticano di non interferire più negli affari interni cinesi in nome della religione”. Hua ha aggiunto che la Cina è stata sempre sincera nel voler migliorare le relazioni con la Santa Sede, facendo anche sforzi in tal senso. La dichiarazione del portavoce smorza, almeno ufficialmente, le speranze che si erano create intorno ai due telegrammi che Papa Francesco aveva inviato al Cina e al suo governo, sorvolando il paese andando prima in Corea e poi nei giorni scorsi, nelle Filippine. Francesco ha espresso più volte il desiderio di andare in Cina ed era stato criticato per non aver voluto ricevere il Dalai Lama si diceva su pressione di Pechino, circostanza smentita dallo stesso pontefice l’altro ieri. Anche dopo il suo ritorno dalla Corea la Cina espresse le sue condizioni, per bocca del vice presidente dell’Associazione della Chiesa Cattolica Patriottica Cinese. I due paesi non hanno relazioni dal 1951, a seguito anche del riconoscimento della Santa Sede di Taiwan, che Pechino ritiene proprio. Inoltre, Pechino gestisce direttamente la chiesa cinese tramite l’Associazione patriottica, decidendo le nomine dei vescovi non tenendo sostentamento conto delle indicazioni vaticane.
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Cina-Vaticano: per Pechino si a relazioni, ma Santa Sede deve rompere con Taiwan e non interferire nella nostra chiesa
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Media Cina, Vaticano riconosca la Chiesa patriottica
Il secondo telegramma che Papa Francesco ha inviato alla Cina, partito mentre la sorvolava di ritorno dalla Corea, è giunto alle autorità cinesi. Due articoli pubblicati dai giornali cinesi in lingua cinese, China Daily e Global Times, riportano la circostanza che invece, nel caso del primo telegramma inviato all’andata, non era accaduta. Nessun cenno invece della cosa nell’Agenzia ufficiale Nuova Cina. In entrambi gli articoli si intervistano due esperti cinesi di materie religiose, spiegando come l’appartenenza del papa alla Compagnia di Gesù è sicuramente una buona carta per il Vaticano nei confronti della Cina, dal momento che i gesuiti hanno una lunga tradizione di rispetto e collaborazione con il paese del dragone, che ha avuto in Matteo Ricci un importante esponente. Entrambi hanno però sottolineato come il Vaticano debba riconoscere l’autorità della Chiesa Patriottica Cinese controllata dal governo, lasciando a lei la scelta e la nomina dei vescovi, considerati leader politici locali. Inoltre, il Vaticano deve riconoscere Taiwan come parte della Cina. Intanto, sempre sul China Daily, il governo dello Zhejiang ha spiegato che le chiese abbattute, erano tutte costruzioni abusive. Ma la stretta governativa sui culti non si ferma: mentre le autorità cinesi hanno arrestato in tutto il paese almeno 1000 membri di una setta autoctona cristiano-protestante, la Chiesa di Dio Onnipotente (quattro suoi membri avrebbero ucciso una donna in un McDonalds) e quattro persone che avevano aperto due asili cristiani.
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Cina continua opera di demolizione delle croci cristiane
Continua da parte delle autorità cinesi l’opera di demolizione di croci e crocifissi delle chiese cristiane. Secondo quanto denunciano organizzazioni cattoliche cinesi, due chiese nella provincia orientale dello Zhejiang hanno visto le loro croci demolite, nonostante le manifestazioni di protesta dei fedeli. A Wenzhou, una delle più importanti città della provincia, il 21 luglio un gruppo di fedeli era riuscito a bloccare la demolizione della croce dalla Chiesa della Salvezza, con scontri con gli agenti che avevano lasciato 50 feriti, ma pochi giorni fa non c’è stato nulla da fare. Distrutto, da parte delle autorità, anche il crocefisso dalla chiesa di Gulou ad Hangzhou. Secondo documenti diffusi dalle associazioni cristiane, il governo mira a distruggere i simboli cristiani anche nelle chiese autorizzate. Nel mirino ci sono anche i templi protestanti, mentre restano sempre in forte pericolo di arresti i membri delle cosiddette “chiese sotterranee”, fedeli a Roma. Secondo China Daily, venerdì la portavoce del ministero degli esteri cinese, Hua Chunying, aveva assicurato, in risposta al saluto di Papa Francesco, che Pechino “lavorerà con il Vaticano per un dialogo costruttivo e per promuovere il miglioramento delle relazioni bilaterali”. Il governo di Pechino, oltre a distruggere i simboli cristiani, ha vietato a preti e giovani cinesi di recarsi in Corea in occasione della visita papale. La Cina vuole poter scegliere i vescovi, e non accetta la aperture nei confronti di Taiwan.
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Cina a Vaticano: rispetta nostra sovranità
“Il Vaticano dovrebbe rispettare la sovranità cinese e non interferire con le nomine cinesi dei vescovi”. Lo ha detto ad un quotidiano cinese Liu Yuanlong, il vicepresidente della Chiesa Patriottica Cinese. “La Cina – ha detto Liu Yuanlong al Global Times – sempre salvaguarda la propria sovranità e la propria integrità territoriale e non permette mai a forze straniere di interferire con la religione. Il Vaticano dovrebbe rispettare la Cina in termini di personale di una diocesi”. In un passaggio di una intervista rilasciata lo scorso 5 marzo al direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli, papa Francesco aveva detto di aver scritto una lettera a Xi Jinping quando è stato eletto, tre giorni dopo la sua salita al soglio pontificio, ricevendo una risposta dal presidente cinese.
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Breve comparsa del vescovo di Shanghai da un anno in “ritiro” forzato
Improvvisa e isolata comparsa in pubblico, qualche giorno fa, dell’arcivescovo di Shanghai, Thaddeus Ma Daquin, agli arresti domiciliari dal luglio 2012. Lo riferiscono fonti cattoliche. L’arcivescovo Ma ha partecipato a una cerimonia in memoria di Shen Baoyi, morto lo scorso 20 ottobre, in passato editore del Guangi Press, la prima casa editrice cattolica ammessa in Cina. Quando Shen era andato in pensione era stato sostituito proprio dall’allora padre Ma. L’arcivescovo di Shanghai si è fermato per poco, giusto il tempo di ricordare l’amico e collega, e di dare le condoglianze ai familiari presenti. Ma è stato confinato oltre un anno fa ad una sorta di arresti domiciliari nel seminario di Shanghai, ufficialmente “in ritiro spirituale”, dopo aver dichiarato le sue dimissioni dalla Chiesa patriottica cinese e la sua vicinanza alla chiesa di Roma. La sua pur breve uscita potrebbe significare che le autorità stanno allentando le restrizioni su di lui.
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